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Autore: Shomer    17/06/2012    4 recensioni
Demetrio e Nadia sono amici da tanto tempo e hanno ingenuamente pensato che niente e nessuno potesse dividerli. Allora cos’è successo? Perché sono arrivati a questo punto? Dove hanno sbagliato?
A tre anni da allora posso affermare con certezza che se fossi stata meno egoista e più coraggiosa probabilmente avremmo sofferto di meno, ma posso dire con altrettanta sicurezza che se ti avessi ascoltato e se avessi aperto gli occhi, se non avessi infranto le regole e se neanche tu le avessi infrante, sicuramente sarebbe finita allo stesso modo.
Questa storia si è classificata prima e ha vinto i premi giuria, miglior personaggio femminile, pairing e stile al contest "Love (never) fails - quando anche Cupido sbaglia" di Flaren97.
Seconda classificata al contest "Le sfumature del dolore" di phoenix_esmeralda.
[REVISIONATA]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo sei

Son cose che spero perdonerai com’io ti ho perdonato ormai a quest’ora,
come se fossi solo un pianta guai, il “but i love him” che gli urlasti allora,
così ti canto ora in questa casa mia che sai e non sai.
100 Pennsylvania Ave – Francesco Guccini



Non ricordo in che modo mi umiliai ancora una volta né che modo trovai per ferirti anche quella sera. Ricordo vagamente che ti dissi qualcosa che somigliava molto a "non avresti dovuto farlo". Se ripenso a quei momenti ricordo solo frustrazione, indecisione e rabbia. Ricordo che il modo in cui mi guardasti non aveva niente di familiare, non aveva niente di enigmatico né di misterioso. In quel momento mi stavi odiando. E mi odiavi con talmente tanta forza e decisione che non riuscisti nemmeno a sputarmelo in faccia, quello che pensavi. Andasti nella tua stanza sbattendo la porta, e io ebbi paura che se avessi voluto avresti potuto far crollare la casa oltre a far crollare me, e poi uscisti mezz’ora dopo e io non sapevo dove stavi andando né che cosa avresti fatto, non sapevo neanche se saresti ritornato.
Passai tutta la notte sul divano, rannicchiata e con la televisione accesa in un inutile tentativo di sentirmi meno sola.
Non tornasti a casa il giorno seguente né il giorno dopo ancora; le mie giornate erano un susseguirsi di lezioni e lavoro, lavoro e lezioni, ridevo alle battute di qualcuno anche se non volevo ridere, perché se non ti avevo accanto non potevo farlo, parlavo tranquillamene anche se non ero tranquilla perché mi sentivo come se dentro di me ci fosse un uragano, rispondevo con gentilezza anche se avrei voluto urlare in faccia a tutti la frustrazione che non avevo il coraggio di urlare a te.
Avrei voluto dirti mille cose ma le parole mi rimanevano strozzate in gola; ero troppo immatura per prendermi la responsabilità del destino del nostro rapporto, non volevo che quel peso gravasse sulle mie spalle, che tu mettessi tutto nelle mie mani.
«Certo» avevi detto sprezzante quella sera, con la voce che vibrava di rabbia e io lo sapevo che avresti voluto urlare. «Stabilisci tutto tu.»
Per tutta la tua vita il tuo carattere deciso e forte aveva sempre messo te al primo posto. Mi avevi fatto capire in tutti modi che se tu volevi una cosa allora te la andavi a prendere, che se volevi fare in un certo modo allora bisognava fare come dicevi tu, eppure quella sera mi avevi scaricato tutto addosso probabilmente stanco del mio eterno conflitto interiore, ma io lo sapevo che era solo un modo per mettermi alla prova, io lo sapevo che non ti saresti mai arreso con me. Lo speravo.
Ero talmente egoista che ti avrei tenuto per sempre con me nonostante tu volessi qualcosa che io ero non ero in grado di darti, ma che desideravo con tutte le mie forze. Quando finalmente avevo capito quello che volevi, mi ero resa conto di volerlo anch’io.
Ero troppo ingenua per capire che anche tu eri una persona come me e che non avresti resistito in eterno, non ce l’avresti fatta per sempre. E io, che per tanti mesi avevo ingannato me stessa oltre che te, non potevo aggiustare le cose perché non ne ero capace, perché ero ossessionata da qualcuno che non riuscivo a mandar via e perché non potevo ammettere che tu avevi ragione e io avevo torto, che l’unico mio problema era l’umiliazione e l’orgoglio ferito.
Avevo troppa paura di quello che sarebbe successo se avessi dimenticato anche se era più difficile ricordare, perché a quel punto non avrei avuto più niente che a separarmi da te e nonostante io ti volessi terribilmente al mio fianco, non avrei potuto sopportare di averti così vicino.
Quel giorno mi resi conto che probabilmente sapevo da sempre quello che volevi, dentro di me, ma non avevo mai avuto il coraggio di ammetterlo a me stessa. Si capiva da tutti i tuoi gesti e da tutti i tuoi sguardi, si capiva dal modo in cui mi parlavi e dal modo in cui ti comportavi. Sapevo da sempre che io e te saremmo arrivati a questo punto, troppo diversi e troppo egoisti per mettere i sentimenti dell’altro al primo posto, e sapevo che non avremmo più potuto tornare indietro perché ormai il danno era fatto. Io non avrei mai dimenticato le tue dita accarezzarmi la guancia e tu non avresti mai dimenticato il male che ti avevo fatto e che mi ero fatta. Eravamo qualcosa di rotto, qualcosa di malato e incurabile e non avevamo via di scampo. Quella consapevolezza si abbatté su di me come un macigno.



Lui tornò che era notte e tu non c’eri. Se ci fossi stato probabilmente le cose sarebbero andate diversamente. Aprii la porta di casa e lui era lì, come se avesse tutto il diritto di starci.
Era esattamente come lo ricordavo: sorriso spavaldo e capelli rossi disordinati. Mi guardava con un misto tra il divertito e il malizioso e sapevo che in quel momento dentro di sé stava ridendo per la mia espressione sconvolta. Quando lo vidi non riuscii a formulare un solo pensiero sensato per qualche attimo, ma non appena ebbi il tempo di ricompormi sperai con tutto il cuore che tu tornassi presto a casa perché quella era una situazione che io non potevo gestire, perché se ancora non gli avevo chiuso la porta in faccia voleva dire che non l’avrei più fatto.
«Non sei cambiata di una virgola» mi disse, non appena capì che io non avrei detto né fatto nulla. «Forse dovresti toglierti quell’espressione sconvolta, però: non sta troppo bene sul tuo bel viso».
Volevo aprire la bocca per ribattere qualcosa, per dirgli di andarsene, per dirgli che non lo volevo più vedere. Non lo feci.
«Non parli?» sogghignò. «Ti faccio ancora quest’effetto?»
«Ti prendi gioco di me?» chiesi, assottigliando gli occhi. Sperai che la mano che tenevo salda alla maniglia della porta non cominciasse a tremare per la rabbia, la frustrazione e l’umiliazione che non ero riuscita mai a sfogare.
«Non l’ho mai fatto» rise, passandosi una mano tra i capelli. «Io sono a posto. L’unica che dovrebbe farsi un esame di coscienza qui sei tu.»
Sentii il mio stomaco accartocciarsi su se stesso e la rabbia salirmi fino in gola.
Avevo passato tutta l’estate a chiedermi il motivo per cui lui fosse andato via, a domandarmi che cosa c’era di sbagliato in me, incapace di tenermi strette le persone. Avevo passato tutta l’estate da sola a farmi continuamente le stesse domande, analizzando e rianalizzando le parole che mi aveva detto per trovare un qualche significato nascosto e l’unica conclusione alla quale ero arrivata era che fossero un mucchio di balle. Poi avevo lasciato perdere e anche in quel momento non mi interessava, perché non ero più innamorata di lui, non volevo esserlo, avevo mentito spudoratamente e inconsciamente quando l’avevo detto a te, perché volevo giustificarmi per tutto quello che avevo fatto. L’amore era passato insieme all’estate trascorsa a casa di mia madre, dopo il secondo rifiuto ricevuto da lui, dopo la sua risata sprezzante. E avevi avuto ragione quando mi avevi detto che la mia era solo una stupida ossessione, solo che io me ne ero accorta troppo tardi, ferendo me e ferendo te.
«Dimmi che cosa sei venuto a fare oppure vattene» sbottai, con la voce tremante di rabbia.
«Sto partendo» disse, come se fosse ancora autorizzato a raccontarmi gli affari suoi, come se facessi ancora parte della sua vita. «Ho trovato lavoro negli Stati Uniti. Sono venuto a dirvi addio.»
«Io e te ci siamo detti addio mesi fa» dissi. «Dem non ha niente da dirti. Non sono stupida, non posso credere che tu sia venuto qui a salutare, dopo quello che mi hai detto a giugno.»
«Non sei stupida, Nadia» disse, e il tono di voce sembrava essersi addolcito. Mi si strinse lo stomaco. «Sei solo molto ingenua. Non ti accorgi di ciò che ti circonda finchè qualcuno non te lo fa notare.»
«E di che cosa non mi sarei accorta, di grazia?» sibilai, acida. «Mi hai mentito per tutto il tempo in cui siamo stati insieme e mi hai mentito anche quest’estate. Mi hai raccontato un mucchio di balle e mi hai mollata qui senza una parola, dopo tutto il tempo che avevamo passato insieme.»
Sorrise e il suo sorriso sembrava più una smorfia, talmente era amaro. Si passò di nuovo una mano tra i capelli. «Non importa quello che credi tu» disse. «Ma dov’è Demetrio?»
«Non è in casa» risposi.
«Non sai dov’è» comprese, con un sorriso sarcastico. «Avete già cominciato a litigare come due sposini?»
«Ma che diavolo stai dicendo?» sibilai. Lui non mi rispose ed entrò dentro, ignorando le mie proteste. Si appoggiò sul davanzale della finestra e cominciò a fissarmi.
Io non sapevo cosa fare, avrei tanto voluto che se ne andasse e che mi lasciasse in pace, avrei voluto che tu fossi a casa, perché tu avresti saputo come comportarti.
«Dimmi che cosa vuoi, per favore, Marc» sussurrai.
«Sono venuto solo per salutarti» ripeté. «Puoi pensare di me quello che vuoi, Nadia, ma io non ti ho mai mentito. Mai, neanche una volta. So cosa ti diceva Demetrio sul mio conto, e magari alcune cose erano anche vere, ma con te sono stato sempre sincero. E non potevo sopportare di continuare a stare con te dopo aver capito quello che c’era tra te e lui.»
Risi amaramente, non credendo ad una parola di ciò che usciva dalla sua bocca. «Tra me e lui non c’è mai stato niente. Niente. E tu sei solo un bugiardo, un verme. Non hai avuto il coraggio necessario per lasciarmi e non ce l’hai tutt’ora per dirmi la verità. Mi disgusti.»
Rise anche lui e non c’era ombra di allegria nella sua risata. «Forse hai ragione» disse. «Forse mesi fa non ho avuto il coraggio, ma adesso ti sto dicendo la verità. Sei libera di non credermi, Nadia, ma non ti ho mai presa in giro. Mai.»
«Ma che belle parole commuoventi.»
Il suono della tua voce mi fece gelare il sangue.

«Smettila di fissare Marc con quell’espressione imbecille.»
«Ma che dici?»
«L’hai fatto la prima volta che è venuto e anche questa volta.»
«E’ carino. E poi non lo fisso come un’imbecille.»
«La prossima volta che viene non te lo dico.»
«E perché?»
«Non voglio che le persone che conosco pensino che ho amiche ninfomani.»
«Quello con cui ho fissato Marc era il mio sguardo normale. Guardo tutti così.»
«Non è vero. Non mi hai mai guardato in quel modo.»




 

 


Oggi la mia felicità riceve livelli stratosferici perchè ieri sono usciti i risultati di un contest a cui ho scoperto di essere arrivata prima. Il contest è questo e qui di seguito riporto il giudizio (in cui ho tagliato alcune parti che altrimenti rivelebbero il finale) e i banner.
 

GIUDIZIO:

Grammatica e Lessico 13,5/15 (di cui Grammatica 7/7, Lessico 4,5/5 e Punteggiatura 2,5/3)

Allora, la Grammatica è impeccabile, tempi verbali corretti e nessun errore ortografico, quindi su questo il voto pieno non te lo toglie nessuno.
Sul Lessico ti ho tolto mezzo punto perché in alcuni casi sarebbero stati meglio altri sinonimi, ma è proprio una sciocchezza (tanto per fare un esempio, “interiormente” sarebbe stato meglio di “internamente”, all’inizio del capitolo due).
Per la punteggiatura ti ho tolto un altro mezzo punto perché usi moltissimi punti fermi, creando così tanti periodi brevi, quando usando un punto e virgola il tutto sarebbe più scorrevole ed elegante, come anche l’uso di trattini, che sarebbero stati bene al posto di due virgole, per esempio, ma anche qui sono questioni di particolari.
Ho notato che non usi molto gli apostrofi (per esempio, non lo usi quando scrivi s’impossessò nel prologo), e anche quelli avrebbero reso la lettura più scorrevole, ma, anche qui, nulla di che.

Stile: 9/10

Per lo stile ti ho tolto un punto perché nonostante il modo in cui scrivi sia davvero brillante e coinvolgente, e le descrizione sono accurate e ben fatte, la sovrabbondanza di passati remoti a volte rende la lettura meno scorrevole di quello che potrebbe essere. (Magari hai genitori o parenti del sud come me, che parlano spesso al passato remoto ^^).
Nonostante ciò, mi devo davvero complimentare con te, perché la tua storia è davvero quella scritta meglio, sia dal punto di vista grammaticale che stilistico – e, personalmente, ho adorato il tuo modo di scrivere. Ti prende fin dall’inizio, e ti catapulta nel mondo di Dem e Nadia, attraendoti irresistibilmente. Un vero capolavoro!

Originalità: 10/10

Poi, bè, l’originalità c’è tutta, lei che era la fidanzata del migliore amico di lui, però inconsciamente innamorata dell’altro … o meglio, il tema non è originalissimo, ma lo è il modo in cui hai sviluppato la storia, e soprattutto il carattere e le azioni dei protagonisti (e poi, sono mezza innamorata di Dem anche io u-u), specialmente il fatto che loro due vivano insieme, geniale! Quindi sono praticamente costretti a stare insieme tutti i giorni, e il modo in cui descrivi come cercano di evitarsi/non evitarsi a volte è semplicemente esilarante, specie quando dici che lei cerca di evitarlo e lui invece le finisce addosso in tutti i modi.

Riferimento al contest: 10/10

Anche il riferimento al contest c’è tutto, un amore a tratti un tormentato, complicato, che non è tutto cavalli bianchi e rose rosse, anzi, è anche un amore negato a lungo, per anni, e eppure c’è. Il massimo dei voti mi sembra il minimo.

Gradimento Personale: 5/5

Bè, per il gradimento personale direi che la una delle cose che ho apprezzato di più è stato il fatto che hai inserito parti dei loro dialoghi passati, quando ancora il loro rapporto non era così complicato. Davvero meravigliosa la parte

«Non voglio che le persone che conosco pensino che ho amiche ninfomani.»

«Quello con cui ho fissato Marc era il mio sguardo normale. Guardo tutti così.»

«Non è vero. Non mi hai mai guardato in quel modo.»”

L’ultimo capitolo l’ho letto con ansia, indecisa se leggerlo davvero o no. Non ero sicura di voler sapere come andava a finire. Non ci crederai ma per tutto il tempo mi sono sentita pizzicare gli occhi, e poi, alla fine, mi hai anche fatta commuovere.
Questa è la storia migliore di tutte, e per questo, non a caso, hai mezzo miliardo di premi – per colpa tua ho perso una giornata a fare banner, sentiti in colpa :P
Vorrei spiegarti anche perché ti ho attribuito il Premio Miglio Personaggio Femminile.
Nadia, a cui è appunto riferito il Premio, non è una donna perfetta, un’eroina Disney o roba simile. Ti ho dato il premio per lei perché ha sbagliato, gravemente e in molte cose, ma accetta i suoi errori, li ha compresi, e solo grazie a questo riesce a trovare – o forse, ritrovare – Demetrio, a capire davvero ciò che c’è tra di loro. Demetrio sarà anche il lucchetto, ma Nadia è la chiave, l’unica chiave possibile.
Bravissima, il primo posto è tuo, AllegraRagazzaMorta, e te lo meriti fino in fondo.
Hai creato un piccolo miracolo di storia.










 
   
 
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