§ Cap. XXIII – Healing rain -
Epilogo §
L’aria fresca
gli sfiorava il viso, una leggera brezza che lo accarezzava dolcemente. Aprì
gli occhi ma riusciva a vedere soltanto una soffice nebbia simile ad ovatta tutta
intorno a lui, come ad offrirgli un morbido riparo da ogni cosa. Tutto ciò che
vedeva era candido, ma non ne era accecato, nulla era eccessivo, nulla lo
disturbava, sembrava anzi che la natura si adattasse come meglio poteva ai suoi
desideri e bisogni. Anche il silenzio non era assordante, interrotto dal dolce
fruscio della brezza nelle orecchie, giusto quel tanto perché la mancanza di
suoni fosse solo rilassante e non opprimente. Era seduto, se ne accorse quando
prese coscienza del suo corpo. Era seduto e con le mani teneva saldamente il
manico della sua scopa. Stava volando quindi, e non era il vento ad
accarezzarlo ma era lui a fendere dolcemente l’aria mantenendo una velocità
moderata. Sentiva l’umidità sul viso e percepiva il fresco odore di quella
nebbia che nonostante gli impedisse una visuale ampia e nitida sembrava stare
lì solo per avvolgerlo in un dolce abbraccio. In lontananza scorse le sagome
scure di tre anelli fissati alla sommità di tre aste: si trovava evidentemente
in un campo da Quidditch. Decise quindi di atterrare e quando smontò dalla
scopa i suoi piedi mossero alcuni passi su di un prato verde chiarissimo per
via della brina che ricopriva i fili d’erba come una fragile guaina. Si guardò
intorno e vide che quello strano stadio era provvisto di gradinate di marmo
bianco, lisce e solenni.
Tutto attorno a
lui era bianco ed apparentemente freddo, ma non era gelo quello che sentiva,
solo un fresco ristoratore, una sensazione di calma e serenità come non provava
da tanto, forse troppo tempo. Mosse qualche passo verso una delle estremità del
campo accompagnato dal fruscio dei suoi passi che sfregavano contro il morbido
tappeto intarsiato di cristalli di ghiaccio, e pian piano dalla nebbia,
leggermente più rada a terra, emerse una sagoma, sicuramente umana, vestita con
un abito candido, da cui riceveva una sensazione rassicurante. Avvicinandosi
riuscì a distinguere i ricami argentati che impreziosivano la veste di quello
che era sicuramente un uomo data la lunga barba fluente, finchè non ritrovò due
occhi azzurri che tante volte lo avevano scrutato con affetto da dietro un paio
di occhiali a mezzaluna.
“Salve Harry”
disse l’uomo.
“Buongiorno
professor Silente” rispose il ragazzo rasserenato da quell’incontro.
Silente mosse giusto
qualche passo per osservare ciò che lo circondava poi chiese: “Dove siamo?”.
“In uno stadio
da Quidditch, credo, ma non ne ho mai visto uno simile. Sembra una scultura per
quanto è bello”.
“Immagino che il
volo per te significhi molto se hai deciso di portarmi qui”.
Harry annuì, poi
mise a fuoco un particolare. “Portarla qui? In che senso?”.
“Beh sei stato
tu a richiamarmi e a scegliere il luogo dell’incontro”.
“Richiamarla? E
da dove?” chiese Harry sempre più disorientato da quella conversazione che per
lui aveva dell’assurdo. “Non so neanche dove siamo”.
“Dove eri prima
di ritrovarti qui?” gli chiese Silente placidamente.
Harry cercò di
mettere a fuco qualche ricordo poi delle immagini gli salirono alla memoria
come flash. Hermione e Draco accanto a lui insieme a decine di altri, un
pesante portone di legno che veniva ridotto in mille pezzi, il cielo rosso
sangue sopra di lui, un parco nel quale di combatteva e si moriva, due occhi
pieni di odio che lo fissavano da un volto mutilato, un bruciore così intenso
da polverizzarlo sul posto, una spada conficcata nel cuore del suo nemico, la
comprensione che tutto era finito.
“Quindi immagino che il
volo rappresenti una parte importante della tua personalità” disse Silente
interrompendo quel silenzio carico di ricordi e riflessioni.
Harry annuì.
“Rappresenta la mia libertà. Lassù non sono il Prescelto, il Ragazzo
Sopravvissuto o chissà cos’altro, sono solo un ragazzo, niente di più e niente
di meno”.
“Credo che tu
abbia ragione. Io non lo ricordo più, è così tanto tempo che non volo più in
sella ad una scopa…”
“Qui ne avrà
occasione se vorrà, professore”.
Silente si
abbandonò ad una sommessa risata divertita. “Questo è il tuo sogno Harry, qui
sei tu il protagonista, non io”.
*“Il mio sogno? Vuol dire che tutto questo sta succedendo solo nella mia testa e che non è
vero?”
“Certo che sta
succedendo dentro la tua testa, Harry. Ma perché diavolo dovrebbe voler dire
che non è vero?”. *
Il ragazzo
rimase sconcertato e riprese a guardarsi intorno, notando che la nebbia
sembrava essersi leggermente diradata. “Cosa succederà adesso?”
“Non lo so con
precisione, questi sono i tuoi pensieri, ma credo che dovresti decidere se
tornare indietro o andare oltre”.
“Cosa mi aspetta
oltre?” chiese inaspettatamente Harry.
Silente alzò un
braccio, indicandogli l’ingresso al campo, dove apparvero due sagome: James e
Lily abbracciati e sorridenti. Harry rimase pietrificato da quella vista.
Tutto ciò che aveva sempre desiderato era ad un passo, aveva sconfitto
Voldemort per sempre ed aveva la possibilità di riunirsi finalmente con la sua
famiglia, nessuno gliel’avrebbe più strappata. Guardò Silente che gli restituì
uno sguardo sereno ed un sorriso, poi mosse un passo ed un altro ed un altro
ancora, finché un singulto alle sue spalle non lo fece bloccare. Si girò
trovandosi davanti l’ombra evanescente di Hermione che piangeva per lui. Poco
dopo apparve anche Pansy e poi Neville, Blaise, perfino Draco, e via
via tutte le persone che gli volevano bene.
Harry si girò di
nuovo verso i suoi genitori e notò che anche accanto a loro stavano comparendo
altre figure. Sirius, poi Lupin, Tonks, tutti quelli che lui considerava parte
della sua famiglia, che lo guardavano sorridenti e che erano decisamente più
consistenti delle ombre tristi che stavano alle sue spalle. Una scelta
difficile. Da una parte l’amore sicuro della sua famiglia, per sempre,
dall’altro un futuro incerto e magari non sempre felice.
“Loro saranno
sempre qui ad aspettarmi, vero?” chiese a Silente che rispose con un sorriso
sereno.
“Ma certo Harry,
loro saranno sempre qui ad aspettarti, per tutto il tempo”.
Harry annuì e
poi si diresse verso l’entrata dello stadio dove lo aspettavano tutte quelle
persone care davanti a cui si fermò.
“Mi riunirò
certamente a voi, ma non adesso”.
Lily allungò un
mano per accarezzargli i capelli dolcemente “Saremo qui per accoglierti”.
Poi il gruppo si
aprì in due ali permettendogli di passare e di uscire da quello strano stadio,
ed in quel momento tutto venne investito da una luce accecante.
Un tremolio delle
palpebre annunciò che era prossimo al risveglio ma nessuno nella stanza vi fece
caso, ognuno era assorto nei propri pensieri e nello stesso tempo concentrato nello
sforzo di tenere sgombra la mente perché immagini cruente non potessero
riaffiorare. E d’altronde lui decise di non svelare subito che si era svegliato
e di riprendere contatto con la realtà solo poco a poco, socchiudendo gli occhi
quel tanto che gli serviva per avere un’idea di dove fosse e soprattutto con
chi, e poi restare lì ad ascoltare.
Nella stanza regnava
incontrastato il bianco: il soffitto, le pareti, perfino le piastrelle
quadrate, tutto era bianco, così come le lenzuola e le strutture metalliche dei
letti, gli infissi delle finestre, le tende ed i mobili. Tutto così pulito,
tutto così asettico, tutto così impersonale, ma anche puro, senza macchie.
Hermione era
seduta su una seggiola dall’aria piuttosto scomoda e con la mano libera teneva
quella del suo ragazzo. L’altra era immobilizzata contro il petto da una
fasciatura che le bloccava completamente il braccio a partire dalla spalla, affinché
la profonda ferita che si era procurata durante la battaglia non si riaprisse e
riprendesse a sanguinare.
Draco era
sdraiato su uno dei due letti con una grande fasciatura che gli copriva
completamente il torace al centro del quale si allargava una macchia rosa
antico. La sua ferita era molto profonda ed era stata inferta con un’arma
impregnata di magia oscura. Ci sarebbe voluto del tempo prima che si
rimarginasse e ancora di più per far si che guarisse completamente. Gli sarebbe
comunque rimasta per sempre la cicatrice, ma era un buon compromesso per essere
ancora vivo.
Sulla parete di
fronte ai letti, un divanetto bianco e scomodo, come è prerogativa di ogni
accessorio d’arredamento di un ospedale, magico o babbano che sia, ospitava
Pansy che stava seduta in una posa rilassata ed osservava il cielo azzurro
fuori dalla finestra senza vederlo realmente, mentre accarezzava distrattamente
la testa di Blaise che si era addormentato sulle sue gambe.
La porta si
aprì, calamitando l’attenzione di coloro che erano svegli sul nuovo arrivato. Michael
entrò portando tra le braccia un grosso mazzo di fiori coloratissimi e dal
profumo intenso, che sistemò in un grosso vaso sul comodino al centro dei
letti.
“Scusate ma
tutto questo bianco è davvero opprimente, non lo sopporto più!" si giustificò
davanti agli sguardi incuriositi degli altri che subito si esibirono in un
cenno di assenso.
Poco dopo fece
il suo ingresso anche Neville, che si muoveva faticosamente con le stampelle a
causa di una pesante ed ingombrante fasciatura che gli ricopriva interamente la
gamba destra, sorretto da Luna che lo accompagnò delicatamente verso un altro
divanetto che era stato fatto comparire da Hermione sotto la due finestre.
“Ciao a tutti –
esordì Luna – spero che i toffolotti non vi abbiano dato troppo fastidio”.
Tutti si
guardarono straniti, poi fecero cenno di no con la testa sorridendo.
“Meno male –
continuò la ragazza – di questa stagione il pelo si allunga e si impregna di una
fastidiosissima polvere starnutifera. Però sono tanto carini con quella
pelliccetta azzurra e verde…”.
“No Luna
tranquilla, non ci sono toffolotti qui” le rispose gentilmente Hermione senza
mai lasciare la mano di Draco.
“Oh ciao Harry,
sei sveglio da molto?” chiese poi Luna guardando verso il letto del ragazzo che
faceva finta di dormire. A quel punto Harry dovette aprire gli occhi e svelare il suo piccolo inganno.
Pansy balzò in
piedi facendo malamente cadere a terra Blaise ma senza accorgersene. “Sei…
sveglio?!? E da quanto?” chiese avvicinandosi a lui con ampie falcate ed uno
sguardo torvo.
“Qualche minuto”
confessò Harry con voce rauca, visto il tempo che era trascorso dall’ultima
volta che aveva parlato. Tutti subito si raccolsero attorno al suo letto, anche
Hermione, e a Draco non rimase che emettere un sonoro sbuffo tanto per
segnalare il suo disappunto per essere stato totalmente dimenticato.
“Ehi, fatemi
vedere il principino!” rise Harry facendo cenno di spostarsi ad un paio dei
suoi amici.
“Non sei
divertente Potter!” rispose acido
Draco calcando sul cognome ed incrociando le braccia al petto, salvo poi
esordire con un guaito di dolore per non essersi ricordato della ferita che
portava al torace.
Harry scoppiò in
una risata roca ma sentita. “Tu invece si, e anche parecchio”.
Anche Draco si
mise a ridere, comprendendo la comicità della situazione, ma se ne uscì con un
altro gemito per il dolore.
“Che ti è
successo, furetto?” chiese Harry incuriosito.
“Lucius ha
deciso di trasformarmi in uno spiedino umano…” rispose Draco laconico. Harry
non capì cosa volesse dire, guardò Hermione ma lei scosse la testa facendogli
capire che non era il momento adatto.
“Quanto tempo ho
dormito?”
“Quasi due
settimane. Quando ti hanno ritrovato avevi una brutta ferita alla testa e delle
ustioni molto profonde su tutto il corpo. – Harry si tastò il viso e poi si
guardò le mani – I medimaghi hanno preferito tenerti in stato di incoscienza finché
la pelle non si fosse rigenerata, in modo che non provassi dolore” gli spiegò
Hermione. In effetti la pelle del suo corpo era rosa ed aveva l’aspetto molto
delicato, come il sottile strato che si forma quando una ferita si rimargina.
Tuttavia non aveva cicatrici, se non quella sulla fronte, i medimaghi avevano
fatto un gran bel lavoro non c’erano dubbi.
Come se si
fossero dati un segnale tutti i presenti iniziarono a fare domande ad Harry ed
a strapazzarlo con abbracci e pacche sulle spalle, finché il colorito del
ragazzo non divenne verdognolo, non più abituato a tutta quella confusione e
soprattutto ancora debilitato.
“Ma lo lasciate
respirare? Altrimenti tanto valeva che lo facesse fuori Voldemort!” sbottò
acido Draco, ma l’effetto fu immediato, tutti si staccarono dal letto e
ripresero i loro precedenti posti, tranne Pansy che si avvicinò con una sedia,
lasciando finalmente respirare il povero Harry.
“Grazie Malfoy”
disse aggiustandosi gli occhiali che nel marasma gli erano finiti di traverso.
“Ma come, non
avevi detto di usare i nostri nomi?” lo prese in giro Draco.
“Hai ragione, ma
ammetterai che è strano che proprio noi ci chiamiamo per nome e facciamo gli
amiconi”.
“Magari non ci
ritroveremo la sera al bar a scolarci boccali di burrobirra, ma direi che
possiamo mantenere un rapporto civile come abbiamo fatto negli ultimi mesi”.
“Si mi sembra
un’ottima idea”. Harry rimase in silenzio qualche minuto, poi se ne uscì con
una domanda che gli ronzava in testa da prima della battaglia.
“Si può sapere
perché diavolo hai messo su tutta questa farsa? Insomma posso capire che ti
volessi nascondere, ma poi perché tornare qui? E’ stata la cosa più idiota che
potessi fare. Davvero Draco”.
Il ragazzo si prese qualche secondo per riordinare le idee, poi fece un profondo sospiro ed iniziò a parlare.
“E’ nato tutto
per caso, non avevo programmato niente. Voi non sapete… non avete idea… La vita
a Malfoy Manor insieme a Voldemort era un vero incubo. Eravamo prigionieri e
sorvegliati a casa nostra. Vivevo col costante terrore che uccidesse i miei
genitori, che uccidesse me. Poi ci ho fatto l’abitudine. All’idea di morire intendo.
Ma non a quella che potesse uccidere mio padre o mia madre. E Bellatrix di
certo non aiutava. Anzi a volte era lei stessa a minacciare sua sorella tanto
per farsi bella agli occhi dell’Oscuro. Ad un certo punto ho perfino cominciato a
desiderare di morire, almeno non avrei più vissuto tutto quell’orrore,
quell’angoscia, quel dolore.
Sono andato
avanti così fino alla notte della Torre di Astronomia, fin quando non ho visto
il corpo di Silente cadere nel vuoto. E’ stato allora che ho avuto l’idea”.
Draco si fermò e
guardò fuori dalla finestra perdendosi nei ricordi che riviveva nel suo
racconto. Fu una stretta affettuosa alla mano che lo riportò al presente.
Guardò intensamente Hermione negli occhi, poi prese un profondo respiro e
continuò il suo racconto.
“Ho visto il
corpo di Silente disteso nell’erba e poco lontano quello di un Mangiamorte, e
mi sono chiesto perché a lui era stato concesso di morire e smettere di vivere
quell’incubo mentre io ero condannato a continuare ad andare avanti. La mia mente ha sovrapposto
il mio viso a quello di quell’uomo ed in quel momento ho deciso che Draco
Malfoy sarebbe morto. Sono scappato dalla torre, sono fuggito davanti a tutti,
avevo poco tempo e dovevo fare le cose per bene. Ho raggiunto il corpo e l’ho
trasfigurato, facendogli assumere le mie sembianze. Gli ho messo addosso la mia
divisa mentre io indossavo i suoi abiti per potermi mimetizzare meglio tra i
Mangiamorte che si allontanavano dalla scuola e per confondermi meglio nella
notte. Mi sono assicurato che nessuno mi avesse visto, poi sono fuggito,
cercando di mettere più distanza possibile tra me ed il castello di Hogwarts.
Ho vagabondato per un po’ non sapendo dove andare. Non potevo neanche farmi
riconoscere, altrimenti mi avrebbero portato da Voldemort con l’accusa di tradimento
e avrei condannato i miei genitori . I miei genitori… E pensare che mio padre
ha tentato di uccidermi durante la battaglia” disse con amarezza.
“Draco, te l’ha
spiegato Narcissa quando è venuta a trovarti, che Lucius dopo la tua morte è
impazzito. Si è trasformato in una macchina assassina alla ricerca di vendetta
nei confronti di chi aveva ucciso il suo amato figlio” gli disse Hermione con
dolcezza.
“Ha tentato di
uccidermi!” ribatté seccamente Draco.
“Non era in sé,
e per di più era in preda allo shock di ritrovarsi davanti una persona che
credeva morta. Magari potevi aver preso la polisucco ed essere qualcun altro.
Non lo giudicare troppo severamente”. Draco non rispose e si limitò a fissare
ostinatamente la finestra.
“Che cosa hai
fatto allora, dopo che sei scappato, se non potevi tornare a casa?” chiese
Harry per spezzare la tensione.
“Ho cambiato il
mio aspetto, ho cercato di rendere il mio viso irriconoscibile per chiunque, ed
in quel momento è nato Bryan Akira Hope”
“Hope, come la
speranza, Bryan, nobile nella lingua celtica, Akira, richiama la luce in
giapponese. Non c’è che dire, ottima scelta” disse Luna con naturalezza.
Draco si limitò
ad annuire, poi riprese il suo racconto.
“Non sapevo dove
andare…”
“Avresti potuto
chiedermi aiuto!” fu bruscamente interrotto da Blaise che lo guardava con aria
furiosa.
“No ti avrei
solo messo in pericolo. Se mi avessero trovato ci avrebbero uccisi entrambi,
credimi”.
“Tu non ti sei
fidato, ecco la verità! Non ti sei fidato allora e non ti sei fidato neanche
dopo a scuola!” sbottò Blaise che si alzò ed uscì dalla stanza sbattendo
violentemente la porta.
Draco si
abbandonò sul cuscino e si portò le mani sul viso con un gemito di
frustrazione.
Pansy lo fulminò
con lo sguardo poi uscì dalla stanza alla ricerca del suo amico. Forse era
l’unica che poteva farlo ragionare perché comprendeva esattamente i suoi
pensieri visto che erano gli stessi che frullavano nel cervello di lei.
“Mi sono
nascosto, ho fatto la vita del vagabondo per un po’. Però sono andato al mio
funerale. Ero curioso di vedere chi sarebbe venuto a piangere davvero per me, e
poi dovevo mantenere vivo l’incantesimo di trasfigurazione su quel corpo. Gli
sono rimasto accanto abbastanza a lungo da recitare un incantesimo piuttosto
duraturo fingendo invece di pregare, e a quanto pare almeno in questo ho avuto
successo. Poi sono fuggito all’estero, sono andato in Bulgaria, da Karkaroff,
un vecchio amico di Piton, e l’ho convinto a nascondermi per un po’ in nome
dell’amicizia nei confronti di Severus, ma non ha mai saputo chi fossi
veramente. Lì ho approfondito la conoscenza delle arti oscure, del
combattimento all’ultimo sangue. Lì ho anche trovato le motivazioni per
arrivare ad uccidere, lì ho capito chi ero veramente, proprio quando non
avevo il mio aspetto e fingevo di essere qualcun altro. Via via che continuavo
i miei studi e prendevo sempre più coscienza di me, sentivo che era arrivato il
momento di tornare a casa e di affrontare la realtà. Non avendo però istinti
suicidi ho deciso di tornare nel luogo che per me sarebbe stato più sicuro e
nel quale speravo di trovare le persone a me più care” nel dire questo sollevò
lo sguardo e lo puntò con decisione negli occhi dei suoi due amici che stavano
in piedi appoggiati allo stipite.
“Come vedete non
sono venuto da voi, è vero, ma sono tornato per voi”.
Blaise non disse
nulla, in modo da non doversene pentire più in là, ma rientrò nella stanza e si
sedette di nuovo sul divanetto, questa volta con una posa piuttosto rigida.
Accanto a lui si sistemò Michael che gli diede un paio di pacche sulla spalla
per tirarlo su.
“Quindi la tua
bacchetta non si trovava perché ce l’avevi tu” osservò Harry.
“Quella è stata
una pecca nella messinscena, ma era troppo rischioso abbandonare la mia
bacchetta, mi sarei ritrovato disarmato e circondato da nemici.
Quando poi sono
tornato a scuola, ho scoperto che tu avevi deciso di indagare sulla mia morte
ed io ovviamente non potevo permettertelo perché rischiavi di far saltare la
mia copertura. Avevo preso moltissime precauzioni, avevo cambiato il mio
aspetto, mi ero perfino reso indisegnabile in modo che non fosse possibile
scoprire la mia vera identità neanche con la magia, ma tu rischiavi di mandare
a monte tutto. Quando poi ho scoperto che per giocare al piccolo investigatore
oltre a mettere in pericolo la mia vita lo facevi anche con quella delle
persone a cui volevo bene e delle persone a cui mi stavo legando, beh lì non ci
ho visto più e ho avuto la seria intenzione di farti fuori, davvero. Forse devi
la tua sopravvivenza fino a questo momento solo all’intercessione di Hermione
che ha cercato di farmi vedere i tuoi lati positivi. Ha affrontato un’impresa
titanica, poverina!” disse battendole qualche delicata pacca sulla mano e
ricevendo in cambio una linguaccia che fece scoppiare a ridere tutti.
“Ecco perché
conoscevi il duello con la spada” esordì Neville, della cui esistenza tutti si
erano dimenticati visto che era restato perfettamente in silenzio e immobile fino
a quel momento.
“Si, nella mia
famiglia si impara a duellare fin da bambini in modo da padroneggiare
quest’arte una volta adulti”.
“Ma cosa
vogliono dire le due lettere incise sulla lama?” chiese allora Hermione
incuriosita.
Draco allungò la
mano sul comodino e prese la catenina con il ciondolo, osservandolo per qualche
secondo appeso tra le dita, poi lo strinse nel palmo ed evocò la sua spada.
Dall’elsa si formò una lama di cristallo lucente e dritta, non più la terribile
arma uncinata che era stata fino a poco tempo prima, ma una semplice spada,
adatta ad un ragazzo che aveva finalmente trovato la pace. Proprio sotto l’elsa
erano incise le due lettere gotiche S.P. che Draco accarezzò con le dita.
“La spada la
fece forgiare mio padre e vi fece incidere queste due lettere perché non
dimenticassi che per la nostra famiglia le cose più importanti erano il potere
ed il prestigio. Slyherin Prince, questo dovevo essere, prima ancora di essere
Draco Malfoy”. Draco riportò la spada alla forma originaria di cristallo che
ripose di nuovo sul comodino accanto al suo letto.
“Quando ho
scoperto delle indagini che avevate deciso di fare sulla mia morte mi sono reso
conto che potevate scatenare un casino e parecchia gente avrebbe rischiato
inutilmente la vita. Non potevo credere che San Potter in persona avesse deciso
di chiedere giustizia per il suo nemico di sempre. E così oltre a preoccuparmi,
sono anche dovuto correre ai ripari. Ho fatto sparire il corpo che giaceva
nella mia tomba, perché chiunque fosse andato a controllarlo avrebbe trovato
un’altra persona. Quell’incantesimo per quanto potente non è eterno. Ho dovuto
anche manomettere il rapporto degli Auror e vi assicuro che non è stato
facile. Per fortuna sono un vero mago con i Confundus! – affermò compiaciuto
guadagnandosi però un’occhiataccia dalla sua ragazza – E quando poi mia madre
ti ha detto del Voto Infrangibile, lì ho veramente temuto che avreste scoperto
tutto. Severus non era morto, semplicemente perché aveva fatto tutto quanto era
in suo potere per proteggere la mia vita, soprattutto dal momento che non ero
davvero morto. Sinceramente lo rimpiango, era un grande uomo. E’ vero, ha
ucciso Silente, ma glielo aveva chiesto il preside in persona tempo prima
sapendo che era condannato da una maledizione che lo aveva colpito. E poi lo ha
fatto anche per difendere me, perché non mi succedesse niente. Lo avete sempre
disprezzato e sottovalutato ma era l’uomo migliore che abbia mai conosciuto”.
“Hai ragione, è
stato un grande uomo. Alla fine ha fatto saltare la sua copertura per uccidere
Nagini prima che il serpente mi raggiungesse. Si è sacrificato perché potessimo
vincere questa guerra” intervenne Harry, poi istintivamente si tastò la tasca ma
non indossava più i vestiti che aveva durante la battaglia ed un vago senso di
panico si impossessò di lui.
“Tranquillo ce
l’ho io” disse Pansy tirando fuori dalla tasca la fialetta contenente la
lacrima di Piton, al che Harry tirò un sospiro di sollievo mentre si
riproponeva di vedere quel ricordo al più presto.
“Domenica
mattina ci sarà una cerimonia in suffragio delle persone che hanno perso la
vita in questa terribile guerra. Non so se troverò la forza di andare, anche se
vorrei con tutto il cuore, per dare l’ultimo saluto a tante persone a noi
care”.
“Chi… chi è
morto?” chiese Harry deglutendo e stringendo le lenzuola nei pugni così forte
da farsi sbiancare le nocche.
E mentre i
ragazzi facevano un lungo elenco i volti di Lupin, Tonks, Fred, Colin e tanti
altri passarono davanti agli occhi di Harry, dai quali scesero due grandi
lacrime che lui non si curò di trattenere e che si infransero contro il
lenzuolo. Nessuno lo prese in giro perché gli altri erano nelle stesse
condizioni. Perfino Draco aveva gli occhi lucidi ed accarezzava dolcemente i
capelli di Hermione che piangeva con rumorosi singhiozzi con il busto
totalmente appoggiato alle gambe del suo ragazzo, nascondendo il viso contro le
coperte.
“E’ morto anche
il professor Thunder” disse Draco dopo diverso tempo per spezzare quel silenzio
così pesante. Hermione alzò finalmente la testa dalle gambe del ragazzo.
“Addosso gli
hanno trovato una treccia di capelli chiarissimi intrecciati con altri capelli
biondi ma più scuri. Adesso è insieme alla sua Grace” terminò Hermione facendo
nascere un’espressione serena sul viso di Harry, che chiese poi: “Che ne è
stato del corpo di Voldemort?”.
“Si è
completamente dissolto, non è rimasto nulla. Non sarà possibile resuscitarlo
un’altra volta” rispose Blaise intuendo i pensieri dell’amico.
“E gli altri
Mangiamorte?”
“Quelli che sono
sopravvissuti alla battaglia adesso sono rinchiusi al sicuro ad Azkaban e non
ne usciranno tanto presto” disse duro Draco.
Harry si limitò
ad annuire e a stringere la mano di Pansy, trascinandola fino a farla sedere
sul suo letto accanto a lui per abbracciarla forte.
Anche Hermione
si accoccolò contro il corpo di Draco che per quanto debilitato gli trasmetteva
comunque sicurezza. Luna e Neville si strinsero la mano e si guardarono con occhi
dolci finchè Blaise sbottò piagnucolante: “Non è giusto voi state tutti
insieme! E io sono rimasto da solo, non c’è nessuno che mi voglia abbracciare o
che mi faccia gli occhi dolci!”.
Michael, seduto
accanto a lui, si allungò verso il vaso di fiori e ne estrasse una bellissima
rosa rossa che porse a Blaise sbattendo furiosamente le ciglia. “Se vuoi ci
sono io” gli disse con voce seducente prima di sbottargli a ridere in faccia,
guadagnandosi un poderoso pugno sulla spalla.
“Molto
divertente Corner, davvero molto divertente” rispose Blaise con un ghigno
sadico che non presagiva niente di buono.
Harry guardò
tutti i suoi amici, passando in rassegna quell’improbabile combriccola che si
era formata e che lo aveva accompagnato durante tutti i momenti più importanti
degli ultimi mesi, che aveva sempre creduto in lui e che lo aveva sostenuto.
Era grato ad ognuno di quei ragazzi perché gli aveva dato qualcosa, lo aveva
arricchito dentro. Poi con un gesto sbadato si sfiorò la fronte.
Non sentiva
nessun fastidio, non sentiva niente.
*La cicatrice non
gli faceva male. Andava
tutto bene.*
FINITE
INCANTATEM
Madame's Space: la fine è arrivata anche per questa storia. La più lunga che io abbia mai scritto, ma anche la più complicata e la meno seguita. Tuttavia ho deciso di completarne la pubblicazione per chiudere definitivamente con un lungo periodo della mia vita. Se avete osservazioni o critiche costruttive come al solito sono a vostra disposizione. Tuttavia vorrei chiedervi un consiglio. Nell'intento di mantenere il mistero non ho indicato tra i personaggi la coppia principale, tuttavia vorrei sapere se secondo voi è il caso, visto che tanto la vera identità di Bryan è il segreto di Pulcinella e l'avete scoperta tutti subito.
Vorrei segnalare inoltre la presenza di due citazioni riprese dai Doni della Morte, comprese tra due asterischi.
Bene, non mi resta che salutarvi tutti.
A te che hai accompagnato i miei personaggi nella loro avventura.
A te che hai partecipato al mistero e alla sua soluzione.
A te che hai passato il tuo tempo leggendo la mia storia.
E a tutti coloro che hanno creduto nella magia.
Disclaimer: i personaggi citati, ad eccezione di Bryan Hope, Mathias Thunder e Grace Malfoy, non mi appartengono, ma sono di proprietà di J.K. Rowling, così come l'intero Potterverse.
La storia non è stata scritta a scopo di lucro ma per puro diletto personale.