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Autore: Giada810    09/06/2012    17 recensioni
Henley-on-Thames è una cittadina dell’Oxfordshire, placidamente adagiata sulle rive del Tamigi.
Dopo la guerra Draco Malfoy vi si trasferisce con la figlia Altair, conducendo un’esistenza tranquilla e riservata. Quando la piccola si affeziona a prima vista ad Hermione, trasferitasi da poco nel cottage accanto, tra lei e Draco nasce una strana e amichevole tregua, destinata a sfociare ben presto in qualcosa di più profondo e totalmente inaspettato.
Dal capitolo 1:
“-Granger?- domandò con una nota di disgusto nella voce.
-Malfoy.-
-E cosa ci faresti tu qui?-
-Sono venuta a riprendere il mio gatto.- rispose Hermione, con le sopracciglia aggrottate di chi non capisce cosa ci sia di difficile in una situazione tanto elementare.
-Non qui-qui, ma qui in questo paese.- specificò burbero.
-Non vedo come ti possa interessare.- commentò con distacco.
-Mi interessa nel momento in cui vieni qui per rovinarmi la vita e acquisire prestigio alle mie spalle. Sappi però, Granger, che non ti permetterò di sputtanarmi senza fare niente.- le sibilò, una sottile minaccia sussurrata a bassa voce per impedire ad Altair di sentire.
-Tu vaneggi, Malfoy.- rispose incredula Hermione –Non sono qui per te, anche se il tuo egocentrismo è così degenerato da farti credere il contrario.-“
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Astoria Greengrass | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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Come sempre vi rubo una riga per ringraziarvi per le recensioni, per aver anche solo letto la mia storia o per aver inserito la storia in una delle liste.
 E, last but not least, grazie per aver risposto al mio sondaggio del capitolo precedente.
E ora …
Buona lettura!



Cap. 9
Opposti e basta.

 
Hermione gemeva contro il suo orecchio, stringendolo contro il proprio corpo nudo mentre gli accarezzava la schiena e la nuca sudata.
Quel profumo di pulito lo avvolgeva, insieme all’odore del sesso che permeava la stanza e le lenzuola.
Si muoveva pigra sotto di lui, sfiorandolo e inarcandosi sotto le sue mani esperte, che la tormentavano e al tempo stesso le regalavano brividi intensi.
Era una tortura, per lei che ne era vittima e per lui che ne era carnefice, una sofferenza intensa come può esserla quella di un assetato che rimanda il momento di bere l’acqua che è a sua disposizione.
Era una tortura e un piacere vederla così e sapere che era merito suo se lei chiudeva gli occhi e gettava la testa all’indietro, se spingeva il bacino contro il suo, se gli mormorava di darle di più e lo pregava come non aveva mai fatto con nessuno.
Era una visione suprema, vederla così, sudata e nuda, calda e in preda al delirio dei sensi sotto di lui.
Una visione deliziosa.
Una visione interrotta da un suono fastidioso e squillante, che gli perforava il cervello e faceva sbiadire i contorni di quel corpo voluttuoso, rendendo sempre più lontana e vaga la sensazione di calore che irradiava.
 
Draco aprì gli occhi con il respiro affannato. Sentiva i capelli leggermente sudati e una fitta all’inguine, mentre la sua mente ancora faticava ad accettare la verità.
Aveva appena fatto un sogno erotico la cui protagonista indiscussa era Hermione Granger, la secchiona di Hogwarts, la sua vicina di casa, la donna che aveva conquistato al primo sguardo il cuore di sua figlia, la donna che gli faceva ribollire il sangue nelle vene per l’eccitazione.
Merda.
Aveva bisogno di uscire con una donna al più presto, possibilmente una che avesse anche qualche neurone e che non fosse assolutamente amica di Pansy, decise Draco mentre spegneva malamente la sveglia e si gettava sotto il getto della doccia.
L’acqua fredda gli tolse per un attimo il fiato dai polmoni, poi Draco tornò a respirare regolarmente e a frizionarsi con la spugna, cercando di calmare i brividi che lo scuotevano.
Si sarebbe preso una broncopolmonite e per cosa?
Solo per quello che era successo la sera prima.
 
 
Aveva tenuto la mano sul suo fianco fino a quando i fuochi erano giunti al termine, illuminando con un’ultima esplosione di colori e luci abbaglianti tutti gli spettatori sottostanti.
Quando lo scalpiccio della folla e le urla entusiaste dei bambini avevano posto fine allo spettacolo pirotecnico, l’atmosfera avvolgente e surreale che aveva avvolto il loro abbraccio si era spezzata in tanti frammenti che apparentemente non avevano lasciato alcuna traccia di sé.
Draco aveva preso in braccio Altair e la bambina si era addormentata all’istante. Hermione si era sporta intenerita verso di lei e le aveva dato un bacio sulla nuca.
Con quella vicinanza, con quel profumo, con quell’ultimo stralcio di atmosfera romantica che era rimasta almeno nei loro cuori, la mente di Draco riusciva a formulare solo un pensiero incoerente e fuori luogo, totalmente inappropriato per uno del suo rango e per lui  in particolare.
Voleva baciarla.
Voleva sapere se quella labbra belle fossero anche buone e soffici come sembravano.
Voleva assaggiare il suo sapore e lasciarle il proprio in bocca.
-Vai da quello lì adesso?- le aveva domandato senza alcuna inflessione particolare nella voce, controllandosi il più possibile, urlando alla mente di frenare il corpo e al corpo di salvare la mente, andandosene al più presto.
Hermione annuì senza troppa convinzione, senza riuscire a staccare lo sguardo dai suoi occhi chiari, quasi due fari che bruciavano nella notte scura.
-Allora buonanotte.-
-Buonanotte.-
Maledizione, perché la sua voce doveva suonare così morbida, così bassa, così…?
Mentre qualche remota zona del suo cervello gli urlava di usare un po’ di buon senso e di dare una bella rispolverata ai vecchi e cari ideali di famiglia, Draco ignorò tutto ciò che non fosse quella stretta allo stomaco.
Sostenendo Altair addormentata con un braccio solo, passò l’altro intorno alla vita di Hermione e la premette contro di sé. Senza darle il tempo di replicare o protestare, come sarebbe stato tipico di lei, Draco calò implacabile sulla sua bocca, premendo le labbra sulle sue e invitandola a permettergli di andare oltre.
Lentamente fece scivolare la lingua nella sua bocca, respirandone il sospiro estasiato che le aveva strappato e soffocando il proprio che lei gli aveva appena suscitato con una mano delicatamente posata sul collo, poco sotto l’attaccatura dei capelli.
Baciare una donna con la propria figlia in braccio non era probabilmente contemplato nel manuale del buon padre, ma, se anche Altair si fosse svegliata, il massimo che avrebbe fatto sarebbe stato chiamare la banda del paese per festeggiare.
Beandosi delle sensazioni che il corpo di Hermione contro il suo gli regalava, fece pressione sulla sua schiena per avvicinarla ancora di più, prima di sciogliere lentamente quel bacio.
 
 
La broncopolmonite era sempre più vicina e il ricordo della sera prima sembrava rimbombargli nella mente, urlando a gran voce la propria esistenza.
Maledetti fuochi d’artificio.
Stizzito, Draco uscì dalla doccia e si avvolse un asciugamano intono alla vita, frizionandosi un telo di spugna sui capelli bagnati e imprecando contro tutti gli esseri dotati di poteri magici che avessero mai calpestato la terra.
Voleva baciarla e l’aveva baciata.
Che diavolo gli era saltato in mente?
Non poteva fare quello che gli passava per la mente, non quando la donna in questione verso cui convergevano i suoi impulsi sessuali era Hermione Granger.
Forse era meno saputella ed irritante di quanto pensasse, forse era più simpatica e dolce di quanto immaginasse, forse era decisamente morbida da toccare e dolce da assaporare, ma era ancora indiscutibilmente e inevitabilmente  lei, la stessa ragazzina che aveva insultato nei corridoi e che gli aveva tirato un pugno sul naso.
Era sempre lei.
E lei apparteneva ad un altro mondo, un mondo lontano dal proprio e con cui non poteva mischiarsi, un mondo che per quanto affascinante e allettante non aveva nulla a che fare con quello da cui lui proveniva, un mondo che per lui avrebbe rappresentato l’allontanamento dai compagni di sempre.
Un mondo, a conti fatti, che non conciliabile con il proprio.
Non erano opposti e complementari.
Erano opposti e basta.
 
***
 
I giorni successivi alla festa erano passati rapidi e frenetici ed Hermione era stata presa più che mai dalle sue ricerche, costretta a correre da una biblioteca all’altra e da una riunione all’altra, attenta a sfruttare tutti i tempi morti degli studiosi con cui aveva bisogno di parlare.
Il ricordo della notte di Halloween continuava a martellare nel cervello di Hermione ogni minuto della giornata e della notte, come un tarlo corrosivo.
L’aveva colta di sorpresa con quel bacio, ma non per questo ne era stata meno felice. Era stato lento, gentile, intenso e pieno di desiderio, come se non avesse aspettato altro che quel momento da mesi.
Come se l’avesse voluto quanto lei.
Evidentemente non era così.
Non l’aveva cercata, non le aveva dato nessuna giustificazione per il suo improvviso mutismo. Altair le aveva solo detto che sarebbero andati via per alcuni giorni per fare visita a nonna Narcissa, ma lui non si era nemmeno degnato di darle la benché minima spiegazione.
Probabilmente non la riteneva necessaria, probabilmente per lui non c’era nulla di cui parlare, probabilmente non riteneva opportuno farle sapere i suoi piani.
Quel bacio le aveva acceso un fuoco dentro, un fuoco che creava immagini di speranza dalle fattezze pericolosamente simili a quelle del suo vicino di casa. Prima di quel momento aveva solo sentito una forte attrazione fisica verso quell’uomo che era diventato così diverso dal ragazzo esile e pallido dei tempi di scuola, e una crescente simpatia per quel lato nascosto del suo carattere che riusciva a renderlo una persona piacevole, seppur in modo discontinuo.
Quel bacio aveva cambiato tutto. Ora sentiva che c’era qualcosa di più, qualcosa che andava oltre la semplice fisicità e la tenue amicizia che si stava instaurando, qualcosa che la spingeva ad attendere con gioia i pomeriggi passati in sua compagnia e che non era collegata solamente all’allegro chiacchiericcio di Altair.
Qualcosa che non sapeva cosa fosse.
Qualcosa che era e sarebbe rimasto a senso unico.
Chissà cosa si era aspettata, si domandò Hermione togliendosi le scarpe e appendendo la giacca all’appendiabiti in ferro battuto.
Pensava che le avrebbe dichiarato amore eterno, che avrebbe dimenticato anni e anni di ideali razzisti solo per quello che aveva visto in lei in appena quattro mesi?
Sperava che l’avrebbe invitata a cena portandole una rosa rossa?
Pensava che sarebbero andati in giro mano nella mano passeggiando lungo il fiume?
Cosa si aspettava?
Non lo sapeva con precisione, ma avrebbe voluto che almeno non la trattasse come una lebbrosa.
Si lasciò cadere a peso morto sul divano, con gli occhi chiusi e le mani sulle tempie che pulsavano, ma la quiete tanto agognata venne interrotta all’istante da un secco colpo sulla porta, che le strappò un sospiro frustrato.
Possibile che non riuscisse mai a rilassarsi?
 
Aprì la porta senza nemmeno guardare dallo spioncino, certa che gli incantesimi di protezione avrebbero scagliato un malintenzionato ben lontano dalla sua porta.
-Granger.-
Il modo in cui Draco Malfoy sapeva pronunciare il suo nome, senza dargli alcuna inflessione particolare e al tempo stesso facendolo risuonare come un’accusa pesante e degna della pena capitale, e quella sfumatura infastidita e tuttavia indifferente che riusciva a dare al suo cognome erano uniche ed inimitabili.
Era in piedi sullo zerbino con le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni, un maglione di lana grigia a collo alto e un’espressione rilassata in viso, come se fosse naturale farsi vivo dopo averla baciata e dopo essere sparito per quasi due settimane.
-Siete tornati.- constatò, appoggiandosi allo stipite della porta aperta, senza dar segno di lasciarlo entrare.
-Sì, ci siamo materializzati in campagna e poi abbiamo preso la macchina. Altair dorme.- terminò, indicando la casa alle sue spalle –Mia madre mi ha detto di porgerti i suoi saluti.-
-Grazie.-
-Vi conoscete?-
Gli era sembrato strano quella richiesta da parte della madre, ma era già in procinto di smaterializzarsi e non aveva chiesto spiegazioni. Ora però aveva intenzione di sapere ciò lo interessava. Sua madre non aveva mai rinnegato totalmente gli ideali che aveva condiviso negli anni passati accanto al marito e l’aveva lasciato basito il fatto che gli ricordasse di salutare una Mudblood.
-Più o meno. L’ho incontrata un paio di volte a casa di Andromeda e abbiamo scambiato qualche parola. Diciamo che la conosco di vista e di nome.-
Draco annuì a quella spiegazione, notando che Hermione sembrava più concentrata su un piccolo buco nel proprio maglione piuttosto che su di lui. Forse era imbarazzata, forse pensava al bacio.
Sicuramente ci pensava, si corresse, visto l’ardore con cui aveva risposto. Era  lui  che non avrebbe dovuto pensarci, che avrebbe dovuto rimuovere quel dettaglio insignificante dalla propria mente, relegandolo ad una zona remota e inaccessibile etichettata come  “errore madornale e disgustoso”.
Peccato che non lo fosse affatto.
-Comunque, come mai sei qui?- gli domandò Hermione, spostando nervosamente il peso sulla gamba destra e ticchettando con la punta del piede sinistro sul pavimento in cotto dell’ingresso.
-Oh, giusto. Volevo sapere se c’erano problemi per quello che è successo ad Halloween.- Hermione lo guardò senza capire dove fosse il nocciolo della questione, avvertendo però una vaga inquietudine che l’avvertiva che il colpo sarebbe arrivato presto –Voglio dire, è stato un momento di sbandamento. Sai, i fuochi, l’astinenza, un bicchiere di Whiskey che mi era rimasto sullo stomaco…-
Alla spiegazione di Draco, Hermione incassò con noncuranza il colpo allo stomaco e annuì, assicurandogli con tranquillità ascetica che andava tutto bene, che tutto era come prima, che non si sarebbe fatta nessuna strana idea e che questo non avrebbe avuto risvolti su Altair, che sicuramente ne avrebbe sofferto.
Era stato questo, quindi. Non attrazione, non sentimento, nemmeno eccitazione fisica.
Era stata colpa dell’astinenza, un modo educato per dirle che lei o un’altra donna al di sotto dei cinquant’anni non avrebbe fatto alcuna differenza, che l’aveva baciata solo perché era l’essere vivente femminile e maggiorenne più vicino e a portata di mano.
Era stato un bicchiere di whiskey sullo stomaco.
 
Ma poi, il whiskey poteva rimanere sullo stomaco?
 
-È tutto?- lo incitò –Perché sono appena tornata e vorrei farmi una doccia.- gli spiegò spazientita.
-Uh, no. Avrei un favore da chiederti. Stasera ho un appuntamento, non è che potresti curare Altair fino a quando torno?- Hermione annuì -Temo che finirò tardi, forse è meglio che tu venga a casa nostra così Altair può andare a dormire nel suo letto.-
Hermione deglutì.
Se aveva avuto dubbi nei giorni precedenti, a quel punto erano scomparsi come lavati via da un colpo di spugna.
Non gli importava nulla di lei, al punto che usciva con un’altra donna, e non aveva capito nulla dei motivi per cui l’aveva baciato a sua volta, probabilmente scambiando il suo ardore con uno sfogo fisico.
Deglutì ancora, la bocca secca e la salivazione azzerata.
Era lampante che Draco era completamente indifferente a ciò che era successo ed era altrettanto ovvio che lei invece ci era cascata dentro con tutte le scarpe, che si era fatta incantare come un ragazzina da un paio di occhi grigi e da un sorriso tanto candido quanto raro.
-Va bene.- acconsentì.
Stando a casa avrebbe rimuginando su quanto facesse male sapere che l’uomo di cui, senza alcuna logica, si era innamorata era fuori con un’altra donna e non pensava minimamente a lei come un appartenente al genere femminile. D’altro canto, stando con Altair avrebbe avuto qualcosa da fare e forse si sarebbe distratta.
-Mi faccio una doccia e arrivo, così poi puoi andare.-
-Perfetto.- gongolò soddisfatto e sollevato di non aver contrattempi al suo appuntamento galante -Altair sarà felicissima di vederti dopo tanto tempo.-
E tu?, avrebbe voluto chiedergli, Tu sei contento di vedermi?
La risposta a quella domanda muta le arrivò ugualmente quando Draco le voltò le spalle per tornare a casa propria e prepararsi.
 
La doccia non le aveva sciolto i nervi e i capelli crespi l’avevano fatta infuriare più del normale. Il riflesso che le rimandava lo specchio, simile a quello di un leone con la criniera appena uscita da una seduta di permanente, la faceva sentire una nullità.
Astoria probabilmente assomigliava a una dea dei boschi, la sua ultima conquista come sarebbe stata? Uguale ad una baccante?
Probabile.
Sconfortata, indossò un paio di jeans anonimi e un maglione semplice, certa che anche un abito in seta impalpabile non avrebbe fatto alcuna differenza. Con i capelli fermati da un bastoncino di legno rosso, Hermione scese le scale, indossò il cappotto e attraversò il giardino.
Draco Malfoy le aprì la porta con il consueto distacco, perfettamente fasciato da un completo blu notte e da una camicia grigia, che sembrava riflettere ed accentuare la luminosità dei suoi occhi chiari.
-Ciao.-
-Ciao. Altair?- chiese Hermione e Draco alzò gli occhi al cielo.
-È in camera sua. Sta facendo un po’ di capricci per convincermi a restare.- disse scocciato –Le ho detto che tanto uscirò lo stesso e ora cerca di farmi sentire in colpa.-
-Vedo che sei già pronto.- constatò, appendendo il cappotto all’ingresso.
Hermione chiamò Altair, ma la bambina non diede segno di avere sentito. Draco mormorò qualcosa di poco educato a bassa voce e recuperò un mantello pesante da un guardaroba in legno scuro.
-Altair, io vado.- annunciò, ma ancora una volta nessuno rispose –Granger, il frigorifero è pieno, usa pure quello che vuoi per cucinare. Alle nove e mezza deve essere a letto.-
-Lo so. Rilassati e divertiti.- gli augurò con un groppo in gola.
Malfoy usciva raramente, ma ogni volta che decideva di svagarsi non trovava alcuna difficoltà a trovare una donna che gli facesse compagnia. Era bello, ricco e, quando voleva, anche simpatico. Nessuna sorpresa che fosse uno scapolo ambito nella società magica, nonostante il suo passato.
Lei invece non usciva con un uomo da almeno due anni e solo nelle ultime settimane John aveva dimostrato un interesse nei suoi confronti. Era un uomo attraente, ma ormai lei era persa mente e cuore dietro a Malfoy, come una stupida adolescente.
Non era ancora arrivata al punto di piangere, struggendosi per il suo amore perduto e impossibile, ma forse sarebbe stato meglio usare il vecchio metodo  chiodo scaccia chiodo. Con un poco di fortuna avrebbe funzionato egregiamente e in meno di un mese Draco Malfoy sarebbe stato solo il ricordo di un incubo a occhi aperti.
-Come sto?- le chiese vanitoso, indicandosi e aprendo le braccia per permettergli di ammirarlo meglio.
-Borioso come al solito.- lo liquidò.
-Lo prendo come un complimento. Buona serata, Granger.- le augurò non senza un pizzico di ironia, probabilmente divertito dal confronto tra la sua serata a base di sesso e champagne e quella di Hermione in compagnia di una bambina di cinque anni. Poi si smaterializzò, lasciandola nell’ingresso vuoto e silenzioso, cullata da una vaga nota di legno e spezie, probabilmente appartenente al dopobarba di Draco.
 
Salì le scale, concordando con Ginny sul fatto che tanti anni passati tra la polvere secolare di tanti volumi le dovessero aver danneggiato i neuroni. Quella era l’unica spiegazione possibile che giustificasse la sua infatuazione per Draco Malfoy, etichettandola come follia.
Era totalmente irrazionale che una come lei potesse non solo trovare qualcosa di affascinante in uno come lui, ma che potesse anche innamorarsene.
Ma dopotutto, quando mai l’amore era razionale?
Ad ogni gradino le elucubrazioni di Hermione diventavano più contorte, il mal di testa più martellante e la rabbia più forte.
Henley-on-Thames non era una grande metropoli, ma ospitava comunque un buon numero di giovani della sua età, di bell’aspetto e simpatici, che amavano la vita all’aria aperta e la natura come lei, che non avevano nessun marchio sul braccio che ricordasse da che famiglia provenissero e che non avevano partecipato ad una guerra, che non avevano mai dovuto scegliere tra commettere un omicidio e veder morire i propri genitori, che non le avrebbero mai chiesto un esame del sangue per verificare la sua idoneità prima di un appuntamento.
Tra tutti questi, possibile che lei si fosse innamorata di un uomo che non solo era tutto l’opposto di quelle belle qualità, ma era proprio  lui?
Maledetto il giorno in cui aveva deciso di avere abbastanza soldi per lasciare Londra, maledetto il giorno in cui aveva scelto quella città e quel paesino, maledetto il giorno in cui Grattastinchi era scappato dalla staccionata e maledetto il giorno in cui aveva pensato che Draco Malfoy non fosse così male come sembrava.
I gradini finirono ed Hermione decise di mettere un freno a quelle riflessioni che facevano male e non erano di alcuna utilità. Poteva coinvolgere tutti i maghi o i santi del Paradiso, ma Draco sarebbe rimasto fuori casa con la sua nuova fiamma, divertendosi e mettendo in mostra tutto il fascino e la galanteria che non avrebbe mai sprecato per lei.
 
***
 
Con un sonoro strappo nella notte buia, una figura ammantata di nero si materializzò nel giardino di una villetta bianca alla periferia di Henley-on-Thames. Silenziosamente, picchiettò con la punta della bacchetta sulla serratura della porta a vetri che conduceva in salotto e la fece scorrere sui binari ben oliati.
Attento a non fare alcun rumore che svegliasse gli altri occupanti della casa, l’uomo avanzò con decisione. Una mano emerse dalle pieghe del mantello pesante e si alzò, abbassando il cappuccio e svelando una chioma di lucenti capelli chiari.
Mentre l’anello con lo stemma dei Malfoy riluceva alla tenue luce della bacchetta, Draco appese il mantello all’appendiabiti e salì le scale il più silenziosamente possibile.
La camera di Altair era vuota e il letto perfettamente rifatto, segno che nessuno vi avesse mai dormito. Il lieve sobbalzo del cuore a quella sorpresa si tranquillizzò immediatamente non appena ricordò che la figlia era in compagnia di Hermione. L’aveva vista combattere durante la Battaglia finale e doveva ammettere che aveva stile, abbastanza per mettere in difficoltà molti di quei bifolchi che un tempo militavano tra i Mangiamorte.
Facendo luce con la bacchetta, Draco entrò in camera propria e ancora un volta rimase intenerito davanti a quella visione.
Altair ed Hermione dormivano serenamente sul suo letto. La bambina indossava, da quel poco che sbucava da sotto le coperte, il pigiamino azzurro, mentre la giovane strega era ancora vestita come quando l’aveva salutata prima di uscire e probabilmente si era addormentata sopra le coperte mentre leggeva una storia ad Altair.
Silenzioso, Draco si avvicinò al lato della figlia e le posò un bacio sulla fronte, senza che lei desse il minimo segno di essersene accorta. Aggirò il grande letto matrimoniale, accostandosi all’altro lato e sporgendosi oltre la figura di Hermione per prendere il libro e posarlo sul comodino.
Forse avvertendo un lieve spostamento accanto a sé, Hermione mugugnò nel sonno, infastidita. Appellando con un incantesimo non verbale una coperta, Draco la stese sul corpo della ragazza, coprendola fino alle spalle.
-Draco…- mugugnò, probabilmente destata dal sonno profondo a causa di quel peso inaspettato sul corpo. Timoroso che si fosse svegliata e l’avesse colto in un attimo di gentilezza, Draco rimase immobile, ma poco dopo si accorse della verità.
Hermione si trovava in quello stato di dormiveglia di cui non si ha alcun ricordo alla mattina, in cui si dice ciò che il subconscio suggerisce, ma di cui la coscienza non ha consapevolezza.
-Sono io.- la rassicurò, inginocchiandosi accanto alla sponda del letto e guardandola meglio.
Aveva i capelli arruffati, ormai liberi dal bastoncino che li fermava la sera precedente. Una mano si era nascosta sotto il cuscino e l’altra giaceva abbandonata accanto al viso.
-Sei stato con lei?-
Quel sussurro geloso mormorato inconsciamente gli strappò un sorriso.
Era gelosa di lui.
Ed era gelosa di lui perché provava qualcosa nei suoi confronti.
Avrebbe dovuto esserne contento, lusingato, ma sentiva solo un profondo dispiacere. A che scopo provare qualcosa per poi ottenere solo sofferenza?
Ci aveva riflettuto a lungo, in quelle due settimane trascorse con sua madre nell’antica residenza dei Malfoy. Gli erano serviti numerosi bicchieri di Firewhiskey e numerose camminate nervose su e giù per il salotto di rappresentanza, per permettergli di analizzare e accettare quello che  sentiva per la donna che ora dormiva tranquilla nel suo letto, nella sua parte di letto.
 
Chissà se avrebbe impregnato le coperte del suo odore.
 
Aveva analizzato ogni momento, ogni crampo allo stomaco, ogni formicolio che lei gli avesse suscitato nelle settimane precedenti e poi.. oh, poi il pezzo forte, la cazzata peggiore che potesse fare.
Il bacio di Halloween.
Per quello non aveva avuto bisogno di particolari riflessioni, non vi era stata alcuna necessità di scavare a fondo per trovare dentro di sé ciò che aveva provato.
Era stato come una bomba, quel bacio, come una bomba che era esplosa in tutta la sua irruenza e aveva lasciato dietro di sé un paesaggio cambiato e completamente nuovo, consapevole della propria potenza.
Quel bacio aveva lasciato dietro di sé, dentro Draco, la consapevolezza di quello che provava e di quello che non avrebbe dovuto provare, la certezza che provasse qualcosa per Hermione e che non avrebbe dovuto provare nulla.
La certezza di fare un errore.
Aveva valutato, riflettuto, ipotizzato, imprecato a lungo prima di giungere alla conclusione definitiva, quella di tenersi alla larga da lei e di cercare di allontanarla, in modo da non correre il rischio che fosse lei stessa a tentare un ulteriore avvicinamento.
Era un errore, quel sentimento, e come tale l’avrebbe eliminato.
Non poteva stare con lei, non poteva sorvolare sul fatto che, per quanto fosse una brava persona e una donna splendida, non fosse la Purosangue che il suo gruppo di amici e conoscenti si aspettava che lui scegliesse.
Non era pronto a perdere le conoscenze di una vita, la stima di tanti compagni di scuola, ciò che lo legava ad Astoria solo per lei, solo per quello che provava e che sarebbe potuto svanire in un battito di ciglia.
Hermione arricciò il naso, contrariata anche nel sonno di non aver ottenuto risposta. Draco le si avvicinò ancora, parlando a voce così bassa che dubitò persino che lei potesse udirlo.
-Sì.-
La smorfia di disappunto di Hermione si trasformò in qualcosa di più marcato, di più sofferente, di più profondamente doloroso. Si mosse nel letto, come se si stesse svegliando, ma poi si tranquillizzò, mentre qualcosa di luccicante brillava tra le sue ciglia scure, scendendo poi sulla guancia fino a lasciare un segno bagnato sul cuscino.
-Cos’ha più di me?-
Quella domanda lo colpì come una pugnalata all’altezza dello stomaco.
Cassandra era bella, affascinante, intelligente e simpatica, una della Medimaghe più promettenti del San Mungo. Aveva lunghi capelli di un rosso cupo come il sangue e la pelle abbronzata per il sole dei Caraibi, da cui era appena tornata. Era piuttosto ricca, amava i bambini e aveva un cane.
Eppure tutta la serata passata in sua compagnia l’aveva lasciato con l’amaro in bocca, con un senso di insoddisfazione pressante.
-Niente.- rispose fiocamente –Niente, Hermione.-
Assaporò lentamente quel nome che non aveva mai pronunciato, articolandolo attentamente con le labbra e la lingua, con ogni respiro e ogni vibrazione che richiedeva, sentendolo dolce e corposo nel rimbombare della cassa toracica.
Se non fosse stata quello che era, chi era, allora avrebbe anche potuto fare ciò desiderava, ciò a cui tendeva con ogni fibra del proprio corpo.
L’avrebbe svegliata e l’avrebbe tenuta stretta tutta la notte.
L’avrebbe baciata fino a toglierle il respiro, fino a sentire i polmoni urlare per il bisogno di ossigeno.
L’avrebbe portata al piano inferiore e l’avrebbe fatta sua sul divano, sul tappeto, contro il muro, ovunque avesse potuto.
Avrebbe fatto l’amore con lei fino all’alba, come sognava quasi ogni notte e come desiderava ogni giorno.
Se avesse potuto, l’avrebbe fatto.
Se lei non avesse avuto quei genitori babbani, l’avrebbe fatto.
Se lui non avesse avuto alle spalle ventisei anni di insegnamenti contrari, l’avrebbe fatto.
Ma in quei desideri c’erano troppi  se  ed erano troppo invadenti, troppo importanti e troppo difficili da dimenticare, persino troppo difficili da accettare.
Lei era una Mudblood, una Grifondoro e una donna che aveva combattuto contro di lui, che aveva contribuito a mandare suo padre ad Azkaban, a riempirne le celle con i genitori dei suoi compagni.
Era tutto ciò che gli era stato insegnato a disprezzare o perlomeno a tenere alla larga. Suo padre non era più lì a ricordargli gli ideali della loro famiglia, ma essi erano scolpiti nella sua mente.
Il fatto che lei fosse anche dolce, intelligente, simpatica e bella a modo suo non cambiava i fatti, non cambiava quelli che erano i confini dei loro mondi e non cambiava ciò che gli altri avrebbero detto.
La voleva, la sognava, si era inspiegabilmente innamorato di lei e non riusciva ad accettare che John, quel bamboccio, la portasse a cena e la invitasse a casa sua, ma tutto questo non era abbastanza e non avrebbe portato nulla di buono. Anche se l’avesse amata di quell’amore struggente e inafferrabile decantato nella poesia di sempre, anche in quel caso non sarebbe cambiato nulla.
Maledetto il giorno in cui quel gatto si era intrufolato nel suo giardino e maledetto il giorno in cui aveva ceduto alle richieste di Altair di farle le sue scuse, maledetto il giorno in cui aveva cominciato a darle confidenza e quello in cui aveva ammesso che non era male come aveva pensato!
 
Si alzò in piedi e si spolverò i pantaloni, poi si chinò verso di lei e le baciò delicatamente la fronte, come aveva fatto poco prima con Altair, in un bacio che non era nulla rispetto a quello che avrebbe desiderato fare.
Fece violenza su e stesso per impedirsi di spostare le labbra sulla guancia, lungo la linea della mascella delicata e fino alle labbra. Si obbligò a limitarsi a quel contatto leggero che non soddisfava minimamente la sete che aveva di lei e si limitò a sfiorarle la fronte in un bacio infantile.
Un bacio che sarebbe stato tutto ciò che avrebbe avuto da lei.
 
 
Buonasera e bentornate, mie care (o cari, se ci sono).
Abbassate le armi e deponete i forconi!
Se avete intenzione di uccidermi ora, sappiate che il peggio (ma anche e soprattutto il meglio, ve lo posso garantire)  deve ancora venire.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi invito, come sempre, a lasciarmi un commento per farmi felice e sollevarmi il morale dopo i pesanti studi pomeridiani.
Un grosso abbraccio, a sabato prossimo
Giada
  
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