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Autore: pink_storm    13/06/2012    1 recensioni
“Fammi almeno il piacere di dirmi il tuo nome...” le sussurrai ammaliante, mentre già immaginavo quel fragile corpicino spezzarsi tra le mie braccia.
“Zitto, demone!” ringhiò lei, “Non mi ingannerai con i tuoi subdoli trucchetti.”
Ah - pensai, riversando la cascata di fluenti capelli dietro le spalle -, dicevano sempre tutti così...
Genere: Avventura, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti :) Ho scritto questa storia in un impeto di impellente ispirazione, mentre guardavo un ova di kuroshitsuji. Mi sono ricordata di un libro che ho letto molto tempo fa: "l'amuleto di samarcanda"... e ho finito per prendere ispirazione da entrambi :P Beh, detto questo spero che la storia vi piaccia. Buona lettura!



Corvi con l'artrite.


Per quanto tutti gli esseri pensanti abbiano espresso almeno una volta nella loro vita lo spasmodico desiderio di volare, vi assicuro che se siete nel corpo di un corvo con l'artrite e state combattendo contro una gelida tempesta da quaranta minuti, l'esperienza non è delle migliori.

D'accordo, d'accordo, non posso negare che quando si taglia l'aria con le possenti ali di un'aquila – e le condizioni atmosferiche promettono bene –, il mio umore cambia radicalmente. In ogni caso tutti i volatili hanno un cervello piccolo ch'è una scocciatura: più di mezza giornata dentro al loro corpo e già comincia ad inebetirsi il vostro, di grumo pensante.

Adoro queste due parole: grumo pensante.

E' la sintesi perfetta di voi umani: pensieri poco concreti e desideri non realizzabili. Se solo scopriste quanto sarebbero orribili la metà delle fantasie – inattuabili – che sperate di veder espresse, sono sicuro che concordereste con me: i vostri sono nient'altro che inutili, permalosi, grumi pensanti. E questo non è un mio modesto parere, è l'assoluta certezza – per non chiamarla verità – di un'esistenza che ne ha viste davvero tante.

Con una mossa dell'ala destra sferzai velocemente nella direzione opposta. Cominciavo a sentirmi incredibilmente pesante, e l'intorpidimento del quale vi ho parlato giusto poco fa cominciava a farsi pressante. Riuscivo a comprendere che la pesantezza del mio corpo era da attribuire alle costanti gocce di pioggia che non mi lasciavano un attimo di tregua – maledizione! - ma al tempo stesso era quasi come se non ne fossi completamente certo. Avevo bisogno di sgranchirmi e di cambiare forma: ma soprattutto di trovare un rifugio finché il grumo pensante più odioso con cui avessi avuto a che fare negli ultimi dieci anni non mi avesse richiamato al servizio.

Ma conoscendolo, se avesse saputo quali fossero state le mie reali condizioni – particolare non da escludere completamente – ero sicuro che mi avrebbe lasciato a marcire sotto la pioggia ancora per ore.

Cornelius Mitchell, un mago che purtroppo cadeva nella classificazione più brutta di quelli della sua specie: senza cuore – non che io potessi vantare di averne uno, chiariamo, ma per gli umani questa sembra sempre una frase cattivissima – pronto ad incolpare noi demoni a spada tratta, senza considerare in quella sua testolina bacata che i motivi del suo successo non erano attribuibili ad altri che a noi.

Da tempo immemorabile i maghi ci sfruttavano, invocandoci nel loro mondo ed obbligandoci a servirli. Demoni, anime dannate potentissime, trasformate in una specie di piccolo cagnolino da vestire con abiti di dubbio gusto e da comandare a bacchetta.

Non penso di dovervi chiarire, a questo punto, che l'odio che la maggior parte di loro prova nei nostri confronti è completamente ricambiato.

Finalmente, mentre avvistavo un cassonetto aperto nel quale trovare un puzzolente rifugio, sentii il richiamo: una morsa potentissima allo stomaco, alla quale nessuno di noi poteva resistere.

Trattandosi di Cornelius lo feci – avrei fatto di tutto pur di danneggiarlo, ma quel mago era davvero astuto – e il mio corpo fu interamente pervaso di dolore. Strinsi il becco e cercai di resistere ancora un altro po' – giusto il tempo di irritarlo almeno un pochino -, ma alla fine fui costretto a cedere.

Non appena smisi di opporre resistenza e abbandonai i muscoli, mi ritrovai nello studio del mio adorato padrone. Mi materializzai nella mia forma umana preferita, e presto Cornelius potè osservarmi nei panni di un giovane alto e snello, con una lunghissima chioma di capelli che mi sfioravano le cosce – d'un lilla molto chiaro –, un paio di sensuali occhi color ghiaccio e labbra tinte di nero.

Abbozzai un ghigno davanti all'espressione accigliata di Cornelius.

Lieto di vederti, spero che tu abbia sofferto mentre ero via.” gli sussurrai, avvicinandomi per quanto potevo ai confini del cerchio magico che lui aveva tracciato per evocarmi. Approfittando dei pochi attimi di distrazione del mago – nei quali si sistemava l'ampia veste nera – controllai accuratamente ogni incisioni, ogni runa, ogni parola. Ma come sempre il cerchio era perfetta: privo del minimo errore ed io, seppur la cosa mi rammaricasse enormemente, non potevo nuocergli in alcun modo.

Cornelius sorrise, intuendo quello che stavo facendo.

Qualunque cosa tu stia cercando, Eshiat, sappi che non la troverai.” mi informò, con un tono mellifluo e cattivo.

Oh, se solo nel cerchio ci fosse stata anche la più piccola delle imperfezioni...

Ma non c'era, e quello era un dato di fatto, per cui mi misi seduto ed incrociai le gambe, esibendo il sorriso più beffardo e inquietante che quel volto umano mi consentisse di riprodurre.

Cornelius incrociò le braccia, schiarendosi la voce.

Mi hai portato quello che stavo cercando?” mi chiese, come al solito impostanto la frase con un tono imperioso che non mi faceva ne caldo ne freddo.

Io sorrisi.

Gli umani avevano la tendenza ad usare un ridicolissimo tono di comando quando ci parlavano – forse per sentirsi più forti, chissà, non avevo mai avuto la voglia di indagare seriamente su quel buffo fenomeno -, e non si rendevano mai conto di quanto, ai nostri occhi, sembrassero ridicoli.

Potrei dartelo in cambio del tuo nome...” gli sussurrai lascivo, facendo schioccare la lingua rosea sul palato mentre assumevo le sembianze di una donna formosa e senza vesti. Mi mossi in modo sensuale, mentre Cornelius distoglieva lo sguardo e si sistemava il colletto della camicia che spuntava dalla veste.

Il vero nome di un mago – o di un qualsiasi essere – era per noi di importanza vitale. Non conoscendolo, eravamo costretti ad obbedire a chiunque ci convocasse incondizionatamente, senza la possibilità di lanciare alcun controicantesimo o, al limite, di smembrarli e metter fine alle loro patetiche ciance.

Per questo i maghi venivano addestrati fin da piccoli a non rivelarlo mai ai demoni: gliene veniva dato uno nuovo e il loro finiva quasi sempre nel dimenticatoio. Scoprire il vero nome di qualcuno era davvero difficile, e solo una volta mi era capitato questo piacevole onore: che ovviamente avevo sfruttato nel più succulento dei modi.

Cornelius alla fine si decise a guardarmi di nuovo: e il suo sguardo si posò sui seni della donna che mi ospitava. All'altezza dei quali vi era un imponente ciondolo, la reliquia che lui stesso mi aveva ordinato di recuperare.

E'...”

Oh, sì. Il tuo nome, Corny... e sarà tutta tua.”

Cornelius mi inflisse un incantesimo di dolore, e il corpo della donna lasciò spazio alla trasformazione del mio umano preferito: era quella che mi era più affine e che negli anni avevo perfezionato meglio, ogni qual volta il mio spirito si trovava in una situazione di pericolo prendevo inevitabilmente quelle vesti.

Avrei fatto volentieri a meno di tutti quegli involucri di pelle, ma all'interno del cerchio la nostra vera forma non poteva materializzarsi. Il che era un vero peccato: mentre soffrivo e mi mordevo un labbro, immaginai che faccia avrebbe fatto Cornelius nell'osservare le mie reali sembianze, e la visione fu abbastanza rincuorante.

Dammi quello che voglio se non vuoi soffrire ancora!” si impose Cornelius, imperturbabile.

Con un notevole sforzo mi sfilai il medaglione di dosso e lo buttai fuori dal cerchio, ai suoi piedi.

Perfetto.”


Venni ributtato nel mio mondo ed esalai un sospiro di sollievo.

Le fiamme mi solleticavano il volto quando nuovamente sentii la familiare stretta alle viscere.

Maledetto Cornelius, imprecai, quando venni catapultato in una stanza buia illuminata solo da un paio di candele.

Apparvi con una nuvola di fumo puzzolente, perché ero piuttosto irritato – anche io avevo diritto ad un po' di ferie, no? - e subito gli odori di quella cantina mi fecero capire che non ci avevo visto male: mi trovavo ancora a casa del mago.

Eppure avvertivo in quell'evocazione delle rune più rudimentali, dei procedimenti più frettolosi, possibile che...

Chi sei, oh tu, che osi disturbare il mio sonno immortale?” domandai con voce potente, sorridendo amaramente nel sentir rimbombare la mia stessa voce tra le mura di quel posto. Doveva trovarsi in basso, parecchi metri sotto terra, troppo lontano perché le mie lamentali raggiungessero orecchie estranee.

Chi sono non è affar tuo, demone.” mi rispose una voce femminile, giovane, incerta.

Feci svanire in fretta la nuvola di fumo per lo stupore.

Una donna?

La magia era riservata ai maghi. Maschi. Avevo udito da qualche mio conoscente di un'invocazione o due da parte di una strega, e le cose, nei loro racconti, erano sempre finite male. Non per noi, ovviamente, dato che le donne che praticavano la magia solitamente lo facevano per conto proprio e non potevano vantare l'istruzione che i maghi si tramandavano, in anni e anni di studio.

Sbagliavano sempre qualcosa: una runa inesatta, una presentazione con il proprio vero nome...

Mi leccai le labbra alla vista di quella giovanissima donna: pelle candida come la luna, lunghissimi capelli castani e un viso dolce dalla forma a cuore. Sudava copiosamente e si torturava continuamente una ciocca di capelli, stringendola intorno all'indice fino a far diventare la pelle rossa.

Ci osservavamo a vicenda, e lei sembrava quasi più stupita di me. L'aspetto che avevo scelto, solitamente, faceva colpo sulle donne. Probabilmente quella ragazza si stava chiedendo se fosse questo l'aspetto di un demone...

Decisi di sfruttare quel punto a mio favore, mentre frettolosamente controllavo la validità del cerchio: con una smorfia constatai che, seppur fosse stato scritto da una mano inesatta, era minuzioso e preciso.

Beh, pazienza, le cose troppo facili non mi avevano mai allettato granchè.

La ragazzina indossava una semplice tunica bianca che a malapena le copriva le ginocchia – che tremavano – ed era scalza.

Una schiava di Cornelius?

Sapevo che i maghi erano soliti reclutare ragazzini molto giovani, ma si trattava pur sempre di maschi. Però, riflettendoci su, i maghi oscuri più potenti si servivano spesso di sacrifici umani...

La faccenda si stava facendo interessante.

Fammi almeno il piacere di dirmi il tuo nome...” le sussurrai ammaliante, mentre già immaginavo quel fragile corpicino spezzarsi tra le mie braccia.

Zitto, demone!” ringhiò lei, “Non mi ingannerai con i tuoi subdoli trucchetti.”

Ah, pensai, riversando la cascata di fluenti capelli dietro le spalle, dicevano sempre tutti così...

  
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