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Autore: CaskaLangley    16/01/2007    22 recensioni
Il dolore di credere... (Cloud/Aeris/Tifa)- non so perché, si era perso il secondo capitolo, su Aeris...ecclo)
Genere: Drammatico, Romantico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VI Cloud

VI
Cloud

Act 6.1_listen closely because I'll keep screaming until you understand

Ok, sto cominciando a convincermi del fatto mi verranno serissimi problemi d’identità sessuale.

Va bene, passo tre quarti della mia giornata davanti allo specchio e già per alcuni questo sarebbe un chiaro sintomo della cosa, ma sulla faccenda ho un’ottima scusante: sono bellissimo. Chiunque si guarderebbe di continuo se fosse bello come me.
Ora, il mio reale problema sono le mie amicizie.

Le persone alle quali sono in assoluto più unito sono due donne, nella fattispecie una piccola bomboniera rosa e una ex-femme fatale il cui abbigliamento ricorda spesso quello di una sobria mistress bdsm.

Io con loro parlo di tutto o quasi, il problema è che spesso e volentieri quel tutto o quasi diventa Bruce Willis. O Nicole Kidman a cui gli occhiali donano. E a proposito di cose che donano, ma l’hai visto quant’è grazioso quel completino color porpora in vetrina da M’s? Secondo me ti starebbe una favola!

Adesso, io voglio tanto bene a quella ragazze, ma ogni tanto ho questa fame dirompente di virilità che mi porta qui, a ingurgitare birra insieme a Barrett e Cid, facendo una gara di rutti in old-fashoned way mentre in televisione Denzel Washington si butta da un grattacielo in fiamme con un mitra tra i denti.

Alla fine, quando ubriaco come un barbone Cid si addormenta con la faccia sul tavolino dove abbiamo appoggiato per tutta la sera gli stivali sporchi di fango e gli involucri del ristorante cinese, mi abbasso a chiedere aiuto a Barrett.

"Sai che cos’ha Tifa ultimamente?"

Lui grugnisce qualcosa e mi guarda come se si aspettasse che da un momento all’altro mi metta a suonare una trombetta e lanciare stelle filanti. Poi capisce che sono serio.

"Senti, bello, non farmi dire cose di cui mi potrei pentire."

"Palle, tu non ti penti mai d’un cazzo."

"Mi pento eccome, se mi ci fanno pentire, e Tifa è una che ti ci fa pentire."

"Quindi sai qualcosa?"

Barrett afferra una bottiglia di birra, ma la fa cadere sul pavimento quando si accorge che è vuota.

"Se so qualcosa io, tu la sai da due settimane prima, almeno. Non ho niente di nuovo da dirti."

"Ma non so, è Aeris che insiste con questa storia…" accavallo le gambe e mi metto una mano sotto il mento, in modo da sembrare un affascinante pensatore, poi mi rendo conto che sto buttando una posa fantastica per un negrone alto due metri e mezzo e torno a sedermi come un comune mortale "All’inizio non ci ho fatto troppo caso, poi ha cominciato a ripeterlo un po’ troppo spesso, e così…scoccia ammetterlo, ma di solito le capisce, le persone. Non vorrei essermi perso qualcosa io."

"Tu ti sei perso una buona metà della tua vita almeno, Cloud."

"Grazie. Io coglione che ti chiedo una cosa. Guarda che se ti consola io non è che sia qui perché mi fido immensamente nella tua capacità di leggere l’animo umano, sai? E’ solo perché se Tifa si confida con qualcuno che non siamo io ed Aeris, quel qualcuno sei tu."

"Grazie del pensiero, ma non so un bel cazzo di niente. E se anche lo sapessi non tradirei la fiducia di Tifa raccontandoti tutto, quindi mi dispiace, ma non hai spazzatura da cui mangiare, qui."

"Le tue metafore sono disgustose."

"Capirai quanto me ne fotte, piccolo lord."

Affondo la schiena e la testa nel divano scassato, che dopo un ora che ci stai seduto o ti ha risucchiato, o ti ha spaccato le ossa. Comincio a credere che sotto a questi cuscini ci sia un universo parallelo, o magari alternativo, dove io sono un eroe stragnocco con qualche arma cool che lotta con un passato tormentato, e mentre salva la terra ha anche l’imbarazzo della scelta sulla figa da farsi prima della fine della sua avventura.

"Ehy, Barrett…"

"Cosa?"

"…Aeris ha detto che aveva dei lividi."

E’ come un orso che si risveglia dal letargo.

"CHE CAZZO DI COSA?!"

"Che cazzo ne so, lo sto chiedendo a te!"

"Sei tu che abiti a cinque metri da casa sua, merda umana, che cosa cazzo fai invece di controllarla, porca merda?!"

"Non lo so, vivo?"

"Ma cos’è sta storia, lei cos’ha detto?"

"Non so, Aeris era tutta agitata, sai come si spiega lei…ho capito che l’ha vista, sembrava che qualcuno l’avesse picchiata."

"Che COSA?!"

"Pianta di chiedermi cose, ti ho detto che non ne so niente."

"E te ne stai qui calmo e tranquillo, figlio di puttana!"

"Non sono qui calmo e tranquillo, solo che Aeris mi ha trattenuto dal sfondare la porta e chiederle che cosa fosse successo!"

"Beh, non avresti dovuto lasciarti trattenere!"

"Sì, così se la prendeva con lei!"

"Ma chi cazzo se ne frega di chi se la prende con chi! Che cazzo ha detto ad Aeris, che cosa?"

"Che non se ne era nemmeno accorta, e che deve esserle uscito qualche livido dopo un combattimento al dojo, ma che cazzo, fa arti marziali, non box da strada."

"Fanculo, adesso la chiamo."

"Starà lavorando, e poi lo sai com’è fatta, se la aggredisci finisce che non ti dice più niente."

"Sei bello freddo, stronzo che non sei altro. Adesso che hai la ragazza hai messo la testa a posto?"

"…stai forse insinuando qualcosa che non colgo?"

"Vaffanculo."

"Guarda che io tengo a Tifa più che chiunque altro al mondo, pezzo di merda."

"Allora perché non ti sei messo direttamente con lei?"

Ci guardiamo per un attimo, ma siccome lui non è di sicuro un bel vedere mi giro dall’altra parte, come un bambino offeso.

Che cosa vuole capire Barrett di me? Che cosa vuole capire di noi?

La storia tra me e Tifa è stata strana, è vero, in un certo senso tormentata, ma è passata.

E’ qualcosa che è andato, e non può essere recuperato, ma questo non significa che non la ami.

La amo, esattamente quanto amo Aeris.

E no, non è la solita stronzata è paracula del le amo in modo diverso, è semplicemente così.

Chi è questo stronzo, questo elefante nero, questo corvo soprappeso, per venire a ridurre la faccenda ad una ridicola questione di chi si è messo con chi? Che cosa abbiamo, dodici anni?

Prendo una bottiglia di birra e bevo tanto che quasi mi strozzo.

Domani che Aeris non c’è sfoderò la porta e chiederò a Tifa cos’è successo, dovessi picchiarla per avere una risposta.

Act 6.2_I'm going to try not to go astray anymore

Inutile dire che l’idea di picchiarla era del tutto sfumata nel momento in cui Tifa gli aveva aperto la porta di sua iniziativa e lo aveva guardato come se fosse stato un molestatore di bambini, o qualcosa del genere.

"…che c’è?"

Tifa non rispose e rientrò in casa, ma non lo chiuse fuori, che era già qualcosa. Se era davvero incazzata di solito lo faceva, e poi saliva al piano di sopra per boicottare i suoi tentativi di arrampicarsi lungo la grondaia ed entrare dalla finestra. Sì, di solito chiudere le ante bastava, ma ricordava che una volta l’aveva fatta litigare col suo ragazzo, e quella volta lo aveva minacciato con una padellata d’olio bollente.

"Ehy, stronza, ti ho chiesto che cazzo hai!"

Tifa gli gridò dalla cucina: "Non ho niente di niente!"

Lui sbuffò e la raggiunse. La odiava quando faceva così, sembrava sua madre.

"Che ti ho fatto oggi?"

"Questa mattina ti aspettavo per studiare!"

"…che?"

"Vai al diavolo, Cloud, guarda, vai al diavolo! Se vuoi buttare nel cesso la tua vita, beh, fai un po’ quello che vuoi, ANZI!, ma cosa sto a preoccuparmi a fare, io? Se non interessa a te, a chi dovrebbe interessare?!"

Cloud si appoggiò al tavolo e rimase diligentemente ad ascoltarla mentre gli ripeteva più o meno le stesse cose di sempre: che non aveva aspirazioni, che non aveva iniziativa, che non portava mai niente a termine, che un giorno, quando l’essere un biondo aitante con gli occhi blu sarebbe passato in secondo piano perché sarebbe diventato vecchio, flaccido e pigro, avrebbe rimpianto la sua totale inattività, e si sarebbe ripetuto che Tifa aveva ragione fino alla morte.

Lui la lasciò finire, poi le disse con calma: "Sì, però non dovevamo vederci oggi."

Tifa esitò, prima di rispondere: "…tu sei scemo."

"No, sei scema tu. Oggi non è martedì?"

"E’ mercoledì."

"Dreeeen."

Tifa lo guardò per un po’, poi si mise una mano sulla fronte e sospirò.

Cloud scosse la testa: "Tu farai sfiorire la mia bellezza, Tifa."

"Ho bisogno di un caffè. Vuoi?"

"Voglio" poi le si avvicinò, le mise le mani sulle spalle e scuotendo la testa disse: "Tifa, Tifa, Tifa. Te l’avevo detto che la cannabis può sembrare uno sballo all’inizio, ma col tempo causa un sacco di danni al cervello."

Tifa si staccò bruscamente da lui e tolse il filtro dalla macchina del caffè: "Non guadagno abbastanza per pagarmi la cannabis."

"Davo per scontato che te la offrissero i tuoi amanti."

"Quali amanti?"

"I tuoi dieci milioni di amanti. La conosciamo tutti la tua reputazione…"

"Del tutto immotivata."

"Hai l’aspetto da troia, chi se ne frega con quanti uomini sei stata a letto?" poi si alzò di colpo perché la sentì urlare. Corse da lei, spaventato, e quando le arrivò accanto vide che si era schiacciata il dito sbattendo il filtro per buttare il caffè rimastovi.

Le prese la mano, senza pensarci, e si mise il dito in bocca.

Tifa si limitò a guardarlo con gli occhi a palla.

Lui rimase così per un po’, poi glielo tirò fuori, gli diede un bacino e le disse: "Ecco, come nuovo."

Tifa sembrava offesa: "Non è vero, fa ancora male."

"Allora ridammelo."

Tifa lo guardò diffidente e fece scorrere l’acqua. Cloud svuotò il filtro al posto suo, mise dell’altro caffè e lo agganciò alla macchina. Tifa si appoggiò contro il lavandino e rimase in silenzio.

"…ehy…?"

"Mh?"

"C’è qualcosa che non va?"

Tifa scosse la testa, ma non era da lei non fornire ulteriori spiegazioni.

Cloud insistette: "Mh?"

"Niente, ho detto."

"Mh, mh, mh?"

"Smettilaaa…"

"Mmmmh?"

"Sono solo un po’ sopra pensiero, ok?"

"Come mai?"

"Sai, Cloud, è un concetto difficile da spiegare a te, ma esiste una cosa chiamata vita, e in questa cosa ci sono delle altre cose chiamate doveri, e a volte queste cose ti danno da pensare."

"Sei caduta dalle scale, o qualcosa del genere?"

Tifa scosse leggermente la testa strizzando gli occhi: "Cosa? Cloud, contestualizza, quante volte te l’ho detto?"

"Aeris ha detto che eri piena di lividi" le disse bruscamente "Cosa ti sei fatta?"

Tifa accese la macchinetta del caffè e questa cominciò a fare rumore.

"Aeris esagera sempre."

"Fammi vedere."

"Come, scusa?"

Cloud era ormai entrato nella modalità non so che cosa cazzo sto facendo, ma comunque vada sarà un successo e Tifa avrebbe dovuto capirlo, ma sembrava comunque scossa. Questo lo fece impuntare ulteriormente.

"Voglio vedere, così lo decido io se Aeris esagera o no."

Tifa cercò di ignorarlo e spegnere la macchinetta, ma Cloud la bloccò contro al mobile.

"Muoviti, non fare la testarda con me."

"Che cosa vuoi esattamente, che mi spogli? Sei a corto di carne, Aeris è troppo impegnata ad inventarsi storie per soddisfarti?"

Cloud allentò per un attimo la presa e Tifa riuscì ad allungare un braccio per fermare la macchina.

"Ecco. Mi hai fatto versare il caffè" disse con troppo risentimento.

"Non me ne frega un cazzo del caffè."

"E di che cosa ti frega, Cloud Strife?" gli domandò a denti stretti.

Cloud non riusciva a comprendere le ragioni di tutto quell’astio e sperava che smettesse presto, perché si conosceva abbastanza bene da sapere che non sarebbe stato lui il primo a fermarsi, e doveva saperlo anche lei.

"Mi frega di te. Che cosa ti sei fatta?"

"Non mi sono fatta niente!" strillò guardando il soffitto, come chiedendo aiuto al Signore per non picchiarlo. Ma era Cloud quello che chiedeva aiuto per non stritolarla, aprire la sua maledetta testa dura e frugarti dentro.

"E te la prendi così per una cosa che non esiste, certo!"

"Me la prendo perché sei pazzo e perché devi scusarmi se non mi va di denudarmi davanti a te! Vai al diavolo, Cloud. Oggi sei fuori di testa."

"Sei tu che mi hai accolto sostenendo che fosse mercoledì."

"Tu non stai sostenendo niente di infondato, invece, assolutamente."

Cloud trattenne a stento il respiro e disse, cercando di restare calmo: "Se non mi fai vedere conto fino al tre e ti spoglio io, poi come va, va."

Tifa, assurdamente, arrossì e provò ad arretrare, ma naturalmente era già schiacciata contro al mobile.

"Cosa vuol dire come va, va?!"

Cloud non appose ulteriori specificazioni, afferrò la sua camicia e cominciò a sbottonarla. Tifa gli schiaffeggiò le mani, ma lui continuò. Quando capì che era assolutamente serio gridò: "Va bene, va bene, va bene!"

Cloud si allontanò e cominciò a guardarla come se lei le dovesse qualcosa. Tifa abbassò la testa e gli fece presente che se la fissava non rendeva le cose più distese.

"Capirai, ti ho già vista nuda."

"Mi hai visto semi nuda, ed è stato quasi dieci anni fa" borbottò, poi scosse la testa "Accidenti a te, Cloud, si fa prima a mettertelo nel culo che in testa…"

Cloud scrollò le spalle ed entrambi tacquero.

Poi, lentamente, Tifa si aprì la camicetta fin sotto al seno. La abbassò, scoprendosi le spalle.

Cloud trattenne un sospiro contemplativo davanti alle sue grazie e Tifa domandò, con gli occhi al soffitto: "Questo appaga la tua perversione? Vuoi fare qualche foto e spruzzarmi col luminol?"

Cloud rimase serio e disse, con la voce che, si accorse, gli tremava leggermente: "Fammi vedere la pancia."

Tifa sbuffò e lo fece contento.

Cloud chiuse e riaprì gli occhi qualche volta. Si accorse di aver ricominciato a respirare.

"Ok. C’erano da fare tutto quelle storie?"

Tifa si chiuse frettolosamente la camicia, mancando alcuni bottoni e appaiandone altri con l’asola sbagliata, e lo guardò imbarazzata, ma soprattutto con astio: "Adesso vattene prima che ti versi il caffè in testa. E non provare a salire dalla grondaia."

Cloud sospirò, scuotendo la testa: "Tifa, Tifa, capisco che il mio fascino abbia reso dal tuo punto di vista la situazione particolarmente erotica, ma tutta questa fretta di restare sola è così poco di classe…"

"Il caffè è ancora caldo, Cloud."

"Ho capito, ho capito. Per sta sera devo prendere qualcosa io o ci pensi tu?"

"Cloud."

"Ok, ti telefono dopo."

"Sta sera esco."

"Dove vai?"

Tifa prese un profondo respirò e disse, minacciosa: "CAFFE’."

Cloud alzò le braccia e se ne andò.

Camminò lentamente fino a casa, e solo quando si chiuse la porta alle spalle e si buttò sul letto si rese conto, non solo che probabilmente il caffè si sarebbe raffreddato a contatto con la sua testa, ma anche che lo aveva avuto duro da molto prima che lei si spogliasse.

Act 6.3_don’t look up, the the sky is falling

"Prima che tu lo venga a sapere in modo compromettente da terze vie, ho visto le tette di Tifa."

A differenza di quanto si sarebbe aspettato, l’unica reazione di Aeris fu aggrottare leggermente la sopracciglia.

"Aspetta. Suona molto peggio di quando l’ho pensata, davvero, aspetta che riformulo."

Aeris continuava a guardarlo confusa.

"Allora, detta in un altro modo io…ho visto le tette di Tifa, che cazzo, non posso dirla in tanti modi…"

"Cloud…" cominciò Aeris, con calma.

"Non chiedermi di rispiegartelo, ci sto pensando."

"Cloud, respira…" gli mise una mano sul cuore "Quante volte ti dobbiamo dire che devi contestualizzare…?"

"Oggi pomeriggio. A casa di Tifa. Faceva la testarda sulla storia dei lividi e allora l’ho fatta spogliare."

Aeris spalancò platealmente gli occhi, mentre Cloud continuò a guardarla con l’aria decisa ma sufficiente di chi è convinto di aver detto la cosa più ovvia del mondo.

"Non tutta, in effetti non sarebbe nemmeno corretto dire che le ho visto le tette, le ho visto piuttosto il reggiseno."

Aeris, all’improvviso, sembrò capire ogni cosa. Fece un saltello su posto e cominciò a sbattersi animatamente le mani contro alle cosce.

"Oh, CLOUD!!"

"Guarda che non è niente di che, e poi le tette di Tifa le avevo già viste, sai che mi cambia!"

Lei fece un gridolino e lo picchiò: "Oooh, non per quello, puoi guadare tutte le tette che vuoi per quel che mi riguarda!"

"Tu se una ragazza meravigliosa…"

"Ce l’ho con te perché sei andato a spifferare tutto a Tifa!!"

"Spifferare è un verbo che sottintende un atteggiamento furtivo e tatto, non è vero..?"

"Adesso sarà arrabbiata con me!" piagnucolò sconsolata. Cloud scosse la testa e le sistemò amorevolmente la frangia: "tranquilla, al momento ce l’ha così tanto con me, che prima di ricordarsi che ce l’ha anche con te passerà qualche giorno."

Quella era la frase con cui pretendeva di consolarla.

Aeris continuò a guardarlo con occhioni in bilico tra la collera e le lacrime, finché non si sedette sul letto e proclamò: "Ti odio."

"Tanto per cambiare."

"…ti ha almeno detto qualcosa…?"

"No. Chissà perché non era molto ben disposta."

Aeris fece un sospiro rassegnato, fissandolo.

"So solo…" riprese Cloud, nel tentativo di riscattarsi "che stasera ha un appuntamento, ma non mi ha detto altro. E’ anche venuta a dirmi di non seguirla, chissà poi come mai."

Aeris scrollò le spalle: "Uscirà con un ragazzo…"

E glielo aveva detto così, come se fosse una cosa normale!

Cloud fece una risata nervosa: "No, non credo proprio, andrà da qualche parte con qualche collega prima del lavoro."

Aeris rimaneva tranquilla, addirittura poco interessata: "Ma figurati, le vede comunque tutte le sere…se si vede con qualcuno meglio per lei, forse sono io che ho ingigantito la questione, magari si è davvero fatta male in palestra…"

"No, ferma, ferma" si piccò Cloud "Non è possibile che Tifa esca con un uomo, gli uomini di Tifa sono l’argomento fisso del giovedì, ce ne avrebbe parlato."

"Allora ce ne parlerà giovedì, no?"

La sua capacità di essere così chiara ed elementare, a volte, era odiosa. Doveva pensare un po’ più male delle persone; quanto inutile dispendio di fiducia!

"E se quell’uomo la picchia?"

"Vediamo come sta domani e se caso le parliamo" si corresse "O le parlo io, che è meglio."

Glielo aveva detto con un tono talmente accusatorio che Cloud mise il muso e si sedette sul letto accanto a lei. Ma cosa si permetteva di parlare, poi? Sarà stata anche più sensibile che lui, ma in quanto al prendere le cose alla larga non le avrebbero dato esattamente un master.

"Se qualcuno la tocca, io quel qualcuno lo ammazzo, non ci penso mezzo secondo."

Aeris sospirò: "Sì, Cloud, lo sappiamo bene che non ci pensi mezzo secondo …"

"Che vuoi dire, scusa?"

Aeris scosse la testa e si sedette sulle sue ginocchia.

"Piuttosto, tu come stai? Ti stai preparando per quell’esame?"

"Che esame?"

"Boh, un esame."

"Ma quale? Teoricamente ne avrei due, uno di psicologia dello sviluppo e uno di biochimica."

"Non so, uno dei due…"

Cloud rise: "Quanto sei ignorante, non ti ricordi il nome di una materia, per forza che non sei andata all’università!"

Aeris spalancò gli occhi, e ferita come non l’aveva mai vista si era alzata, aveva preso il cappotto ed era uscita. Cloud ci era rimasto di sasso. Non aveva mai fatto così, nella maniera più assoluta.

Spaventato, come lo spaventavano tutte le novità, si alzò e le corse dietro. Aeris, che vedeva di spalle, sembrava assolutamente decisa ad uscire da Nibelheim. La chiamò, ma lei non si girò. La chiamò ancora e questa volta lei gridò: "Vai al diavolo!"

Cloud aumentò il passo e la raggiunse. Fortunatamente, nemmeno se avesse avuto una bicicletta Aeris sarebbe stata più veloce di lui, e questo non perché lui fosse particolarmente atletico (anche se lo era), ma perché dopo un metro lei sarebbe caduta, o le si sarebbe impigliata la gonna nei raggi, o qualcosa del genere.

La afferrò per un braccio e lei si voltò, con gli occhi pieni di lacrime e rabbia.

Cloud rise: "Ae, dai, stavo scherzando!"

Lei, chissà perché, non rise affatto. Non si era ancora messa il cappotto e nonostante non facesse molto freddo si vedeva bene che aveva la pelle d’oca alle spalle. Cloud cercò di prenderle l’indumento e coprirla, ma lei glielo strappò malamente e gridò: "Tu sai benissimo perché non sono andata all’università!"

"Ma sì che lo so, infatti stavo solo…"

"Scusa se quell’anno il mio ragazzo era morto e non ero esattamente in grado di concentrarmi! Scusa se mie madre stava male e non avevamo soldi! Scusami davvero tanto, Cloud, scusami dal profondo del cuore!"

Aeris si placò, all’improvviso, e cominciò a piangere, strofinandosi gli occhi come una bambina.

Cloud ancora non capiva che cosa avesse fatto di male per scatenare quella specie di catastrofe, ma aveva imparato da tempo che con le donne seguire la logica è la cosa meno logica da fare, perché tanto in linea di massima una volta che si sono sfogate poi rinsaviscono.

E detta così poteva suonare brutta, ma era una cosa a cui Cloud pensava con molto affetto.

Ammirava molto questa caratteristica delle donne.

Il fatto che dicano sempre tutto, spesso anche troppo, ma che le cose davvero importanti, quelle piccole, e semplici, rimangano nascoste.

La abbracciò: "Scusami, piccola."

Aeris allora lo abbracciò a sua volta e cominciò a piangere più forte.

"Sono stufa che mi trattiate da stupida" singhiozzò "Sono stanca, stanchissima, di non essere abbastanza intelligente per stare voi!"

Cloud alzò gli occhi al cielo. Fortuna che lei non poteva vederlo. Le accarezzò la schiena e sospirò.

"Adesso sì che fai la stupida. Nessuno ha detto che non sei abbastanza intelligente…"

Aeris si separò da lui, offesa, e con la faccia rossa e gonfia per il pianto si lagnò: "Ma se me lo dite sempre!"

"Ma scherziamo, santo cielo…mettiti qualcosa addosso, che prendi freddo."

"Ti odio. Sei cattivo."

Cloud guardò il cielo e porse una mano. Poi tornò a guardare lei.

"Ae, tesoro, mi hai sputato addosso o comincia a piovere?"

"Ti sputerei volentieri addosso, se non fossi una signora."

Cloud cercò di prenderla per mano, ma lei sgattaiolò ancora via. Lui sbuffò.

"Aeris, dai, continua a tenermi il muso in casa, mi sono appena lavato i capelli, non ci tengo a fare il bis, e poi mi diventano mossi..."

"Questo è Zack che ti punisce dal cielo!"

Cloud sospirò, scuotendo la testa: "Non credo che Zack piscerebbe in testa a qualcuno per una cosa del genere…"

"Lui mi protegge dalla tua cattiveria."

Quel discorso stava andando decisamente oltre. Cloud la afferrò per il polso e questa volta lei non si ritrasse. Le prese il cappotto, glielo mise sulle spalle e le tirò anche su il cappuccio, in modo che non si bagnasse la testa.

"Ti ho chiesto scusa. Adesso dì a Zack di smetterla."

Aeris ci pensò un po’ sì, poi si strinse il cappuccio con entrambe le mani, e guardando in alto disse: "Ok, Zack, basta così, non far piovere, altrimenti si deve rilavare i capelli e sai che tragedie…"

Aspettarono un attimo in silenzio, ma le goccioline si fecero solo più fitte. Poi, il cielo cominciò a roboare in lontananza, dietro le montagne.

Cloud fece una smorfia: "Secondo me era qualcuno che puniva qualcun altro, tu l’hai fatto sentire svalutato e adesso ci becchiamo il temporale."

"Ti dico che è Zack."

"Ah, sì? E che prove hai?"

"Che lo so."

"Beh, se lo sai…"

Aeris allargò le braccia e chiuse gli occhi. Alzò il viso, e le goccioline cominciarono a cadere veloci sulla sua pelle rosea. Cloud rise e la asciugò con una mano.

"Dai, che comincio ad avere freddo."

"E’ colpa tua che hai solo maglie senza maniche, stupido."

"Non mi sono fatto i muscoli per nasconderli, non credi?"

Aeris abbassò il viso e piegò la testa di lato.

"Zack deve essere arrabbiato" constatò.

"Come mai?"

Lei scosse la testa: "Non lo so."

In qual momento, la porta della casa di Tifa si aprì e lei uscì.

Cloud la fissò com’era abituato a fare da una vita, ossia guardandola per mezzo secondo e registrando tuttavia ogni più piccolo particolare del suo abbigliamento.

Portava un abitino corto, nero e a balze, quasi sobrio, se non fosse stato per il tulle che sollevava in modo provocante la gonna e il corsetto di stoffa che le stringeva la vita, mettendo ancora più in mostra i seni bianchi che sbocciavano dalla scollatura. I consueti stivali coi tacchi a spillo da dominatrice sadomaso e il giubbottino di pelle completavano l’opera dando ancora una volta la piena idea della sua assoluta eleganza e finezza. Se non fosse bastato il fatto che nemmeno succhiando una salsiccia sarebbe potuta essere più esplicita, aveva anche i capelli sciolti, il che poteva significare una cosa soltanto: Aeris aveva maledettamente ragione, usciva con un uomo.

Tifa aveva un fottuto appuntamento del cazzo e non gli aveva detto niente.

Aeris, sempre tenendosi il cappuccio come se rischiasse di scappare, corse da lei, che stava aprendo l’ombrello.

"Tifa!" saltellò "Quanto sei bella, ti darei volentieri una botta anch’io!"

"Non capisco perché il modo migliore di fare un complimento a una donna è farle capire che sembra una puttana, ma se le dici esplicitamente che sembra una puttana si offende" borbottò Cloud.

Aeris non gli badò ed abbracciò spassionatamente Tifa, ma subito dopo temette di sciuparle il trucco o l’acconciatura, e si allontanò cautamente.

"Tifa Tifa Tifa scusami tantissimo se questo idiota ti ha dato fastidio per colpa delle mie fantasticherie!"

Tifa cominciava adesso a rendersi conto delle cose e chiese stupita: "Ma che ci fate qui fuori?"

"Prima è scappata, poi ha blaterato qualcosa sull’università, poi ha detto che Zack mi stava pisciando in testa per punizione e adesso Zack è arrabbiato. Il tutto in ordine cronologico" spiegò Cloud, avvicinandosi ad Aeris e cercando di ripararsi sotto il suo cappuccio, cosa chiaramente inutile, visto che ovviamente non ci entrava, così passò sotto l’ombrello di Tifa che continuava a guardarlo bieca.

"Non è che mi stavi facendo un’imboscata, vero?"

"Sei un’egocentrica. Non m’interessa seguirti, e poi sono affari propri come ci si guadagna il pane, per me puoi andare a prostituirti dove vuoi."

Aeris si mise in mezzo: "Esci con qualcuno, Tiff? Brava, brava, dalla via un po’, che sennò fa le ragnatele!"

Cloud era sconvolto dal giubilo con cui la sua candida ragazza poteva dire certe cose.

Tifa fece una smorfia: "Temo che non la darò via proprio a nessuno, se ritardo ancora un po’…"

"Ok, allora ci vediamo domani e mi racconti tutto, ok? E scusami ancora per oggi, davvero, non farò più parlare la mia bocca larga con questo stupido, promesso!"

Tifa le sorrise, ma continuò a non muoversi.

Cloud cercò di svegliarla: "Ti ha congedato, Tiff, hai il permesso di andartene."

"Voi che fate? Restate a prendere l’acqua?"

"Zack potrebbe arrabbiarsi se non subiamo la sua collera" disse Cloud, facendo spallucce. Aspettò, ma lei continuava a non muoversi.

Disse: "E’ meglio se rientrate, prenderete freddo."

"Prenderai freddo anche tu, se non ti affretti" insistette Cloud, sorridendo quasi sadicamente.

Tifa gli rivolse uno sguardo infuriato che non aveva bisogno di spiegazioni.

Cloud sospirò: "Andiamo, Aeris, non vuole farci vedere che in realtà è una groupie dei Sex Pistols e sta andando a un loro concerto. Lo vuoi il lucchetto che portavo nel mio periodo punk?"

"Vai al diavolo e torna a casa, che se ti ammali poi ti devo curare io" rispose Tifa nervosamente.

Cloud cinse la vita di Aeris con un fianco e la portò via, mentre lei continuava a girarsi e salutare Tifa, che li guardava andare via.

Quando furono di nuovo in casa, e Aeris disse con sollievo "oh, un po’ di calduccio!", Cloud guardò fuori dalla finestra.

Tifa non c’era più.

Aeris si buttò sul letto, prese un profondo respiro e si domandò: "Chissà come mai Zack era arrabbiato?"

Cloud appoggiò la testa contro il vetro e non rispose.

Act 6.4_ everybody knows I’m her man

Tifa non era tornata a casa, quella notte. Non che fosse rimasto sveglio apposta per controllare, ma aveva casualmente poco sonno, e così alle due e mezza, mentre Aeris dormiva, aveva attaccato la Playstation e aveva confermato la propria virilità giocando a Metal Gear Solid fino alle quattro e mezza, ora nella quale aveva - sempre casualmente - notato che non una sola luce a casa di Tifa si era ancora accesa.

Va bene, si rendeva conto che ad un osservatore esterno il suo sarebbe potuto sembrare un comportamento eccessivo, ma un osservatore esterno non poteva capire.

Cloud era collegato a Tifa da qualcosa di più di un mero filo rosso.

Tifa era la sua colonna, la testimonianza inequivocabile che tutto il mondo continuava ad andare avanti.

Se Tifa non si degnava di renderlo partecipe dei fatti suoi, se Tifa lo chiudeva fuori, Cloud era chiuso fuori da tutto.

Niente che non potesse condividere con Tifa aveva senso.

Aeris lo aveva capito, e non aveva mai fatto l’errore di ingelosirsi per questo. D’altra parte lei aveva avuto modo di vedere come funzionava il loro rapporto molto tempo prima di mettersi con lui, e se quel giorno gli aveva detto "sì" lo aveva fatto consapevole del fatto che Cloud sarebbe stato sì il suo uomo, ma sarebbe rimasto sempre anche l’uomo di Tifa.

Comunque alle sei del mattino, quando Aeris aprendo gli occhi lo aveva trovato ancora sveglio, aveva vinto le sue resistenze e lo aveva convinto ad andare a dormire.

All’una del pomeriggio Cloud era pronto e scattante davanti alla porta di Tifa, del tutto intenzionato a farsi raccontare ogni cosa. Tanto più che era giovedì, e il giovedì era il giorno del pettegolezzo, lo aveva confermato anche Aeris.

Bussò bruscamente, infastidito dal non poter usare semplicemente le chiavi perché altrimenti lei avrebbe blaterato qualcosa a proposito delle "emergenze". Che emergenze del cavolo ci dovevano essere, Nibelheim che andava a fuoco? Oh, andiamo!

Siccome dopo due secondi Tifa non era lì ad aprire, stabilì che si trattava di un’emergenza e uso le chiavi.

Le stanze erano buie, forse Tifa stava ancora dormendo.

Cloud guardò l’orologio a muro. Era strano che esistesse una forza tanto potente da costringere Tifa a dormire fin dopo mezzogiorno, anche se era domenica e magari non doveva fare niente (anche se era difficile che Tifa non dovesse fare niente, visto che si districava tra dodicimila lavori e settecento cinquanta altre occupazioni).

Salì le scale. La porta della camera da letto era chiusa. Si fece qualche falso scrupolo per pochi secondi, poi la aprì.

A differenza di quanto aveva temuto per qualche secondo, Tifa era a letto che dormiva placidamente.

Invece di andarsene e aspettare che si svegliasse, cosa che qualsiasi persona sana di mente avrebbe fatto, andò da lei, anche se a quel punto non sapeva bene perché.

Aveva i capelli in disordine, e il viso ancora truccato sembrava particolarmente luminoso e rilassato. Per dormire con quel sorrisino ebete, era chiaro che qualcuno se l’era scopata. Questa idea lo irritò e lo fece sentire in diritto di svegliarla. Visto che si era divertita a sufficienza, non vedeva proprio perché dovesse anche riposarsi, quella stronza.

"Tiiii?"

Nessun segno.

Cloud le dette un colpetto alla fronte, ma lei si limitò a fare un piccolo lamento.

Sbuffò: "Svegliati, zoccola!"

Niente. Se non funzionavano gli insulti, tanto valeva passare alle percosse.

Stava giusto per pizzicarle una spalla, quando lei spalancò gli occhi e strillò. Cloud indietreggiò spaventato. Lei si strinse nelle lenzuola: "Brutto deficiente, mi hai spaventata, cretino del cazzo!"

"Mi stavo preoccupando, pensavo fossi morta!"

"Cosa cazzo vuoi, Cloud, come sei entrato?"

"Con le mie chiavi."

Tifa sospirò: "Sono per le emergenze, Cloud, le emergenze!"

"Pensavo che il tuo uomo ti avesse stuprata fatta a pezzi e buttata in un fosso! Se non è un emergenza questa, che cosa lo è?!"

Tifa nascose la testa sotto il cuscino.

"Sono viva, Cloud, adesso vattene, ho sonno!"

"Vieni a pranzo con me e Aeris?"

"Che cosa non ti è chiaro di ho sonno?"

"Beh, tanto in realtà abbiamo già pranzato."

Tifa sospirò ancora, esasperata.

"Che vuoi, Cloud?"

"Perché il sesso ti rende così scorbutica? Fortuna che non te l’ho mai voluto dare, me lo avresti staccato a morsi!"

"Ero io che non te la volevo dare, cerca di essere realista."

"Ma non è vero, tu smaniavi per averne da me. Io ero quello che non volevo rovinare la nostra bellissima amicizia."

"La stai rovinando adesso, la nostra bellissima amicizia. E comunque non ho mai voluto niente da te, Cloud. Abbi pazienza, ma sei sicuramente uno di quegli uomini che scopano con loro stessi."

"Non hai idea di quanto mi piacerebbe, deve essere una figata, voglio dire, non sono solo bello, ma picchio anche come un fabbro."

Tifa rise e tirò fuori la testa dal cuscino.

"A me sono arrivate voci diverse, fabbro."

"False e tendenziose."

"Aeris non mente mai, non ne è nemmeno capace."

Cloud fece una smorfia: "Che dice Aeris di me?"

Tifa rise ancora: "lasciamo perdere, non sono sveglia abbastanza da sfruttare pienamente questa conversazione a mio favore."

"No, adesso ne parliamo. Levati, fammi spazio."

Tifa sbuffò e si spinse il più possibile contro al muro, sempre restando sotto le coperte. Cloud si sdraiò sul letto, sopra alle coperte, e allungò un braccio per stringerle le spalle. Lei si appoggiò contro il suo petto e lui cominciò: "Andiamo, Tifa cara, bellissima, racconta."

Tifa sbadigliò.

"Una melodiosa vocina ha sussurrato al mio orecchio che non hai ancora battuto chiodo."

"Un attimo" si impuntò lui "in che senso?"

"In che senso non si batte chiodo, Cloud? Non stiamo parlando davvero di bricolage."

"Io ho battuto chiodo. Cioè. Ho battuto una vite, via. Una puntina, ecco. Non l’ho proprio battuta, diciamo che l’ho spinta nel compensato, sai, come nelle bacheche all’università…"

Tifa sospirò: "Oh, Cloud, dà qualche soddisfazione a quella povera ragazza, visto che sotto tutti gli altri punti di vista sei un completo fallimento."

"Tu non puoi capire. Taci. Sei stupida."

"Io capisco eccome, mio piccolo, sciocco Cloud" gli strattonò le coperte da sotto la schiena, e lui rischiò di cadere dal letto. Poi lei si appoggiò sui gomiti e gli sorrise malignamente: "Hai paura del confronto con Zack."

Cloud le schiaffeggiò una spalla. Lei rise, cattiva: "Puoi picchiarmi quanto vuoi, tanto lo sappiamo tutti che è così."

Cloud, offeso, continuò a guardare il soffitto: "Non ho affatto paura del confronto con Zack, casomai è Zack che deve aver paura del confronto con me."

Tifa continuò, come se non lo avesse nemmeno ascoltato: "Non una sola ragazza che sia stata con Zack si è mai lamentata. in fondo che altro ci si poteva aspettare? Zack era perfetto in tutto quello che faceva, mica come te."

"Smettila…"

"L’unica cosa di cui mi rammarico è di non esserci stata a letto io, con Zack."

"Smettilaaaaa…"

"Povera Aeris, deve essere dura per lei. Dopo aver avuto un uomo così, abbassarsi a uno come te…"

"Critica pure, intanto il tuo uomo misterioso nessuno l’ha ancora visto, non sarà che è brutto come la morte?"

"Il mio uomo misterioso è tutt’altro che brutto, Cloud, e se proprio vuoi saperlo è molto più bello e affascinante di te."

Cloud la guardò e la indicò sfacciatamente: "Quindi finalmente ammetti che c’è un uomo."

Tifa si guardò intorno, trasognata: "Chissà."

"Hai appena detto che è più bello e affascinante di me, quindi o te ne sei inventata uno per il dolore di non potermi avere, o esiste e le tue percezioni sono alterate, perché nessuno è più bello e affascinante di me."

"Un sacco di gente è più bella e affascinante di te."

"Io non credo proprio."

"Il mio uomo misterioso sì."

"Ecco! L’uomo misterioso!"

Tifa gongolò scioccamente, per farlo arrabbiare: "E’ un gentiluomo, educato, romantico ed elegante."

"E’ un frocio."

"Può essere, ma mi scopa come se non lo fosse."

Cloud, punto sul vivo, la guardò malissimo: "Te lo stai inventando."

Tifa lo guardò negli occhi: "E’ così difficile credere che qualcuno voglia scoparmi, Cloud?"

"E’ difficile credere che qualcuno che vuole scoparti sia anche gentile con te, io ti infilerei duecento gil nel reggiseno e lo tirerei fuori."

"Oh, Cloud, sei così…lusingante. Un signore, davvero."

Cloud si girò su un fianco per guardarla meglio: "Ma ti fa venire?"

Tifa arrossì lievemente: "Sono problemi tuoi?"

"Sono un uomo, mi metto in competizione."

"Sì, mi fa venire."

"Ma scopandoti?"

"No, tenendo un comizio sulla nascita del socialismo."

"Lo sai che cosa intendo, stupida."

"Sì, scopandomi."

"Non ci credo."

"Non è che ci voglia un master, se per te è così impossibile far venire una donna il problema è tuo."

"Io non ho nessun problema a far venire una donna, sia ben chiaro."

"A quanto pare invece hai problemi anche a scopartela, una donna…"

"Aeris è una cosa diversa."

"Diversa da cosa? Diversa da quelle come me?"

Cloud la guardò negli occhi. L’aveva ferita.

L’aveva ferita e non sapeva nemmeno come.

Ma che avevano, quelle due pazze? Progettavano di spingerlo al suicidio, e che cazzo?

"E’ diversa e basta."

"Scendi dal mio letto, per favore. Ho sonno."

Cloud sbuffò e obbedì.

"Che palle, non posso più fare niente, secondo Aeris persino Zack ce l’ha con me, ma si può sapere che vi ho fatto?"

"Sei stupido dici sempre la cosa sbagliata al momento sbagliato, tanto per cominciare."

"Sono solo una vittima della vostra isteria, stupide donne. Zack è arrabbiato con voi, secondo me, lui mi capisce benissimo, e mi compatisce."

"Che vai compatito, Cloud, è fuori dubbio."

"Vaffanculo."

"Cloud, c’è a casa la tua ragazza e tu che fai, stai qui con me? E’ chiaro che qualcosa non funziona nella tua testa."

Cloud non rispose e si sedette sul pavimento, appoggiando la schiena contro il letto.

Sospirò e rimase a lungo in silenzio. Poi disse, appoggiandosi alle ginocchia: "E’ solo troppo strano, va bene? E’ troppo strano…"

Tifa allungò una mano e gli accarezzò i capelli.

Finalmente, le cose andavano per il verso giusto.

Act 6.5_but sometimes you realize just how pitiful you are

Quando torno da casa di Tifa, Aeris è tornata dalla spesa.

Sì, mando la mia ragazza a farmi la spesa, ma ho un’attenuante: è lei ad insistere, e così la tengo occupata.

Ecco il problema: anche lei, come Tifa, è una che non dorme fino a tardi, solo che lei è davvero mattiniera. A volte mi esaurisco a tenerla a dormire qui, perché lei alle sette e mezza spaccate comincia a rigirarsi nel letto, e si rigira fino alle otto, quando si alza e comincia a fare di tutto. Pulisce, lava, stira, fa colazione, fa la doccia, si pettina i capelli, il tutto facendo il più miracoloso casino che l’umanità immagini. Poi ti guarda, se vede che ti muovi, e ti dice, sorridente: "Oh, Cloud! Dormi pure, non ti preoccupare per me!"

Così, se si offre di andare a fare la spesa, la scongiuro affinché vada nell’unico supermercato del pianeta che vende gli orsetti gommosi solo al gusto arancia, così riesco a dormire almeno fino alle dieci. Purtroppo, in realtà, mi dice quasi sempre di attaccarmi e tirare, per gli orsetti all’arancia, e allora mi compra quelli misti qui a Nibelheim. Ma vabbè.

Tornando a noi, Aeris sta sistemando quello che ha comprato nelle dispense.

Le mie dispense hanno cominciato ad avere un ordine da quando l’ho conosciuta.

Tifa non si è mai avventurata più di tanto nei miei spazi, a sua detta temeva di trovarci i topi, ma Aeris è stata più coraggiosa, e con molta calma e pazienza ha modellato quell’impasto informe e creato una vera cucina. Ho uno sportello per le merende, adesso. Uno per la pasta, il riso e la farina. In quello sopra al fornello ci sono l’olio, l’aceto, il sale e quelle robe lì. Ho anche un cassetto delle posate, pensate.

A volte mi sento come se la mia vita fosse destinata alle donne.

Sono nato da una donna, naturalmente. Una donna che mi ha lasciato molto presto.

Tifa ha dato una forma alla mia vita. Le ha dato un senso, una scintilla, me l’ha data in mano e mi ha detto "buona fortuna".

Poi è arrivata Aeris, ha guardato che razza di casino avevo fatto, si è messa il grembiulino, ha rimboccato le maniche e ha sistemato tutto.

Non c’è da stupirsi se sono un narcisista, se sono viziato.

Le donne ti viziano.

E’ come se avessi avuto tre mamme, con il piccolo particolare che due di loro le vedrei particolarmente bene in una scena porca lesbo, e che Dio mi salvi, una di quelle due non è la mia povera madre (pace all’anima sua).

Aeris mi sorride radiosa: "Buon giorno, Cloud! Hai dormito bene?"

Per quel poco che ho dormito…

"Abbastanza."

"Sei stato da Tifa? Allora, che dice? Non le hai dato fastidio, vero?"

"Io non le do mai fastidio, e poi noi abbiamo livelli molto personali di fastidio…"

Aeris ride e dice che sì, lo sa bene.

Io e Tifa negli anni l’abbiamo messa al corrente dei peggiori rompimenti di coglioni a cui ci siamo sottoposti. Io, modestamente, ho il primato, ma anche lei non scherza. Ci siamo fatti cose davvero assurde e insopportabili, da neurodelirio.

Prima di tutto le piccolezze: io che picchiavo i suoi ragazzi, lei che diceva in giro che mi tingevo i capelli, io che raccontavo che aveva la candida, lei che mi metteva le puntine nelle scarpe perché avevo detto al ragazzo che le piaceva che aveva la candida, io che le buttavo nel pozzo i reggiseni, lei che mi sotterrava sulle montagne le mutande.
Poi, i regimi d’insistenza vari. E qui si passa da io che le scrivo con la bomboletta di vernice rossa sulla fiancata della casa "dai, dimmelo" a lei che toglie ogni-singolo orsetto gommoso arancione dai pacchetti, si mangia quelli rossi, e mi lascia solo quelli verdi che fanno schifo. Una volta, quando seguivo la dieta per la palestra, mi ha svuotato le uova. Sì: mi ha svuotato le uova. Poi ha incollato i gusci e me le ha rimesse nel frigorifero. E’ una psicopatica!

Insomma, c’è un motivo epr cui Aeris non si è stupita quando le ho detto che ho denudato Tifa per farla parlare; probabilmente si è stupita perché non l’ho picchiata, o con molta più maturità, non ho impiccato le sue bambole.

"Comunque a quanto pare si vede con un uomo."

Aeris mi guarda con una faccia finto-stupita irritantissima e mi dice: "DAAAAI?!"

"Nel senso che si vede-si vede. Escono insieme da un po’, insomma."

"E si sa qualcosa di questo uomo misterioso?"

"Sì, che lo chiamiamo Uomo Misterioso, appunto. E che a quanto pare Christian Troy gli fa una sega."

"Chi è Christian Troy?"

"Nip/Tuk? Ti dice niente?"

Lei scuote la testa.

Io la biasimo: "Devi guardare più televisione, Aeris…"

"Comunque che vuol dire?"

"Che a sentire lei, se la scopa in modo tutt’altro che opinabile."

Aeris fa spallucce: "Beh, beata lei che ha qualcuno che se la scopa…"

Detto questo, ricomincia a sistemare la spesa. E non parliamo più.

Quando Aeris se ne va, io cercò di trovare l’onestà per chiedermi: "perché, Cloud?"

Si potrebbe credere che io le voglia bene, ma non sia sessualmente attratto da lei.

Sbagliato.

Si potrebbe credere che sia sessualmente attratto da lei, ma che lo sia di più da qualcun’altra.

Sbagliato (anche se non m’è mai andata giù non essere riuscito a dare una botta a Tifa, ma quella è acqua passata).

Si potrebbe credere che la veda come una persona troppo pura, troppo candida, troppo innocente, per avere il coraggio di deflorarla.

Sbagliato. Cioè, oddio, è anche vero che la vedo così, ma a parte il fatto che è stato ampiamente dimostrato che in realtà Aeris è più porca di me (sono state lei e Tifa a spiegarmi, con mio sommo raccapriccio, che cos’è il fisting), in realtà questa cosa mi intriga anche.

Si potrebbe credere che temo il confronto con Zack, come dice Tifa.

Forse questo è vero.

Forse è vero, ma non lo è completamente. Andiamo, sono un uomo, mi sento in competizione con chiunque. C’è un motivo per cui se fosse per noi, ci scoperemmo solo delle vergini. Una donna ti vede come un Dio, finché non si accorge che c’è di meglio.

La verità? L’ipotesi più probabile, la più imbarazzante, la più seccante?

…mi sento in imbarazzo, nei confronti di Zack.

Lo so, sono pazzo. Lo so che dovrei andare da uno psicologo perché non ho mai elaborato il lutto eccetera eccetera, ma mi sento in imbarazzo.

E mi sento in colpa.

Ho detto che non me ne fregava niente. L’ho detto e l’ho ripetuto mille volte, ma questo non l’ha reso vero.

Io mi sento in colpa, Zack.

Mi sento in colpa perché tu sei morto per una stronzata che io ho combinato, e adesso ho anche la poca grazia di farmi la tua ragazza.

Non è orribile?

Eppure so anche che non è solo per questo.

So che…non lo so. Non so proprio niente, in verità.

E’ solo…troppo strano.

Credo che ci vorrà del tempo, tutto qui. Spero non troppo, perché sto andando avanti a seghe e sta diventando frustrante, che cazzo, non ho più tredici anni, è deprimente. E poi non voglio certo che quelle due vipere mi parlino alle spalle ancora a lungo.

Io…che cazzo.

Non so.

Act 6.6_What should I think? What should I say?

Tifa è uscita ancora, sta notte.

Questa storia che non mi vuole nemmeno far intravedere il suo uomo sta diventando seccante. Io devo sapere con chi esce Tifa, altrimenti come faccio a fermarlo all’angolo di una strada buia e a minacciarlo?

Ok, forse non dovrei chiedermi perché non me lo vuole presentare.

Lei cerca di sdrammatizzare e dice che non è una cosa seria.

Io la vedo sempre più triste. Sempre più stanca.

Ho paura che le stia succedendo qualcosa e si stia chiudendo in se stessa. Ho paura che stia chiudendo fuori me e Aeris.

Mi preoccupo, quando ci chiude fuori. L’ultima volta è stato qualche anno fa, avevamo cominciato da poco l’università, lei non si faceva mai vedere, e quando mi sono rotto le palle e ho praticamente fatto irruzione in casa sua l’ho trovata che stava malissimo, l’ho portata all’ospedale e viene fuori che quella stronza aveva perso quindici chili. QUINDICI.

Devi saperti chiudere dentro davvero bene se il tuo vicino di casa, che è anche il tuo migliore amico e la persona che ha meglio osservato il tuo corpo in tutto il mondo, non si accorge che stai diventando uno scheletro davanti ai suoi occhi.

Quanto l’avrei picchiata. Non ho mai capito se avesse voluto dimostrare qualcosa, o che cosa. Tifa è fatta così. Tu credi che tutto vada bene, e poi da un giorno all’altro scopri che è andato tutto a rotoli, che lei ha dato fuori di testa e che ha fatto delle pazzie.

Potrei citarne a decine, di quelle pazzie.

Prima su tutte, quando si è tagliata le vene dopo la morte di sua madre.

Poi quando si è praticamente rapata a zero dopo la morte di suo padre (va bene, aveva il caschetto, ma è stato comunque un trauma).

Quando ha cominciato a tagliarsi come una scema al liceo.
Quando si era messa in testa che doveva mettersi con questo ciccione di cinquant’anni pedofilo che le faceva la corte, al grido di "ma è ricco!".
Quando ha cercato di affogarsi in un catino (la dinamica di questa cosa ancora non mi è chiara, so solo che l’ho trovata con la testa in un catino e quando l’ho tirata fuori era diventata blu).
Quando si era decisa a fare la riduzione del seno e portarlo a una prima (crimine contro l’umanità che sono fiero di aver sventato).
Quando voleva a tutti i costi avere un figlio, s’è fatta mettere incinta da questa testa di cazzo a cui ho poi prontamente spaccato la mascella, poi ha cambiato idea e ha abortito, e poi ha naturalmente pianto per settimane sulle mie ginocchia. Per non parlare del fatto che inizialmente voleva averlo da me, un figlio.
Si presente a casa mia, bella come il sole, nel periodo in cui a me ancora bastava vederla sbattere gli occhi per strapparmi la pelle e farne un tappeto sul quale potesse passare, mi mette le mani al collo e mi dice "Cloud, ti va dire fare sesso con me?" Così, dal nulla. Io ho sentito il coro degli angeli, ovviamente. Allora ci siamo messi sul letto, con lei che era meravigliosa e io che ero impacciato come non so che roba e mi muovevo come se stessi facendo il ballo del robot, poi mi sono caricato perché, insomma, l’ho già detto che era meravigliosa, e al momento decisivo, quando faccio per prendere i preservativi, lei mi sgancia questa bomba e mi dice "No, no, voglio restare incinta". Ora, non solo mi si è ammosciato all’istante, ma se poteva mi si ritirava anche e poi implodeva. L’ho insultata con la migliore delle mie performance isteriche, lei è uscita, incazzata come un picchio, ed è finita così per rivolgersi al pezzo di merda di cui sopra, che non si è fatto gli scrupoli che mi ero fatto io. Ovviamente. Io la amavo, lui no. Quando è venuta da me, in lacrime, a dirmi che aveva sbagliato tutto e che voleva abortire, io ricordo bene che ho pensato "per finire così, tanto valeva che lo avessi fatto io".

Impazzisce. Non so come altro dirlo. Forse non esiste un altro modo per dirlo. Impazzisce e basta. Dà i numeri, ma non numeri normali, da numeri da sei miliardi di cifre, dà numeri che probabilmente la mente umana non ha mai considerato, e poi puff. Si spegne e torna normale. E’ come se le si fulminasse la lampadina.

Non voglio che Tifa impazzisca di nuovo, anche se so che è una cosa inevitabile, come quelle catastrofi naturali che si devono ripetere ogni tot anni per mantenere in equilibrio il Pianeta.

Per tenersi in equilibrio, Tifa ogni tanto deve impazzire, ma questo non significa che io debba stare a guardare.

Così deciso che devo andare da lei, e che mi dovrà parlare di questo uomo misterioso. O di qualsiasi altra cosa mi debba parlare. La metterò con le spalle al muro, non c’è altro da fare, anche se mi odierà per settimane.

Busso alla sua porta e suono il campanello. Sono già pronto ad usare le famose chiavi di emergenza, quando la sento gridare "Cloud?!"

Io mi sposto e la vedo, affacciata appena appena dalla finestra che dà su quella della mia camera, da dove di solito parliamo.

"Così sembra."

"Cloud, vai via!"

Ecco, appunto. Chiaro sintomo che sta impazzendo.

Le faccio vedere le chiavi. Lei mi grida di aspettare, e nel giro di tre secondi è davanti a me, nascosta dietro alla porta.

"Cloud, che vuoi?!"

"Sono venuto a parlarti."

"Non puoi parlarmi in un altro momento?"

"No, ti devo parlare adesso."

"Cloud, parliamo dopo, adesso ti prego, vai via!"

Io apro di più la porta e la tiro per un braccio, in modo da poterla guardare. E lì, capisco.

Indossa una camicia da uomo.

Ha i capelli arruffati e riesco quasi a vedere il suo bellissimo seno arrossato e palpitante.

Lei si nasconde di nuovo dietro la porta.

"Sei con un uomo?" le chiedo.

"Certo che sono con un uomo!" bisbiglia arrabbiata.

"Beh, potevi anche dirmelo."

"E come dovevo dirtelo, idiota, dovevo appendere una cravatta sulla maniglia della porta?!"

"Non sarebbe una cattiva idea."

"Cloud, torna a casa, ok? Passo io quando se ne va."

"E quando pensa di andarsene?" dico bruscamente. E’ chiaro che a lei dà fastidio, perché mi guarda malissimo. Non me ne frega un cazzo.

Io sono il suo uomo.

Se io metto piede qui, qualsiasi altro uomo se ne deve andare.

Lei è mia.

Non me ne frega se un signor nessuno può scoparsela e metterle addosso la sua camicia, lei è mia.

"Beh, mandalo via" insisto.

"Non credo proprio."

"La scopatina ve la sarete fatta, no? Che ci sta a fare ancora?"

"Cloud, io voglio che lui resti. E voglio che tu te ne vada."

"Perché?"

"Perché cosa?"

"Perché preferisci lui a me."

Lei mi guarda con gli occhi spalancati. Poi li sbatte e diventano lucidi.

Oddio, adesso che ho detto?

"Non lo preferisco" dice con la voce bassa, disturbata.

"Allora perché mi mandi via?"

"…perché tu non sei il mio ragazzo…"

"Lui sì?"

"No. Ma potrebbe diventarlo. Tu no."

"Perché no?"

Lei sembra sempre più sconvolta. Non mi sembra di stare dicendo niente di strano. Perché, potenzialmente, non potrei essere il suo ragazzo, non sono forse alla sua altezza? Sta forse cercando di ripetermi, nel caso non lo avesse fatto abbastanza in questi anni, che non sono abbastanza per lei?

Prende il respiro e dice d’un fiato: "Perché sei già il ragazzo di Aeris."

"E questo è così importante? Chi è il ragazzo di chi è più importante di me?"

A questo punto lei comincia a spingermi. Proposito stupido, visto che se facessimo a botte vincerebbe lei, ma io sono comunque più forte. La fermo per i polsi e la guardo.

"Chi è quest’uomo che è più importante di me?"

"Non è nessuno, non c’è nessuno più importante di te, ma adesso vattene!"

"Se non c’è nessuno di più importante di me allora mandalo via!"

E qui mi prendo una sberla. Una sberla da donna, quelle che fanno un gran male e un gran casino.

Vorrei dargliene una anch’io, ma a parte il fatto che le romperei la faccia, lei scoppia a piangere.

Sì, scoppia a piangere.

Tifa che piange…non avrei mai creduto di vivere abbastanza per rivederlo, e d’un tratto mi fermo a pensare a che cosa possa aver scatenato questo dramma.

Che cos’è successo…?

Mentre ero distratto da me, dalla mia storia con Aeris, dai fatti miei, che cosa…che cosa è successo, alla mia Tifa…?

Dico il suo nome e cerco di accarezzarle la testa, ma lei mi schiaffeggia la mano e si ritrae.

Sono stufo che le mie donne si ritraggano da me.

Mi dice "Perché devi sempre fare così?"

"Così come?"

Lei comincia a gridare, tra le lacrime, e io continuo a muovermi appena perché non ne avevo idea.

Non avevo idea di tutto quanto.

"Tu devi sempre fare così, Cloud, sempre! Te ne vai, ti fai gli affari tuoi, e quando io trovo qualcuno tu torni e pretendi tutto! Tu pretendi tutto, Cloud! Pretendi tutto il tempo, tutto lo spazio, pretendi tutto da me! E io sono stanca di farmi trovare sempre pronta per te, sono stanca di questo comportamento, non ne posso più, sono esausta!"

Cerco di dire qualcosa, ma lei grida: "Io non ce la faccio più! Non ce la faccio più, cerca di capirlo, non ce la faccio più!"

"Cambierò" è la prima cosa che le dico. Una cosa senza senso. So che non succederà.

Lei è mia.

Non è di nessun altro.

"No, Cloud non cambierai! Sono anni che non cambi, sono anni che mi allontani da tutti, sono anni che mi costringi a stare da sola, e io non ce la faccio più! Lo capisci che non ce la faccio più?! Non sopporto più il tuo egoismo, non sopporto più il tuo egocentrismo, non sopporto più niente di te, Cloud, quindi TI PREGO, vai via!"

"Tu sei mia."

E lei piange. Piange e basta, con le mani che le nascondono il viso. Io tento di scostargliele, ma lei me lo impedisce.

"Sei mia" le ripeto.

So che vorrebbe dire tante cose. So che quando piange è perché ci sono troppe parole che non riesce a pronunciare.

Vorrei stringerla. Vorrei prometterle qualcosa, ma non c’è niente che le possa promettere.

Non so che cosa vorrebbe da me. Io le darei tutto, ma ci sono cose che non le posso promettere.

"Ma non sono mai l’unica" singhiozza infine, per poi appoggiarsi al muro e piangere, dandomi la schiena.

Non so che cosa fare. Vorrei solo abbracciarla, come ho sempre fatto, ma è come se quel tempo se ne fosse andato per sempre.

Perché non riesco più ad abbracciarti, Tifa?

Che cosa è successo?

Poi sento dei passi, sulle scale.

Lei si spaventa e fa per correre via, ma la fermo, ed è in quel momento che lo vedo.

Vedo Vincent Valentine.

Vedo l’uomo che ha ammazzato Zack e a questo punto è tutto chiaro.

E’ tutto fin troppo chiaro.

"Lasciala andare, cortesemente" mi dice.

Io la lascio andare. Non perché me l’ha ordinato lui, ma perché non riesco nemmeno più a toccarla.

Tifa continua a piangere e non provo più dispiacere per questo.

Quell’uomo si avvicina e lei si butta tra le sue braccia, come se io non ci fossi.

Come se niente di tutto quello che è successo ci fosse mai stato.

"…tu sei pazza…" le dico, e basta.

Non c’è più niente da dire.

Decifro una parola tra le lacrime, i singhiozzi e i sospiri, mi dice di andarmene.

Ma questa volta non ho bisogno che sia lei a dirmelo.

Butto le mie chiavi sul pavimento e chiudo la porta.

  
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