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Autore: Hiraedd    17/06/2012    3 recensioni
A volte capita che il Capitano Grifondoro si ritrovi tra le mani uno strano enigma chiamato Dorcas Meadowes, che in sei anni gli ha rivolto la parola tre volte al massimo, tutte nel giro dell’ultima settimana.
Può anche capitare che un Serpeverde solitario e innocuo inciampi in una maschera che non nasconde solo un volto, ma un mondo intero. Perchè Benjamin odia Caradoc Dearborn, sia chiaro, e quegli occhi dorati non gli fanno alcun effetto. Forse.
Oppure può succedere che il Caposcuola sia innamorato da anni della sorellina del proprio migliore amico, che ha perso la testa per un Auror di stanza in Polonia, e abbia una fottuta paura che Edgar lo scopra e lo torturi perché no, quelli che fa verso Amelia sono tutto fuorché casti pensieri d’amicizia.
Per fortuna, però, che c’è Hestia Jones, deputato diario segreto degli studenti del settimo anno, che tutto osserva nonostante, a conti fatti, non distolga nemmeno per un secondo lo sguardo dal suo adorato fidanzato, il Prefetto Sturgis Podmore.
*
Siamo ad Hogwarts, è l’autunno 1969 e la guerra è già più vicina di quanto non sembri.
*
Altri personaggi: Gideon Prewett, Kingsley Shacklebolt, Sturgis Podmore, Amelia e Edgar Bones.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Benjy Fenwick, Caradoc Dearborn, Dorcas Meadowes, Fabian Prewett, Hestia Jones
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'oltre il fuoco comincia l'amore'
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NOTE DI REVISIONE: anche questo capitolo è stato betato dalla gentilissima highwaytohell_ a cui va un grazie grande grande.

 

Capitolo 05
 




Il 2 ottobre di quell’anno iniziò esattamente come era iniziato quello dell’anno prima e, probabilmente, come sarebbe iniziato quello dell’anno dopo.
 
Niente era diverso. Non il nodo nel legno della quinta asse a partire da sinistra sul soffitto del baldacchino; non l’incisione sull’angolo est in corrispondenza della colonna; non le tende lievemente tirate del solito colore blu, acceso di riflessi bronzei.
 
E per un solo secondo, quando aprì gli occhi, Dorcas Meadowes si sentì esattamente come si era sentita il 2 ottobre dell’anno prima, e come avrebbe pagato per sentirsi anche quello dopo.
 
Felice.
 
Era un’illusa.
 
Niente era diverso, ma tutto era cambiato.
 
 
*
 
 
<< Ricordami perché ci siamo alzati alle sei di sabato mattina >> chiese un assonnato Sturgis Podmore all’amico al suo fianco soffocando uno sbadiglio.
 
La Sala Grande di Hogwarts, vuota, sembrava più grande del solito, con i cinque tavoli già apparecchiati per la colazione.
 
Caradoc Dearborn sorrise imburrando tranquillamente la sua fetta di pane tostato.
 
<< Quidditch >> si limitò a rispondere con l’aria di chi pregusta qualcosa di eccezionale. Guardò fuori dalle vetrate, verso il campo.
 
Sturgis strinse i denti. Tra quelle belle vetrate e il campo di Quidditch, una bufera di neve rendeva tutto molto meno eccezionale di com’era dipinto nello sguardo di Dearborn.
 
-ricordami perché non ti ho schiantato appena mi hai proposto questa pazzia- chiese con un sorriso stentato rivolgendo uno sguardo schifato all’amico, ora intento ad ingoiare l’ennesimo boccone di bacon e salsiccia accompagnato da un pezzo del pane imburrato in precedenza –Per Nimue, ma come diavolo fai a mangiare così tanto e a mantenere la linea?-.
 
Il sorriso sul volto dell’amico si trasformò in una smorfia beffarda.
 
<< Che vuoi che ti dica, ho i miei segreti >> mormorò quindi il Capitano della squadra corvonero, con fare da cospiratore << Te li rivelerei, ma poi dovrei ucciderti. Mi dispiacerebbe perdere uno dei miei seguaci >>.
 
<< Non ti fidi nemmeno del presidente del tuo fan-club? >>.
 
<< Le persone belle e famose hanno un fan-club; io sono bello, famoso e nobile, quindi ho dei seguaci e fedeli sudditi, pronti a tutto per me >> scosse la mano come a liquidare la faccenda, e seguitò imperterrito a dire << Non mi hai schiantato per due motivi: il primo è che sono troppo bello, avresti arrecato un danno alla comunità magica; il secondo è che Vitious ti avrebbe beccato e ti avrebbe messo in punizione per tutta la mattinata.  Non saresti potuto andare ad Hogsmeade con Hestia, che si sarebbe arrabbiata come una vipera e ti avrebbe lasciato. Tu saresti tornato in lacrime da me, intento a rimediare i danni, piagnucolando come una femminuccia circa la rottura del tuo rapporto con l’unica ragazza che si sia mai degnata di amarti. In poche parole, saresti rimasto solo e senza amici com’eri prima di conoscere lo splendore di ragazzo che hai qui davanti e quella povera martire che si ostina a chiamarti “amore”. Tutto chiaro? >>.
 
Sturgis scosse la testa, inebetito da tante parole.
 
<< Sai, se mettessi nel Quidditch la metà dell’impegno che metti nell’autoelogiarti, avremo avuto la Coppa del Quidditch in tasca negli scorsi cinque anni >>.
 
 
*
 

Quando Fabian Prewett salì gli ultimi scalini della Guferia, il 2 ottobre di quell’anno, a Hogwarts nevicava fittamente.
 
Il cielo era appena rischiarato dalla soffusa luce dell’alba, e spessi fiocchi di neve cadevano dal cielo con la grazia di petali di margherita. La neve, scivolando sui gradini, restava intatta a contatto con la pietra gelida dei pavimenti, formando un soffice tappeto candido e spesso un dito. Da guardare, molto grazioso. Volendo essere un po’ più pratici, tutta quella graziosità sarebbe potuta costare l’osso del collo a qualcuno.
 
Tutti gli scalini, sul lato sinistro, presentavano l’impronta di una scarpa. 

Dopo aver dedicato un’occhiata distratta alle scale, e aver verificato che nessun tipo di impronte segnalasse che l’individuo che lo aveva preceduto avesse poi ridisceso le scale per andarsene, si sporse verso l’entrata e la voliera da cui i gufi, liberi, potevano entrare ed uscire come volevano.
 
Non lo sorprese poi molto, quindi, vedere una figura mediamente alta ritta in piedi accanto ad una delle arcate della parete rivolta a sud, volta a dargli le spalle.
 
<< Mead… >> mormorò riconoscendola, in segno di saluto << Dorcas, tutto bene? >>.
 
Per qualche istante la ragazza non diede alcun segno di aver sentito le sue parole, o il suono dei suoi passi quand’era entrato nella stanza. Poi, con calma, la giovane si voltò, i capelli raccolti in una coda laterale lievemente scarmigliata e gli occhi un poco arrossati, come di chi abbia dormito poco.
Lo sguardo lontano si fece più sveglio non appena riconobbe il proprio interlocutore.
 
<< Fabian… >> lo salutò in risposta, soprassedendo al sussulto del giovane, probabilmente di nuovo colpito dal rapido riconoscimento. Nemmeno la madre riusciva a distinguerlo con tanta facilità dal gemello << Tutto come al solito, grazie. Tu? >>.
 
Il tono fermo e gentile, un po’ roco nelle note finali, pareva più adatto ad un salotto da ricevimento che ad una guferia all’alba. Preso alla sprovvista, Fabian scrollò le spalle.
 
<< Si, non… >> esitò, lottando contro un imbarazzo crescente che normalmente gli era estraneo << …non mi lamento >>.
 
Incredibile la soggezione che quella ragazza ispirava in lui, soprattutto dal duello di ormai quasi tre settimane prima.
 
Non gli pesava poi molto essere stato sconfitto –non era persona da portare rancore, lui, non a una come Dorcas- ma comunque si sentiva a disagio davanti a quell’enorme punto di domanda che per lui rappresentava una ragazza come Dorcas. Con il carattere che si ritrovava, non faceva certo fatica a fare amicizia con qualcuno: e Merlino gli era testimone che nel corso della vita aveva conosciuto persone parecchio strane, Dearborn in primis.
 
<< è in anticipo >> esclamò dal nulla non appena si accorse del silenzio dilagante. Dorcas pareva non farci caso, ma alle sue parole arricciò la fronte in una muta domanda. Fabian scosse la mano, ad indicare il panorama << La neve. È in anticipo di almeno un mese, quest’anno >>.
 
La ragazza annuì, computa.
 
<< Si, credo ci aspetti un inverno piuttosto freddo >> continuò lui, sbalordito dal muto annuire della ragazza, che pareva non sforzarsi minimamente per interrompere il silenzio.
 
In una domanda che fu come un lampo, nella sua mente, il ragazzo si chiese se per caso non la divertisse, vederlo così imbarazzato. Lei sembrava molto più a suo agio, in silenzio.
 
Restarono immobili per quella che parve ad entrambi una piccola eternità, loro due in piedi in guferia con un mondo di neve a turbinargli attorno, candidi fiocchi mulinanti nell’aria fredda dell’inverno.
 
<< Dove hai imparato ad usare così gli incantesimi non verbali? >> chiese alla fine Fabian, un po’ turbato dal silenzio e dall’immobilità della situazione.
 
Fu strano, per lui, vederla sorridere come divertita. Non seppe dirsi se a divertirla fosse stata la sua domanda o qualcos’altro, però, e quando la ragazza parlò non ci fu più tempo per chiederselo.
 
<< Dove? >> chiese fissandolo per un attimo stranita << A incantesimi, mi pare ovvio >>.
 
Fabian scosse il capo, paziente.
 
<< Beh, io… intendevo, così bene… >> esitò per un attimo, incerto << Non è comune per una del sesto anno utilizzarli con tanta efficacia dopo così poco tempo dall’averli appresi. La scuola è iniziata da nemmeno un mese e… >>
 
Questa volta si disse sicuro che a farla sorridere nuovamente fosse il proprio commento.
 
<< Sono piuttosto dotata in un paio di materie scolastiche, tra cui incantesimi >> mormorò alla fine scuotendo il capo in segno di modestia << Non ne ho alcun merito, sono solo piuttosto brava >>.
 
Di nuovo il silenzio, interrotto questa volta dal bubbolio di qualche gufo. Dorcas tornò di nuovo a dare le spalle al ragazzo, rivolgendosi ancora alle montagne scozzesi con lo sguardo appannato.
 
Si strinse le braccia al petto e inclinò la testa verso destra, forse persa tra qualche ricordo, forse tra qualche pensiero. Fabian restò a guardarla quel tanto necessario per accorgersi di quanto la luce dell’alba –per quanto soffusa- riusciva a mettere in evidenza la curva morbida della schiena, quella un po’ insicura delle spalle, i riflessi biondo miele dei capelli.
 
Poi, sempre più a disagio, si avvicinò ad uno dei trespoli lì posti per farvi accomodare i gufi e rivolse la propria attenzione ad uno degli esemplari più anziani, non particolarmente bello ma piuttosto forte.
 
Impiegò sei minuti interi per legare alla zampina del gufo la pergamena accuratamente ripiegata, imprecando sottovoce contro le proprie dita tremolanti. Sapeva di non essere controllato a vista dalla ragazza, che gli dava invece le spalle, ma la cosa, incredibilmente, non lo rassicurava. Sentiva come un’aura attenta provenire da Dorcas, e dovette concentrarsi per non alzare gli occhi su di lei per vedere che non lo stesse controllando.
 
Non che avesse qualcosa da nascondere, per carità divina! Eppure… no, non lo stava guardando, anzi… sembrava completamente distratta, intenta a seguire con lo sguardo il profilo di cose visibili solo a lei.
 
Merlino, quell’anno avrebbe compiuto diciotto anni. Non poteva forse affermare di avere sempre sottobraccio una ragazza diversa, ma negli ultimi tre anni di certo si era ritrovato in compagnia di un discreto numero di ragazze, spesso da solo. E mai, mai in vita sua si era sentito tanto nervoso.
 
Alla fine, dopo aver legato il messaggio alla zampa del gufo con una gassa sommaria, si raddrizzò è condusse l’animale all’arcata che dava sul lago nero. Gettò un’occhiata preoccupata alla tormenta infuriante, poi squadrò con un po’ di ansia il gufo, e si rassegnò a tornare indietro.
 
<< Sono addestrati a volare anche in situazioni del genere >> lo sorprese con voce roca la Meadowes, ancora ferma all’arcata alle sue spalle, lo sguardo ancora rivolto alle montagne. Si guardò attorno, Fabian, chiedendosi se per caso non stesse parlando con qualcun altro << Non ti preoccupare per la sua incolumità, l’unica cosa che può ferirla davvero è l’attacco di qualche animale. E poi, guarda, la neve scende ora più lentamente… tra qualche minuto cesserà completamente di nevicare >>.
 
<< Ferirla? >> chiese guardando il gufo artigliato al proprio pugno.
 
Dorcas si voltò, lo sguardo ora più lucido di prima.
 
<< è una femmina >> rivelò indicandola con un cenno del mento, e sorridendo in modo blando << Asterope, o almeno io la chiamo così. È affidabile, io la usavo spesso >>.
 
Rassicurato, Fabian tornò a voltarsi verso il lago nero, e protese il braccio con il pugno chiuso per far cenno al rapace di volare. Restò a guardarla fino a quando la foschia e la neve all’esterno non occultarono completamente il piccolo puntino che era diventato il gufo contro il cielo mattutino.
 
<< E perché non la usi più? >> chiese ad un certo punto, Fabian, interdetto.
 
Dorcas attese qualche minuto prima di rispondere. Il tempo passò lentamente, scandendo ogni secondo, e il ragazzo arrivò a pensare che la giovane si fosse dimenticata la domanda.
 
<< E a chi dovrei scrivere, oramai? >> gli domandò in risposta Dorcas, guardandolo negli occhi con quello sguardo sicuro che poche volte mostrava a chiunque non fosse Benjy. Lo chiese in un tono che non era triste, o rassegnato. Ma semplice, diretto, consapevole. E non ispirava alcuna pena << Avevo promesso a Benjy che avrei fatto colazione con lui, alle otto. Ci si vede in giro, Fabian >>.
 
<< …Dorcas? >> la richiamò giusto prima che ella scomparisse oltre la soglia.
 
La ragazza si fermò.
 
<< Si? >> chiese con gentilezza, tornando a voltarsi.
 
<< Ma…>> si ritrovò ad esitare il ragazzo << Un giorno mi dirai come fai a distinguermi così facilmente da Gideon? >>.
 
La ragazza sorrise, incrociando i suoi occhi con il proprio sguardo.
 
Sorrise con le labbra, gli angoli appena arcuati all’insù, e con gli occhi, splendenti e lucidi. Uno di quei sorrisi speciali, segno che l’aveva colta di sorpresa.
 
<< Forse, un giorno >>.
 
Annuì, Fabian, incapace di muoversi sotto a quello sguardo limpido e innocente. Restò fermo per i successivi minuti, anche quando il suono dei passi venne inghiottito dalla distanza e la figura di Dorcas nascosta dalle pareti, sulla via per la sala grande.
 
Solo alla fine gli venne in mente una domanda più intelligente.
 
Se non scrivi a nessuno, cosa ci fai in guferia alle sette di sabato mattina?
 
Se Dorcas Meadowes aveva un talento innato, si disse, era certamente quello di stupirlo con ogni singola mossa.
 
 
*
 
 
<< Ti odio! >> esclamò a viva voce Sturgis rientrando in sala grande, lo sguardo irritato posato alla metà del tavolo corvonero, dove la sua ragazza e altri suoi amici lo stavano aspettando ridendo e scherzando tra di loro.
 
<< Pienamente ricambiato >> ribattè altezzoso Caradoc, alle spalle del proprio migliore amico di sempre, escluso che di quel momento in particolare << E, tanto perché tu lo sappia, avrei vinto io se tu non avessi barato >>.
 
<< Barato? >> strepitò Podmore voltandosi infuriato e fermandosi così velocemente che Dearborn quasi rischiò di travolgerlo, nella sua corsa verso il resto dei propri amici << Io avrei barato? Caradoc, non è barare fare punto calciando la pluffa con il piede! >>.
 
La tormenta di neve che aveva infuriato solo fino ad un’ora prima –ancora visibile sulle vesti umide dei due-, aveva lasciato il posto ad un cielo plumbeo e un tappeto di neve alto quindici centimetri, poco agevole per camminarvi su ma che non aveva impedito ai due di allenarsi per almeno un’ora prima della tanto attesa uscita ad Hogsmeade.
 
<< Il portiere era assente! >> esclamò punto sul vivo Caradoc, accomodandosi con l’aria di un re tra Gideon Prewett e Edgar Bones. Li scrutò per un attimo, accigliato, prima di ricordare una cosa importante << Voi non siete Corvonero! >>.
 
<< Assente! >> ribattè Sturgis rifiutando di cambiar discorso, sedendosi accanto ad Hestia e salutandola con un bacio prima di riprendere ad inveire contro Caradoc << Il portiere stava flirtando spudoratamente con Miranda Hopkirk! >>.
 
La frase ebbe il potere di mettere a tacere per un attimo il Capitano della squadra Corvonero, in difesa del quale va anche detto che ricopriva il ruolo di portiere per il sesto anno consecutivo.
 
Per un attimo, appunto.
 
<< Era Miranda Hopkirk che stava flirtando spudoratamente con il portiere! >> si difese strenuamente, mani sul cuore << Sennò perché sarebbe venuta al campo con la neve e tutto? >>.
 
<< Perché essendo Caposcuola teniamo a turno le chiavi degli spogliatoi del campo, e stamani le aveva lei? >> chiese in risposta Kingsley, l’aria di chi la sa lunga dipinta a chiare pennellate nello sguardo scuro.
 
Caradoc scosse il capo.
 
<< Quello era solo un pretesto, tutti sanno che mi viene dietro da sempre… lo dice anche Hes! >>.
 
<< Veramente io te l’ho detto al terzo anno, quando ho scoperto il tuo nome scarabocchiato sulla sua agendina prendiappunti con vicino un cuore. Sono passati tre anni e mezzo, da allora! >>.
 
Sturgis scosse la testa.
 
<< Tranquilla, amore, sappiamo che Caradoc non era serio… è solo che considera tempo sprecato ogni singolo minuto in cui non si fa dei complimenti da solo >>.
 
Hestia rivolse un sorriso distratto al continuo battibeccare dei due. Chiunque conoscesse un minimo Caradoc e Sturgis, aveva avvisato Hestia di stare attenta: era evidente come quei due fossero fatti l’uno per l’altro. Lei rispondeva sempre che nel caso avesse mai beccato Sturgis nel letto di Caradoc, non avrebbe nemmeno dovuto sporcarsi le mani di sangue: sarebbe bastato sedersi comodi e attendere il loro scannarsi a vicenda in poco tempo.
 
Mentre quindi il suo ragazzo e il suo amico impiegavano il tempo della colazione a litigare su chi dei due avesse barato e come si potesse definire lo sbavare di Caradoc dietro a Miranda Hopkirk, lei lasciò vagare lo sguardo sui restanti quattro tavoli della sala.
 
Al tavolo dei professori la professoressa Sprite era intenta a parlare di qualcosa di apparentemente molto divertente con il professor Kettleburn, che da due anni era sprovvisto di una mano, a causa di un brusco incidente con un Avvincino del lago nero. Il resto della tavolata era vuoto, parzialmente sparecchiato.
 
Il tavolo Grifondoro era stato preso d’assalto da ragazze del terzo anno –a parere di Hestia- tutte riunite attorno alla classifica degli Scapoli D’oro migliori della Londra Magica, rubrica che usciva una volta al mese. I Tassorosso erano quasi completamente assenti, e gli unici due degni di nota si trovavano accanto a lei.
 
I serpeverde erano calmi, nessuno sberleffo e nessun fischio da parte di nessuno diretto a qualche ragazza timida o a qualche giovanotto imbranato. Beh, comprensibile, erano le otto del sabato mattina anche per loro.
 
<< Ehi, Hes, allora ci vediamo ai Tre Manici come al solito, verso le undici? >> le chiese Amelia, seduta al suo fianco, i capelli scuri raccolti in una coda alta e le guance rubizze riempite da un sorriso fraterno. Voltando lo sguardo verso i ragazzi, Hestia vide che adesso erano tutti presi da una conversazione sulle Vespe di Wimbourne, squadra da cui circa quindici giorni prima Caradoc aveva ricevuto una convocazione l’estate successiva.
 
<< Se vuoi anche prima, dopo quattro anni che ci si va, Hogsmeade perde gran parte del proprio fascino >> mormora in risposta all’amica, scrollando le spalle << Certo però, che potremmo fare qualcosa di più divertente del solito… magari un po’ diverso, invece che rintanarci subito al tre manici di scopa >>.
 
 
*
 
 
Per Benjy, la locanda “La Testa di Porco” aveva un nonsoché di rassicurante. Per prima cosa, non era frequentata da nessuno studente di Hogwarts, e per lui e Dorcas, quindi, passarne la soglia equivaleva ad entrare in un territorio neutro in cui essere privi della dicitura impolverata di “secchioni noiosi”. In secondo luogo, poi, ogni qualvolta entrava alla Testa di Porco seguito dalla sua migliore amica, poteva vederle il viso schiarirsi e, quando proprio era fortunato, anche un sorriso nascere sulle sue labbra. A pensarci bene, Dorcas in passato aveva sorriso più in quel Pub che in qualsiasi altro luogo sulla faccia della terra, magico o babbano che fosse, esclusa forse casa propria.
 
Non era esattamente un segreto la simpatia che provava per il vecchio barista, che sembrava ricordarle un bravo nonno, così come non era un segreto il fatto che la simpatia fosse pienamente ricambiata.
 
Certo, non erano in molti a farci caso, e d’altronde, Aberforth Silente non è che lo facesse capire con grandi sorrisi e abbracci stritolaossa. Era più che altro il guizzo che aveva sulle labbra oltre la barba bianca, quando vedeva la ragazza e il suo amico entrare nel suo pub.
 
<< Ab >> salutò non appena entrata, Dorcas, con uno dei suoi rari sorrisi << Come stai? >>.
 
L’uomo, nonostante l’età ancora ben piantato, grugnì malamente in risposta. Poi, accortosi dei due ragazzi, fece un secondo suono dall’aria meno scortese, ma comunque ben lontano dall’essere amichevole.
 
<< Ah, Cas, che ci fate qui?>> chiese come ogni volta, chinandosi a prendere due bicchieri sudici da uno dei ripiani bassi ancora più sudicio << Sai che non è consigliato agli studenti di venire qui da me >>.
 
<< è proprio per questo che ci veniamo, Ab >> gli rispose Benjy con un lungo sguardo ai bicchieri, recitando il copione come sempre << Io un idromele, grazie >>.
 
<< Succo di zucca >> ordinò per se Dorcas, avviandosi al solito tavolo che occupavano quelle poche volte in cui aderivano alle uscite ad Hogsmeade.
 
Ovviamente il locale era mezzo vuoto: qualche individuo ammantato nel nero, una strega dal volto rugoso e gli occhi storti e un uomo sulla cinquantina con i capelli lunghi legati in una coda. Ogni persona era seduta ad un tavolo diverso, il che ne lasciava vuoto solo uno oltre al loro.
 
Per qualche minuto, mentre Ab si dava da fare a preparare le loro ordinazioni, Dorcas e Benjy stettero seduti a guardarsi negli occhi o a segnare con dita annoiate la superficie sgraziata del tavolo di legno.
 
<< è inutile che mi tieni il muso, Dor >> scosse alla fine il capo Benjy, che con due dita cercava di eliminare le schegge più pericolose dalla tavola << Non ti avrei mai lasciato ad Hogwarts per una giornata come questa >>.
 
Dorcas inarcò il sopracciglio, preparandosi a ribattere con le stesse identiche parole che aveva usato sulla strada verso il villaggio.
 
<< è una giornata esattamente come tutte le altre >>.
 
Benjy alzò gli occhi al cielo, con l’aria di chi ha sentito per un milione di volte quelle stesse parole, dette esattamente con lo stesso tono di voce.
 
<< No, oggi è il 2 ottobre, che ti piaccia oppure no >> replicò convinto.
 
<< Ma… >>
 
<< Pochi discorsi, ragazzina >> la interruppe il barista portando al tavolo i due bicchieri da loro ordinati, e una piccola teglia della misura di un palmo di mano, con dentro un dolce che grondava cioccolato.
 
<< Ti sei dato alla cucina, Ab? >> scherzò Ben, cercando di trattenere un sorrisetto. Erano anni ormai che Dorcas non si stupiva più di quanto, in quel locale, Benjy riuscisse ad essere se stesso in modo molto più completo che ad Hogwarts.
 
<< Taci un po’, Fenwick >> lo rimbrottò scortesemente Aberforth, salvo poi posare con una delicatezza inusuale il bicchiere colmo di idromele davanti a lui << Vedi di non prenderti troppa confidenza, ragazzo, e metti un po’ di carne su queste ossa, che sennò le ragazze non ti guardano. Allora, come vi va a scuola? Mi sono arrivate voci interessanti su un certo club dei duellanti, Cas. >>
 
Con un sorriso mezzo accennato sulle labbra screpolate, Dorcas scosse il capo.
 
<< Voci interessanti che riguardano me? >> chiese alla fine dedicando il proprio sguardo alla tortina al cioccolato << Ne sei proprio sicuro? >>.
 
La porta si aprì ancora, e Aberforth si voltò giusto per gettare un’occhiata al nuovo arrivato.
 
Erano più di uno: la compagnia era formata da sei ragazzi e due ragazze, queste ultime particolarmente infreddolite e rinchiuse saldamente nei loro mantelli.
 
In testa c’erano i due gemelli Prewett, bardati con calde sciarpe di lana intrecciata, un cappello dello stesso tessuto ben calato sui capelli rossi e il viso lentigginoso provato dall’aria fredda dell’esterno. Accanto a loro, la pelle scura di Kingsley risaltava come caffè vicino al latte, un braccio forte sulle spalle della piccola Amelia, l’unica ragazza del sesto anno in mezzo a quei bruti del settimo. In mezzo al gruppo, Edgar Bones si guardava attorno con gli occhi buoni luccicanti d’aspettativa. Alle spalle dei cinque, infine, Hestia Jones e Sturgis Podmore si tenevano rispettivamente al fianco sinistro e destro di un individuo singolarmente bello, i tratti fini e nobili e i capelli acconciati in un ciuffo dall’aspetto quasi teatrale.
 
Caradoc Dearborn, tanto per rimanere fedele al proprio nome e alla propria reputazione, si stava lamentando in tono smorzato e indolente.
 
 
*
 
 
<< Cioè, fammi capire, che Merlino avete contro I Tre Manici di Scopa? >> chiese Caradoc per l’ennesima volta quando si infilarono nel vicolo stretto e poco popolato da cui si aveva accesso alla Testa di Porco.
 
<< Non avevi detto che dopo aver lasciato Rosmerta tra voi c’era un po’ di tensione? >> gli chiese in risposta Hestia << Vedi, non vogliamo rovinarti la giornata >>.
 
<< Credo di preferire la tensione e la rabbia di ‘Smer alla possibilità di prendermi il colera, grazie >> commentò sdegnato << E poi, credo che sia rimasta a Hogwarts, a quanto ho capito doveva studiare >>.
 
<< Non l’ho vista in Sala Comune >> si intromise Gideon facendo cenno alla porta << Allora, entriamo? >>.
 
Caradoc gettò un’occhiata all’insegna. Era sangue, quello?
 
<< E questa sarebbe la vostra idea per rendere un po’ più avventurosa la nostra uscita ad Hogsmeade? >> chiese << Di chi è stata questa brillante idea? >>.
 
<< Hes, sai che Rosmerta non le sta molto simpatica- gli disse Sturgis, indicando la ragazza.
 
<< Tu disonori i Corvonero, Jones. Non mi sembra per niente una scelta ponderata quella di entrare in questo Pub >> la riprese Caradoc con sguardo accigliato << Sempre detto, io, che dovevi entrare in Grifondoro >>.
 
<< Oh, taci Dearborn >> esclamò in risposta la ragazza, alzando gli occhi al cielo << Ti lamenti peggio di un bambino >>.
 
L’interno del locale rispecchiava l’esterno.
 
Era poco luminoso, dall’aria dimessa e fatiscente, con una decina di tavoli lunghi poco curati e avventori ancor meno invitanti. Il bancone, al momento, era vuoto, le varie bottiglie sul muro avevano l’aria sporca e sul ripiano del bar stava abbandonato uno straccio dall’aria sudicia.
 
<< Ehi, niente studenti, qui >> esclamò il barista, che a quanto pare non era assente ma semplicemente impegnato a servire alcuni avventori.
 
Hestia sentì Caradoc smettere di lamentarsi e, contemporaneamente, sporgersi verso di lei.
 
<< Ma quello non è Fenwick? >> le chiese sottovoce.
 
<< Si >> rispose con lo stesso tono << Ma perché sussurri? >>.
 
Il ragazzo ci pensò appena qualche secondo.
 
<< Mi pareva adatto alla situazione, ecco tutto >> aggiunse alla fine, rivolgendosi poi al barista, un tizio poco raccomandabile con la barba e i capelli piuttosto lunghi << Anche loro sono studenti >>.
 
<< Qui il barista sono… >>
 
Hestia vide Fenwick sporgersi verso l’uomo, e mormorargli qualcosa indicando loro con un cenno. Il barista sembrò  per un attimo scettico ma poi, dopo uno sguardo prolungato, scuotere le spalle e tornare verso il bancone.
 
<< Io prendo un’acquaviola >> dichiarò quindi in direzione dell’uomo.
 
 
*
 
 
Come avesse finito per festeggiare il proprio diciassettesimo compleanno in compagnia delle persone più lontane mentalmente e caratterialmente da lei, Dorcas Meadowes non riuscì proprio a capirlo, quel giorno.
 
Quando, di ritorno dalla Guferia, aveva trovato Benjy ad aspettarla esattamente ai piedi delle scale che portavano solo in quella torre, Dorcas non si era stupita poi granché. Il suo migliore amico la conosceva ormai bene, e doveva aver immaginato dove sarebbe andata a riflettere quel mattino in particolare, il primo compleanno che passava senza alcuna lettera del padre a tenerle compagnia.
 
Un anno prima, in quello stesso giorno, Ben l’aveva aspettata in sala grande, avevano fatto colazione insieme, erano andati ad Hogsmeade a fare un giro da Mielandia e poi dritti da Ab, che brontolando e grugnendo la propria disapprovazione le aveva fatto trovare un tortino con cioccolata fondente pronto per festeggiare. Tornando al castello, per le due del pomeriggio, era andata in camera e aveva trovato sul suo letto l’ennesimo regalo di suo padre, e una lettera legata ordinatamente alla zampina di Asterope.
 
<< Ciao, Dorcas >> la salutò con un sorriso dolcissimo la piccola Amelia.
 
Amelia aveva la sua età, ma per una qualche ragione non meglio identificata dimostrava decisamente qualche anno in meno. Non nel fisico: si, era piccolina, ma aveva il fisico di una donna e non più quello di una bambina. Erano quei sorrisi dolcissimi, gli occhi grandi e grigi e la risata allegra che pareva il trillo di una campanella.
 
<< Amelia >> ricambiò il sorriso con uno lievemente più chiuso la ragazza.
 
<< Ecco allora dove andavate a infilarvi voi due nelle gite ad Hogsmeade >> esclamò Hestia sedendosi accanto a Dorcas. Il tavolo in cui si erano seduti all’inizio lei e Ben, che prima pareva tanto grande, scompariva letteralmente se circondato da dieci persone << Me lo sono chiesta spesso, non vedendovi >>.
 
Dorcas diede in un sorriso piuttosto muto, e rivolse uno sguardo incolore all’amico.
 
<< Io e Dorcas non veniamo spesso a Hogsmeade, forse è per questo che non ci vedi mai. Per il resto delle volte, comunque, siamo qui >>.
 
Il ragazzo –che per Dorcas aveva chiaramente incisa a fuoco in fronte l’irritazione per dover passare la propria giornata con loro- era affiancato da una parte da Edgar Bones, e dall’altra da Caradoc Dearborn.
 
Sarebbe stata una giornata piuttosto lunga.
 
  




NOTE:
 
avevo promesso che avrei aggiornato L’amore ai tempi dell’odio, ma non ci sono riuscita. Dal momento che stava passando troppo tempo dall’aggiornamento di questa ff, invece, ho deciso di postare un nuovo capitolo.
L’aggiornamento dell’amore ai tempi dell’odio slitta a sabato prossimo, ma se ci riesco provo venerdì. Non prometto nulla. I P.o.V saranno, alla fine, Frank/James/Mary, Alice sarà in quello dopo.
Mi scuso per eventuali orrori di italiano in questo capitolo, spero di sentire qualche parere in più da parte vostra!
buona lettura!
Hir
 
   
 
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