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Autore: margheritanikolaevna    16/06/2012    10 recensioni
In questa fic - scritta per il contest "Spargilacrime", indetto da Veronic90 ma giudicato da superkiki92 - vi sono, come dice il titolo, amore e morte. Immensa gioia e immenso dolore, che la vita talvolta sa mescolare in una maniera che agli uomini pare incredibile, come dettata dal più folle dei casi. E che, invece, potrebbe rivelare l'esistenza di qualcosa di più grande di tutti noi...
Il racconto si è classificato al secondo posto e si è aggiudicato il "Premio stile".
La fic ha partecipato anche al contest "Cuori Infranti" indetto da yuma92 su efp e si è classificata al secondo posto, vincendo il premio "Lacrima" per la storia più triste.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emily Prentiss
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo
 
Quella sera
 
Il posto in cui amiamo è la casa, la casa che i nostri piedi possono lasciare, ma non i nostri cuori” (Oliver Wendell Holmes) (3)
 
L’agente speciale supervisore Aaron Hotchner esitò un istante prima di infilare la chiave nella toppa ed entrare nel suo appartamento; in verità - non riuscì a impedirsi di pensare - quando lui ed Emily si erano sposati lei si era semplicemente trasferita a casa sua per non modificare le abitudini di Jack, che adorava quel quartiere e aveva lì tutte le sue amicizie. Tuttavia, il loro progetto era di comprare una casa più grande, avevano anche discusso qualche volta di come sarebbe stata…
Progetti, speranze.
Tutto svanito, polverizzato, cancellato all’improvviso.
Quel pomeriggio, sebbene in ufficio avessero bisogno di lui per sbrogliare il caso Irving, non era riuscito a trovare la forza per tornarci e affrontare la sua squadra, i suoi amici, con la morte nel cuore; voleva bene a quelle persone, si fidava di loro, eppure ancora una volta non era riuscito a condividere il suo privato.
Certo, presto o tardi avrebbe dovuto farlo: forse tra poco non sarebbe riuscito a nascondere il suo stato, però prima doveva parlarne con Emily. Era giusto così.
Aveva guidato per un po’ senza meta ma poi, quando la tensione si era fatta insostenibile, si era fermato in un caffè e, servendosi del suo portatile, aveva fatto una cosa che solo fino a poche ore prima avrebbe giudicato stupida e puerile. Pericolosa persino.
Era terrorizzato, ma l’incertezza era peggio di tutto: doveva sapere, aveva bisogno di capire.
Su internet aveva scoperto che il glioblastoma multiforme era il più maligno dei tumori della glia, un piccolo infido figlio di puttana ad alto rischio di recidiva e molto resistente alle terapie; l’unica speranza era un intervento chirurgico ma, date le dimensioni e la collocazione delle masse, il rischio di non uscire vivo dalla sala operatoria era piuttosto elevato.
E poi come si sarebbe ridotto? Col passare dei mesi avrebbe progressivamente perso la vista, la parola, la coscienza? O, peggio ancora, sarebbe rimasto fino alla fine cosciente ma incapace di muovere un solo muscolo?
La mente - la sua mente brillante - sulla quale aveva sempre fatto affidamento l’avrebbe ben presto tradito, offuscata dal male.
Com’era inevitabile, il pensiero corse a Jack e a Emily: lei si era dimostrata in passato una donna incredibilmente forte e coraggiosa, sarebbe riuscita a riprendersi, ma Jack, Jack era ancora così piccolo! Aveva già affrontato la morte della madre e adesso avrebbe perso anche lui.
Una rabbia folle lo travolse a quel pensiero; si passò una mano sul viso pallido e stravolto e dovette chiamare a raccolta tutte le sue residue energie per non mettersi a urlare.
Dannazione, perché? Perché era toccato proprio a lui?
Era un uomo onesto, aveva cercato di agire sempre correttamente, facendo del bene e combattendo il male anche quando ciò aveva significato mettere a repentaglio la propria vita e quella dei suoi cari! Innumerevoli volte si era trovato faccia a faccia con avversari crudeli, folli, spietati; ma erano pur sempre esseri umani, individui che potevano essere fermati grazie a un’indagine ben condotta o a un colpo di pistola. Aveva vinto sempre, con loro.
Invece ora che il suo nemico era il proprio stesso corpo lui, l’agente speciale supervisore Aaron Hotchner, ex pubblico ministero, ex SWAT, uomo di eccezionali abilità investigative, sarebbe stato sconfitto. Aveva perso. Aveva già perso. 
Attese ancora un istante e poi aprì la porta.   
Emily.
Quel nome gli attraversò la mente all’improvviso.
Era riuscito fino ad allora a tenere a bada il desiderio di chiamare sua moglie e raccontarle tutto: che senso avrebbe avuto darle una notizia del genere per telefono? Ma adesso l’avrebbe vista, stretta tra le braccia, avrebbe diviso con lei la sua paura e la sua angoscia. E forse accanto a lei e a Jack sarebbe riuscito a trovare un po’ di conforto.
 
***
Quando entrò in casa, trovò Emily intenta a tirare fuori la spesa da due ampi sacchetti di carta, traboccanti di ogni ben di Dio.
Hotch si guardò intorno e, sentendo che l’appartamento era insolitamente tranquillo e silenzioso, le chiese dove fosse Jack.
Emily gli si avvicinò con dipinta sul viso un’espressione indecifrabile.
“Jack è andato a studiare a casa di Jessica e mi ha chiesto il permesso di rimanere a dormire dai cuginetti” rispose “ho pensato che non ci fosse niente di male, il tuo cellulare era spento e quindi gli ho detto di sì”.
Poi, notando l’espressione del marito aggiunse, quasi timorosa: “Ho fatto male?”.
L’uomo scosse debolmente il capo.
“No, non preoccuparti, hai fatto bene” rispose. La sua voce suonò strana, quasi stonata.
“Emily, devo dirti una cosa…” aggiunse.
“Anch’io!” esclamò lei all’improvviso e, prima che lui potesse dire altro, gli afferrò la mano e lo trascinò verso il tavolo dove aveva appoggiato la borsa; ne tirò fuori una specie di foto confusa in bianco e nero e gliela mostrò con aria trionfante. Allo stesso tempo, guardandolo esattamente negli occhi, disse: “Ascolta, so che siamo sposati da pochi mesi, che Jack è ancora piccolo e che forse non è il momento più adatto, ma” esitò un istante, travolta dall’emozione.
“Sono incinta! Questa è l’ecografia!”.
Lo gridò e gli gettò le braccia al collo. Hotch ricambiò il suo abbraccio e anzi la strinse a sé più forte che poteva aggrappandosi disperatamente a lei come se, facendolo, avesse potuto sperare di non perderla; gli occhi colmi di lacrime di felicità e di dolore, nel cuore gioia e disperazione egualmente mischiate come non avrebbe mai creduto possibile.
“Ti amo, ti amo tanto” mormorò.
Sorrise, mentre il suo cuore segretamente si consumava.
Emily notò quel turbamento e un po’ se ne sorprese; anzi, le parve meraviglioso che un uomo come lui si commuovesse tanto per una notizia del genere.
“Sono così felice!” gli bisbigliò all’orecchio “E sono certa che anche Jack lo sarà!”.
“Tesoro” gli disse poi, carezzandogli dolcemente il volto “Tu invece cosa dovevi dirmi?”.
Per tutta risposta lui la strinse ancora di più, le baciò piano le labbra e rispose: “Non preoccuparti, non era niente d’importante”.
 
***

 

 
Era notte fonda, eppure Aaron Hotchner era perfettamente sveglio; sdraiato su un fianco, il gomito appoggiato sul cuscino, fissava la donna accanto a lui, invece profondamente assopita. Emily dormiva, con un braccio leggermente sollevato dietro la testa in una posa graziosa e le labbra appena dischiuse, sul volto un’espressione di piena serenità.
Lui se ne stava lì cercando di non far rumore e la guardava, ascoltando il ritmo regolare del suo respiro e il battito del suo cuore.
Era conosciuto come un uomo che nessuno aveva mai visto piangere, eppure per la seconda volta in quel giorno le lacrime gli bagnarono le ciglia; le asciugò col dorso della mano e si avvicinò alla moglie. Si chinò su di lei, l’abbracciò piano e accostò il mento al suo viso.
“Dio sa quanto vorrei svegliarti in questo momento, quanto avrei bisogno di raccontarti tutto… eppure il cuore mi dice di non farlo. Lo farò domani, o forse no. Perciò dormi, io non ti sveglio” mormorò dolcemente contro la sua spalla.
“Dicono che per quelli come noi una notte di sonno tranquillo, a riparo dagli incubi, abbia un valore inestimabile; per gli altri magari non è molto, ma è tutto ciò che posso darti adesso. Tu mi hai regalato un’immensa felicità e io in cambio una notte di buon sonno. 
Dormi bene, amore mio, e sogna il futuro che non avremo, la vita che non avrai insieme a me”.
Hotch si alzò dal letto cercando di fare meno rumore possibile, attraversò silenziosamente l’appartamento, giunse nel salotto e aprì appena la finestra, sporgendosi poi per guardare fuori; l’aria fresca della notte e un vento leggero che portava i suoni della città gli accarezzarono il viso.
Negli ultimi minuti doveva essere caduto un lieve scroscio di pioggia: l’atmosfera era umida e greve, tutt’intorno ai lampioni tremolava una nebbiolina iridescente e i marciapiedi deserti qua e là rilucevano.
“Forse questo è tutto ciò che avrò ora dalla vita. Forse questa è la mia vita e, invece di durare settant’anni, durerà sei mesi, o forse tre. Centottanta giorni, o forse solo novanta.
È possibile vivere una vita piena in sei mesi? In tre mesi? Sei mesi come se fossero sessant’anni?”.
Il pensiero giunse a Jack, a Emily, al bambino che sarebbe nato e del quale probabilmente non avrebbe mai neppure visto il viso; ripensò a ciò che aveva vissuto accanto ad Haley e a come fossero stati, almeno all’inizio, veramente felici.
E di nuovo a Jack: a Jack neonato col suo visino d’angelo mentre dormiva, le lunghe ciglia, la delicata pelle bianca totalmente indifesa e il suo odore infantile. A Jack che correva dietro al pallone, gridando a squarciagola, gli occhi raggianti di entusiasmo.
E a Emily, oh, Emily…
“Sei uno sciocco, smettila!
La maggior parte delle persone non ha mai avuto la fortuna di amare qualcuno; tu invece l’hai avuta e non solo una volta, ma addirittura due.
E questa, che duri tutta la vita o solo sei mesi, è la cosa più importante che possa capitare a un essere umano; è vero, tu la possiedi e sei fortunato, anche se tra poco morirai.
Questo è ciò che accadrà, che sta già accadendo. Devi riconoscerlo e capire che non avrai nemmeno più un anno accanto a lei: non un lungo percorso, non vivere insieme, non tutto ciò che la gente si sente in diritto di desiderare.
Non tempo, non felicità, non vecchiaia.
Non vacanze in campagna, nessun altro Natale davanti al camino.
Niente svegliarsi insieme, né addormentarsi l’uno accanto all’altra.
Come ha detto il prete? “In ricchezza e in povertà, in salute e malattia, finché morte non vi separi”. E così sarà: sei mesi, tre mesi forse, per amare, onorare e rispettare fino a che la morte non ci separerà.
Un’intera esistenza in pochi mesi.
Ami questa donna e davvero l’avrai per tutta la tua vita; anche se la tua vita durerà solo sei mesi.
Se allora il tuo futuro scambierà i suoi settant’anni con sei mesi, con tre mesi, con un mese solamente, almeno ora hai tutto questo e hai anche la fortuna di esserne consapevole.
Per te non esiste più “il resto della vita”, è un’espressione che non ha più senso: c’è solo oggi, non c’è più domani. E allora meglio apprezzare ogni momento.
Se non c’è futuro, c’è almeno il presente”.
Aprì di più la finestra e guardò in alto: proprio sopra di lui, tra le nubi color inchiostro, balenava come un piccolo foro turchino, immensamente profondo.
Lo fissò e all’improvviso si accorse - e fu per lui come se ciò avvenisse per la prima volta -  dell’incredibile altezza del cielo.
 
 
“Siamo nati soli, viviamo soli, moriamo soli. Solo attraverso l’amore e l’amicizia possiamo creare l’illusione, per un momento, di non essere soli”. (Orson Welles) (4)
 
FINE.

 
 (1) la frase è pronunciata da  Hotchner  nella puntata 3x6;
 (2) la frase è pronunciata da Reid nella puntata 4x20;
 (3) la frase è pronunciata da Hotchner nella 5x10;

 

 (4) la frase è pronunciata da Rossi nella puntata 7x3.

Note: questa fic intende da un lato rispettare la “forma” della serie sia dal punto di vista delle sotto-trame che per le citazioni che scandiscono le varie parti della storia e, dall’altro, mostrare invece qualcosa che non c’entra nulla con i casi con i quali i protagonisti devono confrontarsi quotidianamente. Qui il male e il dolore non sono da addebitare a un S.I. sadico, ma a qualcosa di infinitamente più subdolo, che nemmeno la persona più forte, razionale e composta riuscirebbe ad affrontare senza crollare.
Insieme al male, come spesso accade, arriva però il bene: in questo caso, il bene aumenta il tormento e il rimpianto oppure allevia il male?
Nel finale riemerge la forza del protagonista, anche di fronte a un’inaccettabile ingiustizia; l’amore, la consapevolezza di non essere comunque solo costituiscono l’unico conforto possibile.
Chiaramente Beth non esiste o, quanto meno, non ha nessun particolare peso nella vita di Hotch; la ff dovrebbe collocarsi nella settima stagione di CM, una volta risolta la questione Doyle e immaginando - come dicono alcuni spoiler -  il ritorno di JJ nella squadra. Ho quindi eliminato Ashley dal contesto lavorativo (rimane solo come amica), ipotizzando appunto il rientro dell’agente Jareau al suo posto.
La cattedrale di Saint Matthew è situata a Washington.
Le frasi della liturgia sono tratte dal “Cantico dei Cantici” di Re Salomone (epilogo).
Segnalo un lievissimo spoiler di un aforisma pronunciato nella 7x3.

  
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