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Autore: _Eleuthera_    13/06/2012    13 recensioni
«Credi che non sia più un prigioniero?» domandò Loki, fissandola negli occhi pieni di orgoglio. «Credi che io adesso sia libero? Ti svelo un segreto, Sigyn. La libertà è la più grande menzogna che ti sia mai stata raccontata. Qui dentro non deciderai mai per te stessa. La prigione non è quella che hai visto nei sotterranei. Asgard lo è. Tutto il mondo è una prigione».
[Post Avengers][Loki/Sigyn]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Sigyn, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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THE QUEEN COMMANDS


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Dopo aver terminato quella patetica quanto ingloriosa sfilata, era stato condotto al cospetto di Odino. Non era stato un processo, quanto una piccola riunione di famiglia. Solo quando si erano trovati tutti insieme, chiusi in una stanza, Thor gli aveva delicatamente tolto la museruola.
Tuttavia, lui non aveva aperto bocca, e non perché il dolore alla mascella fosse quasi insostenibile ma perché aveva scelto così. Emise solo un paio di monosillabi e per il resto del tempo le sue labbra rimasero serrate, strette in un sorriso affilato.
Lo sguardo di Odino era indecifrabile, ma quello di Thor era fin troppo trasparente. Era ferito. Loki lo trovò insopportabile.
C’era anche Frigga, con loro. Sebbene apparisse calma e composta era la più disperata di tutti, e Loki trovò pure questo insopportabile, anche se in modo diverso.
Quando finalmente si resero conto che cercare di farlo parlare era un’impresa impossibile, Thor gli rimise la museruola e lo condusse via. Scesero rampe di scale addentrandosi nelle viscere del palazzo finché non raggiunsero le prigioni. Loki si era aspettato quel trattamento, ma si sentì trafiggere dall’indignazione quando Thor aprì la porta della cella.
«Mi dispiace, fratello», gli disse guardandolo negli occhi. Loki lo fulminò con lo sguardo. Non aveva certo bisogno delle sue scuse, era ovvio che sarebbe stato messo in gabbia, e tenuto lì, con le catene anche sulla bocca, finché Padre non avesse deciso di liberarsi di lui. A che cosa servivano le sue maledette scuse? Avrebbe preferito se le avesse tenute per sé.
Quando Thor se ne andò con un sospiro e lui rimase solo, si sedette a terra e chiuse gli occhi.
Aveva avuto tutto in pugno e ora non aveva niente. Quella museruola che gli avevano messo addosso era dolorosa e umiliante. Inizialmente quasi ne era stato adulato - dovevano pensare che fosse davvero pericoloso, per riservargli una tale premura - ma era tornato ad Asgard da perdente e aveva recitato così bene la sua parte da far apparire suo fratello ancora più eroico del necessario. Il mondo lo aveva visto incatenato e imbavagliato, e il loro silenzio gli era stato di poca consolazione.
Non era ancora abbastanza pazzo da non sentirsi triste e spaventato, e pensò che avrebbe preferito aver perso completamente il senno.
Ma la cosa peggiore era la rabbia, una rabbia così grande che pensava di non essere in grado di contenerla tutta. Era più forte di lui, e sarebbe esplosa, lo avrebbe ucciso. Non poteva sopportarla.
Non era mai stato bravo come figlio d’Odino, ma era un fallimento anche come mostro.
Nella solitudine della sua prigionia, Loki pianse di rabbia fino ad essere troppo stanco per tenere gli occhi aperti. Quando si addormentò, sognò una vendetta terribile.


 

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Sigyn aveva sperato che il chiacchiericcio pacato delle altre dame di corte potesse distrarla dopo il brusco inizio della giornata, perciò era stata felice quando era stata convocata nelle stanze della Regina insieme alle altre donne. Era insolitamente tardi, ma immaginava che la Regina avesse avuto una mattinata particolarmente difficile. Mentre sedeva con le altre, Sigyn lanciò uno sguardo verso di lei. Frigga era una donna gentile e materna e le ore passate in sua compagnia erano piacevoli, ma nonostante non vivesse a corte da molto a Sigyn non era servito tanto tempo per rendersi conto che i suoi occhi erano perennemente offuscati da un velo di malinconia. Questo l’aveva incuriosita, ma non allarmata. Ci si aspettava discrezione, da lei, e aveva tenuto i propri pensieri per sé.
Adesso, però, mentre osservava di nascosto l’espressione della Regina, ogni suo proposito di distrazione s’infrangeva miseramente. La Regina non era soltanto preoccupata, era addolorata: glielo si leggeva nelle sue rughe sottili, nelle mani strette in grembo. Sigyn distolse lo sguardo in fretta, ma l’angoscia che aveva osservato le era entrata nel cuore. Doveva avere per forza a che fare con il ritorno dei principi, pensò. Anche lei, come tutti gli altri, doveva aver creduto che Loki fosse morto. Ma se invece era vivo, ed era tornato a casa, perché quegli occhi pieni di dolore? Qualcos’altro turbava la Regina. Qualcosa non andava. Il ritorno del figlio non era abbastanza per renderla felice, e Sigyn pensò di sapere che cosa ci fosse di terribile. L’immagine del dio costretto a portare la museruola balenò nella sua mente.
«Sigyn»
Sigyn si voltò. La Regina stava guardando verso di lei. Lentamente, si alzò e lasciò l’angolo dove sedeva con le altre donne. Avevano continuato a parlare come se niente fosse, ma Sigyn sapeva che con la coda dell’occhio stavano tutte guardando lei.
Quando fu davanti alla Regina, fece un breve inchino. «Mia signora».
Frigga sorrise. «Cammina con me, Sigyn».
Sigyn seguì la Regina nel chiostro che lei tanto amava. Le alte colonne che limitavano il pavimento di pietra davano su un lato su un piccolo giardino interno, mentre dall’altra parte troneggiava l’imponente profilo di Asgard con i suoi grandi palazzi e precipizi, e il cielo terso del primo pomeriggio.
Sigyn sapeva che alla Regina piaceva passeggiare con le sue dame, ma da quando era lì non l’aveva mai vista chiedere la presenza di qualcuno in particolare. Senza un motivo preciso, lo interpretò come un cattivo segno. Forse aveva fatto qualcosa che non andava e per questo doveva parlarle. Forse era successo qualcosa a casa. Sigyn tremò, pensando che suo padre era anziano e poteva essergli successo qualcosa, e rabbrividì di nuovo quando il pensiero del padre si concretizzò nella sua testa.
«Da quanto tempo sei a corte, Sigyn?» chiese la Regina.
«Undici mesi, maestà» rispose Sigyn.
«Arrivasti con tuo padre il giorno dell’incoronazione di Thor, non è vero?»
Sigyn annuì. Suo padre l’aveva portata a corte per assistere al grande evento e prendere gli ultimi accordi con la Regina per assicurare alla figlia un futuro dignitoso presso la casa reale. Sigyn era cresciuta nella tenuta dei genitori, un possedimento modesto anche se curato, e trovarsi di punto in bianco nelle gigantesche stanze del palazzo reale non era stato un cambiamento da poco. I primi tempi aveva vissuto ogni giorno nello smarrimento più totale, con una violenta nostalgia di tutto ciò che aveva perduto da quando era arrivata a corte. Per un po’ aveva cercato di tener duro, poi aveva iniziato a scrivere lettere piene di dolore a suo padre, implorandolo di mandare Grete a stare con lei, che aveva sofferto nell’essere separata dalla cugina più grande ed era molto più contenta all’idea di lasciare casa e vivere a corte. Sigyn non aveva mai provato lo stesso entusiasmo. A volte pensava che si trattasse soltanto di passare da una gabbia più piccola ad una più grande.
Ad ogni modo, quando suo padre si era deciso a prendere ulteriori accordi e a mandare Grete da lei erano già passati dieci mesi e Sigyn aveva finito per imparare a vivere nel suo nuovo mondo fatto di sussurri gentili e sorrisi di circostanza.
«Come ti trovi qui, Sigyn?», chiese la Regina, e Sigyn riemerse dai ricordi.
«Sto bene, mia signora» rispose. Era vero. Era fortunata ad essere dov’era. Ma era solo una delle tante dame di corte e non avrebbe mai potuto essere nient’altro. Questo era il pensiero che a volte la teneva sveglia di notte, che non la faceva prendere sonno. Tuttavia, che cos’altro avrebbe potuto essere?
«Molto bene» disse la Regina. Le rivolse un sorriso materno, ma Sigyn si accorse che nonostante Frigga si stesse sforzando in ogni modo di mantenere il solito atteggiamento, nei suoi occhi balenava l’angoscia. Era troppo intensa per ignorarla e Sigyn parlò ancora prima di rendersene conto.
«Mia signora, che cosa vi turba?»
Era una domanda inutile, perché sapevano entrambe quello che era successo poche ore prima, ma la Regina rispose con solennità.
«Sono preoccupata per mio figlio».
«È successo qualcosa al principe Thor?»
Sigyn capì troppo tardi l’errore che aveva commesso. Lo sguardo della Regina la pietrificò.
«Non lui. Loki».
Abbassando lo sguardo in preda alla vergogna, Sigyn si affrettò a scusarsi. «Perdonatemi, maestà, io…»
«So quali voci girano a corte», proseguì la Regina. «Ma nonostante tutto, Loki rimane sempre nostro figlio».
Sigyn tacque, lo sguardo ancora basso e le guance in fiamme. Pensava che il discorso fosse chiuso e si stupì quando la Regina parlò ancora.
«Non mi è concesso vederlo. Vorrei poter sapere come sta, vorrei potergli parlare. Poterlo sentire parlare». La voce di Frigga era colma di dispiacere. Sigyn trovò il coraggio di alzare la testa e rivolgerle lo sguardo.
«Perché non potete vederlo, mia signora?»
«Il mio Re non me lo permette». La Regina strinse le labbra. «Anche a Thor è stato imposto questo divieto. Credo che mio marito abbia paura di ciò che Loki potrebbe dirci. Eppure stamattina ci ha a malapena rivolto la parola».
Fece una pausa. Sigyn non aggiunse nulla. Non se la sentiva di biasimare il Re: anche lei aveva paura di Loki.
«Non credo che mio figlio abbia perso la ragione», proseguì la Regina. «A dire il vero, penso che sia fin troppo lucido. E negargli di interloquire con la sua famiglia può soltanto peggiorare le cose».
Sigyn avrebbe voluto far notare a Frigga che le sue erano le parole di una madre preoccupata per il figlio e che in quella situazione era pericoloso esprimere giudizi, ma non era sicura di essere nella posizione di poter dire una cosa del genere alla moglie del potente Odino.
«Mia signora, se il Padre degli Dei ha preso questa decisione, c’è sicuramente un valido motivo» azzardò. La Regina non parve convinta.
«Ho sempre onorato le decisioni di mio marito. Mi sono fidata della sua lungimiranza. Ma molte cose sono cambiate nel cuore del Padre degli Dei negli ultimi mesi», mormorò. «La sua vista è offuscata dall’orgoglio. Crede di aver perso Loki per sempre, ma io non ho intenzione di arrendermi. Non sono ancora pronta a perdere mio figlio».
La conversazione stava prendendo una piega che a Sigyn non piaceva affatto. Iniziava a capire perché Frigga avesse scelto di passeggiare con lei soltanto, e quando la Regina si voltò e la osservò a lungo con il suo sguardo altero, Sigyn si rese conto che i suoi sospetti erano fondati.
«Sigyn, voglio che tu vada da Loki e gli porti un messaggio da parte mia».
Improvvisamente le sembrò che la terra le venisse a mancare sotto i piedi. Si fermò, guardando la Regina con il puro terrore riflesso negli occhi. La gravità dell’ordine ricevuto aveva paralizzato i suoi pensieri. Voleva parlare, dire qualcosa, cercare di salvarsi, ma la Regina vide il suo sgomento e fu più veloce di lei.
«Sigyn, non avere paura. Loki non ti farà del male. E’ mio figlio, e rispetterà chi porta un messaggio da parte di sua madre».
Le prese le mani e le rivolse un sorriso rassicurante. Sigyn alzò lo sguardo pensando che qualunque cosa avesse detto non sarebbe stata sufficiente. Aveva ricevuto un ordine dalla sua Regina e doveva portarlo a termine. Si trovava in un vicolo cieco e non riusciva a capire che cosa stesse provando, se paura o rabbia, o entrambe.
«Farò come la mia signora desidera», disse alla fine. La Regina sembrò soddisfatta della risposta e proseguì la passeggiata al suo fianco, definendo i dettagli dell’incontro che si sarebbe svolto all’oscuro di Odino. Sigyn annuì in silenzio mentre il suo cuore bruciava. Avrebbe voluto essere stata forte e coraggiosa come l’eroina di un poema, e ribellarsi a quello che era il volere di una donna troppo piegata dal dolore per poter ragionare. Invece si era lasciata docilmente condurre in trappola. Aveva obbedito, da brava.
Quando Sigyn tornò a sedersi nel cerchio delle dame di corte tutti gli sguardi erano puntati sulla sua figura, ma quando alzò gli occhi nessuno la stava guardando. Fu allora che si pose per la prima volta la domanda che, nelle notti seguenti, l’avrebbe tenuta sveglia.
Perché la Regina aveva scelto proprio lei?














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Sto diventando pazza nel cercare di rendere plausibile questo paring, e non banale o scontato come tanti altri.
Farò di tutto per cercare di sorprendervi, ve lo prometto. E mi riserbo anche il diritto di smettere di pubblicare qualora la storia diventasse patetica.
Intanto vi ringrazio infinitamente per aver letto anche il secondo capitolo!
Un ringraziamento speciale va a AcrossTheSea, akachika e Darma, che hanno commentato il primo capitolo;
a Out of my head che ha inserito la storia tra le ricordate;
a akachika, Alkhema, amidala1201, asok, Darma, Didyme, kenjina, LittleBulma, MaRmOtTeLlA, maura 77, Morrigan Aensland, PhoenixofLight, Princess_Klebitz, saku89 e Sherlockian7, che hanno inserito la storia tra le seguite.
Non avete idea di quanto mi faccia piacere sapere che ci siete.
Mi fareste ancora più felice lasciando un commento quando leggete la storia, ma sono già veramente contenta di vedere che ho un piccolo pubblico che, a modo suo, mi segue!
Sayonara!
Eleu
   
 
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