Film > Thor
Segui la storia  |       
Autore: Silvar tales    03/07/2012    6 recensioni
CAPITOLO 10 pronto al 25 %
[Thor/Loki] [Contesto: post Avengers]
Era sempre andata così, fin dall'inizio. A lui spettava l'umiliazione, la sconfitta, a Thor la gloria e il trono. Non c'era modo di cambiare le cose. D'altronde, se ci fosse stato un modo, Loki avrebbe smesso di lottare già da tempo.
Invece continuava a tramare, ad inventare, a usare il cervello. Proprio perché in cuor suo non vedeva margini di vittoria.
La sua era la natura di un titano. Avrebbe perso, qualunque cosa tentasse di fare, ma vincere non era il suo obiettivo reale. Quello che veramente voleva Loki, arrivato a questo punto e sbolliti gli spiriti caldi dell'adolescenza, era finire la sua storia a testa alta.
Ma prima aveva un altro compito da svolgere.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Loki, Thor
Note: Lime | Avvertimenti: Incest, Mpreg, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cicatrici di ghiaccio


Giunse l'alba del decimo giorno di reclusione.
I segni dello scempio erano presenti ovunque in quella buia cella di prigionia, era sufficiente entrarvi ad occhi chiusi e odorare l'aria, era sufficiente ascoltare le grida e gli ansiti che si consumavano e venivano soffocati in laceranti spire di pianto.
Alcuni strumenti di tortura erano appesi alle pareti della cella e oscillavano come spettri in attesa di essere adoperati. Altri invece, usati di recente, giacevano sparpagliati sul pavimento.
Due dei più ricercati esecutori di Asgard lavoravano attorno al corpo inerte di Loki.
Le punte acuminate d'acciaio scavavano nella pelle come sanguisughe affamate, bucavano brutalmente la cute che rispondeva a quelle insostenibili violenze ricoprendo di uno strato ghiacciato la parte lesa. Un estremo sforzo autodifensivo che il corpo Jotun del giovane Loki metteva in atto, ma a che prezzo...
Il Signore degli Inganni trattenne a malapena un grido mentre avvertiva l'ennesimo sperone acuminato scavargli la carne sottile del ginocchio, rompere le fragili cartilagini e i legamenti. Le braccia, ridotte a due rami nodosi, erano appese alla parete retrostante, strette nella morsa di polsini irti di sottili aghi. Del suo corpo, nudo e devastato dalle emorragie, sembrava rimanesse solo lo scheletro. La tecnica di autodifesa peculiare della sua razza aveva il difetto di essere estremamente inefficace e autodistruttiva sul suo esile fisico, non certo possente come quello di un Gigante di ghiaccio. Il suo corpo richiedeva immani quantità di nutrimento ed energie, e non trovandole nei normali pasti quotidiani, le strappava dalla carne dei muscoli superflui.
Loki infatti non riusciva più a mangiare, qualsiasi cosa ingerisse la rigettava immediatamente. Forse perché faticava a mantenere la consueta sembianza divina conferitagli da Odino e il suo metabolismo Jotun assimilava malvolentieri il cibo di Ásaheimr, o forse per il disgusto causatogli dalle terribili torture cui, ormai da parecchi giorni, era sottomesso.
Uno dei due asgardiani, quello che pareva più giovane e più crudele, gli liberò i polsi dalla morsa, sanguinanti e pieni di minuscoli fori. Loki si accasciò a terra, privo di forze, e un'improvvisa fitta all'addome gli stroncò il già debole respiro.
Qualcos'altro reclamava a gran voce la sua porzione di nutrimento.
Portò una mano a toccarsi il ventre, cercando di zittire l'impellente bisogno di quel bolo famelico.
Ormai non c'era più dubbio.
Dentro di sé cresceva il figlio illegittimo della stirpe reale di Asgard.
«Portami la mistura acida che ti avevo fatto preparare...»
I suoi due aguzzini si atteggiavano da freddi professionisti, badavano bene a non sporcarsi le mani del suo sangue, si dedicavano con perfezione maniacale alle procedure ideate da chissà quale sadico, trattando la loro preda come fosse un comunissimo oggetto inanimato, privo di coscienza alcuna. Non l'avevano certo malmenato o violentato, quello era il compito che, la sera, spettava alle guardie notturne. Ai miseri che volevano abbattere la loro inettitudine su chi era più debole e miserabile di loro.
Un intruglio simile ad olio bollente gli venne cosparso su tutto il corpo: era freddo, e non gli provocava alcun male, apparentemente.
Loki alzò lo sguardo smarrito verso l'asgardiano che gli stava riservando quel trattamento, che lo toccava con riluttanza e gli cospargeva quell'insolita mistura sulle braccia, sulle gambe, sull'addome... Ma il dolore giunse pochi attimi dopo.
L'unguento, se a primo impatto pareva freddo, ora era divenuto insostenibilmente caldo. Ardeva e sfrigolava come le fiamme di Múspellsheimr, s'insinuava nelle cavità sanguinanti delle ferite senza alcun attrito e scavava più a fondo, bruciando la carne e sciogliendo all'istante le deboli foglie ghiacciate che avevano tentato di rimarginare le gravi lesioni.
Loki venne tramortito da quell'inaspettata violenza e si premette con forza una mano sulla bocca, cercando di non urlare. Non era un acido che corrodeva e sfigurava, come si sarebbe aspettato, ma era un intruglio che bruciava, senza tuttavia lasciare segni di abrasioni sulla pelle.
Era evidente che Thor non volesse vedere il corpo del suo bel fratellino irrimediabilmente rovinato.
Le lacrime gli si fermavano sugli occhi, non riusciva a piangere. Il suo corpo cercava di trattenere dentro di sé anche la più piccola goccia di liquido, in reazione alla terribile arsura cutanea.
E mentre veniva consumato da quell'orribile punizione, assisteva alla preparazione della sua prossima tortura.
L'inferno durò fino a sera tarda.
Improvvisamente e senza preavviso venne il silenzio: i due esecutori lasciarono la cella e tutto finì, o almeno per quel giorno. Loki si rannicchiò contro la parete, coprendosi con la solita coperta sporca. Quando i carcerieri entrarono a reclamare la loro parte, il dio non ci fece nemmeno caso. La tortura aveva avuto fine, e non era lontanamente paragonabile al trattamento che gli avrebbero riservato le due guardie. Solo, non appena esse entrarono, rivolse loro uno sguardo deciso e regale, di sufficienza, e si stupì di parlare come parlava un tempo ai servitori.
«Quanto manca?»
«A cosa?»
«Alla mia condanna a morte».
I due asgardiani si guardarono un momento per poi scoppiare a ridere malignamente, credendo che quella richiesta fosse dettata dalla paura.
«Quattro giorni. Non tanto in verità».
E Loki trovò la forza di sorridere. Non tanto.



*


L'atmosfera a palazzo era tutt'altro che serena.
Thor sedeva sul trono, ma non riusciva certo a rallegrarsene. La madre era ancora immersa in un lutto silenzioso, non aveva mai manifestato apertamente il suo dolore, ma proprio per questo le pene che l'affliggevano diventavano più evidenti e pesanti. Nonostante ciò, il fatto che Thor fosse sul trono e che Loki stesse pagando per le sue nefandezze riusciva a rassicurarla sul domani.
Un sentimento impervio e oscuro stava prendendo vita nel cuore della nobile asgardiana, un sentimento d'odio forse, nei confronti del figlio adottivo.
Ma poi, non appena questo timore prendeva forma, ella s'impegnava di scacciarlo dalla mente.
«Madre, non darti pensiero», le sussurrò Thor prendendo una sua esile mano e baciandola, tuttavia con labbra tremanti. Lei scosse la testa, rifiutando quel contatto e indietreggiando per guardare meglio la figura tormentata del figlio.
«Io sono fiera di te Thor, e sono felice di vederti a capo di Asgard, di Ásaheimr, e di tutti i Nove Mondi. So che sarai all'altezza di tuo padre, e noi riponiamo in te tutte le nostre speranze».
Thor le restituì uno sguardo incredulo, come non credesse alle proprie orecchie. Dopo tutto quello che era successo, era innaturale sentire simili parole uscire dalla bocca di sua madre. Thor non era portato per la menzogna, la copertura gli stava stretta, e l'enorme senso di colpa presto sarebbe accresciuto fino a diventare insostenibile per la sua coscienza.
Dette queste poche ma incisive parole, Frigga abbandonò la grande sala regale, non lasciando al figlio nemmeno il tempo di ribattere di fronte a quell'eccesso di fiducia. Egli, per la frustrazione, digrignò i denti e si lasciò andare in una manifestazione rabbiosa, sferrando due possenti pugni ai braccioli dorati del seggio.
Quattro giorni.
Tra quattro albe suo fratello sarebbe morto, e Thor non aveva alcun modo di impedirlo senza danneggiare se stesso. Avrebbe dovuto scegliere tra la sua vita e quella di Loki, e anche se questa era una scelta che aveva già fatto, non era stato capace di rispettarla. Non era coerente con sé stesso, si chiedeva in che modo avrebbe potuto esserlo nei confronti dei suoi cittadini.
In quell'attimo, quasi in concomitanza con l'uscita della regina, fecero irruzione nella sala Sif, Volstagg, Hogun e Fandral interrompendo gli intricati pensieri del re.
«Thor!» Contenti di rivedere un caro amico, sfoggiarono un sorriso sincero, che però non poté essere ricambiato adeguatamente dal semidio.
«Amici miei, mi fa piacere rivedervi!» Li accolse aprendo loro le braccia, lasciando il trono per venirgli incontro. «Quali notizie da Vanaheimr?»
I quattro guerrieri erano infatti tornati da poco dal regno degli dèi Vani, in qualità di ambasciata pacifica di Ásaheimr. Un'ambasciata pacifica pronta tuttavia a combattere in caso di fallimento dei negoziati.
Parlò Fandral: «a detta loro, sono in lutto per il grande Odino, e pongono gli omaggi alla tua nomina ma...»
Lo spadaccino si bloccò, guardando confuso gli altri, come se non si volesse addossare la responsabilità delle sue parole. Continuò allora Hogun: «...ma noi abbiamo il sospetto che vogliano approfittare di questo periodo di vuoti di potere per imporre la loro supremazia sui Nove Mondi, per minare l'egemonia di Asgard. Il tuo nome, Thor, non fa ancora paura quanto il nome di Odino».
«Allora lo farò diventare temibile tanto quanto quello di mio padre», asserì il semidio, mosso da un improvviso moto d'ira all'idea di non essere rispettato. Lo stavano sottovalutando, Vanaheimr si faceva beffe di lui, e assieme a Vanaheimr chissà quanti altri mondi a partire da Jötunheimr tramavano di rovesciarlo.
Immerso in pensieri molteplici, uno più tormentato dell'altro, Thor si diresse verso l'uscita della sala, deciso a liberarsi della presenza di coloro che aveva sempre considerato degli ottimi compagni e confidenti, nonché amici. Ma stavolta non avevano fatto altro che aumentare le sue preoccupazioni.
«Dove vai?» Chiesero all'unisono, confusi davanti alla reazione del dio del tuono.
«Lady Sif, vieni con me», disse soltanto Thor, lasciandosi alle spalle l'indesiderata compagnia e uscendo dalla stanza dei ricevimenti.
La giovane seguì il re senza alcuna esitazione, raggiungendolo lungo i corridoi illuminati dalle torce. Poteva intuire - sebbene in modo del tutto distorto - i suoi sentimenti: odio e rancore verso Loki, dolore e tristezza per la morte di Odino, timore di sostenere il nuovo incarico affidatogli. Era del tutto normale che si comportasse in modo strano e diverso dal solito, in un modo che non gli si addiceva.
«Senti Thor, io posso capire come ti senti, ma ora dovresti cercare di riordinare le idee e iniziare a governare. I tuoi sudditi nutrono una grande fiducia in te, e anch'io sono sicura che saprai eguagliare, se non addirittura superare tuo padre».
Thor tentennò un momento a quelle parole e si bloccò, tuttavia continuando a dare le spalle a Sif.
Fiducia, fiducia... possibile che tutti gli asgardiani nutrissero questo smisurato sentimento di amore e fiducia in lui? Forse aveva ragione Loki, Asgard era un popolo di stolti che non sapeva riconoscere i suoi nemici.
«No, tu non puoi capire come mi sento», disse prima di continuare a percorrere i lunghi corridoi dorati, lasciando che il viso di Sif si colorasse di delusione.
Una delusione tuttavia che sarebbe svanita di lì a poco. Thor la portò nei suoi alloggi, nel giardino dove, da bambini, lui e suo fratello passavano gran parte del tempo. Un esiguo stagno verde d'alghe gracidava sommesso, e le libellule ronzavano contente della frescura notturna. Il semidio si fermò tra la ghiaia, guardando pensoso la luna e i pendii boscosi di Azüle che si scorgevano in lontananza, tra le nuvole. E finalmente si decise a voltarsi verso la ragazza.
Le mise due forti mani sulle spalle e le rivolse uno sguardo indecifrabile. Non vi era più né rancore, né tristezza né paura nei suoi occhi chiari, vi era solo caos, confusione, indecisione.
La bella combattente provò allora ad aprir bocca, ma Thor si affrettò a bloccare le sue parole con un bacio profondo e violento. Un bacio che nulla aveva a vedere con quelli casti e soffusi che si scambiava con Loki.
Gli occhi castani di Sif si dilatarono per la sorpresa, poi, resasi conto di quel che stava accadendo, li chiuse appagata e trionfante. Thor non aveva smesso di pensare a lei.
Dopo alcuni turbinosi attimi, il semidio lasciò le labbra gonfie e bagnate della ragazza, e la guardò deciso.
«Io ti voglio come mia regina».
I suoi occhi si accesero di stelle.
Le lune assistettero silenziose e distanti a quelle parole, la natura circostante continuò nel suo moto perpetuo, i profumi, i suoni, i colori, ogni cosa era come prima.
Eppure nel cuore di Lady Sif era scoppiata una tempesta.
Chi l'avrebbe detto che sarebbero bastati dei vecchi sentimenti e dei buoni propositi per domare un'amazzone.



*


Loki non riusciva a prendere sonno, sebbene sul suo corpo gravasse una stanchezza immane. Una guardia giaceva al suo fianco, addormentata, provata dall'amplesso. Guardò il suo viso con disgusto e altezzosità, con un cipiglio regale che, nonostante tutto, gli era rimasto. Gli venne naturale chiedersi a che limiti potesse arrivare la meschinità di Asgard.
In quell'inferno l'unica luce incorrotta pareva essere quella creatura che lottava disperatamente tra la vita e la morte, nel suo ventre, ignara che il luogo in cui cresceva, apparentemente sicuro, sarebbe stato annientato di lì a poco.
Avrebbe dovuto odiare quel bambino? No. Non ci sarebbe riuscito nemmeno se avesse voluto. Era parte di sé, e dopotutto era stato concepito in una notte d'amore. Inoltre per uno Jotun ermafrodita era impossibile riuscire ad odiare il proprio figlio, la condizione ambigua di Loki rafforzava il proprio affetto materno. Era una sensazione che da un lato lo spiazzava, non aveva mai sperimentato nulla di simile, anche se sapeva di essere dotato di tali capacità; dall'altro, trovava la cosa del tutto naturale, conforme alla sua indole.
Mentre era così immerso nei suoi pensieri, giunse l'alba. Un pallido raggio s'insinuò attraverso uno spiraglio della guardiola: incominciava un altro giorno di torture.
Il dio degli inganni acuì i suoi sensi e si mise sulla difensiva, come una gatta minacciata protegge i propri piccoli. La notte era stata più breve del previsto.
Le porte di sicurezza si aprirono con uno scatto, e gli venne portato il primo pasto. Stavolta il ragazzo si sforzò di ingurgitare qualsiasi cosa gli dessero di commestibile, cercando di non vomitare. Deglutire gli provocava un dolore immenso, come se avesse l'esofago lacerato da mille ferite pulsanti, ma doveva cercare di mangiare.
Forse fu il leggero recupero di forze a farlo tornare, per la seconda volta, nella sua forma femminile.
Cauto e spaesato, toccò quell'insolito corpo di donna, i fianchi più larghi adatti per dare alla luce un bambino, il seno più gonfio del previsto, i capelli lunghi e mossi. L'unica parte del corpo che riconosceva come propria erano le gambe, lunghe, snelle, glabre.
Spaventato che gli esecutori tornassero da un momento all'altro e lo scoprissero in quello stato, Loki si rannicchiò ancor di più contro la parete per nascondere le sue fattezze. Forse era solo un'impressione, ma gli pareva che il feto vivesse meglio in quel corpo. Per portare avanti la gravidanza nei migliori dei modi, probabilmente avrebbe dovuto cercare di rimanere il più possibile in quella forma.
Ma per il momento, tutti questi pensieri erano vani. Tre giorni più tardi sarebbe morto, e con lui il bambino che portava in grembo.
Accecato dall'ira, non si accorse nemmeno di essere tornato nella sua consueta forma maschile. Era una cosa che sfuggiva dal suo controllo, che non poteva decidere razionalmente, e questo lo allarmava non poco.
Pochi minuti più tardi, la porta di sicurezza si aprì nuovamente.
Ansante e spaventato, Loki fissò negli occhi i suoi due aguzzini che entravano nel loculo.
«Sei già sveglio, tanto meglio».
Alle parole tonanti dell'asgardiano, si ridestò anche il carceriere addormentato. Scattò goffamente in piedi e rivolse uno sguardo di scusa ai due nuovi arrivati, prima di dedicare un ultimo sprezzante calcio al condannato. Quest'ultimo strinse i denti e sopportò, deciso a non mostrare segni di debolezza davanti a simili vigliaccherie.
«Scusate, questa feccia Jotun mi avrà incantato con qualche stregoneria». Detto questo, la guardia lasciò in fretta e furia la stanza, seguito dallo sguardo pieno di risentimento di Loki.
I due carnefici iniziarono a preparare con impensabile freddezza la prossima tortura: un cilindro di vetro con un ago all'estremità, riempito di un liquido color elettrico per nulla rassicurante. Loki cercò di esaminare la sostanza osservandone il colore e la consistenza: probabilmente era un debole veleno che gli avrebbe potuto provocare contrazioni, spasmi, bruciori intensissimi. O forse era una droga, una sostanza stordente.
Dopotutto lui era condannato a morte, era possibile che gli somministrassero una mistura che l'avrebbe ucciso a lungo termine, o comunque qualcosa di altamente pericoloso.
«Ora cerca di calmarti», disse in tono autoritario uno dei due asgardiani mentre, con braccia forti, gli bloccava i movimenti. L'altro avvicinò la siringa alla sua pancia magra e scoperta, per iniettargli la sostanza nel corpo nel modo più efficace possibile.
Fu in quel momento che, per la prima volta, il panico investì Loki tutto d'un tratto, come un turbine che gli annebbiava la ragione, e l'istinto gli ordinò di ribellarsi.
«NO!»
Scosse forte la testa e tentò inutilmente di divincolarsi, di fare resistenza alla morsa ferrea della guardia, ma a nulla valevano i suoi sforzi. Non era mai stato dotato di particolare forza fisica, nemmeno in condizioni normali. L'unica via d'uscita che gli restava era la supplica, o l'astuzia.
«No, ti prego, fermati...»
Loki chiuse gli occhi e strinse le labbra; tremava, i brividi lo avvolgevano. Se quell'ago fosse penetrato all'interno del suo ventre e avesse rilasciato quella sostanza proprio a contatto con il bambino, l'avrebbe sicuramente ucciso. Infine comprese che l'unica speranza alla quale poteva aggrapparsi era dire la verità.
«Dite al vostro signore Thor che...»
Si bloccò, non riconoscendo la propria voce. L'esecutore si era fermato, ed ora lo guardava attonito, mentre l'altro aveva allentato d'istinto la presa.
«E... e tu chi sei?» Balbettò spaesato uno dei suoi carnefici.
Il dio degli inganni allora si rese conto con terrore che aveva nuovamente acquistato fattezze femminili. Ecco spiegato lo smarrimento dei due aguzzini e il cambiamento di voce. Il fisico gli si era affusolato, ristretto in alcune parti e dilatato in altre, secondo un criterio che, nelle sue condizioni, non riusciva a controllare. Quel corpo era fastidioso, e se possibile ancor più vulnerabile. Loki cercò di raccogliere le gambe per nascondere la propria intimità, ma ottenne il solo risultato di scivolare maldestramente sul pavimento bagnato; i piedi e le caviglie si costellarono di schegge di vetro.
Tuttavia tentò di non perdere il controllo, e ripeté deciso ciò che aveva cercato di dire pochi attimi prima.
«Dite al vostro signore Thor che suo figlio cresce dentro di me, almeno che sia consapevole di aver stroncato non una ma due vite».
I due esecutori si alzarono in piedi, prendendo le distanze da quel fragile corpo di donna ch'era comparso sotto le loro mani. Uno di loro s'azzardò a parlare, puntando un dito tremante contro Loki in verso accusatorio.
«Tu... che storia è questa? Credi forse di salvarti dalla morte raccontando simili menzogne?»
«E credi forse d'incantarci con quel grazioso aspetto? Infido serpente!»
Il ragazzo ricevette un calcio ben assestato sull'addome, e urlò d'istinto, circondando con le braccia la parte dolorante. Pregò che quel debole cuore che batteva nel caldo del suo ventre non si spegnesse.
«Ebbene sia, racconteremo al figlio di Odino quest'interessante storiella, e provvederà egli stesso ad allungarti i giorni di tortura per le tue sporche bugie!»
Loki alzò appena il capo per scorgere i suoi aguzzini che lasciavano la cella, irati, intimoriti e confusi.
Una volta che la porta fu chiusa, il ragazzo raggiunse a carponi il recipiente d'acqua e vi lavò il viso sporco di lacrime. Alcune ciocche si bagnarono, galleggiando come fili di seta sulla superficie dell'acqua assieme ai granelli di polvere e ad alcuni insetti. Cercando di non farci caso, raccolse i lunghi nastri castani dietro il capo; era disabituato a gestire capelli così lunghi.
Si toccò timoroso la pancia, cercando inutilmente dei segni di vita. Non aveva modo di capire se il bambino stesse bene o meno, ma qualcosa gli diceva che, se fosse morto, l'avrebbe saputo.
Se invece esisteva ancora una speranza di salvarlo dalla crudeltà di Asgard, allora avrebbe dovuto pensare ad un nome appropriato.



*


Le pareti della stanza di Thor brillavano alla luce del sole mattutino, così come l'intera rocca di Asgard. I drappi rossi e bianchi ondeggiavano come murene, sospinti dal vento leggero; il profumo dei fiori e delle piante grasse si insinuava nella camera, fondendosi con l'odore delle candele spente; un allegro rumore d'acqua si alternava al canto degli uccelli e al fastidioso squillo delle trombe in lontananza.
Gli ambienti sfarzosi del palazzo di Odino meritavano a pieno il nome di dimora degli dèi.
Lady Sif giaceva addormentata, con la testa adagiata sul forte petto di Thor. Le coperte aggrovigliate, i vestiti sparsi, piccole tracce di sangue sulle lenzuola, molti particolari in quella camera erano testimoni della notte passionale consumatasi da poche ore.
Forse per la stanchezza, forse per la serenità in cui era immersa, la guerriera asgardiana era ben lontana dal risvegliarsi. Anzi, il suo inconscio era impegnato a rievocare momenti passati, sepolti ormai da molto tempo. Forse erano stati i rumori, i profumi a richiamare nel presente quel ritaglio dimenticato.
Il mondo onirico prendeva forma, rielaborava immagini reali e sbiadite, raccontava i tormenti della psiche
come solo un libro aperto poteva fare.

Erano sedute su un ponte lucente, un'arcata che sovrastava uno stagno zeppo di pesci e ranocchie.
Lady Sygin rimirava l'acqua verde e di tanto in tanto gonfiava le guance, osservando indispettita il proprio riflesso. Lady Sif pettinava i suoi lunghi capelli biondi, di cui andava tanto fiera, ma allo stesso tempo puliva le armi sotto una gorgogliante cascatella. Al contrario dell'altra, ella aveva un'indomabile spirito guerriero, perciò non si limitava certo alle indegne mansioni di una comune fanciulla. Quale, a dire di Sif, era Sygin.
«Io vi ammiro Lady Sif, per il vostro coraggio intendo. Nessuna donna di Asgard è valente come voi».
Sif sorrise, sinceramente grata alla ragazza.
«Grazie». Inavvertitamente, urtò col ginocchio una daga, che cadde nell'acqua. Senza commentare, si alzò la veste fino alle cosce e entrò nello stagno per recuperare l'arma. L'imprevisto diede a Sygin l'occasione di cambiare argomento.
«Ma anche voi desidererete qualche attimo di riposo, talvolta».
Sif guardò turbata l'altra fanciulla, issandosi nuovamente sul ponte. «Che intendi dire? Oh, guarda...»
Non molto distante, tra le siepi fiorite e i vialetti di ghiaia, passeggiava Loki, inconfondibile per il portamento regale e distaccato e soprattutto per la chioma scura, rara tra gli asgardiani. Era diretto alla grande serra di vetro, probabilmente in cerca di ingredienti mistici.
Lady Sygin percepì distintamente il cuore accelerare e le guance acquistare un poco di colore in più.
«Mi mette i brividi. Nessun asgardiano sarebbe capace degli intrighi e delle bugie di cui è capace lui, inoltre quando combattiamo in gruppo egli è l'unico a non eccellere nell'arte della guerra, non capisco perché Thor si ostini a volerlo portare con sé. È falso, ha l'animo nero di un traditore».
Le parole di Sif erano colme di astio e disprezzo, così com'era colmo di disprezzo e sufficienza il suo sguardo. Sygin sentì come poche volte un'immensa rabbia montarle nel petto, un desiderio di difendere la dignità e l'onore di Loki, anche se egli non aveva certo bisogno di difensori, tutt'al più deboli come lei.
«...inoltre non ha rispetto, né per i suoi compagni né tantomeno per suo fratello. È un codardo, preferirebbe scappare piuttosto che affrontare una battaglia dalle sorti incerte. Come può sperate di poter scavalcare Thor nella linea di successione? È un folle anche solo a pensarlo».
Sygin non fu più in grado di tenere a freno la lingua, e fissò gli irati occhi azzurri in quelli scuri dell'altra ragazza, cercando di comunicarle in un solo sguardo tutta la sua disapprovazione.
«Sei tu quella che manca di rispetto! Come ti permetti di parlare così del tuo principe? Egli è degno del trono tanto quanto Thor!»
Sif impallidì, confusa e stupefatta dinnanzi all'inaspettata reazione di Lady Sygin.
Trascorsero alcuni attimi d'imbarazzante silenzio, in cui si udirono solo il cinguettare dei pennuti e il gorgogliare dell'acqua, fin quando Sif ritrovò la voce per controbattere.
«Ma che dici? Chiunque preferirebbe Thor». In segno di scusa per la sua impudenza, la guerriera afferrò una mano esile e pallida dell'altra giovane, cercando di farla ragionare, ma ella rifiutò quel contatto e si fece pensosa. Si alzò in piedi e fece pochi passi sul ponte, dando le spalle a Sif. Si scostò i capelli biondi dal viso e diede un fugace sguardo al vicino Arcobaleno Bifrost.
L'aria mattutina era fresca e piacevole sulla pelle, s'insinuava giocosa tra le ciocche, le accarezzava il viso, la confortava e la rattristava contemporaneamente.
«Evidentemente conosciamo due persone diverse. Loki con me è sincero, gentile, dolce. E mi ha sempre portato rispetto».
Sif fu evidentemente sorpresa a quelle parole, non pensava certo che Sygin conoscesse intimamente il principe, ecco il perché di quella reazione, insolita da parte sua. Amareggiata, si morse la lingua, pentita di aver espresso in tutta libertà ciò che pensava.
«Io, ecco, non pensavo che Loki...»
«Sygin!»
Le due giovani si voltarono entrambe, e videro in piedi davanti a loro il ragazzo di cui avevano parlato fino a quel momento. Sul volto di Sygin si allargò un sorriso colmo di gioia, era come se una luce calda e rassicurante l'avesse investita. Ecco come le appariva Loki, luminoso e confortante, esattamente il contrario di come egli appariva di fronte agli altri asgardiani.
La fanciulla non si vergognò di palesare il tipo di relazione che la legava al dio degli inganni, e noncurante si lasciò circondare dalle sue braccia. Stettero interminabili secondi semplicemente stretti, abbracciati l'uno all'altra, comunicandosi in un sol gesto ogni sentimento o paura si potesse dire a parole.
«Loki...» Mormorò Sygin a fior di labbra, chiudendo gli occhi e appoggiando la testa contro il suo torace.
La vista di Sif s'infranse, gli occhi le si annebbiarono.
Razionalmente non comprendeva il motivo della sua tristezza, ma l'istinto le suggeriva una sola cosa: l'invidia.
Nonostante tutto, Loki amava Sygin, mentre lei, Sif, non avrebbe mai ottenuto il cuore di Thor.
Rassegnata, li guardò mentre se ne andavano legati e furtivi.
Due sagome nere controluce.



*


«Sif...» Una voce ruvida e calda la ridestò dai propri sogni. Una mano le toccò i capelli, dolcemente, andando poi ad accarezzarle la guancia.
Sif aprì gli occhi ancora pesanti di sonno, e incontrò quelli azzurri di Thor, colmi di un'amore simulato. Colmi di falsità.
O forse erano solo le innumerevoli preoccupazioni che lo affliggevano ad annebbiare il suo sguardo?
«Mia amata Sif, buongiorno».
Ma la giovane si sottrasse dal suo abbraccio e si alzò in piedi, incurante di mostrarsi in tutta la sua avvenente nudità. Thor seguì i suoi movimenti con uno sguardo perplesso e interrogativo, che Sif si fosse ricreduta? Impossibile, anche nel caso assurdo che non l'amasse, non poteva rinunciare al richiamo del trono.
Ma i suoi dubbi vennero smentiti all'istante dal sorriso che si aprì sul volto della ragazza, che si piegò fino a raggiungere le labbra dell'altro per baciarle.
«Ho bisogno soltanto di riflettere Thor, pazienta un momento e asseconda i tempi di una donna innamorata».
Egli le sorrise di rimando, simulando un'espressione serena e felice finché la giovane non uscì nel giardino retrostante alla loro stanza.
Solo allora poté sfogare tutta la sua rabbia e il suo rancore represso sferrando due pugni al cuscino.
Solo uno stolto come lui poteva continuare in modo così palese a fare la cosa sbagliata, pur sapendo che fosse sbagliata.

La bella guerriera si lasciò andare nella contemplazione del paesaggio, anche se la limpidezza del cielo era minacciata da una coltre di foschia. Le ritornarono alla mente i momenti della notte scorsa, come epifanie sbiadite: gli abbracci carnali ed estenuanti, il corpo forte di Thor, il suo calore. Tuttavia, l'ombra del senso di colpa minava i suoi rosei pensieri.
Loki era rinchiuso in una cella, e tra poco sarebbe stato condannato a morte. Sygin era morta da molto tempo ormai, mentre Sif giaceva indegnamente tra le grazie di Thor.
Ma infine era lei a vincere, lei che sarebbe diventata regina, a fianco di un vero asgardiano. A fianco di Thor Odinson.
La forte luce solare di mezzogiorno le diede sicurezza, e le venne naturale sorridere trionfante, e scacciare tutti i fantasmi che le oscuravano la mente.










.¤.

Note di Silvar: commento su questo capitolo? Lo so, è terribile, lo odio. Mi piace zero, e non lo dico per dire (ad esempio, ammetto che il 4 e il 5 mi piacevano, ma ultimamente non so più scrivere!). La mia speranza è sempre la stessa, che non vi disgusti troppo. Giusto un piccolo appunto, poi corro a scrivere la mia prima oneshot su Star trek (quando l'ispirazione colpisce bisogna assecondarla). 
Il Loki di questa bellissima fan art segnalatami da Destroya è piuttosto fedele al Loki che mi sono immaginata per questa fanfiction, ancora meno "maschile" di com'è in Avengers (d'altronde il fatto che Loki sia effeminato - caratteristica tra le altre cose che adoro - è presente sia nel mito che nel fumetto, suppongo). Effettivamente, un mio errore di coerenza in questa storia è stato averla ambientata in un contesto post-Avengers, ma con un Loki che ha tutte la caratteristiche pre-Avengers. In ogni modo, mi impegnerò ancora per migliorare la caratterizzazione dei personaggi, ancora Loki non mi convince...
E grazie Shania, per il tuo disegno! 
♥ Loki può andare fiero dei suoi figlioletti leggendari, anche se ora ha da pensare ad altri due nuovi marmocchi.
E no, non mi sono dimenticata di Liar, non temete. 

Grazie di cuore a tutti coloro che mi seguono, Ny Början è ancora ben lontana dall'essere terminata.

 


   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Thor / Vai alla pagina dell'autore: Silvar tales