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Autore: __Stella Swan__    01/07/2012    1 recensioni
Il barista si bloccò davanti a me, fissandomi per qualche strano motivo. Forse per la maledetta somiglianza con le immagini della ragazza che avevano fatto vedere in televisione.
Tirai giù il cappuccio, continuando a bere la mia acqua tonica come se niente fosse. Rimassero tutti sbigottiti quando, al posto della chioma rossa che avevano descritto alla tv, videro un corto taglio corvino. Inarcai le labbra verso il barista, invitandolo a darmi altro da bere.
Meno male che avevo avuto la bella idea di cambiare un po’ il mio aspetto, prima di recarmi a Londra.
Non mi avrebbero trovata facilmente.
{Estratto dal Prologo}
Storia sospesa
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quarto giorno: dalla Tower of London al Buckingham Palace.


Per il quarto giorno consecutivo c’era il sole. Bisognava ammettere che la pioggia imperterrita di Londra era solo una leggenda: pioveva, certamente, ma non trecentosessantacinque giorni all’anno come si crede.
Controllai il cellulare, ma non avevo nuovi messaggi. L’ultimo era quello di Adam in cui mi augurava la buonanotte e alla quale non avevo risposto. Meglio tagliare subito ogni contatto con lui, avevo sbagliato lasciargli il mio numero.
Misi la parrucca che avevo preparato da parte ed anche le lenti a contatto, notando che i miei occhi sembravano più naturali: le sfumature del grigio si mescolavano perfettamente a quelle azzurre. Meglio così, almeno occhi vigili come quelli di Adam non avrebbero notato nulla di strano.
Mi vestii velocemente e mi preparai per andare a colazione, sistemando la parrucca mentre aprivo la porta. Davanti a me c’era una domestica che stava per bussare e, non appena vidi ciò che stessi facendo, si bloccò con sguardo interrogativo.
Le sorrisi timidamente, inventando una scusa sul momento. «Oggi devo uscire con una mia amica e fingere di essere un’altra persona. Sa, deve fare uno scherzo ad un suo amico per vendicarsi di una piccola marachella di qualche settimana fa», dissi ridacchiando.
La donna abbozzò un sorriso. «Sta lasciando la camera?», chiese.
«Vado a far colazione poi torno su a lavarmi i denti».
Annuì a labbra strette. «Va bene, allora sistemerò tutto più tardi», e se ne andò nella camera successiva.
Andai nel bar al piano terra: il bancone era in legno marrone scuro, in tinta con le sedie in pelle disposte l’una accanto all’altra. Mi sedetti su una qualsiasi, intanto ero l’unica, ed ordinai un semplice cappuccino con un croissant ai frutti di bosco, una colazione leggera. Erano quasi le undici e mezza, per quel motivo non c’era già più nessuno in hotel: erano tutti usciti per non perdere nemmeno un minuto per visitare la città.
Salii in camera e mi lavai velocemente i denti, tornando poi al piano terra, pronta per uscire. Sarei andata alla Tower of London, dato che non l’avevo mai visitata e me ne avevano parlato bene. Il concierge mi aprì la porta e lo ringraziai, ma mi bloccai ancora prima di metter piede fuori dall’hotel.
Davanti ai miei occhi, in piedi al centro della piazzetta di Leicester Square, c’era Adam.
Era poggiato con la schiena contro un albero, le mani in tasca, gli occhiali da sole sul naso. Si stava  guardando intorno, ma si era posizionato bene in modo da vedere chi uscisse dall’hotel.
Se uscissi io.
Forse si era presentato per chiedermi il motivo per cui non avevo più risposto ai messaggi. O semplicemente voleva vedermi.
Misi gli occhiali da sole a mia volta e feci un lungo sospiro, uscendo tranquillamente e puntando immediatamente alla metro. Vidi che mi seguì con lo sguardo per un po’, ma rimase fermo al suo posto. Non mi aveva riconosciuta conciata in quel modo, per fortuna.
Mi dispiaceva, ma non dovevamo più vederci.
Per quale motivo mi stava aspettando davanti all’entrata dell’hotel?
No, ti ho mentito, ma mi piacerebbe rivederti”.
A quanto pare era molto impaziente per presentarsi il mattino dopo.
Cercai di non pensarci, perciò controllai la cartina della metro per non sbagliare linea: da Piccadilly arrivai fino Embankment e poi presi la District line fino a Tower Hill.
Quando uscii dalla metro vidi immediatamente l’imponente mura della Tower: mi trovavo in una specie di piazzetta sollevata con una scultura metallica al centro, alle mie spalle una chiesetta moderna bianca e verde. Passai nel sottopassaggio nella quale c’erano alcuni negozi di souvenir ed attraversai la strada, avviandomi verso la biglietteria per poter entrare nella torre.
C’era una visita guidata, perciò decisi di unirmi a loro. Alcune persone avevano le radio con la traduzione simultanea nella loro lingua, altri avevano delle guide audio per poter girare liberamente.
Le prime tappe furono la Sir Thomas Tower e la Bloody Tower, chiamata in questo modo a causa della leggenda dell’uccisione dei “princeps in the tower”, i principi nella torre Edoardo V ed il fratello Riccardo, conti di Shaftesbury.
Seguono le visite alle sale delle torture, siccome la Tower of London era stata una prigione: tra i prigionieri più illustri ci sono Anna Bolena, Tommaso Moro e Maria Stuarda.
Uscii nel cortiletto e vidi alcuni corvi che zampettavano in cerca di cibo nel prato. Si narrava che se non ci fossero più stati i corvi nella Torre, la monarchia sarebbe caduta. Li osservai affascinata dai riflessi del sole sulle loro penne nero lucido, tanto che mi incantai ad osservarli.
Seguii il percorso fino al Waterloo Barracks, dove si trovavano i tesori della regina. Decisi di girare da sola l’intera torre: vi erano le armature dei principi, armi che utilizzavano nel Medioevo, cannoni, monete, oggetti comuni. C’era persino una sala dove si poteva provare a fare tiro con l’arco con una macchinetta, mentre in altre si poteva guardare una piccola storia della torre rappresentata da alcune immagini.
Proseguii per diverse sale, salendo per la torre e tornando ai piani inferiori. Una delle sale che mi interessò di più era degli stemmi delle famiglie reali: erano divise in base alla famiglia con i nomi dei discendenti che hanno regnato, data di salita al trono e di morte di ogni sovrano, fino ad Elisabetta II, con ancora una sola data incisa.
Arrivai poi alla sala in cui dovetti sgranarmi gli occhi: quella dove tenevano i tesori della regina.
Non avevo mai visto così tanto oro e gioielli preziosi in una sola stanza. Seguii il percorso stabilito rimanendo sui tapis roulant ed osservando attentamente tutte le corone che mi passavano sotto gli occhi.
Quando finii il giro all’interno della torre decisi che potevo andare in un pub per pranzo, siccome erano le due passate ed il mio stomaco cominciava a borbottare.
Prima, però, decisi di fermarmi a guardare il Tower Bridge, esattamente fuori dalle mura della Tower of London. Mi avvicinai alla ringhiera che separava il Tamigi dalla strada e mi soffermai ad osservare il ponte: avrei potuto fare un giro anche lì, siccome erano visitabili le due torri, e potevo passeggiare sulla passerella in cima al ponte.
Vidi che lì accanto c’era l’imbarco per poter fare il giro in barca sul fiume, perciò decisi che per tornare in centro avrei preso quello. Prima però, il pranzo.
Seguii lungo il fiume, fino ad arrivare al piccolo porticciolo dove c’erano le barche per i giri turistici sul Tamigi. Vidi il Vineyard Old Ale Port & Steak House, perciò decisi di entrare lì.
Guardai il menù e decisi di prendere un piatto di salmone e pesce spada con un po’ di vino bianco, lasciai la scelta al cameriere riguardo la marca. Non mi intendevo di vino, per cui mi fidavo del ragazzo che aveva preso l’ordinazione.
Mi osservai intorno e vidi numerosi turisti che chiacchieravano tra loro, mangiando cibi tradizionali inglesi come il fish and chips e anche cibi italiani. Il ragazzo tornò col mio ordine dopo una ventina di minuti e solo il profumo mi stuzzicò il naso. Insieme portò una bottiglia di Vermentino di Gallura, un vino italiano adatto al pesce in generale – parole del cameriere – dal colore paglierino.
Lo ringraziai e cominciai a mangiare, limitandomi a bere un paio di bicchieri di vino – non male, tra l’altro – osservando le persone che passavano fuori dal locale.
Era particolarmente tranquilla quella zona della città e mi piaceva molto. In più il panorama era spettacolare: tra la Tower of London ed il Tower Bridge, il Tamigi eccetera c’era da lustrarsi gli occhi.
Quando finii di mangiare il cameriere chiese se gradii il vino e lo ringraziai per l’ottima scelta. Uscii dal pub che erano le tre passate, per cui potevo visitare ancora per un po’ quella zona della città.
Camminai fino a trovarmi davanti al maestoso Tower Bridge: sui miei lati comparivano delle intricate lamiere blu che si innalzavano fino a poco più della metà delle due torri del ponte. I marciapiedi erano ampi, separati dalla strada da ringhiere azzurre. In quel momento i semafori erano verdi, siccome il ponte era chiuso; ogni tanto, quando dovevano passare delle navi, il ponte si alzava esattamente al centro, tra le due torri.
Quando arrivai alla prima torre vidi una cabina con scritto “Tower Bridge Exhibition”, probabilmente dove si compravano i biglietti per visitare il ponte, oppure si poteva continuare a passeggiare. Sorpassai la prima torre ed alzai gli occhi al cielo, vedendo due passerelle – una a destra ed una a sinistra – che collegavano le due torri.
Proseguii ancora fino ad arrivare oltre la seconda torre e mi voltai ad osservare di nuovo il ponte: era semplicemente magnifico. Decisi che avrei potuto visitarlo quel pomeriggio, per cui tornai indietro fino alla biglietteria e chiesi un biglietto.
Una donna che lavorava lì mi disse che per il momento era già partita una visita e per ora il limite dei visitatori era stato raggiunto, quindi avrei dovuto attendere un po’ di tempo – non ha saputo dirmi esattamente quanto – per poterlo visitare.
Le sorrisi comunque e dissi che non importava, che sarei tornata un’altra volta. A quel punto decisi di prendere la navetta che faceva il giro sul Tamigi e tornare in centro.
Tornai al Tower Millennium Pier e comprai un biglietto, attendendo la basca successiva. Aspettai circa una ventina di minuti ed infine salii insieme ad altre persone, andando a sedermi in alto, all’aperto, così avrei respirato un po’ di aria fresca e avrei potuto scattare qualche foto.
Durante il viaggio c’era una guida turistica che spiegava il significato e la storia di alcuni monumenti che si affacciavano sul fiume: la chiesa di Santo Magnus Martire, l’Hays Gallery, la torre della OXO, il Tate Modern e la colonna di Cleopatra, uno dei pochi monumenti egizi della città. Passammo anche sotto il London Bridge durante il percorso.
Arrivammo a Victoria, dove vidi subito la ruota panoramica ed il Parlamento che si affacciavano sul fiume. Avrei potuto continuare il mio giro turistico, ma volevo passeggiare ancora un po’ per le strade del centro.
Decisi di camminare fino al Buckingham Palace percorrendo la The Mall, la via principale che sbuca esattamente davanti al palazzo reale. Era una via in cui passavano anche le macchine era costeggiata da giardini immensi, tra cui il Saint James’s Park. Gli alberi creavano un po’ di ombra sulla strada, per cui si stava bene e l’aria profumava di natura.
Arrivai fino davanti alla statua in memoria della regina Victoria e mi avvicinai al cancello del palazzo reale. Intravidi le guardie, dietro i cancelli, che cambiavano posizione in modo rigoroso, col passo militare. Le guardie erano vestite con pantaloni neri, giacca rossa e bianca, un capello alto sempre nero, con una catena dorata che arrivava poco sotto le labbra ed il fucile nella mano destra, poggiato al braccio e alla spalla. Erano rigorosamente immobili, come delle statue, davanti alla loro cabina.
Il palazzo era visitabile, ma solamente nei periodi in cui la famiglia reale si trovava a Windsor, nel Berkshire, la residenza estiva dei reali.
Feci un sospiro e tornai sui miei passi, ripercorrendo la The Mall ed arrivando fino alla metro a Charing Cross, prendendo la Bakerloo Line fino alla fermata successiva, Piccadilly Circus.
Stavo per tornare all’hotel, quando decisi di fare ancora un salto a vedere casa mia. Tenni una mano sulla borsa e camminai lungo la Piccadilly Street, fino ad arrivare davanti alla Sackville Street. Non mi avvicinai di nuovo perché intanto vidi le solite due guardie appostate davanti al portone della casa. Non c’era Adam, ma il compagno che era con lui i giorni precedenti ed uno adulto che non avevo mai visto.
Sospirai e rimasi a fissarli per qualche minuto, prima di decidermi di tornare in hotel e farmi un bel bagno caldo.
Chissà se il vampiro che avevo ucciso il giorno prima era ancora in carne ed ossa o si era già dissolto in polvere. Non ne avevo sentito parlar molto in giro, quindi è probabile che abbiano preferito tacere su questa strana morte-suicidio. L’importante, soprattutto, era che se avessero sospettato di omicidio non avrebbero puntato subito il dito contro me. A parte che mi ero assicurata in ogni minimo dettaglio che non risalissero a camera mia e al mio nome, quindi potevo evitar di preoccuparmi e stare tranquilla.
Arrivai davanti all’hotel e sentii vibrare il telefono. Vidi comparire il nome di Adam e mi irrigidii. Non potevo rispondere, che cosa gli avrei detto? Che non avevo più risposto perché era meglio evitare di tenerci in contatto data la mia discendenza? Mettere giù avrebbe solo accentuato la sua curiosità e avrebbe capito che non mi andava di parlare con lui, quindi scelsi diplomaticamente di ritirare il telefono nella borsa e lasciarlo vibrare fino a quando non avrebbe smesso di chiamarmi.
Il concierge mi aprì la porta e lo ringraziai, puntando subito alla mia stanza. Solo quando mi lasciai cadere sul letto mi resi conto di quanto fossi stanca. Avevo camminato tutto il giorno, era più che normale. Non avevo nemmeno fame, dato che avevo pranzato alle tre di pomeriggio ed erano soltanto le sei e mezza. Se mai lo stomaco avesse reclamato cibo, sarei potuta andare in qualsiasi pub nella zona per uno spuntino.
Cercai stancamente il cellulare nella borsa e vidi che Adam aveva provato a chiamarmi due volte, ma non aveva mandato nessun messaggio. Magari si era arreso. O almeno, lo speravo.
  
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