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Autore: Angele87    31/12/2006    33 recensioni
Cosa potrebbe mai accadere nel periodo natalizio tra Ron ed Hermione? e se il destino avesse deciso di prenderli di mira? Magari qualcosina di bello potrebbe anche accadere...
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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RED PASSION

-Il destino è dietro l’angolo-

2 parte

 

Avviso:

I personaggi di questa storia appartengono tutti all’autrice J.K. Rowling. Io li ho utilizzati solamente per divertirmi e far divertire chi leggerà questo lavoro. I fatti narrati di seguito non sono mai avvenuti nella saga di Harry Potter.

Questo racconto è stato scritto con nessuna intenzione di lucro, quindi, si ritiene che nessun diritto di copyright sia stato violato.

Buona lettura

Angèle

 

 

L’aria natalizia era diventata ancora più gioiosa con l’inoltrarsi del mese di Dicembre.

Le poche vetrine ancora non addobbate erano drasticamente scomparse.

La città e i suoi negozi erano uno sfarfallio di colori e di luci.

Ron fissava dalla finestra del suo ufficio un’insegna particolarmente ammiccante. L’aveva guardata così a lungo che sarebbe stato in grado di riprodurla su carta in maniera perfetta, ma, in realtà, non ne aveva assimilato nessun particolare.

La sua mente era troppo impegnata a rincorrere altri pensieri, a porsi domande che non avrebbero mai avuto risposta, in altre parole, Ronald Weasley stava riflettendo.

Harry alzò lo sguardo un paio di volte su di lui ma mai gli aveva rivolto un’occhiata. Era un’immagine sconvolgente, Ron di solito era abbastanza attivo.

-Ron?- Harry lo stava fissando da un po’, l’espressione sconcertata sul volto. –Ma che diavolo ti prende?-

Ron spostò i suoi occhi dalla finestra a lui. Sicuramente doveva aver valutato Harry come soggetto troppo poco interessante, perché subito dopo aveva ripreso a fissare l’insegna sul palazzo di fronte.

Il ragazzo bruno aveva sbuffato, irritato.

-Si può sapere cos’hai? Sembra ti sia passato addosso un treno...-

Ron non modificò la sua espressione stralunata e continuò a non rispondergli.

Harry sospirò afflitto e scosse il capo. –Se nemmeno Hermione riesce a capire cos’hai... allora, è inutile che mi sforzi io.-

Il rosso si era rizzato sulla sedia a quelle parole e aveva finalmente iniziato a dedicare attenzione all’amico. Poggiò un mano sul tavolo con un tonfo.

-Hai sentito Hermione?-

Harry era sobbalzato. Aveva guardato Ron come se fosse impazzito e con un’aria poco convinta aveva annuito.

-Certo, io mi sento con lei tutti i giorni. Perché?-

Ron era arrossito preso in flagrante. –Beh, perché non la sento da un po’...-

"E perché non faccio altro che pensare a lei e alle sue parole" .

Harry non sembrava sorpreso.

Hermione doveva avergli accennato qualcosa della loro situazione.

-Sì, mi ha detto che vi siete chiariti più o meno.- Harry aveva una grande capacità di far sembrare le frasi casuali.

-Più o meno?- Ron inarcò un sopraciglio. –Che significa?-

-Significa che lei ti ha parlato con chiarezza. Tu, però, non lo hai fatto.-

Ron si sentì offeso da tanta... verità. Distolse lo sguardo dal suo migliore amico e disse. –Tu non sai...-

-Io so tutto, Ron. Più di quanto sappiate tu ed Hermione. Io vi vedo dall’esterno ed ho una visione perfetta della situazione.-

Ron sbuffò. –Sì, certo.-

Harry incrociò le braccia sul petto, indispettito. –Non tutti sono ciechi come te, Weasley!- puntò un dito sulla sua scrivania. –Tutti abbiamo visto come guardi Hermione; come ti comporti quando lei è nei paraggi; che umore hai quando lei è gentile con te. Pensi di essere circondato da idioti?-

Ron aprì e richiuse la bocca un paio di volte. –Non guardo Hermione in nessun modo particolare io!-

-No?-

-No.-

-Di che colore ha gli occhi Sally?- la domanda di Harry arrivò a bruciapelo.

Ron rimase interdetto. –Cosa diavolo centra?!-

-Rispondi.-

-Mi sembra...- Ron rimase di stucco. Non ricordava con esattezza di che colore avesse gli occhi la sua ragazza. Si sentì imbarazzato e si portò una mano dietro la nuca. Com’era possibile che non lo ricordasse. Guardava così superficialmente Sally da non riuscire a memorizzare nulla di lei? –Mi sembra... azzurri.-

-Ti sembra?-

-Sì, non ne sono sicuro. Ma che centra, mica è obbligatorio ricordare il colore degli occhi della propria fidanzata...-

-Hermione di che colore ce li ha?-

Ron arrossì, tremendamente. Non appena Harry l’aveva nominata, gli erano apparsi bellissimi gli occhi di Hermione. Ricordava ogni particolare, ogni sfumatura, tutto: il taglio regolare e grande, le sopraciglia scure e curate, quel pizzico di verde attorno alla pupilla e quelle pagliuzze dorate che le si accendevano quando il sole brillava nel cielo.

Harry notò la sua espressione e sorrise. –Visto? E’ piuttosto normale ricordare il colore degli occhi della propria ragazza.-

Ron aveva annuito meccanicamente, senza rifletterci. -...-

-Stronzo.-

Harry aveva sorriso, senza pensare all’epiteto con cui l’aveva indicato Ron. –Quando vuoi, amico.-

-Rimane il fatto che non sono innamorato di lei. Mi sarò preso una cotta. Capita?-

-Una cotta di 12 anni?-

-Non dire cazzate.-

-D’accordo.-

Ron aveva ripreso a guardare fuori, assorto di nuovo nei suoi pensieri.

-Comunque, Hermione torna a casa sua per Natale.- Harry aveva ripreso a scartabellare. –A quanto pare i suoi parenti le hanno organizzato una festicciola per conoscere qualcuno, un certo Mark.-

Ron si era irrigidito sulla sedia. –Mark?-

-Sì, un suo amico d’infanzia. E’ un medico babbano: ha la nostra età e dalla foto che mi ha mostrato non è malaccio. Potrebbe andare per lei, no?-

-NO!- Ron aveva battuto una mano sul tavolo. –E’ un babbano! Non sai quanti problemi dovrà affrontare Hermione...- cercò subito una giustificazione.

Harry sorrise. –Sì, lo dice anche lei.- continuò a scartabellare indifferente. -...e per questo, che mi aveva chiesto di accompagnarla a casa sua il giorno di Natale, fingendomi il suo fidanzato.-

Ron si era visibilmente rilassato a quella notizia. –Davvero? Bene.-

-Ma io non posso andarci.-

Harry vide il cuore di Ron raggiungere di nuovo il pavimento sotto i suoi piedi con un tonfo.

-Perché?!-

-Tua madre. Mi ha invitato a casa tua per Natale, ha detto che non posso mancare e che se la sarebbe presa, se non avessi accettato... Sai, com’è tua madre.-

"Terribilmente insistente!"

-Già.-

-Povera, Hermione! Le toccherà partire il 23 Dicembre dalla stazione di King’s Kross, binario 10, alle ore 16,00 sola, soletta... per di più con la prospettiva di passare un Natale a stretto contatto con quel Mark...Sono sicuro le si appiccicherà. Hermione è così carina in quest’ultimo periodo, non può non piacergli.-

-Già.- Ron si era rabbuiato.

Harry era rimasto in silenzio nel tentativo di non ridere. Infilò senza ordine alcune carte in una cartella e si alzò. –Beh, io vado...- si avvicinò alla scrivania di Ron e gli lasciò un biglietto del treno. –Puoi restituirlo a Ginny, ricordandole di darlo ad Hermione, senza dimenticare di ripeterle che la carrozza è la numero 7?-

Ron afferrò il biglietto ed annuì. –Sì, nessun problema.-

-Ok, grazie, Ron. Ci vediamo domani.- e senza aggiungere altro, lasciò la stanza cercando di soffocare in un colpo di tosse la risatina che gli nacque dal cuore.

 

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Hermione tirò con uno sbuffo la sua valigia sul treno.

La stazione di King’s Cross già affollatissima nei giorni feriali era praticamente impraticabile in quel momento dell’antivigilia natalizia.

Il chiacchiericcio, il fischio dei treni, la voce dell’alto parlante e tutte quelle persone infagottate e pressate in quegli spazi erano riusciti a distrarre Hermione dai suoi pensieri.

Guardò un momento fuori dal finestrino del suo scompartimento e fu felice di trovarsi al caldo.

Fuori, tra le vie di Londra, spirava un vento gelido ed alcuni fiocchi di neve erano caduti imbiancando timidamente i tetti delle case del centro della città.

Hermione si tolse con un gesto rapido della mano il cappotto e la sciarpa, appoggiandoli ordinatamente sul sedile al suo fianco. Amava viaggiare in treno; era un momento di calma totale durante il quale avrebbe potuto lasciarsi andare ai ricordi, quelli più belli, stranamente sempre legati ad uno sbuffo di un treno a vapore.

Controllò l’orologio enorme appeso sul lato destro della stazione e sospirò. Mancavano pochi minuti alle 4 ed alla sua partenza.

Fu distratta da una risatina proveniente dal corridoio e dal passaggio di un gruppo di ragazzini festanti alla ricerca del proprio scompartimento.

Sorrise.

"Cambiano i tempi, cambiano le generazioni, ma in fondo tutto rimane uguale..."

Si ravvivò i capelli ricci con una mano. Le ciocche scure le cadevano con disordine sulle spalle e sul maglione di lana intrecciata bianco latte; il collo alto e leggermente largo le arrivava quasi sotto il mento.

Si domandava come mai con tutta quell’affluenza alla stazione il suo scompartimento continuasse a restare vuoto e, quando il treno si mosse allo scoccare delle 4, si sentì un po’ inquieta al pensiero di affrontare il viaggio completamente sola.

-Ha bisogno di compagnia?-

Quella voce, quella intensa, profonda e stramaledettamente bella voce le arrivò alle orecchie, facendola rabbrividire.

Sentì le guance andare a fuoco e la gola farsi secca. Si voltò lentamente verso l’entrata dello scompartimento e lo vide.

Ron era in piedi, perfettamente in equilibrio nonostante il movimento del treno, il bavero della camicia scura gli sfiorava il collo ed i suoi capelli non esageratamente corti erano pettinati all’indietro -come li sistemava di solito per le grandi occasioni- facendo sì che alcune ciocche più lunghe alla base della nuca si appoggiassero sulla stoffa scura, creando un contrasto netto con il rosso della capigliatura.

Hermione distolse lo sguardo, tentando di controllare il rossore che si era accomodato sulle sue guance.

-Non voglio la tua compagnia.-

-Sei ancora arrabbiata?- Ron le si era avvicinato e, sedendosi nel posto di fronte, si sporse verso di lei. Il profumo speziato e fruttoso di Hermione gli aveva pizzicato il naso, facendolo sorridere.

-Io non sono arrabbiata con te. Solo non voglio vederti.- la ragazza si era voltata di scatto, ritrovandosi a pochi centimetri di distanza da lui, dal suo odore, dai suoi occhi, dal suo respiro. Era rimasta ferma ad osservarlo, incapace di fare altro.

Ron teneva i suoi occhi fissi su quelli di lei, dando vita ad una lotta di sensazioni nell’animo di entrambi.

-Perché?-

Hermione era così rossa ed agitata che per rispondergli dovette ritornare a guardare fuori dal finestrino il paesaggio che correva veloce sullo sfondo.

Stavano lasciando velocemente Londra, inoltrandosi sempre più nella campagna.

-Perché quando sto con te soffro-. Si strinse nelle spalle. –E sono stanca di farlo.-

Ron rimase colpito da quelle parole così forti, così sentite e dannatamente vere.

Hermione era stata così seria nel pronunciarle che gli aveva messo tristezza addosso.

-Mi dispiace.-

-No, Ron, non farlo, non voglio la tua pietà, non voglio alcun tipo di sentimento da te, né amicizia, né...- e non riuscì a finire la frase. Le parole le erano morte sulle labbra.

Ron, infatti, senza averle dato il tempo di reagire, l’aveva attratta a sé e l’aveva abbracciata stretta, sprofondando il naso tra i suoi boccoli e respirando a pieno quel profumo incredibile.

-Hermione...- La sentì rigida tra le sue braccia, pietrificata. La strinse ancora un po’. –Io ho bisogno di te.-

"Ron..."

Hermione represse nella gola un singulto.

Non doveva andare così. Non doveva finire a quel modo.

Gli passò una mano sulla schiena, fino ad arrivare sul collo e lo accarezzò.

Il cuore carico di tristezza e la voglia matta di respingerlo, di fuggire, di nascondersi in un posto in cui nessuno l’avrebbe più trovata.

Ma perché era lì? Perché non riusciva a capire che doveva lasciarla libera?

-Hai bisogno di me come di Sally?-

Ron sentì il sangue gelarsi a quella domanda. Perché tutti parlavano di Sally quando, alcune volte, era una delle ultime persone a cui pensava. Certo, era la sua ragazza, ma nulla di più. Con lei non possedeva quel legame speciale che sapeva benissimo di avere, invece, con Hermione.

Si distaccò da lei con riluttanza. Era così confuso, così spaesato, così imbarazzato. Nessuna donna lo faceva sentire a quel modo.

-Che centra adesso Sally? Ma perché tutti la tirate in ballo?-

Hermione controllò con un grande risultato la sua voce. Riuscì a non farla tremolare, incerta.

-Beh, perché credo che sia la persona più importante per te, Ron. E’ la tua ragazza, no?-

-Sì, ma allora? Cosa vuol dire?! Ci sono tremila persone più importanti di lei nella mia vita...-

Hermione si sentì stranamente dispiaciuta per Sally.

Ron, spesso, senza rendersene conto sapeva essere crudele. Forse perché era schietto e sincero; non temeva di dire la verità alla gente.

-Non sei carino a dire questo.-

Ron si strinse nelle spalle, annuendo. –Lo so. Ma è la verità e Sally lo sa benissimo.-

Nessuno dei due aprì bocca per un periodo di tempo indeterminato. Rimasero a fissare con ostinazione soggetti diversi: Hermione, il paesaggio che correva fuori il finestrino e Ron, il profilo regolare della ragazza.

-Perché hai bisogno di me, Ron?- Hermione gli aveva rivolto lo sguardo, finalmente. Gli occhi scuri indagarono il volto di Ron, soppesando ogni suo movimento facciale. –Dammi una sola, buona spiegazione per cui io dovrei continuare ad esserti amica, nonostante i miei...- e sentì un brivido percorrerle la schiena. -... sentimenti per te. Dammi questa ragione, Ron, ti prego. Un buon motivo che mi aiuti a sopportare il dolore...-

Ron rimase in silenzio, cercando un motivo. Era così difficile trovarne uno che non suonasse compromettente. –Io...-boccheggiò. –Io... non lo so.-

Hermione sentì di nuovo un pugno nello stomaco. Sospirò e socchiuse gli occhi, cercando di non sentirsi male. Si alzò in piedi, barcollando appena.

-Lo sapevo.- la sua voce vibrava di rabbia, ancora una volta. –Non riesci ad esprimere un solo dannato sentimento. Sai, Ron, credevo che la sfortunata tra i due fossi io. Mi sa che mi sbagliavo. Sei tu quello messo peggio.-

Raccolse le sue cose e, senza aspettare oltre, si dileguò.

Ron rimase seduto, a fissare il posto vuoto, prima occupato da Hermione. Come poteva essere stato così deficiente? Si passò una mano tra i capelli e sospirò.

-Ho bisogno di te perché ti amo, Hermione.-

Nessuno era più lì per poterlo ascoltare.

 

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Hermione arrivò a casa sua, quella sera, con un pessimo umore.

In quell’ ultimo periodo, le capitava, spesso.

Tutto per colpa di Ron.

Ogni volta che si ricordava del suo migliore amico –sempre- le farfalle nello stomaco si agitavano, procurandole un leggero dolore.

Hermione non aveva di certo sognato così la sua "dichiarazione" a Ron. Aveva sempre immaginato che, prima o poi, lui si sarebbe accorto di quello che lei provava, avrebbe confessato il suo amore e tutto si sarebbe risolto con un bel bacio appassionato. Questo, però, non era successo e la situazione era andata man mano peggiorando.

Beh, a dire il vero, il bacio c’era stato e la dichiarazione pure, ma erano avvenimenti totalmente sballati: il primo era stato dato per "tradizione" e la seconda era stata fatta non da Ron, ma da Hermione.

Ron si era limitato solo a rovinare sempre di più il loro rapporto con la sua poca chiarezza.

-Oh, Hermione!-

"Evviva..."

Lily, sua cugina, le aveva aperto la porta con un falsissimo sorriso. L’aveva strattonata in casa, trascinando lei e la sua borsa nel soggiorno, dove, mezza famiglia Granger era riunita per la cena prenatalizia. Non le aveva nemmeno dato il tempo di rassettarsi un attimo i capelli, rendendo talmente evidente il contrasto tra l’ordinata chioma liscia e bionda di Lily e la sua.

Così, quando Hermione salutò tutti con un "ciao" molto allargato, la maggior parte dei parenti si limitò ad osservare i suoi riccioli ribelli sparati un po’ ovunque.

"Ben tornata a casa, Hermione."

La signora Granger le si fece incontro per abbracciarla.

-Bambina...-

Hermione si sentì stringere e, per un momento, fu felice di essere a casa.

-Mamma...-

-Come stai?- la signora Granger assomigliava molto ad Hermione.

Avevano entrambe gli occhi scuri, le labbra pronunciate, il fisico slanciato e dei bei ricci morbidi. Se, però, la ragazza li lasciava liberi, la signora Granger li costringeva in elaborate ed eleganti acconciature.

Hermione non riuscì nemmeno a rispondere alla domanda che sua zia Mary richiamò "Sissi" – la signora Granger- in cucina.

-Perdonami, tesoro...- la donna si strinse nelle spalle. –Tua zia ed io stiamo cucinando il tacchino tutto da sole...- si entusiasmò di questa loro impresa e, dopo aver baciato brevemente una guancia della figlia, si allontanò.

Hermione rimase sola, a disagio, in casa sua. Cercò con lo sguardo il volto di suo padre tra quei parenti, ma non c’era.

Doveva essere ancora a lavoro.

Sospirò, grattandosi un attimo la testa, felice, in fondo, di non attirare in maniera eccessiva l’attenzione di tutte quelle persone che, dopo due rapide occhiate, avevano ripreso a chiacchierare tra di loro.

-Ti aspettavano tutti...- Lily le si era avvicinata, nuovamente, mentre lei si stava per dirige in camera sua.

"A me non sembra..."

-Sono curiosi di conoscere Ronald.-

 

Hermione si voltò di scatto verso Lily. –Cosa?-

La cugina sorrise. –Pensavi di farci una sorpresa? Il tuo amico Harry, ha chiamato tua madre che poi ha chiamato zia Annette che poi ha chiamato mia madre...-

Hermione aveva già mal di testa, non seguiva con molta attenzione il discorso di Lily. –Sì, ma cosa centra Ronald?-

La ragazza bionda aveva iniziato una lunga conversazione sul nuovo taglio di capelli di zia Annette, facendo diventare il suo racconto un poema.

Hermione odiava, quando si perdeva in chiacchiere che lei considerava davvero poco interessanti.

-Beh, tua madre era preoccupata che avresti affrontato il viaggio da sola...-

"Manco mi trovassi a New York"

-Così, il tuo amico Harry l’ha rassicurata, dicendole che ti avrebbe accompagnato Ron.-

"Ah, sì? Harry tu sei un uomo morto."

-Capisco.- Hermione era così impegnata a massaggiarsi la testa che non si era resa conto che i suoi parenti l’avevano circondata, quando avevano captato il nome del suo presunto fidanzato, iniziando a chiederle di Ron.

-E’ un medico?-

-E’ alto?-

-E’ biondo?-

-Ha un cognome strano...-

-Ma perché non è qui?-

-Non è venuto?-

Hermione si sentì sopraffatta. All’improvviso, tutti quei Grangers, di cui avrebbe volentieri fatto a meno, le si erano catapultati addosso, desiderosi di sapere qualcosa della sua vita che, in realtà, avevano sempre considerato così poco interessante.

-Ecco...-

Sentiva le guance bruciare e lo stomaco saltare ad ogni domanda a cui lei non avrebbe mai voluto rispondere.

Ma perché il destino si era accanito contro di lei?

"Perché tu, dannazione, non lo segui!"

Erano tutti così presi dalla discussione che nessuno aveva sentito il campanello o la porta che si apriva o i passi di qualcuno che entrava.

Solo quando un imponente ragazzo dalla fulva capigliatura li salutò con un sorrisetto tutto Weasley, calò il silenzio.

-Salve sono Ronald Weasley. Scusate se sono entrato, ma la porta era aperta...- c’erano così tante persone che attorniavano Hermione che lui non riuscì a vederla. –I Grangers abitano qui?-

Ancora silenzio e poi qualcuno disse.

-E’ lui!-

-E’ il ragazzo di Hermione...-

Ron si guardò un attimo intorno e, prima che potesse capire, i Grangers l’avevano già sommerso.

 

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Quando Ron rispose all’ultima domanda di una zia acquisita di Hermione, l’esperimento culinario della signora Granger era ormai pronto e tutti gli ospiti si erano già accomodati a tavola.

Hermione era appoggiata contro uno stipite della porta, appena nascosto dietro l’enorme albero di Natale. Spiava Ron che con modi goffi cercava di districarsi dalla pioggia di curiosità.

"E’ così tenero quando si gratta la nuca."

Arrossì violentemente ai suoi pensieri e scosse la testa bruscamente, cercando in vano di cacciarli via.

Non era facile stare lì, come faceva lui, con naturalezza, ad aiutare un’amica complicata come lei.

"Forse dovrei rassegnarmi. Accettare la sua amicizia…"

Le immagini di Sally, del loro bacio e le spiacevoli sensazioni che aveva provato, però, le fecero storcere il naso e negare con la testa. Non poteva accettare la sua amicizia, continuare il loro rapporto come se nulla fosse; sapeva avrebbe sofferto come non mai ed era stanca di farlo.

"Devo allontanarlo. Solo così sarò felice"

La Signora Granger le passò accanto. Lanciò una rapida occhiata al ragazzo che rapiva completamente l’attenzione di Hermione e le circondò la vita con un braccio.

-E’ cresciuto bene il tuo amico…-

Hermione era sobbalzata. Si voltò di scatto verso la mamma rossa in volto. –Sì…-

La donna quasi ridacchiò, leggendo nell’atteggiamento impacciato il disagio di sua figlia: Hermione era sempre stata così. Ogni volta che qualcosa le interessava davvero, diventava goffa.

-Da quanto state assieme?-

Il cuore di Hermione arrivò in gola.

Un conto era vedere mentire Ron per lei, un altro era farlo in prima persona con sua madre.

Ingoiò a vuoto un bel boccone di aria e sorrise, cercando di controllarsi.

-Da non molto…-

La signora Granger annuì. –Ecco, perché non me ne hai parlato nella tua ultima lettera? Che poi non continuo a capire perché tu preferisca inviarmi quel vecchio gufo, invece di telefonarmi…-

Hermione aveva sorriso, sentendo un nastro sottilissimo serrarle la gola. Annuì alla domanda della donna e distolse subito dopo lo sguardo da lei.

Che brutta sensazione era mentirle!

La signora Granger continuò per un breve tempo il suo monologo sulla difficoltà di sfilare la lettera dalla "zampa di quel gufaccio", poi, dopo aver sospirato diede un bacio ad Hermione.

-Comunque, papà sarà qui a momenti. Così, ci mettiamo a tavola. Spero non ti dispiaccia che venga anche Mark.-

Hermione si era bloccata. Guardò fissa negli occhi sua madre.

-Ma…-

-Non mi hai avvisato ed io non ho potuto disdire il suo invito…-

Hermione rimase senza parole, annuendo semplicemente. –Sì, mamma. Scusa, è stata colpa mia.-

La signora Granger sorrise. –Non preoccuparti, bambina. Mark è simpatico, ti piacerà comunque.- Fissò brevemente la ragazza, poi, senza aggiungere altro, si diresse al piano di sopra, canticchiando un’allegra canzone natalizia.

Ron -che nel frattempo era rimasto solo seduto nella poltrona del salotto- si guardava attorno.

Le luci dell’albero di Natale gli coloravano con bagliori i capelli sulla nuca, il fuoco nel camino gli faceva compagnia con il suo crepitio allegro.

-Dovrai rimanere per molto lì o nei prossimi 10 minuti verrai finalmente qui a sederti accanto a me?-

Hermione sentì un vuoto nello stomaco quando Ron la richiamò. Non credeva si fosse accorto della sua presenza.

-Dipende.-

Ron si voltò a guardarla.

Era difficile scorgerla, appoggiata allo stipite della porta dietro quel grande albero decorato.

-Da cosa?-

Hermione si strinse nelle spalle, facendo un passo nella stanza. Arrivò accanto all’abete e si fermò.

Ora, Ron, riusciva a vederla perfettamente. Diversamente da lui si era cambiata gli abiti, indossandone altri neri ed eleganti.

Ron rimase ad osservarla, le labbra leggermente socchiuse.

-Sei molto carina…- il ragazzo non era riuscito a fermarsi dal farle quel complimento.

Hermione si era subito sentita a disagio. Si tormentò le mani, distogliendo lo sguardo da lui.

Come poteva riuscire a completare un discorso se Ron continuava a fissarla in quel modo.

-Ron…-

-Scusa…-

-Perché sei venuto qui?-

Ron la guardava rapito, ancora. Non era facile nemmeno per lui: ragionare e comportarsi d’amico con il profumo di Hermione che gli s’insidiava nell’essere.

-Perché avevi bisogno di me. Io ci sono sempre per te.-

Hermione sentì il cuore trafitto da una pugnalata. Negò con la testa e rabbrividì.

-Io non voglio più che tu ci sia per me.-

Ron accusò il colpo. Si umettò le labbra, diventate un filo sottile sul suo viso. Annuì meccanicamente, senza slancio.

-Perché?-

-Perché non voglio più la tua amicizia. Merlino, Ron, non capisci che non voglio quello da te?!-

Ron si alzò dal divano con uno scatto di reni, raggiungendo Hermione accanto all’albero. –Non riesco a capire le cose che mi procurano dolore…-

Hermione aveva ridacchiato, fredda. –Inizia ad abituarti, Ron.-

-No, non voglio abituarmi…- le prese una mano e gliela accarezzò.

La pelle del dorso era morbida e fresca. –Io…-

Hermione lo stava fissando, rassegnata. Sapeva che Ron non le avrebbe comunque detto nulla d’interessante. Si sarebbe limitato a fare i capricci e a pretendere la sua amicizia nonostante tutto.

-Tu non sai cosa darei per poter stare con te, Hermione.-

Ron aveva bisbigliato qualcosa, forse a se stesso o forse alla pallina dell’albero di Natale che rifletteva il suo profilo regolare.

Hermione allargò gli occhi e la mano che Ron stringeva divenne un pezzo di ghiaccio.

Il cuore aveva smesso di pompare sangue agli arti, facendolo arrivare soltanto alle guance.

-Co… cosa?-

Ron distolse lo sguardo dal suo viso, concentrandosi sulle decorazioni della stanza. –Hermione… ma perché non capisci…-

-Perché tu non mi spieghi, Ron. Ecco.- le guance della bruna erano andate completamente a fuoco.

-Beh, non è facile spiegarsi, Hermione. Tu, poi, rendi tutto più difficile!-

-Io?!-

-Già, tu!-

Hermione sbuffò infastidita. Tolse bruscamente la mano da quelle di Ron e incrociò le braccia sul petto. –Ed in che modo, di grazia?-

-Mi affascini, m’irretisci, m’inibisci, mi zittisci…- le si era avvicinato così tanto e così velocemente che Hermione non era nemmeno riuscita ad accorgersene. Le aveva preso il viso tra le mani, poggiando la fronte contro la sua.

–M’incanti con queste labbra…- un sussurro roco di Ron ed Hermione aveva sentito il terreno mancarle sotto i piedi. –Che ho paura non potrò mai avere…-

Hermione socchiuse gli occhi, quasi in uno stato di beatitudine.

Un braccio di Ron era sceso dal suo viso alla vita, stringendola possessivamente, come se avesse paura potesse allontanarsi.

-Perché?- chiese la ragazza in un attimo in cui il respiro di Ron aveva smesso d’infrangersi sulla pelle delle sue guance.

Ron allentò d’istinto la presa ed Hermione riaprì di scatto gli occhi.

Si fissarono, trattenendo il respiro.

-Perché io non sono pronto per stare con te…-

Hermione si accigliò, indignata. –Cosa?-

Ron distolse di nuovo lo sguardo, senza risponderle. Non aveva il coraggio di guardarla negli occhi.

Hermione sentì il cuore accelerare il battito, rabbioso. Prese il mento del ragazzo tra l’indice ed il pollice e lo strattonò per fargli girare la testa verso di lei.

-Merlino, Ron! Guardami in faccia quando dici queste stronzate.-

Il ragazzo posò i suoi occhi tempestosi in quelli scuri e passionali di lei. –Non sono stronzate, Hermione. Tu meriti di meglio…-

Hermione fece uno strano rumore col naso, di nuovo. –Questa è tra le scuse più stupide che io abbia mai sentito... Non riesci ad essere sincero con me, nemmeno adesso?-

-Hermione, io sono sincero!- Ron era esasperato da quella situazione, si portò le mani tra i capelli, scotendo la testa. –Perché non mi credi?!-

-Perché credo tu voglia nasconderti dietro un dito, Ron.- Hermione aveva gli occhi arrossati. –Non riesci ad accettare la realtà delle cose: tu non ricambi quello che…- e s’interruppe per prendere fiato- e coraggio- . -…io provo per te, però, ti ostini a pretendere che io continui ad essere tua amica. Non capisci che non è possibile? Che non è giusto nei miei confronti.-

-Hermione, io non voglio perderti.- il cuore di Ron rimbombava nelle sue orecchie. Perché non poteva lasciarsi andare? Perché non poteva stare con l’unica persona che avrebbe sempre voluto accanto a sé?

"Perché, miseriaccia, Ron non sei pronto per stare con lei..."

"Ma non è vero…"

Hermione abbassò lo sguardo, stanca di ascoltare sempre le solite cose. Voleva di più, voleva essere lasciata in pace, voleva smettere di litigare con Ron in quel modo assurdo.

-Basta, Ron. Non voglio più sentire, niente di niente. Credimi sono stanca, non reggo più tutto questo.-

Ron cercò di ribattere. –Hermione mi devi ascoltare.-

-Per sentire quello che ho già sentito 3 volte. Ron, non sono stupida, ricordo quello che mi dici.- rimasero in silenzio, per un po’. –Ti ringrazio per essere venuto qui, per tutto quello che hai fatto per me, questa sera… però, ora non ce n’è più bisogno. Dirò a mia madre e a tutti che abbiamo litigato e che tu sei andato via.- Hermione si era stretta nelle spalle. –Quando tornerò a casa, noi non ci vedremo più e, per favore, questa volta rispetta il mio volere.-

La durezza con la quale Hermione aveva espresso il suo pensiero colpirono Ron più di quanto avrebbe mai pensato. Sentì le orecchie farsi rosse ed il cuore diventare un macigno terribile da sostenere. Annuì, questa volta con rabbia, alle parole della ragazza.

-D’accordo, Hermione. Se è questo che vuoi…-

-Sì, è questo.-

Ron la fissò e si morse le labbra. –Va bene.- Cercò il suo giaccone e la borsa ancora appoggiate accanto al divano con lo sguardo.

-La porta è di là.- Hermione gli indicò la direzione con il pollice della mano destra.

Ron afferrò con rabbia tutte le sue cose e, dopo aver guardato ancora Hermione, le disse con astio.

–Ah, Buon Natale.- lasciò così velocemente quella casa che a stento riuscì ad intravedere due uomini distinti scendere da un’ auto appena parcheggiata nel vialetto.

Hermione accanto all’albero di Natale rimase ferma a fissare una pallina lucida e a meravigliarsi di come le sue lacrime non si riflettessero bene.

 

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L’aria gelida della sera era particolarmente pungente su quella panchina della stazione, posta in una strettoia nella quale si convogliava il vento.

Ron era seduto a gambe incrociate, assorto nei suoi pensieri proprio lì. Attendeva l’espresso, l’ultimo treno della notte che l’avrebbe riportato a casa. Era così stanco che non aveva la forza di pensare, figuriamoci di smaterializzarsi. Contratto in una posa minacciosa, incuteva timore al sol guardare quello scorcio di viso tra il berretto di lana e la sciarpa.

La stazione non era affollata. C’erano giusto un paio di avventori che attendevano come lui il treno per Londra.

Erano appena passate le dieci ed il rintocco dell’orologio della piccola piazza adiacente alla piattaforma riecheggiava ancora nel silenzio della cittadina.

Ron fissava un punto indefinito dei binari, le mani infilate profondamente nelle tasche dei jeans, le gambe accavallate scompostamente, l’una sull’altra, a formare un 4. Non riusciva ancora a capacitarsi di quello che era successo, delle conseguenze che avrebbe portato.

Intontito dalla freddezza delle parole di Hermione, sentiva ancora il cuore come fosse un macigno sullo stomaco.

-Posso sedermi?- una voce maschile e profonda, richiamò la sua attenzione.

Ron alzò lo sguardo sull’uomo anziano e distinto che gli si era avvicinato. Non gli diede molta importanza, limitandosi ad annuire e a ritornare a fissare il vuoto.

-E’ una sera fredda, ma bella. Non trovi?-

Ron fu quasi infastidito da quella presenza. Continuò a non rivolgergli lo sguardo nel tentativo di dissuaderlo dal parlargli. Non aveva voglia di essere gentile. Quindi, si strinse nelle spalle, annuendo.

-Brutta serata, figliolo?-

Ron sbuffò. –Sinceramente non mi va di parlarne.-

-Male, Ron.-

Ron si voltò finalmente a guardarlo, scrutò il volto gentile ed affascinante dell’uomo. Aveva un non so che di famigliare. L’aveva già visto da qualche parte, eppure non ricordava dove.

-Come fa a sapere come mi chiamo?-

L’uomo sorrise, sotto la barba bianca curata. –E’ scritto sulla tua borsa…-

Ron inarcò un sopraciglio. Afferrò la sua valigia e la scrutò; non ricordava di averci mai scritto il suo nome. Vagò con lo sguardo sulla superficie verdone e poi ritrovò quella targhetta, ingiallita ormai dal tempo, dove Hermione, diversi anni prima, ci aveva scritto i suoi dati.

"Così, tornerà sempre."

-Bella grafia. E’ la tua?-

Ron non si era accorto di essere rimasto a fissare quel cartoncino giallognolo per un bel po’.

Rimise a terra la borsa e negò con la testa. –No, purtroppo non è mia.-

-Beh, è bella, comunque. Come lo sarà il suo proprietario.-

Ron aveva annuito, sentendo una profonda tristezza soffocarlo come una polvere, come un fumo irrespirabile.

-E’ di una mia amica e, sì, è una bella persona.-

-Una tua amica?- il signore barbuto aveva sorriso sornione.

-Beh, in realtà dovrei dire ex visto che sta sera mi ha esplicitamente detto di non voler più esserlo.-

-Oh, che sciocchezza. Nessuno riuscirebbe a non essere più amico di qualcuno da un giorno all’altro.-

Ron scosse la testa. –Oh, beh, non conosce Hermione. Lei riesce in tutto. E’ la classica persona che ottiene sempre ciò che vuole e lo fa, senza calpestare mai gli altri. E’ intelligente, più di chiunque altro. E’ bella dentro…- sorrise. –ma anche fuori… ed è… beh, è davvero unica…e… Purtroppo, se ha detto di non voler più essere mia amica, stia tranquillo che ci riuscirà. Mi taglierà fuori dalla sua vita ed io non potrò fare niente per evitarlo…-

-Beh, se hai fatto arrabbiare una persona così speciale, devi aver fatto davvero qualcosa di grave.-

Ron annuì. –Non sono stato sincero con lei quando era il momento, perché avevo paura. Sa, stare con Hermione significa mettere la testa a posto, significa crescere, significa stare con la propria anima gemella, significa… beh… stare con lei sarebbe troppo perfetto.-

-Capisco. Tu non ne sei innamorato.-

Ron s’indignò a quelle parole. –No, anzi! E’ proprio per questo che l’ho respinta… io… per me lei è tutto, tutto quello che voglio, tutto quello di cui ho bisogno. Tutto. Mi capisce?-

L’uomo sorrise. –Sinceramente no. Credo, però, dovresti ripensarci. Se davvero questa Hermione è tutto per te, non puoi lasciarla andare, non puoi farla soffrire così tanto. L’amore non è ragione, non è pensare, ma agire. Se ami quella ragazza, Ron, devi dare una possibilità alla vostra storia. Non devi avere paura di amarla, perché è la cosa più semplice del mondo.-

Ron ascoltò con attenzione e non poté fare a meno di sospirare sconfortato. –Il problema è che adesso anche volendo, non riuscirei a farmi capire da lei. E’ troppo arrabbiata con me e credo non voglia vedermi.-

-Io non ne sarei tanto sicuro, Ron. Devi provare.-

-Lei crede?- Ron sentiva il cuore fibrillare nel petto. Adesso aveva chiaro tutto.

-Credo.-

Ron rimase in silenzio, lo sguardo fisso sul treno che finalmente stava per raggiungere la stazione.

Il rumore stridulo dei freni lo fece rabbrividire.

-Credo anch’io.- e, prima che il treno si fermasse, era già corso fuori dalla stazione.

L’uomo rimasto sulla panchina sorrise e sospirò. –Ora, Ron ed Hermione, lasciate che il vostro destino si compia e non datemi più pensieri.-

 

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Hermione era seduta a tavola, circondata dai suoi parenti che mai come in quel momento considerava così estranei. Erano tutti immersi in conversazioni che riguardavano sempre terzi assenti o altri argomenti che mai lei sarebbe riuscita a trovare degni di nota.

Accanto a lei Mark continuava a ripeterle e a raccontarle sue esperienze ospedaliere. Era finalmente riuscito ad entrare come medico di primo intervento al "Pronto Soccorso".

"Fantastico…"

Mark oltre ad essere un bel ragazzo era anche molto noioso. Non faceva altro che parlare della sua professione e di quanto bello fosse riuscire a ricucire un taglio profondo sul sopraciglio di un bambino senza lasciargli cicatrici.

"Già…"

Sapeva che, in fondo, tutti stavano parlottando della fuga improvvisa di Ron e questo la distraeva ancora di più da quel discorso inutile che Mark aveva iniziato con lei.

"Vorrei tanto nascondermi."

Mentre si versava ancora un bicchiere di vino rosso, la domanda che tutti avrebbero voluto porre fin dall’inizio della cena e a cui Hermione non avrebbe mai voluto dare risposta, arrivò diretta e tagliente.

Zia Mary, la sorella di suo padre, aveva sorseggiato il suo punch alla frutta e, dopo aver individuato Hermione seduta dall’altra parte del tavolo, aveva detto:

-Ma Ron, il tuo fidanzato, dov’ è andato?-

Hermione alzò lo sguardo nello stesso istante in cui Lily, la figlia di Zia Mary, era scoppiata a ridere. La bruna aveva rivolto alla cugina un’occhiata velenosa, prima di concentrarsi sull’altra donna. Con un candore invidiabile, Hermione si era stretta nelle spalle, rispondendo.

-Ron è andato via. Abbiamo litigato.- vide Mark innervosirsi sulla sedia. –Ci siamo lasciati.-

-Di già?- zia Mary aveva quel suo modo così odioso di far sentire Hermione stupida. –Diciamo che ha resistito molto…-

Hermione era diventata rossa, sentiva gli occhi di tutti addosso e non riuscì a fare altro che tenere i suoi bassi, puntati sulle mani chiuse a pugno sul grembo.

-Mary non credo questi siano affari che ti riguardino.- la voce del padre di Hermione la fece sobbalzare. –Se Hermione e Ron si sono lasciati così, avevano le loro ragioni.-

La bruna aveva ringraziato con lo sguardo suo padre che le aveva risposto con un piccolo sorriso. Era sempre così.

Il signor Granger era l’unico che riusciva a comprenderla in pieno.

-Sempre che siano mai stati assieme…- la zia Mary perseverava nel suo atteggiamento acido. –A me non sembravano una coppia.-

-Appunto, Mary. A te non sembravano una coppia.-

La donna dai corti capelli castani s’irrigidì sulla sedia. –Se l’ho pensato io, l’hanno pensato tutti, George.-

Il padre di Hermione guardò la sorella negli occhi. –Smettila di infastidire mia figlia, Mary. Hermione sa quello che fa.-

-A me non sembra.-

-Beh, non devo darti conto di nulla, zia!- la bruna era intervenuta in quel dialogo, battendo un pugno sul tavolo.

Le stoviglie avevano vibrato con un suono allegro.

–Tu non sai niente di me, di quello che è la mia vita, delle difficoltà che ho dovuto affrontare.- guardò i suoi parenti velocemente. –Nessuno di voi sa niente di me!-

Zia Mary era rimasta in silenzio. Aveva guardato le guance di Hermione farsi rosse e poi perdere gradatamente colore.

Hermione era in attesa di una risposta, sfidando tutti con lo sguardo.

-Se non sappiamo niente di te, Hermione, è anche colpa tua. Sei così chiusa…-

Hermione sorrise con amarezza.- Ti stai sbagliando ancora una volta, zia.-

-Ah, sì?-

-Sì.-

Nessuno tra i nipoti aveva mai osato così tanto con zia Mary. Tutti sapevano quanto quest’ultima fosse intrattabile. Ogni volta che si rivolgeva a qualcuno era sempre per ferirlo. Era come un viscido serpente: mentre parlava circondava la povera vittima tra le sue spire, senza lasciargli via di fuga, e, al momento giusto, serrava la presa, stritolando il malcapitato.

Così, nel silenzio che era calato –tutti stavano addirittura trattenendo il respiro- il campanello della porta d’ingresso riecheggiò come fosse stato il suono di un’enorme campana.

-La porta…- sussurrò Lily.

La madre le fece un cenno con la testa e lei scattò verso il corridoio.

Hermione sentiva il suo cuore battere con regolarità nel petto. Non credeva di riuscire a controllare il suo nervosismo così bene. Litigare con Ron, in quell’ultimo periodo, le aveva fatto bene. Era stato un buon allenamento.

-Io non credo di essermi sbagliata…-

Hermione stava per risponderle ma la voce di Lily ed i passi concitati di qualcuno la zittirono.

"Ma chi diavolo è?"

Quando Ron entrò con veemenza nel loro salone –travolgendo quasi il povero albero di Natale- dieci paia di occhi si erano allargati per lo stupore.

Lily che era rimasta qualche passo indietro riuscì ad arrivare appena in tempo per dire:

-Hermione, Ron vuole parlarti.-

Ron si era fermato sulla soglia della porta, occupandola quasi completamente. Aveva combattuto contro se stesso per non arrossire e per concentrarsi su quello che doveva dire.

-L’ho visto, Lily…- riuscì a dire Hermione mentre il suo cuore aveva iniziato a martellarle il petto.

Zia Mary si era zittita, all’improvviso, Mark aveva lanciato un’occhiata alla signora Granger che al contrario stava contemplando con piacere lo sguardo con cui Ron stava fissando sua figlia.

-Hermione io avrei bisogno di parlarti.- proruppe il rosso dopo essersi schiarito la voce.

Hermione si era morsa le labbra. –Io non ho nulla da dirti, invece.- e se Ron aveva combattuto contro se stesso per non arrossire, Hermione l’aveva fatto per evitare alla sua voce di tremare.

-Invece, mi ascolterai.-

-No.-

-Sì.-

-No!-

-SI!-

E’ la voce baritonale di Ron riecheggiò nel silenzio che era calato di nuovo in casa Granger.

-Su, Hermione…- aveva osato intervenire sua madre. –Almeno, senti cosa vuole.-

Hermione lanciò un’occhiataccia alla donna, prima di riportare il suo sguardo austero su Ron e invitarlo a continuare. –D’accordo, sentiamo cosa vuoi.-

Ron arrossì sulle orecchie, mentre le mani iniziavano a sudare. Si schiarì la voce, ancora una volta.

-Io veramente volevo parlare con te in privato.-

-No, Ron. Questo non te lo concedo. Se vuoi dire una cosa a me, la dirai a tutta la mia famiglia. Sarei maleducata se li lasciassi così, nel pieno della cena.- Hermione si stava prendendo una piccola vendetta e, quando sua zia Mary intervenne con un "già", sorrise.

Ron incassò il colpo. Sapeva che non sarebbe stato facile, ma addirittura una specie di tortura… gli sembrava un po’ troppo. Nonostante tutto, però, strinse i pugni ed annuì.

-D’accordo, Hermione. Se è questo quello che vuoi.-

-Sì, è questo.-

"Déjà vu?"

-Sono venuto per darti una spiegazione. Per cercare di farti capire per quale dannato motivo ho bisogno di averti nella mia vita.-

Hermione era arrossita di colpo, mentre gli altri avevano iniziato a parlottare.

Ron sospirò e cercò di ignorare tutto e tutti, di concentrarsi sul bel volto scarlatto della sua Hermione.

-Io ho bisogno di parlarti e ho bisogno che tu mi parli, io voglio sentirti vicina e starti vicino…- le orecchie di Ron si erano appena accese di rosso. -…tu sei l’unica che riesce a calmarmi, che riesce a riportare la pace nel mio cuore. Sei quella piccola luce che mi guida, quando mi perdo…- il rossore si era diffuso sul collo. -…sei quella forza che mi sorregge quando sono distrutto, quella speranza che mi consola…- e ormai il volto di Ron aveva lo stesso colore dei suoi capelli.-…sei la mia amica più fidata, la persona più importante ed i buoni propositi per il nuovo anno…- e fece un sorrisetto.

-Quando ti tengo per mano so che posso chiudere gli occhi e lasciarmi guidare da te. Tu non mi farai mai cadere, mai. Merlino, Hermione!-

Tutti erano sobbalzati a quella esclamazione così insolita.

Guardavano Ron con tenerezza ed ammirazione e, quando riprese a parlare- dopo aver guardato a lungo negli occhi Hermione-, catturò immediatamente l’attenzione di tutti.

-…vuoi capire che mi hai rubato l’anima, il respiro, il cuore…-

Hermione aveva trattenuto una lacrima che pungente voleva scenderle sulla guancia.

-Tu sei tutto, per me, Hermione, tutto.-

Ron smise di parlare e sospirò per cercare di recuperare il suo colorito roseo. Sentiva sul collo gli occhi dei parenti di Hermione, il loro respiri ronzare fastidiosamente nelle orecchie e il silenzio dell’unica persona che avrebbe voluto ascoltare gravare sul suo stomaco.

"Hermione, ti prego, dì qualcosa"

-Grazie, Ron.- Hermione si era alzata dal suo posto. Guardò gli invitati e disse. –Se volete scusarmi.- e un borbottio d’assenso li accompagnò, mentre mano nella mano lasciavano la stanza.

Arrivati nella camera di Hermione –la prima stanza sulla destra, al secondo piano-, Ron smise di dire in continuazione. –Parlami…-. Le aveva lasciato la mano e, in quel momento, le fissava la schiena.

La ragazza, infatti, continuava a dargli le spalle.

-Hermione…-

La bruna aveva le mani appoggiate sulla maniglia della porta. Lo sguardo rivolto in basso e continuava a trattenere il respiro. Il battito del suo cuore era diventato un ronzio.

-Tu sei pazzo…- Hermione si voltò, all’improvviso, una mano attaccata alla fronte. –Ma come ti è venuto in mente di…di…-

Ron le si era parato di fronte, a pochi centimetri dal suo corpo. Le afferrò una mano, portandosela alle labbra. Un bacio timido, sul dorso fresco e morbido. –Sì, sono pazzo di te…completamente ed irrimediabilmente pazzo di te…-

Hermione era caduta in un trance di beatitudine; guardava Ron, le sue labbra muoversi sulla pelle della mano e quegli occhi blue e tempestosi completamente rapiti da lei. –Cosa ti ha fatto cambiare idea?- quel sussurro timido, mentre Ron si era chinato su di lei per baciarla.

Sospirò frustrato. –Lo vuoi sapere proprio ora o possiamo rimandare di qualche secondo?-

Hermione gli sorrise, in quel modo tutto delicato. –No, proprio ora.-

Ron le afferrò il viso, le accarezzò con i pollici le guance mentre i loro occhi si perdevano, immersi in quelli dell’altro. –Ho fatto una chiacchierata con uno sconosciuto…-

Hermione si accigliò. –Hai parlato di me ad uno sconosciuto?-

Ron non le aveva prestato molto ascolto troppo impegnato a godersi quel momento. Scrutava ogni tratto del volto della ragazza, ritrovando tutti i particolari che in quello di Sally non aveva mai notato.

-Sì…- Ron appoggiò la fronte contro quella di lei. –E adesso per favore posso baciarti?-

Hermione storse le labbra, indecisa. –Sì…- si era portata sulla punta dei piedi, per un piccolo bacio a stampo che quasi uccise Ron. –Però, poi mi spieghi meglio.-

Ron aveva annuito e, prima che lei potesse dire dell’altro, le tappò la bocca con la propria.

Labbra incastrate a regola d’arte, respiri sincronizzati e battito accelerato.

"Eccoti, anima gemella"

 

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1 anno dopo

25 Dicembre

Ron si svegliò, all’improvviso, nel cuore della notte.

Fuori dalle finestre la neve continuava a scendere fitta, fitta. La città era stata quasi ricoperta interamente da quella coltre bianca e morbida.

La luce della luna filtrava dai vetri.

Ron si voltò, cercando con lo sguardo Hermione, profondamente addormentata nel suo letto.

Era bello guardarla dormire così tranquilla tra quelle lenzuola rosso porpora.

Le accarezzò con delicatezza -per non svegliarla- la pelle di un braccio che teneva appoggiato sul cuscino. Si chinò su di lei per rubarle un piccolo bacio dalla fronte.

Hermione si mosse, allora, nel sonno, facendo scivolare alcune ciocche scure sulla federa rossa.

Il castano intenso dei capelli produceva un contrasto adorabile con quel colore.

Ron rimase a contemplarlo, estasiato. Si sdraiò accanto alla giovane, passandole una mano sul pancione con fare protettivo.

La fede che spiccava sul dito anulare della mano sinistra, brillò per un secondo, appena colpita da un timido raggio di luna.

Ron appoggiò la sua fronte nell’incavo della spalla di Hermione, attirandola a sé, e, cullato dal suo profumo inebriante, si riaddormentò tranquillo.

"Perfetto."

Sotto la loro finestra, un uomo distinto sorrise. Scosse la testa e, mentre si allontanava, disse ad alta voce.

-Ben fatto, Ron.-

 

FINE

 

 

Ehi, bella gente!

Ecco a voi l’ultima parte di "Red Passion"…

Spero vi sia piaciuta e che non vi abbia fatto aspettare troppo.

Colgo l’occasione per augurarvi un meraviglioso 2007 e per darvi appuntamento al mio prossimo aggiornamento di "La partita non è finita- DAAB II".

Un abbraccio affettuoso,

vostra

Angèle

Un grazie particolare a tutti coloro che hanno letto lo scorso capitolo ed in particolare a chi lo ha recensito:

Seven

Joanna_delle_praterie

Amy

FedeHermy

Funkia

EmmaeRupert

Gigia990

Vichan

UCB

Karmy Granger

Giuly Weasley

flyingstar16

ruka88

robby

Melrose

LudoHermione91

Lupetta

(p.s. me la lasciate una recensione? ^\\\\\\\\\\\^)

   
 
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