Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Sherry Jane Myers    12/06/2012    3 recensioni
La nostra storia riprende da quel fatidico momento in cui quel baccello fa aprire una gigantesca fenditura nel terreno, in cui Katniss spara ad una serratura per far entrare Gale in un edificio e lui viene preso dai Pacificatori.
Cosa cambia dalla storia originale? Beh, cambia che Katniss capirà la parola che Gale sta mimando con le labbra. E questo piccolo, insignificante particolare, unito ad un gatto dispettoso, modificherà totalmente la storia che ne segue.
Enjoy!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Gale Hawthorne, Katniss Everdeen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

I need you to survive


Respira. È vivo. Gale è vivo. Grido il suo nome, ma è l’unico a non sentirlo, probabilmente. Seguo docilmente i medici perché non mi mandino via. Sembra quasi un corteo. E la cosa divertente è che finisce in camera mia. Mi sa tanto che c’entra Haymitch. O Peeta. Potevo starmene seduta e aspettare, sarebbe arrivato lui.
Lo spostano sul letto, muovendo cautamente le flebo e tutto. Tutti quei fili mi fanno impressione, ma penso che, se servono a farlo stare bene, starò ben attenta che nessuno li tocchi.
Mi butto sul letto e, seduta, mi appoggio a Peeta, mentre finiscono di trasferire le flebo da qui a lì senza un’apparente ragione.

– Ora sei più tranquilla? – chiede.

Io annuisco. Tiro un profondo respiro di sollievo e quel qualcosa che mi bloccava la gola, facendo passare solo il nome di Gale, svanisce.

– Avevo… avevo paura di averlo ucciso… non me lo sarei mai perdonato, non in quel modo. Non facendolo cadere a terra con un buco nel petto. Non dopo avergli chiesto di resistere, avergli chiesto di farlo per me, avergli tenuto le mani sulla ferita per farlo sopravvivere… sarebbe stato crudele… Come quando, dopo aver resistito per tutti gli Hunger Games, ci hanno detto che dovevamo ucciderci. Dopo aver fatto di tutto perché ti salvassi, non sarebbe stato crudele se ti avessi lasciato morire? –

Lui mi stringe forte e io non posso che essergliene grata. Tutta la tensione di quei quindici, venti minuti è svanita, però l’adrenalina è rimasta. Devo togliermi di dosso quelle paure. Gale è lì, è vivo. Io sono abbracciata a Peeta e piango di felicità.

– Sì, ma non l’hai fatto. Tu non sei una persona crudele, su questo non ho bisogno di giocare a “Vero o falso”. – sorride – Ci ho messo un po’ per capirlo, eh? –

Io sorrido e annuisco, non gli dico che io non ne sono ancora convinta, ma mi libero dalla sua presa, per correre dietro a uno dei medici, che hanno finalmente abbandonato il letto di Gale.

– Come sta dottore? –

Tutta quella formalità non mi si addiceva, ma sono così. Quando sono al settimo cielo (o terribilmente terrorizzata come alle interviste degli Hunger games) riesco ad essere composta.
Ma la faccia del dottore mi riporta sulla terra con un tonfo. Dannazione, tutti i medici sono così seri? Ma io sono di nuovo preoccupata, la sua espressione non è positiva, ma neanche negativa. Ho beccato il medico musone, penso stizzita.

– Noi abbiamo fatto il possibile, ma ora dipende da lui. Il colpo ha danneggiato il polmone, bisogna vedere se si riprenderà del tutto. Inoltre, non abbiamo idea di come reagirà a questi sforzi.

Altro che terra. Dal settimo cielo mi schianto direttamente nel nucleo di lava. Inizio a capire come si sente Haymitch quando gli mollo una secchiata d’acqua per svegliarlo. Non riesco a pensare che Gale non si possa riprendere. Certo che si riprenderà. Certo. È sopravvissuto e non si dovrebbe riprendere? Gale si riprenderà. Gale è forte, è robusto è… insomma, è Gale. Non può farsi battere da una pallottola. Neanche se l’ho sparata io.
Il medico se ne va e io resto inebetita un istante, prima di correre al letto.
Mi accorgo che ha una strana mascherina che gli copre bocca e naso, così faccio per toglierla, ma Peeta mi ferma.

– Non toccare. Serve per aiutarlo a respirare. –

Mi stupisco che lui conosca quell’aggeggio e io no. Che l’avessero già usato su di lui?

– Fa paura. – dico io.

Peeta scrolla le spalle, ma non capisce che la paura è per altri motivi. Ho paura, ho paura che davvero non riesca a respirare da solo, che il suo polmone non si riprenda. So cosa significherebbe per lui. Non ho idea di come cambieranno le cose, dopo Snow e la fine degli Hunger games, ma saremo sempre io e lui a tirare avanti le nostre famiglie, di questo sono abbastanza certa. E senza tessere, senza ciò che mi era stato offerto come vincitrice, senza il suo lavoro nella miniera (sempre che la miniera esista ancora) non so proprio cosa avrebbe fatto. La sua famiglia è anche più numerosa della mia.

– Ma… serve solo ad aiutarlo, vero? Cioè, potrebbe respirare anche senza, giusto? –

Tutto quello che vedo nello sguardo di Peeta è dubbio e amarezza.

– Non lo so. Però non ho voglia di toglierglielo per scoprirlo, sei d’accordo? –

Io annuisco, mordendomi il labbro. Lancio un occhiata al ragazzo sdraiato nel letto e sospiro. Gale c’è la farà, ne sono certa. Gale c’è la fa sempre. Sorrido pensando che tutto tornerà come prima. Magari troverà un lavoro anche meglio di quello alla miniera, che ci permetta di cacciare insieme non solo di domenica. Saremo di nuovo i due ragazzi che si sono incontrati anni fa nel bosco.

– Il furto è punibile con la morte, Gale… – ridacchio, persa nei miei ricordi.

Peeta capisce che è meglio lasciarmi sola con lui, mentre io continuo a ridacchiare. Deve avermi preso davvero per pazza o per scema, ma poco importa. Forse lo sono.
Prendo lo sgabello su cui si era seduto Peeta e lo sposto accanto al letto di Gale. Mi ci lascio cadere sopra, per poi appoggiare la testa sul materasso del letto. Incrocio le braccia e sento gli occhi chiudersi. Ma prima di addormentarmi afferro la mano di Gale. Intreccio le mie dita alle sue, quasi aspettandomi che risponda alla stretta. Ma non lo fa, così chiudo gli occhi sussurrando “Buonanotte, Gale”.
La mattina, quando mi sveglio, lo saluto con un “Buongiorno, Gale”. Che strano, non ho avuto incubi. Però sono ancora in ansia per lui. Ho lo stomaco chiuso. Non mangio nulla tutto il giorno e bevo solo un sorso d’acqua. La cosa si ripete, diventando monotona, una terribile monotonia oppressiva. La mattina gli dico buongiorno, sto ferma tutto il giorno a parlargli, sperando che si svegli, rifiutando il cibo e accettando poca acqua. La sera arriva Peeta, che mi ha promesso di essere lì, se per caso si sveglia di notte e di svegliarmi. Io dico buonanotte a Gale e mi addormento.
Va avanti così per nove giorni. Ogni tanto passa mia madre, ogni tanto passa Hazelle, che è l’unica con cui ho ancora voglia di chiacchierare un po’. Ma poco, perché preferisco stare zitta ed aspettare che Gale si svegli. Però so che è la persona che prova la cosa più vicina a quello che provo io, e questo mi conforta. So che è per lui che lo stomaco rifiuta il cibo, e posso notare che anche Hazelle si è smagrita. Mi sembra di morire ogni volta che Gale espira l’aria, mentre io la trattengo per paura che non torni più ad inspirare. Ma per fortuna lo fa regolarmente, anche se non mi piace il suono che fa respirando in quel coso che ha sulla faccia. Beh, non quanto mi snervi il “Bip, bip” regolare della macchina che controlla che il cuore gli batta, anche se è meglio che continui a fare bip. Ogni tanto, se mi distraggo, mi viene il panico perché non mi accorgo di uno di quei bip. Ma quello dopo arriva sempre. E menomale, altrimenti probabilmente si ferma il mio, di cuore.

– Mi fa paura con quel coso sulla faccia. – ho detto un giorno ad Hazelle.

E non era solo la maschera a spaventarmi. Forse era il fatto che, nonostante il passare dei giorni, il pallore che si era fatto strada sulla faccia di Gale era ancora lontano dal poter essere definito anche solo vagamente rosaceo.

– Appena si sveglia se lo leva da solo, sta’ tranquilla. – ha replicato lei.

Mi viene da sorridere. Forse lo conosco ancora un po’, perché ho pensato la stessa cosa.

– Già, l’ho pensato anche io. –

Poi passano i medici, mia madre, Prim. Soprattutto Prim, che è preoccupata. Un po’ per Gale e un po’ perché potrebbe essere colpa sua se muore, potrebbe aver sbagliato qualcosa. Io le dico che non ha sbagliato proprio nulla, da oggi a quando mi ha costretto a tenere Ranuncolo. Ogni tanto mi sembra che lasci indietro i vent’anni di crescita accelerata e di saggezza extra che si è procurata, tornando ad essere la Prim del giorno della mietitura, la mia paperella.
La decima mattina sono praticamente uno scheletro. Non peggio di come sono tornata dagli Hunger games, ma il risultato è più o meno quello. Eppure il mio stomaco rifiuta tutto. Mi hanno anche provato a fare dei controlli, ma io non mi scollo da Gale.

– Buongiorno, Gale – dico.

Peeta se ne accorge e fa per lasciarmi sola. Non mi dice nulla e so che Gale non si è svegliato nella notte.

Io annuisco e lui se ne va, mentre torno alla mia posizione abituale.

– Gale… – sussurro, triste. Sento che mi sta per venire da piangere.

Lo guardo e gli sposto i capelli dalla fronte. Ha la stessa espressione da dieci giorni. La stessa, identica, inquietante espressione.

– Gale… perché non ti svegli? Ho tante cose da dirti, tante domande da farti…

Niente. Nessuna risposta. Eppure io ne ho tante da dargli e ancora di più da chiedergli. Resto lì, ferma a fissarlo. Uno, due, dieci, venti minuti. Forse di più. Passa Prim ma non dico nulla e lei se ne va. È la prima volta che tratto così mia sorella. Ed è quando esce che mi metto a piangere a dirotto, formando una chiazza che si allarga sulle coperte di Gale. Cerco di smettere di piangere con tutte le mie forze e quando ci riesco decido che deve essere arrabbiato con me. O qualcos’altro, comunque, perché non può davvero non essersi ancora svegliato.

– Dai. Sputa il rospo, c’è l’hai con me, vero? So di essere stata un’emerita imbecille e una totale inetta, ma dimmi qualcosa! Se continuo così finirò come Haymitch, se non peggio. Se mi odi mi sta bene e hai tutte le ragioni! Ma svegliati, ti prego, svegliati… Se non per me, fallo per tua madre, per i tuoi fratellini, anche solo per te stesso… voglio solo vederti aprire gli occhi, vedere che stai bene. Ti prego, apri gli occhi e guardami…

Mi chiedo cosa diamine sto facendo. Ah, sì, sono sicura che se la ride della grossa. Uh, divertente, sì. Vedermi qui a piangere e a preoccuparmi mentre magari lui sta benissimo e si è messo d’accordo con Peeta per non svegliarmi la notte. Non è da lui, ma non so più cosa pensare. So solo che non gli lascerò la mano finché non aprirà gli occhi. L’ho giurato a me stessa.

– E possa le buona sorte… – sussurro, dandogli un bacetto sulla fronte e stringendo forte la sua mano.

Vorrei baciarlo davvero. Come dice lui, quando sta male ho l’impulso di baciarlo. Ma quella maschera me lo impedisce. Stupida maschera, mi chiedo se lo stia davvero aiutando.
Sento qualcosa. Sento che qualcuno risponde alla stretta della mia mano. Ci metto un attimo a credere che sia davvero lui.

– Gale! – urlo.

La gola mi fa male all’improvviso per aver alzato troppo la voce. Dopotutto bevo pochissimo da giorni. Anche Gale si sforza di parlare, nonostante la raucedine e la gola sicuramente secca.

– Essere… sempre a tuo favore… –

Io scoppio a ridere. Nonostante le sue condizioni, ha perfino imitato l’accento di Capitol City! Smetto quasi subito, perché lui, a fatica, riapre gli occhi. I miei diventano lucidi e lui sorride. Tra le lacrime, continuo a ripetere il suo nome e a ringraziarlo. Lo ringrazio per non avermi lasciata. Lo ringrazio per avere lottato per rimanere e per svegliarsi. Lo ringrazio di tutto quello che ha fatto nella vita per me, dall’insegnarmi le tecniche di caccia a salvare Prim dalla distruzione del distretto 12. Dovrei avvertire i medici, ma non lo faccio. Voglio stare con lui ancora un po’.
Lui fa la parola “Acqua” con le labbra. Cerco subito una delle bottigliette che hanno provato a farmi trangugiare in questi dieci giorni, prendo un bicchiere dalla pila che si è ammonticchiata accanto alle bottiglie. Poi però esito un attimo.

– Devo toglierti la mascherina, per dartela. C’è la fai a respirare lo stesso?

Un’altra volta mi avrebbe risposto a tono, me lo dice il suo sguardo. “Credi che non sappia più neanche respirare?” mi avrebbe detto. Ma sa che mi sto preoccupando per lui e, come me, è troppo stanco, anche per una lite amichevole a colpi di prese in giro. Annuisce debolmente. Io appoggio il bicchiere. Gli sollevo il capo cercando di non fargli male mentre gli sfilo la mascherina. Sto attenta a come reagisce lui, ma continua a respirare senza problemi. Mi fa effetto sentirlo respirare quasi normalmente, anche se continua a sembrare un po’ affannato, dopo giorni che sento quel rumore distorto proveniente da quella maschera.
Mi rendo conto che è troppo debole per muoversi più di tanto e che già stringermi la mano deve essere stato faticoso, così prendo il bicchiere e lo aiuto io a bere.
Quando ha avidamente trangugiato tutto il bicchiere gli riappoggio il capo sul cuscino. Fa davvero impressione vederlo così… indifeso, è la parola giusta. Ho conosciuto un Gale sempre pronto a tutto in ogni caso ed è strano vederlo così debole.

– Chi è che ha avuto l’idea di mettermi quella cosa sulla faccia? – chiede.

Io mi metto di nuovo a ridere. Ha ancora la voce roca, ma parla meglio ora che ha bevuto ed è senza mascherina. Che bello. È vivo, si è svegliato e sta bene. Ringrazio il cielo di non averlo ucciso, alla fin fine.

– I medici, ma non l’abbiamo tolta perché tua madre ha detto che avresti fatto da solo appena ti fossi svegliato! – rispondo io, anche se non era una vera domanda, la sua. – Come ti senti? – chiedo, tornando seria.

Lo fisso dritto negli occhi e penso che potrei buttarmi sopra di lui ed abbracciarlo, se non fosse che probabilmente gli farei nuovamente sanguinare la ferita. E non ho intenzione di dargli una scusa per dormire altri dieci giorni.

– Ho avuto giornate migliori… ma a parte la stanchezza e il buco nel petto sto bene. –

Mi morsico il labbro, mentre lui si accorge di aver detto qualcosa che doveva essere suonata male alle mie orecchie. Trattengo le lacrime a stento. Voglio fargli vedere che sono forte.

– Scusa… io… –

Ci zittiamo entrambi, perché l’abbiamo detto insieme. Gli faccio cenno di parlare per primo.

– Non intendevo dire che sono arrabbiato con te. Non lo sono, infatti. Ma mi hai chiesto come stavo e te l’ho detto. Doveva essere una battuta. –

Fantastico, ho gli occhi lucidi. Viva me e il mio autocontrollo.

– Dovresti essere arrabbiato, invece. Guarda come ti ho combinato. Non sono neanche stata capace di fare quello che dovevo. – dico.

– Però adesso non sarei qui, ma sottoterra, se l’avessi fatto. – commenta lui.

Resto un po’ zitta. Voglio capire come sta davvero. A lui non piace lamentarsi troppo. Però mi sa che la ferita gli fa davvero male. Voglio sapere davvero se gli ho fatto così male.

– Gale…? – faccio. Lui mi guarda attento. – Quando ti ho colpito… ti ho fatto molto male? Dimmi la verità, ti prego. –

Verità. Esita perché pensa che io starò male per le sue parole o perché sembrerà che si stia lamentando? Io devo saperlo. Devo sapere perlomeno cosa gli ho fatto.

– Beh… all’inizio pensavo di morire sul colpo lo stesso, perché faceva male, ma ho iniziato a perdere conoscenza quasi subito. Non mi accorgevo più molto neanche della ferita. So che sei arrivata da me, mi hai chiesto di resistere e io l’ho fatto. Poi sono svenuto.

Io annuisco, in silenzio. Di tutte le cose che devo chiedergli e dirgli, non so dove iniziare. Se non altro, è stato sincero. È questo il bello di Gale. Se glielo chiedi riesce ad essere serio. Sa quando può scherzare e quando è meglio parlare tranquillamente.

– Sei stato svenuto tutto il tempo? – chiedo.

Beccato. Gale non può avere segreti con me. Scuote la testa rassegnato. Io lo becco sempre. Una delle poche cose che riesco ancora a fare.

– Perché non mi hai detto niente? A me o a Peeta. Ero preoccupatissima! Non sapevo più cosa fare e tu eri sveglio! –

No, non volevo dire questo. O meglio, fino al punto di domanda lo volevo dire. Non voglio litigare, ora che si è svegliato. Voglio dimenticarmi tutto, tutti i miei e tutti i suoi errori. Vorrei non avergli urlato contro per la cosa dei pass-pro. Vorrei non averlo mai lasciato per gli Hunger Games, vorrei non aver sbaciucchiato Peeta in TV per settimane. Vorrei, vorrei, vorrei. Vorrei essere scappata con lui nella foresta. Non avrei mai saputo che Primrose Everdeen sarebbe stata estratta. Peeta l’avrebbe protetta, lo so, e forse sarebbe tornata a casa con lui come ho fatto io. Ok, è una visione molto ottimistica. Ma lo vorrei. Perché la nostra amicizia si è incrinata? Lo sappiamo tutti e due che è così. Non mi sento più così libera con lui. Di solito, insieme a Gale potevo essere me stessa. Dirgli tutto. Ora mi sembra di essere un po’ limitata. Cavoli, vorrei non essere mai andata a Capitol City.

– Non ci riuscivo, d’accordo? Ero troppo stanco per parlare. Sai, è un po’ difficile, se ti metti nei miei panni. –

Rimango zitta. Non volevo urlare, non so cosa dire. Mi sa che è solo colpa mia. Come sempre, Gale da voce ai miei pensieri.

– È cambiato tutto. Dannazione. Dovevo offrirmi al posto di Peeta a quella stramaledetta mietitura. Dopo che sei andata lì è cambiato tutto. – Sospira. – Vorrei che le cose tornassero come prima. Vorrei essere di nuovo il tuo migliore amico. –

Io scuoto la testa. Lui mi guarda con un’espressione indecifrabile. È ovvio che reagisca così. È stato il periodo migliore della mia vita, nonché il periodo senza Peeta. E io gli ho detto di non rivolere indietro quei momenti.

– Io non vorrei, invece. –
_________________________
***Post-it di Sherry***
Ecco la seconda parte del finale ^^ spero vi piaccia!
Povero Gale, giàà mezzo distrutto di suo, ora Katniss gli dice pure che non vorrebbe che tornasse ad essere il suo migliore amico... Ehi, fan di Gale, non scappate! Sono una di voi! xD
Vabbè! Ho deciso che la storia avrà un altro capitolo più l'epilogo. Volevo fare tre parti, ma preferisco tenere l'epilogo separato e non volevo postarvi 17 pagine in una volta sola ^^
I ringraziamenti:
Grazie a chi ha recensito lo scorso Chappy! Alicous, Sheeiren_Black 22 e CatnipEverdeen! ♥♥♥ grazieeeee!!
Grazie a chi ha messo la storia tra le seguite: CatnipEverdeen, Cla998 e DarlingAry!! ♥Grazie 1000!!!♥
Grazie di nuovo a Cla998, che ha messo la storia anche nelle preferite!!
Poi, anche se forse dovevo metterlo nel primo capitolo, voglio ringraziare in modo particolare CatnipEverdeen, che mi ha incoraggiata a pubblicare nel fandom e che mi ha lasciato la prima recensione! ^^ arigatò!
Grazie anche solo a chi legge e basta!
^.* Sherry J. Myers

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Sherry Jane Myers