Testo rivisitato e corretto. Spero che sia di vostro gradimento.
CAPITOLO
1
Una
settimana.
Ormai da una dannatissima settimana Ace si
trovava a bordo della Moby Dick.
Lui si riteneva un
prigioniero, senza catene ne lucchetti, però. Era
prigioniero
del suo istinto: una parte di lui gli diceva
“resta”, l’altra parte gli
intimava “scappa”.
Ace non sapeva che fare, era
disperato.
Sin dall’inizio
aveva cercato di far fuori Barbabianca: agguati, assalti notturni,
attacchi
infuocati grazie al Frutto che aveva mangiato.
Anche quel giorno ci
voleva
provare.
Il vecchio se ne stava seduto a parlare con i suoi cari figli
. Ace prese la rincorsa e, con
un’enorme ascia tra le mani, menò un terribile
fendente al collo indifeso del
vecchio, che non si girò neppure. Come al solito Ace fu
respinto da una forza
misteriosa e fu scaraventato in mare.
Di nuovo, per la centesima volta.
Anche
da sotto la superficie riuscì a distinguere le risate dei
pirati che lo
deridevano.
Si sentì un fallimento. Come aveva fatto quel padre che Ace odiava
così tanto a tener testa
al vecchio Barbabianca, quando lui nemmeno era riuscito a sfiorarlo con
un dito
utilizzando tutte le sue forze?
Ace affondava, e insieme al suo corpo
inerte affondava
anche la sua autostima.
Giù, giù, sempre
più giù.
Verso il fondale scuro e
opprimente.
La forte corrente marina lo afferrò e lo
sbatacchiò di qua e di là,
mandandolo a finire contro uno scoglio, poi contro un altro, e un altro
ancora.
Il ragazzo si sentì mancare e la vista gli si
annebbiò. Era ormai certo che
sarebbe morto, sarebbe affogato, lentamente ed
inesorabilmente.
Poi Ace
si
sentì afferrare per un braccio e tirare verso la superficie,
verso la vita.
Sentì una fitta terribile al petto e perse conoscenza.
Ace
si risvegliò nella sua stanza, disteso sul suo letto e
coperto da delle calde lenzuola. Aveva ancora i vestiti umidi,
ma non
aveva più
freddo.
Provò a mettersi seduto, ma un dolore lancinante
agli addominali lo
dissuase velocemente da quel proposito. In quel momento notò
che aveva il
torace fasciato da bende strette che impedivano i movimenti del busto,
costringendolo all’immobilità totale.
–Non muoverti- disse una voce al suo
fianco.
Ace voltò faticosamente la testa e si
ritrovò a fissare due occhi azzurri
così profondi da mozzargli il fiato per un istante.
Appartenevano ad una
ragazza bionda che doveva avere massimo un anno meno di lui ed era
seduta su
una sedia accanto al suo letto.
Indossava una camicetta leggera a
scacchi stile
cowboy, dei comodi calzoni di cuoio marroni e ai piedi calzava dei
morbidi
stivali in pelle.
Ace notò che aveva i vestiti leggermente
bagnati. Doveva
essere stata lei a tirarlo fuori dall’acqua.
-Che…
che è successo?- chiese il
ragazzo con voce stentorea.
-Hai battuto il petto sulle rocce del
fondale. La
lesione non è grave, ma ti consiglio di non alzarti dal
letto almeno fino a
domani. Nel frattempo cerca di dormire e di riposarti, ne hai bisogno-.
E così
dicendo uscì chiudendo delicatamente la porta.
Anche dopo
che la ragazza fu
uscita Ace continuò a tenere gli occhi fissi sulla porta,
sperando che
tornasse.
Aveva fissi in testa quei due occhi azzurro cielo che lo
avevano
incantato.
Chiedendosi chi fosse quella misteriosa ragazza si
addormentò
dolcemente, cullato dai suoi pensieri.
Ace
fu svegliato da Marco che veniva a portargli la cena.
Il
dolore al petto era cessato, ma non del tutto, e se tentava di alzarsi
le fitte
lo facevano crollare senza fiato. Tuttavia riuscì senza
troppe complicazioni a
mettersi seduto per mangiare, anche se di fame non ne aveva molta.
Marco si
sedette e lo guardò mangiare con calma.
–Allora,
Ace, hai avuto il piacere di
conoscere Umi- Era una costatazione, ma Ace si fermò
interdetto.
–Umi?- chiese
confuso.
Marco lo guardò e sorrise sotto ai baffi.
–Ma sì, la ragazza che ti ha
salvato dall’annegamento solo qualche ora fa-
Il
ragazzo si toccò le
fasciature.
–Umi… - mormorò sottovoce.
-In giapponese Umi vuol dire Mare, un
nome più che giusto per quella ragazza- continuò
Marco.
–Sai,- disse -lei raramente
parla con gli altri, neanche con i membri della ciurma. Solo a pochi
concede la
sua lealtà e prima di sceglierli li studia accuratamente,
per conoscerli
meglio. Prima che mi rivolgesse la parola sono dovuti trascorrere ben
tre
mesi!-
Mentre parlava, Marco sorrideva ampiamente.
–Con te
invece è stata più
diretta. Le sei piaciuto subito-
Ace arrossì un poco a
questa affermazione.
–Sono anni che Umi non sorride veramente, forse sei
l’unico che può restituirle
il sorriso…-
Così dicendo uscì dalla
stanza, lasciando Ace da solo.
Forse sei
l’unico che può restituirle il
sorriso…
Ripensando alle parole di Marco, Ace si
riaddormentò e sognò gli
azzurri occhi di Umi.
Ho già in mente un finale con colpo di scena e mi auguro che questo vi incuriosisca un poco.
Essendo la mia prima fic spero tanto che vi piaccia! Un enorme grazie a tutti quelli che la leggeranno!!!
Keyla