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Autore: Zomi    06/07/2012    6 recensioni
La spalla era viola.
Un viola intenso e pulsante.
Essa sembrava scalpitare dolorante e le piccole vene, che sotto l’epidermide scorrevano, bruciavano roventi sotto quei centimetri bluastri. Nami distolse lo sguardo nocciola dal riflesso della sua spalla destra che lo specchio del bagno le offriva, mordendosi il labbro inferiore per un’improvvisa fitta di dolore. Chiuse gli occhi un attimo, giusto il tempo per reprimere un grido di bruciore, riaprendoli a fissare quella scapola violacea. Un conato di vomito le salì alla bocca della gola, ma sforzandosi lo ricacciò giù nello stomaco...
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nami, Roronoa Zoro, Trafalgar Law, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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ANGOLO DELL’AUTORE:
Capitolo lungo anche oggi e pieno d'errori se mi permettete. Scusate… XD

Zomi
 

 
 
Le costole s’incurvarono verso l’interno della cassa toracica, piegandosi alla forza bruta e violenta del colpo.
Scricchiolando paurosamente, le ossa risuonarono doloranti e in preda al panico, mentre con forza rimbalzavano contro gli organi interni ritornando ad espandersi verso l’esterno del torace.
Il petto della navigatrice rimbalzò sul lettino ortopedico, lasciando che il dolce capo ramato della ragazza oscillasse contro il ripiano placcato.
In un attimo, il tempo che ebbe Chopper per abbassare le zampe lungo i fianchi contro il contraccolpo delle costole, gli occhi di Nami si spalancarono insieme alla sua bocca, rivelando tutto il tacito dolore che essa stava provando e che aveva trattenuto nel suo breve stato di incoscienza.
Un urlo.
Semplice ma che riuscì a squarciare il silenzio che si era creato nell’infermeria, gelando il sudore sulla fronte della renna dottore e fermando il battito nervoso del cuore di Zoro.
Come se fosse appena riemersa da acqua gelida, Nami gridò disperata, rantolando e ansimando in sconsolata preghiera d’aria, mentre le sue mani graffiavano il ripiano medico e i suoi occhi, i suoi bellissimi e profondi occhi color del cioccolato più dolce e denso, si rivelarono bianchi e privi di qualsiasi iride nocciola, spalancati a fissare il vuoto, rincorrendo le grida di dolore che fuggivano dalle corde vocali della rossa.
La schiena s’incurvò verso l’alto, piegando le spalle all’indietro, espandendo al massimo in polmoni, vuoti d’aria ma pieni di paura, che vibrarono rantolando, gridando di dolore.
-AAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHH!!!!!!!!!!!-
Piccole lacrime ardenti scivolarono lente dagli occhi opachi, bagnandole il capo tremante che oscillava tra i crini rossi sparsi sul tavolo, mentre gli arti graffiavano e scalciavano contro un nemico che solo la cartografa riusciva a vedere e combattere.
-Abbiamo guadagnato qualche minuto…- ansimò Chopper, saltando giù dal tavolo medico e correndo verso il ripiano dei medicinali -… il veleno è stato deviato dal cuore verso il sistema nervoso cardiocircolatorio… era l’unica possibilità… ora il cuore batte con vigore per il dolore, ma Nami è in preda ad un incubo terribile per via della massiccia quantità di tossina nelle terminazioni nervose libere…-
La renna armeggiò rapida tra le varie ampolle mediche, infilzando boccette di vetro su siringhe varie, mescolando poi il preparato con movimenti rapidi del polso.
Come svegliato di soprassalto da un sogno, Law scosse la testa per riprendersi, ascoltando i rantoli strozzati e le grida doloranti di Nami coprire le parole del dottore renna. Chiuse gli occhi un decimo di secondo, riprendendo il controllo su di se.
Maledizione!!!
Si era affezionato troppo a quella ragazza, e ora, la possibilità di farla soffrire troppo e di perderla, gli aveva oscurato la mente, rendendolo succube di assurdi dubbi e barriere mediche per lui inesistenti.
Per la miseria, lui era Trafalgar Law, membro della Flotta dei 7, il Chirurgo del Male, colui che aveva donato 100 cuori di 100 pirati al governo mondiale per dimostrare la sua forza, non poteva lasciarsi frenare da uno stupido batterio tossico.
Lui era il miglior chirurgo in circolazione.
–NON SO CHE FARE!!!! NON POSSO FARE NIENTE!!!!-
Aveva urlato contro a Zoro non poco di 5 secondi prima, dimenticandosi totalmente che vi era sempre un modo per salvare la vita ai propri pazienti.
-…CHE CREDI, CHE SIA UN DIO, IO? CHE POSSA CURARE OGNI DOLORE O MALE?!?-
Si, lui era un Dio, un Dio della medicina che poteva concedere la vita a chi volesse e donare la morte a chi la meritasse.
Riaprì gli occhi, ghignando combattivo.
Quell’esile cedimento di debolezza, quel suo unico e solo sfogo d’impotenza, era stato solo un semplice sbaglio della sua mente, annebbiata dal bene che provava per la navigatrice Mugiwara, e che si era lasciata prendere dal panico per paura di perderla, ora che le era amico.
No, mai più gli sarebbe successo ancora.
Digrignando i denti, Law si arrotolò le maniche della maglia, mostrando i tatuaggi neri che lo disegnavano, pronto a salvare la donna che con il suo solo sguardo l’aveva messo alle strette, e che, sebbene non avrebbe mai potuto essere sua, era ormai diventata sua amica, dimostrandogli quanta voglia di vivere avesse e quanto combattiva fosse.
-Chopper…- chiamò la renna -… 10 unita di insulina rapida in arteria endo venosa… dobbiamo far battere quel cuore come se stesse correndo una maratona…-
La renna gli sorrise annuendo, felice di rivederlo in se e pronto a lottare per salvare la sua Nakama.
Il moro, ghignando e preparandosi a riprendere il suo lavoro, buttò un’occhiata su Zoro, ancora lì al suo fianco, ritrovandolo fermo immobile addossato al muro.
Respirava a mala pena, soffrendo insieme alla sua compagna, digrignando i denti e stringendo i pugni fino a ferirsi i palmi delle mani e farli sanguinare. Si sentiva inutile, incapace di difendere la sua mocciosa, sconfitto ancor prima di scendere nel campo di battaglia.
Idrofobo, si morse un labbro tagliandoselo.
No, no, no.
Non poteva perderla ora che era sua, non ora che si amavano.
Eppure non c’era niente da fare. Lui non poteva aiutarla, non poteva affrontare quel male con le sue katane, non poteva ferirlo o allontanarlo da lei. Non poteva fare niente. Era del tutto inutile, paralizzato dalla sua inadeguatezza in quella situazione e dalla terribile possibilità di perdere la sua mocciosa per sempre.
Non sapeva che fare.
Non poteva abbandonarla, ma non sapeva nemmeno come aiutarla…
Avrebbe tanto voluto rompere qualcosa per sfogarsi, ma gli tremavano le mani per la tensione che gli vibrava nelle vene.
-Roronoa…-
Alzò lo sguardo su Law, appena in tempo per vedersi arrivare in faccia il pugno chiuso del chirurgo, che lo smosse dalla sua posizione arrendevole contro la parete. Scricchiolando la mascella, dolorante per il colpo, fulminò con lo sguardo il moro, ringhiando furioso.
-Non ti arrendere, spadaccino…- ghignò il moro, leggendogli l’ira nello sguardo -… lei è ancora qui, sta ancora combattendo, urlando nella lotta e dando tutta se stessa per vivere… se lei non osa arrendersi, non lo fare nemmeno tu…-
Il ghigno tornò ad arricciare le labbra di Zoro, che, smuovendosi le ganasce con una mano, sghignazzò verso lo Shichibukai, annuendo.
-Grazie, ne avevo bisogno… e comunque, tranquillo: non mi do pervinto tanto facilmente, io…- ruggì fiero.
-Bene, perché ho bisogno anche di te e della tua rabbia…-
Con un cenno del capo, entrambi i guerrieri si avvicinarono al lettino medico, dove Nami continuava a dimenarsi ed urlare disperata. Chopper li raggiunse brandendo una piccola siringa contenete un liquido trasparente, che subito ignettò nel braccio destro della ramata.
-Ha un incubo…- spiegò breve Law, preparandosi a ricominciare ad aspirare il veleno dal corpo della navigatrice -… per ora il cuore pulsa contro la tossina, ma dobbiamo cercare di far tornare Nami cosciente o questo intoppo del sistema nervoso ci complicherà il lavoro…-
-Che devo fare?- tagliò corto il verde, afferrando la mano sinistra della ragazza e fermandole l’intero braccio che si agitava dolorante.
-Devi farla tornare con qualsiasi mezzo…- soffiò Law, portandosi dietro alla testa di lei e roteando le mani contro la spalla col tatuaggio, ora nascosto dalla posizione supina della ramata -… se riprende il controllo su di se, riuscirà a calmarsi e a controllare i battiti del cuore…-
-Hai detto che vi serve che il cuore batta a mille…- corrugò la fronte non capendo lo spadaccino.
-Si… ora il cuore deve battere a gran velocità…- annuì Chopper, introducendo una nuova flebo sul braccio destro di Nami, togliendo il precedente che si era staccato rivoltando il suo corpo per la rianimazione -… ma quando toglieremo tutto il veleno, i battiti dovranno scendere in fretta  ma con calma, se non volgiamo che abbia un infarto… ora stiamo introducendo molto sangue per far vivere sia lei che il veleno, ma una volta tolta di mezzo la tossina, l’affluenza entomatica troppo abbondante potrebbe essere eccessivamente forte e far cedere le pareti cardiache…-
-Si, si… ok…- sbuffò Zoro, stanco di tutta quella lezione medica -… tanto sangue per far vivere la mocciosa e il veleno, tolto il veleno ci sarà troppo sangue e il cuore non riuscirà a gestirlo tutto se continua a sto ritmo, per cui la mocciosa deve riprendere la calma e il controllo… porco Roger, Chopper, e parla come mangi…-
La renna arrossì, mentre Law ridacchiò scuotendo il capo.
-Forza…- ghignò prendendo in mano due sue bolle trasparenti -… facciamo l’impossibile…-
Lo spadaccino prese salda tra le sue mani quella tremante e scossa da fremiti nervosi di Nami, mentre Chopper aggiungeva sacche di sangue alla flebo, spegnendo il frequenzimetro e concentrandosi ad ascoltare, con il suo udito sopraffino, il cuore della navigatrice che danzava febbrile.
Chiudendo gli occhi per concentrarsi, Law arricciò le dita delle sue mani, alzandole al viso, velocizzando l’aspirazione della tossina, che, come un fiume in piena, iniziò a sgorgare attraverso l’apertura sulla spalla di Nami, riversandosi gorgheggiando negli Scramble del chirurgo. Chopper, mantenendo una zampa sul polso destro della ramata, ignettò altra insulina nell’avambraccio, mantenendo veloce e rapido il battito cardiaco.
Zoro digrignò i denti, distogliendo lo sguardo dai due medici, posandolo sul viso contratto di dolore e smarrimento di Nami.
Inginocchiandosi a terra, in modo da poterle parlare a livello del viso, strinse con forza la sua mano, bloccandole il braccio sinistro che si contorceva per il male, tentando di aiutare Law nel suo compito.
Il viso della navigatrice era pallido e imperlato di un umido strato di sudore freddo.
Dalle carnose e sbiancate labbra, urla e respiri affannosi, vibravano strozzati, mentre i nivei occhi di lei si spalancavano sempre più ad ogni grido, inferocendo le unghie delle mani che si conficcavano senza pietà nella carne del palmo di Zoro e sul lettino medico, sobbalzando per i suoi calci furiosi che si dibattevano sul ripiano.
-Nami…- ruggì lo spadaccino, sovrastando le sue urla -… mocciosa… sono qui… hai capito? Sono qui… non ti lascio… te l’ho promesso… ti sarò sempre accanto, non ti lascerò mai…- strinse maggiormente la presa sulla mano a cui si era incatenato -… sono qui e non ho alcuna intenzione di lasciarti andare… forza mocciosa, dai… combatti… combatti ancora… lotta con le unghie e con i denti… sconfiggi questo incubo bastardo e torna da me… recupera il controllo su di te e resisti ancora un po’… solo poco ancora, mocciosa… forza… forza… Nami, lotta… hai capito? Devi lottare… Nami, ascoltami, segui la mia voce e lotta per tornare da me…-
Il capo ramato della cartografa picchiò violento contro il ripiano placato, mordendo ferocemente le labbra zittendole per un istante.
-Z-zoro…- mugugnò la rossa, prima di riaprire bocca e strepitare dolorante.
Lo spadaccino strinse le mani attorno al polso della giovane, aggrappandosi ad esso.
-Sono qui, mocciosa… qui… ascoltami e torna da me…-
Nami chiuse gli occhi, continuando ad urlare, mentre un calore forte e pulsante iniziava ad inondarle il corpo.
Sapeva bene che si era addormentata durante l’operazione.
Si era accorta della pesantezza estrema e insostenibile delle sue palpebre che si chiudevano completamente, abbandonandosi tra le braccia morbide e ammaliatrici di Morfeo. Credeva che avrebbe dormito solo pochi attimi, come le succedeva spesso in quei giorni, risvegliandosi subito scossa da un incubo.
Ma così non era stato.
Riaprendo gli occhi, credeva di ritrovarsi ancora nell’infermeria della Sunny, distesa sul ripiano medico e con Law e Chopper che armeggiavano con la sua spalla e Zoro, il suo ghignate e strafottente Zoro, che sbuffava infastidendo il Chirurgo del Male. Ma il luogo in cui si era ritrovata era tutt’altro che l’infermeria del suo Nakama.
Lunghe e bianche mura la circondavano, correndo parallele tra loro, accerchiandola in un silenzioso e glaciale bianco inquietante.
Scossa da un brivido di freddo, la navigatrice si era subito resa conto di sognare, che tutto ciò che vedeva non era altro che un’ulteriore allucinazione che il veleno aveva provocato in lei.
Controllando veloce il braccio sinistro, ora nuovamente bianco e privo del tatuaggio rosso e dell’ematoma viola, aveva accarezzato nostalgica il suo tatuaggio cobalto che le era stato ricoperto dal veleno.
-Bhè… almeno qui ti posso rivedere…- aveva sorriso al disegno del mandarino e della girandola, cercando di trovare il lato positivo della situazione.
Sospirando, aveva alzato lo sguardo al cielo, completamente bianco, macchiato di qualche nuvola sbarazzina nera, che si muoveva lenta e pigra sopra di lei, spiandone i gesti. Nami scosse la testa, incamminandosi scalza seguendo le pareti che la costeggiavano, certa che da qualche parte l’avrebbero condotta.
La ramata lasciò scorrere lo sguardo lungo le mura immacolate, camminando tra loro e seguendone le curvature.
Non camminò a lungo però, prima di rendersi conto che le lunghe pareti si ramificavano in mura più estese e intricate, aprendosi in piccole aperture candide che conducevano in altri corridoi infiniti, e che altre pareti si univano a formare alti muri invalicabili, che si lanciavano in perpendicolare verso le nuvole nere, tentando di accarezzarle  con le loro cime.
Nami corrugò la fronte, ritrovandosi davanti ad un vicolo cieco, che la costrinse a tornare indietro sui suoi passi.
-Uhm…- incrociò le braccia al petto coperto solo dal suo reggiseno -… un labirinto… mi trovo in un labirinto…-
Osservò attenta le mura diafane che la circondavano, cercandovi una qualche caratteristica particolare da usare come punto di riferimento per orientarsi, ma le bianche pareti erano tutte uguali, intonse e mute, senza alcuna distinzione o scalfittura particolare, gemelle in ogni loro singolo calcinaccio.
La rossa sbuffò, portando le mani ai fianchi.
-Perfetto: una navigatrice che non riesce ad orientarsi… lo sapevo che a mettermi con quel buzzurro disorientato mi avrebbe fatto finire in pappa il cervello…-
Alzò al cielo lo sguardo, controllando le nubi, rimettendosi in cammino.
I tenebrosi cirri iniziavano a rumoreggiare brontolando, ingrossandosi e aumentando di volume. Si riempivano pian piano, avvicinandosi sempre più al labirinto, seguendo come segugi la navigatrice, pronti a scaricare pioggia e lampi su di lei.
Nami si fermò ad osservarle, corrugando la fronte e puntando nervosa i suoi occhi su di loro.
-Tre… due… uno…- contò a fil di voce, prima che lievi e silenziose gocce di pioggia iniziarono a lacrimare dalle nuvole, picchiettandosi contro di lei e alle pareti.
Piccole, pungenti e rosse lacrime di sangue gocciolarono dalle nubi addensate, colorando di cremisi le pareti chiare, macchiando il suolo intonso e placcato.
Nami non si smosse, per nulla impaurita dal bagnarsi di quel liquido vitale che pioveva dal cielo. Era stanca di aver paura, stanca di scappare dai suoi incubi.
Se doveva accaderle qualcosa, in quel labirinto sotto quella pioggia di sangue lenta e picchiettante, allora che accadesse. Non aspettava altro.
Era pronta, pronta per affrontare e combattere le sue paure.
Aveva promesso a Zoro che avrebbe lottato con tutta se stessa per sopravvivere al suo male, sfidando ogni tipo di avversario che le sarebbe apparso di fronte per terrorizzarla, con il chiaro e omicida obiettivo di farla soccombere di paura, come già era successo la sera precedente dell’arrivo di Law.
Con sguardo fiero e mani strette a pugno, Nami osservò la pioggia aumentare d’intensità, bagnandola sul torace prosperoso, macchiandole di rosso purpureo il reggi petto e gli short, segando i suoi passi tracciati nel labirinto.
Riprese a camminare, pronta a scansare o evitare qualsiasi attacco che avrebbe potuto colpirla, spuntando improvvisamente da dietro qualche parete, lasciando che le gocce vermiglie le scivolassero tare le dune dei seni, correndo giù lungo il piatto ventre, gocciolando dalle dita e dalle punte arricciate dei suoi capelli.
Non aveva paura.
No.
Sapeva che era tutto un sogno, uno stupidissimo e beffardo incubo, che il veleno le stava provocando intaccando il suo sistema nervoso. Chopper glielo aveva spiegato, la sera precedete a cena, che poteva accadere un evento del genere, e lei si era preparata mentalmente ad affrontare un nuovo terribile miraggio del suo passato.
Camminò ancora, sotto la pioggia, ascoltando attentamente il silenzio che la circondava, studiandone ogni sfaccettatura muta, distinguendo il ticchettio pungente del sangue che gocciava dal cielo dal suo respiro affannato.
Si sentiva stanca, forse per via della camminata, forse per il peso di tutta quella concentrazione estrema, e il fiato iniziava ad esserle corto.
Camminava lentamente, prendendo profondi respiri e muovendo i suoi passi che si appesantivano attimo dopo attimo.
Un giramento di testa, e si ritrovò inginocchiata a terra, ansimando dolorosamente.
D’istinto, si guardò la spalla sinistra, cercandone il tatuaggio rosso, ma non lo trovò.
Vide, invece, sul suo petto, sotto all’unto rosso e coagulato del sangue, una fitta serie di vene viola correrle sul seno sinistro, avvicinandosi pericolosamente al suo cuore.
-Tic tac… tic tac…-
Una risata sadica e grossolana risuonò dall’alto di un muro, ricadendo come vetro sul suolo.
-Tic tac… tic tac… quanto tempo resta alla mia bambolina?... tic tac… tic tac…-
Con un tonfo sordo e rombante, Aarlong si tuffò tra le pareti in cui Nami si trovava, coprendosi dalla pioggia con un leggero ombrello di carta di riso a pieghe d’argento, con su disegnato piccoli gigli bianchi che si macchiavano del rosso scarlatto della pioggia.
-A-aarong…- balbettò Nami, alzando lo sguardo su di lui, respirando faticosamente.
L’uomo pesce le si inginocchiò accanto, coprendola appena dalla pioggia con il suo ombrello, mentre le ghignava in faccia, gustandosi il suo malessere.
Con la mano palmata, alzò il mento di Nami, costringendola a fissarlo dritto negli occhi, mentre sul suo viso squamoso si apriva un ghigno strafottente e vittorioso.
-Il tempo è scaduto, bambolina…- sghignazzò, leccandosi le labbra e facendo bella mostra dei suoi denti aguzzi.
-No…- rantolò lei, liberandosi dalla sua presa e digrignando i denti -… io sono ancora viva… sto ancora lottando…-
Aarlong rise alle sue parole, alzandosi da terra e fissandola divertito della sua situazione. Era lì, sporca di sangue e rannicchiata a terra incapace di alzarsi per via del respiro affannato, debole per quei lunghi 5 giorni di dolore e tormenti, indifesa contro le sue angherie.
-Oggi è il tuo ultimo giorni di vita…- annunciò tronfio, roteando sopra il capo l’ombrello.
-No… sto ancora lottando… non mi sono arresa… ti posso ancora sconfiggere…-
-Uh uh uh… quanto inutile e stupido coraggio…- la derise, schiaffeggiando con la piante del piede la pioggia cremisi che si coagulava sul terreno -… e come credi di contrastarmi? Pensi di poter ferirmi? E con cosa, su, con cosa?-
Il sorriso sardonico del pirata si assottigliò maggiormente, infossando il suo sguardo di catrame contro quello abbassato per la fatica della navigatrice.
-Sei disarmata… sola… senza difesa… sei totalmente in balia del mio volere… non hai alcuna possibilità di scappare o sconfiggermi… rinchiusa nel labirinto del tuo passato… incapace di orientarti tra i tuoi dolori freddi e letali come il ghiaccio… come credi di poter sopravvivere, oggi? Eh? Come?-
Nami, tremante di dolore, rinvigoritosi dal centro del suo petto, come se il veleno si fosse concentrato totalmente lì, si alzò da terra, reggendosi malamente e traballando sui piedi scalzi. Volse, sicura e decisa, il suo denso e travolgente sguardo di cioccolato sul suo ex capitano, sorridendogli strafottente.
-Sei solo un sogno…- sussurrò flebile, accentando ogni sua parola con il suo sguardo canzonatorio e la sua voce leggiadra e autoritaria -… uno stupidissimo e inutile sogno… tu non sei reale… il vero Aarlong, colui che mi ha schiavizzata per 10 anni, sta finendo di vivere i suoi malaugurati giorni a Impel Down, in una fredda e affollata cella putrida di avanzi di galera come lui… tu sei solo un’illusione, niente di più…-
Il suo sguardo insolente e sicuro si posò sugli occhi sottili e iracondi dell’uomo pesce che l’aveva minacciata, ma che sul cui viso non svettava più alcun ghigno vittorioso, ma solamente una ringhiante smorfia d’ira e offesa.
-Lurida donna… inutile essere… come osi? Io un sogno? Io?!?- con ira, Aarlong chiuse il suo ombrello, impugnandolo con entrambe le mani -… se io sono solo un sogno, allora, di certo questo non ti farà alcun male…-
Con scatto agile e improvviso, il pirata si scagliò contro al corpo della navigatrice, che non riuscì a schivarlo o impedirgli di avvicinarsi a causa di un improvviso mancamento di forze.
Sentì forte e doloroso il capo sbattere contro la parete che aveva alle spalle, spinto su di esso dalla presa ferrea e arcigna dell’uomo pesce, che ringhiando l’aveva presa per il collo, bloccandola tra lui e la mura.
-Te l’ho detto, bambolina…- avvicinò le labbra al volto della navigatrice, che graffiava e scalciava contro al peso che le schiacciava la cassa toracica -… oggi morirai…-
Nami urlò disperata e dolorante, sentendo che i suoi polmoni stavano esplodendo per l’assenza d’aria. Sentiva il cuore batterle all’impazzata, risuonando doloroso tra le costole, mentre la testa tuonava di mille rumori e grida.
La pioggia continuava a bagnarli, intoccabile spettatrice di quella violenza.
Le piccole gocce rosse bagnavano anche Aarlong ora, che faceva ruotare nella mano libera, dalla presa sulla gola della rossa, l’ombrello nell’aria. Le lacrime purpuree scivolarono sul filo seghettato del suo naso, picchiettandosi contro il braccio teso dell’uomo, macchiandolo di rosso.
Divertito dai deboli tentativi di liberasi di Nami, Aarlong si leccò sulle labbra alcune gocce di sangue, gustandosi il sapore ferroso e di rame del liquido.
La ramata continuava a gridare, dibattendosi contro la presa stritolatrice di lui, graffiandolo sul polso e sulla mano, scalciando sulla parete bianca a cui era addossata, cercando di liberarsi dal peso del corpo del pirata che gravava su di lei, schiacciandole la cassa toracica e impedendole di respirare.
Rantolò, sentendo l’aria venire risucchiata malamente dentro di se, strabuzzando gli occhi per il dolore lanciante e improvviso che le frammentava il cuore, pulsante indemoniato, che batteva così forte da scontarsi contro le costole che lo proteggevano, finendo per ferirla anche lui.
-Uh uh uh… grida e scalcia quanto vuoi… nessuno ti salverà da me stavolta… sei sola…-
Il ghigno di Aarlong si aprì con gusto sul suo viso, mentre mostrava, nel palmo della sua mano dove pochi attimi prima era stretto l’ombrello, un lungo e affilato pugnale dal manico allungato, simile allo stesso stiletto che Nami aveva usato per ferirsi la mano, fingendo di assassinare Usop ad Aarlong Park.
-Tic tac… tic tac… quanto tempo ti resta? Poco, poco, mia cara, assai poco… e sai la cosa buffa? Eh, la sai? Morirai, oh si, morirai, e sarai sola, sola… come sola sei nata… come sola sei cresciuta… come sola hai vissuto… e come, ora, sola morirai…-
L’uomo pesce alzò il pugnale al cielo, brandendolo minaccioso, ghignando e preparandosi a colpire il petto violaceo di Nami, dove, sotto un fitto intreccio di rami di violacea tossina, il cuore della navigatrice fremeva impazzito dal panico.
Nami fissò terrorizzata la lama scintillare tra le gocce di pioggia cremisi.
Si zittì, fossilizzando il suo sguardo opaco e vitreo sulla lama argentata, rantolando silenziosamente e smettendo di scalciare.
L’adrenalina e il panico si fermarono nella loro corsa sfrenata al suo cuore, immobilizzandosi nelle vene intorpidite dalla tossina che ancora le feriva.
-Hai paura, eh?- fraintese l’improvviso silenzio di Nami Aarlong - Fai bene, bambolina mia, fai molto bene…- le soffiò sull’orecchio, ridendo del suo cuore combattivo che martellava ostinato nel non voler morire, unico segno suonante e vivo della sua riluttanza a non voler sottomettersi a lui.
La ragazza tentò di deglutire, per cancellarsi dal palato l’orrido sapore del panico più acre e acido, ma la presa stretta e d’acciaio dell’uomo pesce sul suo collo glielo impedì, stringendo maggiormente l’appiglio, vietando all’aria pesante della pioggia di rinfrescarle il fiato, aiutandola a respirare.
Smise di agitarsi contro la presa del suo nemico, concentrandosi nel calmarsi.
Aarlong rigirò il pugnale tra le sue dita palmate della mano libera, ridacchiando divertito, mentre fissava lo sguardo perso di puro terrore di Nami.
-Tic tac… tic tac… tempo scaduto… Nami…-
La lama scintillò tra le gocce amaranti del temporale, scagliandosi contro il petto della navigatrice, spinta con sanguinario istinto assassino e goduria dal pirata verso di lei.
Nami non chiuse gli occhi.
No, lei voleva guardarlo dritto nelle sue nere iridi mentre tentava di ucciderla. Voleva che la sua immagine atona e calma nella morte, gli s’imperniasse nel cranio, che i suoi occhi infiammati, bruciavano ancora di vita, segno che lei non si stava arrendendo, ma lottava, lottava ancora.
Gli occhi di Aarlong si spalancarono per la rabbia di veder scomparire dallo sguardo nocciola della ragazza tutto il panico che fino a pochi attimi prima li abitavano, sostituito da una forza ardente e vitale.
-Maledetta arrogante…- ruggì offeso dal suo sguardo combattivo, estraendo iracondo lo stiletto dal suo petto ferito.
-Io sono ancora viva…- sussurrò debole Nami, abbandonando la presa delle sue mani sul braccio che la strozzava -… puoi farmi quello che vuoi, ma io continuerò a vivere… io non smetterò mai di lottare…-
-Stupida!!!! Lottare? E per cosa? Perché? Credi di poter scappare da me?- ringhiò il pirata, alzando nella pioggia il pugnale, pronto a colpirla nuovamente.
-No… io non scappo più…-
Furioso e violento, Aarlong colpì Nami sul petto, a livello del cuore, affondando la lama in profondità, fino a toccarle le corde tese e vibranti del muscolo palpitante, che tuonò violato, sbattendo e dimenandosi ferito tra le costole.
Nami rantolò di dolore, sentendo la fredda e bagnata lama argentata lacerarle la carne, mentre mille grida e rumori ferrosi le risuonavano nella mente, spinti in lei da un luogo lontano e che le giungevano spezzati e confusi.
Aarlong, imprecando contro di lei, spingeva dentro al torace della rossa sempre più in profondità il pugnale, inviandolo in ricerca del suo cuore, odiandogli di smettere di lottare, di cessare di battere così ostinatamente e con così tanto orgoglio di vivere.
Nami tremò di male, aprendo la bocca e tentando di cacciare altre urla doloranti che le risuonarono mute e vuote alle sue orecchie.
Perdutasi di nuovo nel dolore, come spesso le era accaduto in quei giorni, si lasciò cullare dalle voci che abitavano il suo interno, tentando di dagli ascoltarle per avere un po’ di sollievo da tutto quel male.
Una voce, una voce in particolare, forte, potente, energica ma allo stesso tempo dolce e soave, le parlava con vigore, spronandola a non mollare.
-… mocciosa… sono qui… hai capito? Sono qui… non ti lascio… te l’ho promesso…-
La navigatrice sorrise riconoscendola, mentre la lama si spingeva sempre più tra la sua carne.
Zoro.
Il suo Zoro era lì, accanto a lei, nella sua lotta, incitandola a lottare ancora, a non lasciarsi sconfiggere.
-… combatti… combatti ancora… lotta con le unghie e con i denti… sconfiggiquesto incubo bastardo e torna da me… … recupera il controllo su di te e resisti ancora un po’… solo poco ancora, mocciosa…-
Si, aveva ragione.
Doveva lottare ancora, non permettere alla fatica e al dolore di sottometterla.
Doveva riprendere il controllo sul suo corpo e su quell’incubo, controllarlo e sconfiggerlo, combattere ancora come gli aveva promesso.
-…Nami, ascoltami, segui la mia voce e lotta per tornare da me…-
Nami annuì, mormorando appena a fior di labbra il suo nome, sorridendo serafica nel sentirlo così vicino a lei.
-Z-zoro…-
Aarlong ghignò divertito da quel mormorio strozzato e debole, espresso come ultimo desiderio prima dell’arrivo freddo e silenzioso della morte.
-Si, si… invoca il tuo cavaliere senza macchia e senza paura… tanto lui non arriverà mai da te…-
Nami sorrise debolmente, assottigliando lo sguardo e chiudendolo appena. Strinse, senza logica ma certa che vi fosse un qualcosa di caldo e solido in lei, la sua mano sinistra, percependo appieno la presenza del suo buzzurro.
-Si… hai ragione… questa volta lui non verrà da me…- alzò il volto al cielo di nubi corvine, che, incontrandosi con lo sguardo sereno e forte della navigatrice, iniziò a rischiararsi, diradando le nubi che cessarono immediatamente di bagnarla.
-… questa volta…- sussurrò ancora Nami rivolgendosi direttamente all’uomo pesce, che tremò vedendola ancora in grado di parlare e respirare nonostante i suoi colpi mortali al cuore -… questa volta, sono io che trono da lui…-
Iniziò ad urlare.
Con tutto il poco e fragile fiato che aveva nei suoi polmoni, facendo vibrare ferocemente le sue corde vocali e la gola arsa di dolore e fatica, Nami iniziò a urlare ferocemente sotto la pioggia cremisi.
Urlò tutto il suo dolore, la sua paura, la sua tristezza, la sua fatica e la sua combattiva lotta contro Aarlong, che indietreggiò da lei, lasciando cadere a terra il pugnale, sfilato dal petto della ramata, coprendosi le orecchie con i palmi delle mani.
-Smettila!!! Smettila!!!- sbuffava feroce, inginocchiandosi a terra.
-IO SONO VIVA!!!! IO SONO ANCORA VIVA!!!!- gridava con le lacrime agli occhi di felicità Nami, per la semplice e pura verità del suo sfogo.
Lei era ancora viva.
Dopo la morte di Bellmere, dopo 10 anni di schiavitù, dopo una vita d’inferno e dolori, dopo anni bui e silenziosi di notti solitarie, dopo mille avventure pericolose con i suoi compagni, dopo 2 anni di divisione dalla sua nuova famiglia e dopo il tatuaggio velenoso, lei era ancora viva.
Urlò ancora, e ancora, e ancora, fino a consumare ogni briciolo della sua forza, fino a perdere il fiato e la voce, ma non smarrendo mai il suo splendido e solare sorriso ardente di vita.
Si accasciò a terra esausta, piegandosi sulle sue gambe, mentre intorno a lei il labirinto chiaro si sgretolava come uno specchio rotto, e Aarlong, muto e atono, era pezzato come carta dal fuoco, riducendosi ad un semplice e soffice cumulo di cenere grigia, che un soffio di vento apparso dal nulla disperse nell’intonso cielo zaffiro che ora colorava lo sfondo in cui Nami riprendeva fiato.
Sorridendo sfinita dal dolore che ancora provava, ma felice di sentirsi così leggera e libera, Nami si alzò dal terreno celeste, guardò serena alcune piccole e morbide nuvole bianche danzare nel cielo dei suoi pensieri, cancellando ogni singolo dettaglio del passaggio di aarlong e di quella pioggia scarlatta.
Sorridendo, la navigatrice avanzò tra il cobalto del cielo.
Era ora di tornare da lui…

   
 
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