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Autore: ClaryMorgenstern    07/06/2012    7 recensioni
Clary la ignorò e guardò meglio la statua. Non potè che concordare con Jace su quell'obbrobrio. Le ispirava un disgusto immenso, come d'altronde i demoni che voleva rappresentare. Le unghie sembravano scintillare di sangue fresco, e gli occhi erano vacui, scolpiti senza pupilla e..
Si mossero.
[Crossover The mortal instruments   /   The infernal devices]
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Is all that we see or seem
But a dream within a dream?
E. A. Poe


I
Dream within a dream.



Fu la luce del sole a svegliarla.
Le ferì gli occhi facendole fare le smorfie e muovere le mani come un cucciolo impazzito, come faceva quando era bambina. Ci sono quei cinque minuti, dopo il risveglio, in cui non si ha la condizione del tempo né dello spazio, ma ci si crogiola nel tepore ovattato del risveglio e delle sensazioni che porta con sé.
Poi i cinque minuti di Clary finirono, e lei si rese conto di non avere la minima idea di dove fosse, e spalancò le palpebre.
Prima ancora che la vista o l'udito riconoscessero quel luogo tetro in cui si trovava, lo fece il suo olfatto. Avrebbe riconosciuto quell'odore anche nello schifo in cui si trovava, anche senza aprire gli occhi o senza sentire il cinguettio degli uccelli fuori dalla finestra inferriata.
Era ad Idris.
In una cella, ad Idris.
Molto probabilmente era una di quelle prigioni in cui avevano rinchiuso Simon durante il suo soggiorno nella Città di Vetro.
Sembrava meno orrenda vista dall'esterno. Si trattava di una nuda stanza di pietra, con una finestrella inferriata in alto, sopra un letto duro come il marmo su cui era stata gettata. La parete che aveva di fronte era interamente fatta di sbarre grosse come pilastri dal pavimento al soffitto che le diedero la sensazione di essere un topolino in gabbia, e incassata in essa vi era una porta, anch'essa fatta di sbarre, con un pomolo d'ottone sul quale erano incise diverse rune nere. Erano rune di chiusura, Rune di sfida. Rune per intrappolare i cattivi.
Allora, perché lei era lì?
E Isabelle e Alec?
Dov'era Jace?
Si alzò e corse verso la porta, ma appena toccò le sbarre le mani le bruciarono da impazzire come se le avesse strette sul ferro per i ricci. Avrebbe dovuto saperlo che era una cosa molto stupida, come se non avesse mai visto un film d'azione. Urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni il nome di Jace e dei Lightwood ma la sua voce risuonò nel silenzio del corridoio. Quando cominciò a farle male la gola si prese una pausa, si gettò sul letto e guardò fuori dalla finestrella. Era la stessa Idris che ricordava, ma solo in quel momento si rese conto che c'era qualcosa che decisamente non andava.
La guardia era andata distrutta durante la battaglia contro Valentine, quasi sei mesi prima.
Come diavolo avevano fatto a ricostruirla così in fretta?
Ricordava che Maryse il mese precedente aveva detto loro che il Conclave si fosse appena accordato sul progetto per ricostruire la guardia. Sapeva che i Nephilim fossero veloci, ma questa era un'esagerazione.
Si tastò ogni parte dei jeans alla ricerca dello stilo che ovviamente non c'era. Così come le spade angeliche non evocate. Le avevano lasciato solo l'anello dei Morgenstern appeso in una catenella al suo collo. Peccato che non fosse in un film d'azione, se no avrebbe potuto trovarvi un coltello a serramanico o quantomeno una forcina per capelli. Così si risedette sul letto, in attesa, lasciandosi cadere la testa sulle mani.
Aspettò per almeno un'altra ora, poi sentì dei passi secchi provenire dal corridoio. Si alzò gettandosi sulle sbarre facendo ben attenzione a non toccarle stavolta.
«Ehy, fatemi uscire da qui! » urlò. «Sono una Nephilim, Santo Cielo! Non ho fatto nulla. Fatemi uscire»
«Fa silenzio.» Le sembrò che quella voce appena accennata fosse solo nella sua testa. Si chiese quanto ci volesse prima di impazzire, in prigione.
Qualche momento più tardi si accorse di non essere ancora del tutto fuori di testa, dato che, silenzioso come l'aria era arrivato un fratello Silente molto simile a fratello Geremia, ma forse i fratelli silenti si assomigliavano tutti. «Qual è il tuo nome?»
Clary si avvicinò alle sbarre, a pochi centimetri dall'archivista. «Sono Clarissa Morgenstern.» disse piatta. «Perché mi avete rinchiusa qui?»
Il fratello silente si girò per qualche istante verso il corridoio vuoto, poi tornò a voltarsi verso di lei, in silenzio.
Clary sentì il sangue sparato dritto nel suo cervello.«Rispondimi, per l' Angelo!» Ancora si meravigliava con quanta leggerezza usasse quell'espressione. Colpa di Jace e Isabelle, che la utilizzavano ogni secondo.
Le sembrò che il fratello Silente la stesse guardando con astio, anche se non avrebbe mai potuto dirlo con certezza. «Ti porteremo alla Città di Ossa»
«Ma cosa ho fatto, si può sapere?» Arrivarono delle guardie e aprirono la cella indossando dei pesanti guanti di pelle scura, si avvicinarono a lei e la strinsero con una morsa d'acciaio le braccia. Ma essendo che Clary era una ragazza e perciò restia a farsi trattare come una ladruncola, si dimenò come un'assatanata, chiedendo dove fosse Jace, chiedendo spiegazioni e forse anche urlando loro che erano delle teste di cazzo.
Ma non servì a nulla. E appena i muscoli le fecero troppo male per continuare si arrese, lasciandosi trasportare alla città di Ossa.

No, non andava affatto bene.
Non l'avevano ammanettata, anche se continuavano a tenerla stretta con forza. Forse i Nephilim preferivano la forza bruta alle manette.
Entrarono dal cimitero in cui Clary aveva avuto le allucinazioni dopo aver bevuto l'acqua del lago Lyn. Arrivando lì Clary aveva pensato che volessero seppellirla viva, ma poi erano entrati in un piccolo mausoleo ricoperto di rose rampicanti. Al posto del nome della famiglia, sotto la tettoia del mausoleo era incisa in corsivo la frase in latino che la ragazza aveva già letto nella città di Ossa di New York:
1234; Nephilim - Facilis Descensus Averni.
Percorrendo gli stretti e angusti corridoi della Città di Ossa, la portarono in quell'enorme sala in cui Fratello Geremia l'aveva portata la prima volta, la sala del consiglio. Tutti i fratelli Silenti li guardavano entrare dal loro scranno, ma Clary non badò a loro.
In piedi, in un angolo buio ben lontano dalle stelle parlanti c'erano Jace, Izzy e Alec. Quest'ultimo era libero e senza catene, come lei. Izzy era legata mani e piedi ad una sedia dall'aria scomoda con delle grosse catene di ferro con delle rune scure sopra di esse. Jace era in piedi, senza stare fermo un attimo e attorno ai suoi polsi scintillavano quelle fiammelle azzurre che aveva già visto una volta. Il sangue che colava dai suoi polsi le testimoniava che aveva lottato contro le manette, e tanto.
Quando la videro, sgranarono gli occhi insieme. Jace urlò il suo nome e corse verso di lei, ma a metà strada fu trattenuto da qualcosa che la ragazza non riuscì a vedere. Ma non si fermò e continuò a provarci fino a quando un fratello Silente gli urlò contro. O almeno Clary lo ipotizzò dato che non potè sentirlo.
Fu portata sulle stelle parlanti e la lasciarono lì. «Beh, tutto qui? Almeno speravo in qualche striscione di benvenuto.» sibilò acida la ragazza.
Jace fece un sorriso tirato. «Giurerei che passi troppo tempo con me.»
Le guardie slegarono Isabelle, che zoppico un po' non appena la fecero alzare, e portarono anche loro sulle stelle parlanti.
«Presentatevi al consiglio»
Jace fece un passo avanti con passo sicuro. Ma d'altronde Jace era sempre sicuro. Non gli avevano tolto le manette ai polsi e continuava a sanguinare. Una volta le disse che sanguinare sulle stelle parlanti poteva essere un reato. Chi sa se avesse controllato. «Sono Jonathan Christopher Lightwood. Il figlio di Valentine. Il salvatore del mondo invisibile. Il Sole delle vostre giornate di pioggia» Fece un altro passo in avanti con aria minacciosa. «Sapete benissimo chi sono.»
«Invece no» Il fratello Silente che sedeva in mezzo si alzò in piedi. «Vi siete materializzati in una chiesa di New York nel bel mezzo della messa della domenica» disse. «Avete compromesso il segreto dell'alleanza. Non siete morti lì e subito solo perché siete Nephilim. Ma né i Lightwood né i Morgenstern hanno parenti con i vostri nomi
Isabelle spinse Jace e si fece avanti. «Sottoponeteci a Mellartach, qui e subito, così vedrete se siamo dei bugiardi»
Clary portò istintivamente una mano al collo. Sentì sotto le dita il familiare freddo della catenella. «Forse non ce n'è bisogno.»
Si tolse la collana e si avvicinò allo scranno dei fratelli Silenti. Porse a quello più vicino l'anello d'argento. «Questo è l'anello dei Morgenstern, no?»
I fratelli Silenti si passarono la catenina uno alla volta, in silenzio. Clary li osservò trattenendo il fiato. Appena ebbero finito la diedero ad una guardia che gliela restituì.
«Mellartach si trova a Londra, insieme al console Wayland» disse il fratello Silente che si trovava al centro del semicerchio. «Ed è lì che vi manderemo attraverso un portale, sotto la custodia del console
Alec sbuffò. «Il console si chiama Penhallow. Il console Wayland è morto ottant'anni fa. Nel 1923 se non ricordo male.»
I fratelli Silenti si ammutolirono per qualche minuto. Stettero immobili come statue, poi si guardarono tra di loro e infine quello in mezzo agli altri si alzò e si avvicinò ai ragazzi. «In che anno siamo
Jace alzò gli occhi al cielo. «Nell'anno del mai.»
«Rispondete»
Clary si mise al fianco di Jace «Quando siamo svenuti era il 2 Dicembre del 2012.»
Il fratello non rispose. Si girò verso i suoi confratelli, in una muta conversazione. Dopo qualche minuto, si rivolse a Clary e a Clary soltanto. «Clarissa Morgenstern.» disse. «Sei disposta a sottoporti alla fratellanza?»
Clary, memore della prima volta in cui si era sottoposta ai fratelli Silenti, di primo attrito fu restia. Ma poi pensò che se volevano sondare proprio la sua mente c'era un motivo. E poi voleva proprio tornare a casa e porre fine a quella storia assurda. Così annuì, silenziosa. I fratelli Silenti ordinarono agli altri di spostarsi, e la ragazza rimase sola sulle stelle parlanti.
Le sembrò nuovamente di essere sottoposta a un plotone d'esecuzione, ad osservarla e pronti a ucciderla nel caso avesse dato la risposta sbagliata. «Dichiara il tuo nome alla fratellanza»
«Clarissa Morgenstern.»
«Chi sei?»
Clary prese fiato. «Sono un'artista. Come mia madre, Jocelyn Fairchaild. Abito a Williamsburg, New York. Sono nata nel..» e la sua mente schioccò come un elastico teso. Frammenti di immagini spezzate le si avvolsero intorno. Le stesse che stavano osservando i fratelli Silenti. Il suo passato e il suo presente.
Le immagini che aveva già visto una volta, di neve caduta e ferro battuto sotto casa di Magnus Bane mentre le cancellava i ricordi. Poi più in là, di quando aveva incontrato Simon per la prima volta al parco delle scuole elementari, e successivamente dei pomeriggi passati insieme sul divano a guardare vecchi film. Come aveva incontrato Jace, quella notte al Pandemonium Club e tutto ciò che era successo da quel momento in poi. La serra, la nave di Valentine, Idris, Jace steso senza vita sulla spiaggia del lago Lyn, l'angelo che le donava ciò che voleva più di ogni altra cosa al mondo. E poi quei sei mesi di pace in cui aveva imparato a combattere, ad usare le armi e aveva conosciuto una tranquillità che sapeva d'amore. Ed infine quell'ultima cosa che ricordava. L'appartamento bellissimo dell'Upper East Side, i cadaveri degli stregoni e l'orrida statua nera. Gli occhi vitrei che si muovevano e l'oscurità impenetrabile non appena Jace l'aveva toccata.
Poi finì tutto all'improvviso. Ma stavolta non cadde riversa sulle stelle parlanti e atterrò con delicatezza sul pavimento di marmo.
I fratelli silenti Si guardavano e, per l'Angelo se era strano, sembravano spaesati.
Alec fermò Jace, in procinto di prendere a calci gli archivisti. «Avete intenzione di renderci partecipi?»
Un fratello Silente si alzò dalle righe del consiglio. «Verrete sottoposti a Mellartach, oggi stesso. 6 Dicembre 1892



Note del titolo: Dalla poesia di Edgar Allan Poe "Dream within the dream".
  
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