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Autore: Lightning00    12/06/2012    1 recensioni
[...]
Dall’altra parte del lago, una figura esile si stava abbeverando sulla sponda. Delle lucciole nei paraggi, e la luna piena davano all’ambiente un’aria misteriosa. Non vidi bene il viso, ma le lievi luci delle lucciole e della luna misero in risalto dei lineamenti femminili, ma soprattutto qualcos’altro.
La donna aveva degli indescrivibili capelli rosa. [...]
questa storia parla di Zaraki Kenpachi, raccontata dal suo punto di vista, prima che diventasse Zaraki Kenpachi! Godetevela!
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Zaraki Kenpachi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non ci avevo più sperato, ma mi risvegliai ai piedi di un albero, ben fasciato e un po’ dolorante. Mi guardai intorno, ma non c’era traccia della ragazza.
-Sono quassù…-
chiamò una voce familiare. Alzai la testa e la vidi distesa su un ramo, intenta a finire una mela. Anche lei era fasciata un po’ dovunque. Finita la mela, saltò giù dall’albero con agilità, e mi porse un’altra mela. –Su, tieni, devi finire di recuperare le energie.- Sembrava abbastanza seccata di quel gesto. Non mi stava nemmeno guardando. Presi il frutto senza dire niente e cominciai a mangiarlo, mentre lei si appoggiava al ramo. Avevo visto giusto, il suo era un seno notevole.
-Dove le hai trovate le bende? Non ce l’avevi con te quando ti ho incontrata.- osservai.
Lei sbuffò e rispose: -Avevo sentito la tua presenza molto tempo prima, poi mi sono fermata nelle vicinanze di un villaggio e ti ho attaccato. E così ho potuto rubare delle bende e un po’ di cibo.-
Poi notai che arrossì, probabilmente involontariamente. –E dei vestiti.-
Interruppi il mio pasto e la guardai malizioso. –E perché? Mi hai tagliato i vestiti lasciandomi nudo?- Si girò velocemente verso di me, più rossa che mai.
-No! Tu li avevi tagliati a me!-
ma si coprì la bocca, come pentita di averla aperta. A quel punto credo di essere diventato rosso anch’io. Si raddrizzò e notai che in effetti i pantaloni erano diversi da quelli di prima. Sbuffò fortemente e cominciò lentamente ad abbassarli, e mi penetrarono nella mente dei pensieri sconci.
-Ehi, ma che cazzo fai?- Le gridai, più imbarazzato che mai. Sarò stato anche una macchina di sangue, ma qualunque ragazzo si sarebbe imbarazzato almeno un pochino a quella vista. Invece di quello che stavo pensando io, ad un certo punto si fermò, e scostò il lembo di una benda.
Sul fianco aveva una cicatrice che si allungava per la coscia, fino a scomparire sotto il tessuto. Mentre con una mano teneva i pantaloni, con l’altra indicava la ferita. Era ancora rossa in viso.
-Prima di svenire mi hai colpita sul fianco mentre mi stavo rialzando, e anche se non era molto forte è bastato per…tagliarmi i calzoni.-
Se li ritirò su velocemente e riassunse un’espressione mista di divertimento e serietà.
-Ho dovuto legarli in qualche modo e trascinarmi nel villaggio come una cretina. Secondo me, me li hai tagliati apposta, stronzo.-
-Se lo avessi fatto apposta avrei tagliato la maglietta, non credi?- replicai con un sorriso malizioso. Mi arrivò un calcio dritto in mezzo alla ferita, facendomi quasi andare di traverso l’ultimo pezzo di mela.
-Dovresti ringraziarmi che ti abbia lasciato vivere, piuttosto. Se tu avessi visto anche solo qualcosa a quest’ora non saresti qui, merdaccia.-
A quel punto mi ricordai di quello che mi disse prima dello scontro.
-A proposito, ma tu non dovevi uccidermi, se avessi perso?-
Anche la ragazza sembrò essersene resa conto in quel momento. Ma poi voltò la testa con indifferenza e disse: -Il fatto è che sei stato l’unico, nel giro di quattro distretti, con cui ho avuto una conversazione decente.-
-Ah.-
Mi fece piacere sentirglielo dire. Rimanemmo in silenzio per qualche minuto, poi continuò.
-In ogni caso, dal momento che ho visto che sei in grado di tenere una conversazione, puoi chiedermi quello che vuoi.-
-Come vuoi…allora…non mi pare di averti mai vista qui: da dove vieni?-
Lei intanto era ritornata a distendersi sul tronco.
-Vengo dal 1° distretto.-
-Cosa?!? E che diavolo sei venuta a fare in un posto di merda come questo?-
Mi venne in mente il sorriso divertito che aveva durante la nostra battaglia, e pensai che era venuta laggiù per trovare dei combattenti. Ma mi sbagliavo.
-Voglio diventare Shinigami.-
Aveva abbandonato la sua espressione indifferente. In quel momento era la persona più seria del mondo. Anche se io non riuscivo a credere alle sue parole.
-Guarda, mi sa proprio che hai sbagliato strada.-
-Non sto scherzando.- disse senza nemmeno guardarmi.
-Odio la vita nel primo distretto. Non riesco a viverci per natura. Ero sempre stata una ragazzina pestifera e ribelle, laggiù. Infatti nessuno mi voleva in una famiglia. La notte restavo sveglia per allenarmi con la spada e guardare segretamente la Seireitei. Un giorno poi, ritenni di essere finalmente abbastanza cresciuta e sicura per diventare Shinigami, e così partii.-
-Ma perché sei qui e non nell’accademia di Shinigami?-
-Vedi, io non voglio diventare una Shinigami qualunque: voglio diventare il primo capitano donna dell’11° Compagnia, quella più forte del Gotei 13!-
Questa frase mi sembrava ancora più assurda dell’altra. Ma lei non era una ragazza come le altre, questo ormai era chiaro. Intanto lei continuò:
-E per diventare capitano devo essere fortissima, ancora prima di iscrivermi all’accademia. Perciò mi sono posta un obiettivo.-
Il suo discorso si faceva sempre più interessante.
-Quale?-
-Avrei dovuto attraversare tutto il Rukongai per quattro volte, percorrendo ogni distretto e sconfiggendo tutti quelli che avrei sfidato.-
-Quattro giri del Rukongai? Saranno anni che sei in viaggio, allora.
-Già. Per ogni giro ci vogliono minimo due anni. Però ormai mi manca poco. Con questo ho finito il terzo giro, e tra due anni, se tutto va bene, sarò nell’accademia degli Shinigami.-
-E’ così importante per te?-
-Sì, è il mio sogno. Non saprei immaginare niente di meglio che essere acclamata da tutti, ed essere soprannominata “Kenpachi”, come tutti gli uomini più forti della Soul Society.
All’improvviso scese giù dall’albero e si erse sopra di me.
-Il mio nome è Yachiru, futura “Kenpachi”. Piacere!-
E, serissima, mi tese la mano. Io, titubante, gliela strinsi. Che strano nome, perfetto per una ragazza stranissima e meravigliosa come lei.
-Piacere.-
Ma Yachiru non sembrò gradire questa risposta.
-Come sarebbe a dire “piacere”? Bisogna sempre presentarsi quando hai combattuto con qualcuno!-
Ecco. Quello era l’unico punto su cui volevo sorvolare.
-Guarda che mi presenterei volentieri, se avessi un nome.-
Lei capì tutto. Era pentita di essersi comportata così, sicuro. Poi si abbandonò a sedere accanto a me e disse:
-Allora te ne dobbiamo trovare uno.-
In vita mia non avrei mai pensato di sentire una cosa del genere, soprattutto da parte (praticamente) di una sconosciuta!
-Ma se non mi conosci neanche!-
-Troppo tardi. Me lo sono messa come nuovo obiettivo.-
Si voltò verso di me, di nuovo serissima.
-Vedi, tu hai del buonissimo potenziale. Infatti prima per poco non mi ammazzavi. Però sei sempre limitato. Credimi, ho già combattuto con molti, quaggiù, e posso dire che sono tutti allo stesso livello. Non diventeranno mai più forti. Ma tu no, tu puoi diventare diecimila volte più forte! Perciò ti aiuterò io a superare le tue paure e a farti uscire di qua, cominciando dal nome!-
Poi mi mostrò un caldo sorriso. –Chissà, magari alla fine potresti venire con me e diventare il futuro luogotenente dell’11° Compagnia…-
-Perché tutta questa solidarietà per un pazzo omicida come me?-
Fui sicuro, sicurissimo anzi, di vedere per un momento un lieve rossore sulle sue guance.
-Mi stai simpatico, amico. Sarebbe un peccato che marcissi in un posto di merda come questo.-
Yachiru si rilassò ai piedi dell’albero, portandosi le mani dietro alla testa.
-Be’, preparati, socio, non ci vado così leggera, io.-
-Se ti provi ad ammazzarmi, quando sarò un fantasma mi vendicherò e ti taglierò quella tua ingombrante maglietta.- e seguì una mia grassa risata. Quella volta schivai il suo calcio per un pelo. Improvvisamente, però, sembrò essersi ricordata qualcosa.
-Ah, già. Ti piacciono le cicatrici?-
-Ovviamente.-
-Be’, allora sono felice per te.- Mi disse con un sorrisetto, mentre mi passava il suo lucidissimo fodero d’argento. Era così lucido che riuscivo a specchiarmi senza problemi, e lì vidi qualcosa che mi avrebbe fatto felice per tutta la vita. Anche a distanza di poche ore, la ferita sul viso si era completamente cicatrizzata, e vedevo il riflesso del mio viso attraversato da una bellissima cicatrice giallognola che partiva dalla fronte, fino ad arrivare al mento. Sorrisi, e conclusi che quella era la miglior ragazza che avessi mai incontrato.
  
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