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Autore: Gaia Bessie    07/07/2012    12 recensioni
Iris è una ribelle, Iris odia le persone che la paragonano a sua madre Katniss, Iris vuole distinguersi dalla massa. Storia di una ragazza diversa, di una ragazza speciale.
[Dal testo]
Non sanno che qui, nel riesumato Distretto 12, si riunisce un gruppo di ragazzi di cui io faccio parte. Potremmo sembrare un semplice gruppo di amici, ma nessuno conosce il nostro vero scopo.
Noi riesumeremo gli Hunger Games.
Probabilmente nessuno dei miei genitori sarebbe d’accordo. Loro sono gli sfortunati amanti del distretto 12, sono stati i nostri tributi, hanno lottato nell’arena. Mia madre ha rischiato di perdere mio padre più di una volta, entrambi sognano ancora gli orrori che hanno vissuto.
Non so spiegare perché voglio prendere parte agli Hunger Games. Penso che sia perché voglio eguagliare mia madre, essere l’unica sopravvissuta. Voglio essere speciale.
Nel bosco nessuno può sentirci, nessuno può trovarci. Siamo tredici ragazzi e tredici ragazze, tutti intenzionati a proporci come Tributi per questa nuova edizione degli Hunger Games.
Alcuni di noi cercano la gloria, io cerco di distinguermi da mia madre. Io vincerò gli Hunger Games.
(KatnissxPeeta, OCxOC)
Genere: Angst, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Finché morte non ci separi'
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Finché morte non ci separi
I: Opaco


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In qualche modo, il tempo passa. Le ventiquatt’ore sono trascorse in fretta, dopotutto.
Dalla mia stanza sentivo le urla di mia madre, anche se non capivo cosa stesse dicendo. Poi ha smesso di urlare ed ho capito che avevano smesso di litigare. Riesce sempre a calmarla, mio padre.
Sospiro. Mi dispiace di aver deluso mio padre, ma dovevo farlo.
A volte, vorrei che lui fosse in grado di capirmi; poi mi ricordo che nessuno sarà mai in grado di comprendermi.
Il vestito azzuro sembra troppo smorto per un giorno importante come questo. Tutto sembra troppo luminoso: il cielo, il sole…
Non penso nemmeno per un momento che forse sono io ad essere troppo opaca.
Mia madre non mi guarda nemmeno. Indossa un vestito rosso, color del fuoco: Katniss, ragazza in fiamme.
Con lei accanto, chi potrebbe guardare me, la ragazza in azzurro, quella che ama l’acqua?
Mia madre tiene la mano di Will, non riesce a lasciarlo. Mio padre ha un braccio attorno alla vita di mia madre, per non farla cadere, per aiutarla ad andare avanti. Non la farà cadere, non riuscirebbe a lasciarla cadere.
Will si aggrappa alla mano di nostra madre, in una muta richiesta di conforto. Ha gli occhi pieni di lacrime che nessuno potrà mai asciugare. Si volta e mi guarda, un secondo soltanto e per un secondo il mio cuore smette di battere.
Che cosa ho fatto? Will…
Mia madre gli accarezza delicatamente i ricci biondi, cercando di confortarlo. Sembriamo quasi dei naufraghi, davanti alla porta di casa, aspettando che venga il tempo di uscire.
So cosa sta pensando mia madre: sta per perdere sua figlia. Forse l’ha già persa.
Non sa che mi ha persa appena mi ha messa al mondo: sono troppo simile a lei, eppure troppo diversa. Sono imperfetta e mi odio per questo. La odio perché mi ha costretta a crescere nella sua ombra. Non capisce niente, la ragazza di fuoco. Sempre occupata la lasciarsi amare da suo marito, non si è mai accorta della figlia ribelle, quella così diversa da lei. Non si è mai fermata un attimo per chiedermi come stavo. Mai.
Mio padre apre la porta e, lentamente, usciamo tutti. La ragazza in fiamme e suo marito davanti, il figlio che le tiene la mano. La figlia dietro, mentre fa finta di non esistere.
Camminiamo, finché non arriviamo al nuovo palazzo di giustizia. Will inizia a tremare, ma nostra madre non se ne accorge, è troppo occupata a sussurrare qualcosa a nostro padre.
-Ehi.- sussurro a mio fratello. –Va tutto bene. È solo una prova. È difficile che sia tu il Tributo. Andrà bene, vedrai.-
-Tu vuoi andare nell’Arena.- osserva il mio fratellino appena dodicenne.
-Io voglio vincere, Will.- rispondo, distogliendo lo sguardo dai suoi occhi grigi. Troppo simili a quelli di nostra madre. Altrettanto difficili da guardare.
-Morirai- osserva, con gli occhi pieni di lacrime. –Non andare.-
Sorrido, mentre sistemo una ciocca di capelli dietro l’orecchio. –Devo andare. Voglio andare.-
Effie Trinket sale sulla pedana, tremendamente opaca nonostante il tailleur azzurro e la parrucca verde. Ripete le regole, anche se ormai le conoscono tutti.
Un ragazzo ed una ragazza verranno mandati nell’arena. Uno dei due, se non entrambi, non tornerà a casa.
Effie fa una pausa e scruta attentamente la folla; trova gli occhi di mia madre e fa un cenno con la testa, dispiaciuta.
E poi inizia a spiegare le regole di questa settantacinquesima edizione richiesta da alcuni giovani dei vari distretti. Sento gli occhi di mia madre perforarmi la schiena, ma non mi giro per incontrare il suo sguardo. Non sono mai riuscita a sostenerlo.
Quest’anno prenderanno parte ai giochi anche i due mentori dei Tributi, scelti dal Tributo stesso o per estrazione, nel caso in cui il Tributo non abbia preferenze.
Will scoppia a piangere. Ha capito che probabilmente perderà una sorella ed un genitore.
-Prima le signore.- mormora Effie, con voce piatta. Tuffa la mano nella boccia di vetro ed estrae un nome. Fa per leggerlo, quando capisco che è il mio momento.
-Mi offro volontaria come Tributo.- urlo e tutti si voltano verso di me.
Ignoro i miei genitori e le lacrime di Will, mentre raggiungo Effie sulla pedana. La vedo anche da qui, l’espressione addolorata di mio padre. Fa male.
-Come ti chiami?- domanda Effie, triste.
-Iris Mellark.- dico, tranquilla.
Sembra voler chiedermi perché mi sono offerta volontaria come Tributo. Non lo fa.
-Hai preferenze per il Mentore?- domanda, cortese.
Sospiro. –Haymtch.- sussurro.
Will non crescerà senza genitori. Almeno questo posso impedirlo.
-No.- sento l’urlo e non capisco da chi proviene. –Mi offro volontario.-
Mio padre mi raggiunge, lascia mia madre a stringere Will. Non lui. Non è giusto.
Effie non fa domande, non sarebbe giusto. Una famiglia sta correndo incontro alla morte, che domande dovrebbe fare?
Si dirige verso la boccia di vetr con dentro i nomi dei ragazzi. Sceglie un bigliettino e lo apre.
Capisco appena vedo i suoi occhi riempirsi di lacrime.
-Willow Mellark- sussurra Effie.
Mio fratello non scoppia a piangere. Cammina lentamente ma ci raggiunge, alla fine. Subito nostra madre è accanto a lui, senza dire una parola.
La Mietitura peggiore di tutti i tempi, probabilmente. I miei genitori non parlano, ma vedo le loro mani intrecciate, i loro volti tesi. E Will che cerca di sembrare coraggioso, ma che, in realtà ha paura e sta trattenendo le lacrime.
-Andrà tutto bene…- sussurra mia madre.
Credo che stia parlando con Will ma, quando mi volto, mi accorgo che l’ha sussurrato a nostro padre. E poi un pensiero prende forma in un angolo della mia mente ed io non riesco a sopprimerlo: a Katniss non importa di noi. Vuole solo tornare a casa e portare con sé suo marito. E forse Will. Io non sono niente.
La mano di Will cerca la mia e vi si aggrappa con tutte le sue forze. È solo un bambino e nessuno si è offerto volontario al suo posto. Il mio sguardo vaga fra la folla, fino a soffermarsi sul ragazzo dai capelli biondi, quello che avrebbe voluto offrirsi volontario come tributo.
China la testa ed arrossisce. Codardo.
-Felici Hunger Games- dice Effie, senza un minimo di colore nella voce. Opaca. –E possa la fortuna essere sempre a vostro favore-
Mia madre annuisce, senza lasciare la mano di mio padre. Dispiace a tutti, sono pochi quelli che amano gli Hunger Games.
Sono pochi quelli in grado di comprendere. No. Nessuno può comprendermi.
Ci fanno salire su un treno, Effie che trotterella dietro di noi. Adesso, Will può piangere.
E piange, stretto fra le braccia di papà, le mani di nostra madre che gli accarezzano i capelli.
Mio padre mi fa segno di raggiungerli, ma io non mi muovo. Resto ferma a guardarli, come se fossi un’estranea.
Mia madre si volta e mi guarda negli occhi, seria e fredda.
-Ascoltami, Iris. Non sappiamo cosaci attende in quell’arena, ma devi promettermi una cosa: devi prenderti cura di tuo fratello. Io e tuo padre potremmo non farcela, ma voi dovete tornare a casa. Se voi riuscite a tornare nel Distretto, andatte da Haymitch. Lui vi porterà da… una persona a cui voglio bene. Mi sono spiegata?- chiede.
Annuisco.
-Non permettere a nessuno di farvi del mare.- aggiunge, con la voce incrinata. –E non sottovalutare mai i tuoi avversari.-
È strano vederla così, un po’ arrabbiata ed un po’ disperata, che cerca di salvare Will. Che cerca di salvare me.
Madre, hai già dimenticato che è tutta colpa mia?
Fa un cenno con la testa, mentre torna fra le braccia di nostro padre. Non ha dimenticato, lei non dimentica niente.
Vorrei dirle qualcosa, dirle che le voglio bene, che torneremo tutti insieme a casa. Non dico niente: io non dico bugie.
-Iris contiamo su di te.- sussurra mia madre. Con una mano mi sistema i capelli e cerca di sorridere, invano. –Sei forte, puoi farcela.-
E poi si allontana, insieme a mio padre, ci lascia soli. Sono sempre sola.
Will corre dietro nostra madre, fa sempre così. Lui non riesce a stare da solo, ha bisogno di qualcuno che si prenda cura di lui.
Io mi rifugio nella mia stanza, senza dire niente. Chiudo gli occhi, mentre mi stendo sul letto.
Non doveva andare così. Voglio vincere, essere speciale. Non voglio che tutta la mia famiglia rischi di morire per colpa mia.
Sorrido leggermente: non sono come mia madre. Lei partecipò agli Hunger Games per salvare una bambina di dodici anni, io sto mettendo a rischio la vita di tutti i miei parenti.
Qualcuno bussa, piano, come se avesse paura di farsi sentire.
-Vattene, Will- sussurro, infastidita.
Una risata e la porta si apre. –Non sono tuo fratello.-
-Vattene- ripeto.
Non mi ascolta. Mio padre si siede sul letto. Sorride.
Odio il suo sguardo. È più insostenibile di quello di mia madre.
C’è troppo dolore sul fondo dei suoi occhi azzurri. Ed io non posso sopportarlo.
Non ci riesco.
Ho voglia di scoppiare a piangere sulla camicia di mio padre, come ha fatto mia madre, più volte. Ma non posso farlo: io non sono mia madre, non sono Will. Io non piango, sono forte.
-Assomigli a tua madre.- osserva mio padre, dolcemente.
Non sa che è l’unica cosa che non voglio sentirmi dire. Io non sono mia madre, non sono un’altra ragazza in fiamme.
-Hai la sua stessa espressione.- continua. –Ma dentro siete diverse come lo è il fuoco dall’acqua.-
-Perché sei qui?- domando. –Vai da Will. È lui ad avere bisogno di conforto, non io.-
-Per l’amore infinito che porto a tua madre.- risponde. –Iris non è arrabbiata con te è solo…-
-Mi odia.- dico, interrompendolo. –Ed io odio lei.-
-Preoccupata.- mi corregge lui. –Iris non devi pensare che tua madre ti odi. Lei ti ama più di ogni altra cosa.-
“Non quanto te” vorrei urlare. Non lo faccio, il dolore negli occhi di mio padre basta, non voglio peggiorare la situazione.
-Ricordo ancora il giorno in cui mi ha detto di essere incinta. Lei diceva di non volere un figlio, ma quando hai scalciato per la prima volta, ha quasi pianto per l’emozione. Iris, tu e tuo fratello siete tutto per noi.- sussurra, mentre mi accarezza i capelli.
-Vai da Will.- ripeto, calma. –E’ lui ad avere bisogno di conforto. Non io.-
-Iris…- mormora.
-No.- rispondo, fredda. –Non sono come mia madre, non sono come Will. Vai da loro.-
Sospira, mentre si alza ed esce dalla stanza.
Ed il mondo torna ad essere opaco.





Bessie’s Corner:
Stranamente, il cap è arrivato prima del previsto °-° Probabilmente dovete ringraziare Emma Wright che mi spinto a continuare questa ff u.u
Vi dico subito che nel prossimo cap avremo un Will un po’… diverso u.u (Non vi dico quanto ho pianto, scriveendo quel cap ç_ç). Il prossimo cap, se va tutto bene, dovrebbe arrivare entro sabato prossimo. Probabilmente Emma mi obbligherà a postare prima xD
Colgo l’occasione per ringraziare le sei persone che hanno recensito lo scorso cap. e tutte quelle che hanno letto\preferito\ricordato\seguito questa ff.
Grazie
Bess

   
 
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