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Autore: lar185    09/07/2012    1 recensioni
Ricapitoliamo: lui si chiama Manuel Green, é al quarto anno, é così bravo a scuola che lo chiamano genio, solitario e introverso, con un sorriso enigmatico...intelligente, anche, le aveva dato quest’impressione. Ma c’era qualcosa, qualcosa che sembrava mancare, era come se tutte quelle informazioni potessero essere assimilate solo grazie ad una colla...qual’era il collante tra quelle informazioni? Perché diavolo non riusciva a togliersi dalla testa la convinzione che Manuel Green fosse qualcosa che non riusciva a capire?
**
- Tocca a te- disse, con tutta l’aria di una provocazione.
Viola esitò un attimo, mille domande le affollarono la testa.
- Quando sei nato?- chiese infine.
- Non puoi farmi la stessa domanda-
- Joel non l’ha mica detto-
Manuel si oscurò per un attimo.
- Ventinove febbraio-
Viola lo squadrò curiosa.
- Mi prendi in giro?-
- Perché?-
- Non esiste il ventinove febbraio-
- Certo. Ogni quattro anni-
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Racconti dell'inverno'
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fiori13

Una pioggerellina leggera cadeva dal cielo, gli alunni entravano uno dopo l’altro nell’atrio parlando tra loro, confondendo le loro voci con il ticchettio della pioggia sull’asfalto.

-         Manuel-

Manuel, Manuel, Manuel.

Una fastidiosa eco risuonava nel suo cervello, Manuel si voltò verso Viola tentando di sorridere.

Il viso di Viola era preoccupato.

-         Cosa succede? Non ti senti bene?- chiese, poggiandogli una mano sulla spalla. Manuel abbozzò un sorrisetto, ogni singola parola che Viola aveva pronunciato gli risuonava nella testa.

-         A dire il vero non tanto…- confessò, tenendosi la testa con le mani.

Viola osservò il suo viso più pallido del solito, gli occhi stanchi.

-         Non hai dormito molto, non é vero?-

-         Non ho dormito per niente-

-         Perché?-

Manuel sospirò, il tono di Viola iniziava a mutare.

-         Credo che sia successa una cosa-

-         Cosa?-

-         Beh non lo so ancora con precisione-

-         Una cosa brutta?-

-         No, no, non credo…-

-         Se non stai bene forse é meglio che vai a casa…-

-         No, devo parlare con Adam -

Viola si irrigidì tutta, abbassò lo sguardo cercando di mascherare la brutta sensazione che l’aveva attraversata nel sentire quel nome.

Manuel le lanciò uno sguardo interrogativo non appena si rese conto della sensazione che aveva provato, alzò le spalle.

-         C’entra lui con il tuo malessere?-

La domanda di Viola sembrava ambigua, Manuel sorrise.

-         Oh Viola, tutti e nessuno c’entrano nei miei malesseri. Il mondo interviene nella mia testa ma allo stesso tempo non é assolutamente colpa sua. Come poter dare la colpa solo ad Adam?-

-         Avanti, smettila con questi giri di parole. Sai cosa voglio dire-

Manuel alzò le spalle divertito.

-         Beh si, forse c’entra lui. Ma non é un vero e proprio malessere-

-         Sei bianco come un cadavere e sono certa che potresti addormentarti da un momento all’altro tanto del sonno che hai!-

-         Non é vero. E comunque soffro d’insonnia, so sopportare bene il sonno-

-         Stanotte non ha piovuto, non hai sofferto di insonnia. Di cos’hai sofferto?-

-         Di mal di sogni-

Viola arricciò il naso alla sua risposta credendo che la stesse prendendo in giro, gli lanciò un’occhiata furtiva.

-         Già, certo. E io sono la regina Elisabetta -

-         Ti dico che é così. E non mi é mai successo prima-

-         Come può venirti il mal di sogni?!-

-         Non si tratta dei miei sogni. Erano i sogni di un’altra persona-

-         E chi é questa persona? É Adam?-

-         Oh no-

-         E chi allora?-

-         Beh, non ne sono ancora sicuro, - Manuel si guardò attorno, poi abbassò lo sguardo verso Viola, - ma credo siano di una persona molto molto distante da noi-

Viola lo guardò interrogativa, Manuel scosse la testa come per liberarsi da alcuni pensieri che lo infastidivano.

-         Manuel, sei peggio di un rebus-

-         Te ne parlerò più tardi, d’accordo?-

Manuel sorrise, si fermarono entrambi davanti agli armadietti del secondo piano.

-         Sei sicuro che non sia niente di grave?-

-         Oh no. Queste cose non devono mai spaventarti-

-         Devo spaventarmi se tu stai male, Manuel -

-         Ma io non sto male. Al massimo ho l’insonnia, e neanche in quel caso dovresti spaventarti-

-         Se dici di aver avuto mal di sogni ed é la prima volta che ti capita sono preoccupata, Manuel, oltre ad essere oltremodo sconvolta-

-         Ma sei brava. Dall’esterno non sembri sconvolta-

-         Prima di conoscerti io mascheravo bene le mie emozioni-

-         Anche adesso le mascheri bene. E’ solo che con me non vale –

Viola abbassò la testa con un risolino, Manuel le accarezzò i capelli.

-         Non preoccuparti, d’accordo?-

-         Se lo dici tu…-

Manuel avvicinò le labbra al suo orecchio, le accarezzò i capelli e poi sussurrò:

-         Stasera ti porto al cinema-

Viola abbozzò un sorriso scostandoti dal suo viso.

-         Non avevi detto di voler andarci?- domandò dolcemente lui con un sorriso.

-         Beh si…-

-         D’accordo allora! Ora vado a parlare con Adam del mal di sogni, dopo ti racconterò tutto-

-         Si, ma…-

-         Non preoccuparti okay?-

-         Ascolta, io…-

-         Ricordati Lois Lane!-

Manuel si allontanò verso l’aula di inglese con un sorriso divertito nonostante l’espressione dell’intero viso contrastasse con esso.

Viola lo guardò andare via, camminare delicatamente come solo lui sapeva fare tra tutta la folla di persone e sparire dopo qualche attimo.

Oh certo, Lois Lane.

Non aveva motivo di stare in ansia perché tanto non ci sarebbe mai stato nessun mostro alieno che avrebbe voluto rapirla, certo, era questo che intendeva. Non importava se lui arrivava a scuola stralunato e pieno di sonno confabulando qualcosa sul mal di sogni, lei non doveva per niente preoccuparsi. Era tutto nella norma.

Il mal di sogni?

Alzò le spalle con un risolino, chiedendosi chi mai sulla faccia della Terra soffrisse di una malattia del genere. Come veniva il mal di sogni? E di cosa si trattava specificamente? Che cosa, stavolta, la sua fantastica mente era riuscita a raggiungere?

Era certa che era stato Adam a far scaturire tutto, era stato lui che gli aveva forse detto qualcosa o esortato a fare qualcosa. Sembrava che lo trattasse come una cavia da laboratorio, altro che ammirazione!

-         Viola!-

Viola si voltò di scatto sentendosi chiamare, vide Luce e Daniel correre verso di lei.

-         Ciao ragazzi- salutò con un sorrisone.

-         Viola, Viola, guardati! Come sei felice! Tutto bene?- chiese Luce poggiandole un braccio intorno alle spalle.

-         Si, certo. Voi?-

-         Benissimo- rispose Daniel raggiungendo Viola dal lato opposto a quello dove stava Luce.

-         Oh già! Ascolta, oggi pomeriggio vieni a prendere un té?- chiese poi Luce con un altro sorriso, - non ci vediamo da un po’…-

-         Si, e mi dispiace, ho avuto molto da studiare…!-

-         Studiare, che brutto verbo!- intervenne Daniel con una smorfia.

Luce si scostò i capelli dal viso, alzò le spalle.

-         Allora, ti va di passare un pomeriggio con i tuoi vecchi amici o ti sei completamente dimenticata di noi?-

Luce finse una smorfia di tristezza, Daniel rise.

-         Oh, ma certo. Volevo appunto chiederti di prestarmi uno dei tuoi vestiti-

-         Un vestito?- chiese Luce stranita.

-         Oh si. Questa sera devo uscire-

Daniel e Luce si scambiarono un’occhiata.

-         Una serata romantica!- esclamò Daniel.

-         Beh, non direi proprio romantica ma…-

-         Oh, d’accordo d’accordo! Metterò il mio armadio a tua disposizione!-

Viola sorrise, Daniel e Luce fecero altrettanto.

-         Anche se io un’uscitina romantica la farei alla Casa sulla Settima Strada…-

-         Daniel vuoi smetterla con questa storia? Viola si pentirà di avertelo detto!-

-         Cosa ho detto di male? Insomma, non dirmi che tu non sei curiosa neanche un po’…-

-         É solo una casa, e adesso che sappiamo chi ci abita ha perso il suo fascino!-

-         Scommettiamo allora che…-

-         Prova a scommettere e perderai mio caro…-

 

 

 

                                                                

 

 

                                                       

 

 

-         E’ stata ad un pic-nic in un enorme prato-

Adam si voltò verso Manuel che si era affacciato alla porta dell’aula di inglese completamente vuota e aveva sussurrato quelle parole.

Inizialmente non capì di cosa stesse parlando, socchiuse gli occhi e la sua espressione divenne interrogativa.

Manuel entrò nella classe e si chiuse la porta alle spalle, si avvicinò alla cattedra non smettendo di fissare Adam.

-         Era in quel prato, ogni tanto la portano lì- continuò Manuel.

Adam si tolse gli occhiali e lo fissò sconvolto.

-         Tu come fai a saperlo?-

-         Dimmi, é la verità?-

-         Si-

Manuel abbassò lo sguardo, sembrò ragionare con se stesso per un attimo.

-         Come fai a sapere queste cose di Annie?- chiese Adam quasi balbettando.

Manuel alzò le spalle.

-         Questo non posso dirtelo- rispose in un sussurro, - ma so che é quel prato-

-         Cosa?-

-         Ogni volta che decidono di portarla in quel prato enorme a fare il pic-nic, -magari é un parco, non so,- lei ha quegli incubi-

-         Io non so se…-

-         Oh si, te lo dico io, é solo in quei giorni. Devono smettere di portarla lì. Quella confusione le da alla testa. Le fa paura-

Adam si alzò lentamente dalla sua cattedra e si avvicinò a Manuel.

-         Non guardarmi in quel modo, Adam,- chiese Manuel, - solo, chiedi a quelle persone di smettere di portarla lì. Così non avrà più incubi-

-         Manuel, io non riesco a capire…-

Manuel rise.

-         Neanche io se proprio lo vuoi sapere, ma so che é così. Lo dirai a Susan?-

-         Oh si, certo, lo dirò a Susan, ma…-

-         No, no, non devi farmi nessuna domanda-

-         Ma…-

-         No-

Manuel fece per allontanarsi, Adam si poggiò alla cattedra.

-         Non riesco a credere che tu l’abbia capito, Manuel -

-         Adesso devo andare a lezione, Adam -

-         Come hai fatto?-

-         Ci vediamo più tardi-

-         Aspetta, aspetta solo un attimo…-

-         Fammi sapere cosa ti dirà Susan -

Manuel aprì la porta della classe e sgattaiolò via prima che Adam potesse aggiungere qualsiasi altra cosa. Era lecito, molto più che lecito che Adam fosse sconvolto e sorpreso di quella notizia, lo era stato anche lui quella stessa notte, quando si era svegliato di soprassalto. Non aveva idea di come avesse fatto ad entrare nei sogni di una persona che non aveva mai visto in vita sua e che abitava a chilometri e chilometri di distanza, eppure era successo. Con la semplice forza della sua mente era riuscito a capire il perché del malessere di Annie, lui, dall’Inghilterra, lui, diciassettenne anonimo, aveva capito cos’é che tormentava i sogni di una autistica ragazza francese senza neanche incontrarla, senza neanche vedere una sua fotografia. Il fatto che ci fossero medici esperti, lì in quella clinica, che probabilmente lavoravano già da un po’ a quel caso, lo faceva rabbrividire. Per un attimo ebbe paura di se stesso, poi sospirò e quella paura passò. Normalità, questo gli aveva detto Adam il giorno prima. Oh certo, normalità. Sarebbe stato più difficile del previsto, adesso che era entrato nella mente di Annie. Ma no, si doveva impegnare. Entrare nei sogni e leggere le emozioni delle persone faceva parte della sua normalità, doveva solo conciliare quei due mondi, attingere a piene mani da entrambe le vite.

Scese velocemente le scale chiedendosi cosa avrebbe dovuto dire ad Adam. Non se ne parlava di confessargli della questione dei sogni, quella era una cosa che nessuno sapeva e nessuno doveva sapere, eppure non avrebbe saputo cos’altro inventare. Sarebbe stato meglio forse se non avesse detto niente e se ne fosse restato zitto, ma no, non ce l’avrebbe mai fatta. Quando si trattava di emozioni, sogni o cose del genere, per Manuel era praticamente impossibile non agire. Come avrebbe potuto restare zitto? E cosa se ne sarebbe fatto lui di quelle informazioni su Annie? Niente, era quindi palese che le aveva ottenute per riferirle ad Adam.

E Adam le avrebbe riferite a Susan. E Susan avrebbe fatto in modo che nessuno portasse più Annie a fare quel maledetto pic-nic.

Sorrise per un attimo immaginando la tranquillità dei sogni di quella ragazza quando avrebbe finalmente smesso di andare lì.

 

 

 

                                                         

 

 

 

Il cielo era rosato quando Manuel e Viola uscirono dal cinema, sorridendo si allontanarono verso la strada che conduceva al parco, ridevano e scherzavano scambiandosi opinioni sul film. Viola ancora rimurginava su tutto quello che Manuel gli aveva raccontato su Adam, Annie e la clinica in Francia.

-         Com’é stato entrare nei sogni di Annie?- gli chiese ad un certo punto, quando si sedettero entrambi sotto un albero del parco.

Manuel le lanciò un’occhiata.

-         Non so descriverlo. E’ stato come ruotare in un vortice e poi cadere su un altro pianeta-

-         Come hai fatto a finire lì?- chiese Viola con un sorriso quasi divertito.

Manuel alzò le spalle con un sorriso.

-         Io credo che ci sia stato un certo qualcosa che mi ha permesso di farlo. Un qualcosa che é difficile incontrare-

Viola si voltò di scatto verso di lui, i suoi occhi fissavano un punto indefinito all’orizzonte.

-         Un…qualcosa?- chiese con un filo di voce.

Manuel girò la testa verso di lei, incontrò i suoi occhi.

-         Quella cosa dalla quale nascono i nostri sentimenti. Forse é mischiato all’anima, non lo so. O forse é a capo anche di questa. Da dove nascono i sentimenti?-

-         Non lo so, Manuel. E’ così strano. Non credevo che loro potessero d’improvviso prendere vita al di fuori di qualsiasi nostro controllo-

La voce di Viola era diventata più sottile, sfiorò le nocche bianche della sua mano stretta a pugno.

-         I sentimenti intendi? Oh, si. Ne sono certo. Quello che ho visto non era una semplice un’emozione, o l’avrei capito, e anche se fosse stata anima. Ma non é ne una e né l’altra. Non posso vederla. É il Re-

Manuel alzò lo sguardo al cielo per un attimo.

-         Il Re?-

Viola alzò di scatto la testa dalla sua mano.

-         Il Re. Lo immagino su un trono, sopra l’anima. Lui decide tutto, tutto quello che un secondo dopo sparge nell’anima, soffiando su una Girandola. E’ il Re sul grande Impero dell’anima-

-         Allora dovrebbe essere un Imperatore-

-         No, mi piace di più il Re-

-         D’accordo. Un Re Girandola-

-         Si, una specie. E se ne sta lì, e nessuno sa che c’é, ma regna sulla nostra anima. Sull’Impero dei Fiori-

-         Impero dei Fiori?-

-         Le emozioni. I Fiori. Ascolta, chiudi gli occhi e immagina, - Manuel poggiò delicatamente le mani sugli occhi di Viola, e quando li ebbe chiusi prese ad accarezzarle i capelli e la fronte, - il Re, seduto su un trono d’oro su un enorme prato, ha in mano una Girandola colorata. Quel prato é l’anima, ed é luccicante e tutta verde. Quando nasce un sentimento, il Re sorride e la girandola inizia a girare vorticosamente, poi si sprigiona un forte vento freddo e sul prato iniziano a nascere fiori di tutti i colori. Le emozioni-

-         Wow-

-         Li stai vedendo? I Fiori?-

-         Si. Sono molto belli-

-         Bene. Adesso puoi aprire gli occhi-

Viola leggermente alzò le palpebre e Manuel fece scivolare via le mani dal suo volto, poi si guardarono negli occhi mentre Viola sorrideva.

-         Ho immaginato il Re- mormorò guardandolo.

-         Certo. E’ facile immaginarlo-

Manuel sorrise a sua volta, la sua espressione era dolce e pacata.

-         Facile immaginarlo, ma non vederlo-

-         Già-

-         Perché tu non riesci a vederlo?-

Ancora una volta la domanda di Viola parve turbarlo, ma un attimo dopo era di nuovo tranquillo.

-         Beh, non posso- rispose.

-         Secondo me puoi-

-         Se avessi potuto l’avrei già fatto, Viola. Evidentemente non é…visibile-

-         E credi che l’anima sia visibile?-

-         Nell’anima ci sono le emozioni -

-         Beh, forse un giorno riuscirai a vedere anche il Re. E’ lui che ha deciso di noi, vero?-

-         In che senso?-

-         Lui ha deciso che noi dovevamo innamorarci. Un giorno ci ha guardati e poi…poof! La Girandola ha iniziato a ruotare. Sarebbe un modo carino per spiegare la nascita dell’amore-

-         Oh, ma di sicuro é così! Lui ha deciso che noi ci saremmo innamorati, e qualsiasi cosa succederà lui resterà fermo sulla sua decisione-

-         Non c’entrano niente gli eventi della vita con lui, Manuel?-

-         Oh no. Anche se vivessimo a chilometri di distanza ci ameremmo comunque. E sai perché? Perché é il Re che lo ha deciso. E lui non potrebbe mai permettere una nostra separazione-

-         Sarà fantastico quando lo incontrerai, allora-

-         Ho visto la sua ombra, credo che possa bastarmi-

-         Oh, ma io sono certa che lo incontrerai. Ti inginocchierai davanti a lui e poi il Re con la sua spada luccicante ti proclamerà Principe dell’Impero dei Fiori-

Manuel rise abbassando lo sguardo.

-         E magari mi darà la sua Girandola-

-         Oh già, dimenticavo!, - Viola si alzò e poggiò la mano sulla spalla di Manuel con atteggiamento solenne, - Manuel Green!,- esclamò controllando il tono di voce, - ti proclamo ufficialmente Principe Indiscusso ed Eterno dell’Impero dei Fiori! E come dono per dimostrarti la fiducia che ripongo in te, ti regalo la Girandola delle Emozioni!-

Manuel prese la mano che Viola teneva poggiata sulla sua spalla e la baciò, Viola sorrideva mentre divertita lo osservava.

-         Sono lusingato Sua Maestà, - mormorò guardandola di sottecchi, - ma non mi sento affatto un Principe-

-         Oh no, Manuel Green, tu non puoi discutere con il sovrano, - Viola scosse la testa con fare severo, - tu sei il mio inviato nel mondo, incontrerai tutte le emozioni che nascono dal mio trono e le condurrai alla felicità-

Viola si inginocchiò di fronte a lui, la punta del suo naso sfiorava il volto di lui.

-         Lei mi sta chiedendo di essere fedele, Sua Maestà, ma c’é una sola Regina alla quale posso essere fedele-

Manuel accarezzò il volto di Viola con la punta delle dita.

-         Non ci sono regine, Manuel Green- sussurrò Viola.

-         Oh, lei non la conosce, Sua Altezza. Lei é una Regina, ed é bellissima-

-         Allora voglio incontrarla, Manuel Green-

 Manuel socchiuse gli occhi sorridendo.

-         Oh, non può incontrarla, Sua Altezza, non può-

-         E perché mai?-

-         Lei vive solo nella mia testa, e io sono rapito dalla sua luce. Mi dispiace Sua Maestà, ho già un regno al quale appartengo-

-         Stai rifiutando il tuo Re, Manuel Green?-

-         Sarò un suo umile paladino, Sua Maestà, ma non posso allontanarmi dalla mia Regina-

-         Ami la tua regina?-

-         Certo, Sua Altezza. Lei é la mia vita –

-         Sai Manuel, anche lei ti ama. Più di ogni altro regno –

Manuel rise, Viola accarezzò i suoi capelli.

-         Non credere che io stia scherzando, Viola- disse dopo un secondo, mentre ancora sorrideva.

-         In che senso?- domandò Viola, allontanandosi curiosa.

-         Risponderei davvero così al Re, se lo dovessi incontrare-

-         Non ci credo-

-         Amo più te che qualsiasi altra cosa. Tu questo devi saperlo-

Manuel le prese le mani, Viola abbassò lo sguardo.

-         Ma lui é il Re. Io cosa sono?-

-         Ma io amo te, non un’essenza con in mano una Girandola-

-         Lui non é un’essenza. Lui é il Re, ed é l’incipit di tutti i nostri sentimenti-

-         Per nessun motivo al mondo potrei venir risucchiato nel mondo dell’anima, Viola. Non preoccuparti-

La frase suonava ironica e sarcastica.

-         É un modo come un altro per chiederti se mi amerai per sempre-

-         Non hai da chiedere-

Manuel le baciò la fronte, gli occhi e le guance fino a scendere alle labbra.

-         Manuel?-

Viola allontanò d’improvviso il viso da quello di lui.

-         Cosa direbbe il mondo se sapesse dell’esistenza della Girandola, Manuel? Nessuno ci crederebbe -

-         Beh, ma la Girandola esiste-

-         Già, ma lo sappiamo solo noi due-

-         Ci sono troppe cose che sappiamo solo noi due-

-         Allora dobbiamo scriverci delle lettere. Un giorno le ritroveranno e diventeremo famosi. Pubblicheranno un libro con le nostre ricerche e scoperte. Dopotutto, non si scrivono lettere solo a persone lontane. Tu vuoi scrivermi delle lettere?-

-         Ti scrivo continuamente lettere-

-         Dici sul serio?-

-         Si, sul serio-

-         E perché non me le fai leggere?-

-         Voglio dartele quando sarà il momento giusto-

-         E quando sarà il momento giusto?-

-         Non lo so. Ma arriverà. Arriva sempre un momento, Viola, un momento giusto-

-         Mi sono sempre chiesta come fanno i momenti ad essere giusti-

 

 

 

                                                         

 

 

Era quasi completamente notte quando Manuel infilò le chiavi nella serratura di casa ed entrò. Aveva fatto così poco rumore che le sommosse voci che parlavano in cucina non si accorsero del suo rientro. Manuel si tolse la giacca e con passi felpati si avvicinò alla cucina, dalla quale sentiva provenire le voci. Parlavano così piano che sembrava stessero sussurrando, Manuel socchiuse gli occhi e sentì un senso di sorpresa, indecisione e confusione sovrastarlo.

Poi riconobbe la voce di Adam.

Fece capolino in cucina e osservò i suoi genitori e Adam che parlavano seduti al tavolo, con una tazza di caffé tra le mani.

-         Oh ciao Manuel!- salutò Adam per primo, con un grosso sorriso.

-         Ciao tesoro!- salutò sua madre, con lo stesso sorriso.

Philip era l’unico che non sorrideva, il suo viso sembrava contrariato.

-         Ciao Manuel- salutò cercando di non apparire nervoso.

Manuel deglutì a vuoto prima di parlare.

-         Ciao a tutti. Adam, cosa ci fai qui?-

La domanda apparve tranquilla anche se dentro di se Manuel sentiva uno strano sentimento crescere. Perché era a casa sua a quell’ora della sera? Cosa stava dicendo ai suoi genitori? Anche questo rientrava nella normalità?

Adam sorrise.

-         Hai dimenticato a casa mia il portachiavi quando sei venuto ieri- disse, indicando a Manuel il suo portachiavi che giaceva sul tavolo della cucina.

Manuel lo guardò sorpreso, per un attimo si sentì in colpa per aver dubitato della buona fede di Adam. Per un attimo aveva pensato che fosse lì per parlare ai suoi genitori della storia di Annie e di quello che gli aveva detto quella mattina a scuola.

-         Oh- disse, scostandosi i capelli dal viso, - ti ringrazio-

-         Di niente. Pensavo di trovarti in casa, poi mi sono ricordato che avevi da fare. I tuoi hanno insistito perché rimanessi e così ho preso un caffé con loro-

La mamma abbassò lo sguardo dolcemente, papà abbozzò un altro sorrisetto. Manuel avanzò verso il tavolo e afferrò il suo portachiavi.

Era un normale ferro di cavallo, glie lo avevano regalato quando aveva compiuto undici anni. Senza sapere perché gli era diventato subito un oggetto familiare e se lo portava sempre dietro.

-         Grazie ancora Adam -

-         Prego, figliolo-

Manuel abbozzò un sorrisetto.

-         Adesso se permettete andrei nella mia stanza. Sono un po’ stanco-

-         Oh ma certo- rispose prontamente la mamma, Adam sorrise.

-         Si, vai pure, non intendevo in nessun modo disturbarti-

Manuel avrebbe voluto chiedergli se avesse ricevuto conferma di quello che lui aveva visto nei sogni di Annie ma non sapeva se fosse il caso di parlarne davanti ai suoi. Dopotutto neanche loro sapevano nulla della faccenda dei sogni e sarebbe bastato pochissimo ad incuriosirli o a farli preoccupare.

Adam lesse nello sguardo di Manuel la sua curiosità ma non disse niente.

Manuel notò che rispetto a come l’aveva lasciato quella mattina in classe Adam si era oltremodo calmato, e adesso gli sorrideva con la stessa tranquillità di sempre.

-         D’accordo. A domani-

-         A domani-

Manuel andò via a passi veloci e salì le scale fino a giungere alla sua camera.

Sentì Laney che ascoltava la musica.

Chiuse la porta della sua stanza e strinse tra le mani il portachiavi che Adam gli aveva riportato. Era stato gentile da parte sua riportarglielo, anche se in definitiva avrebbe potuto aspettare fino al giorno dopo, ormai era sera. Poi pensò che il vero motivo per il quale Adam era venuto era per parlare con lui, cercare di farsi spiegare meglio com’é che aveva saputo quelle cose su Annie senza che nessuno glie le avesse dette. Oh si, doveva pur essere così. Poi però, una volta sulla porta di casa, si era ricordato che lui quella sera aveva portato Viola al cinema, ma ormai era troppo tardi e aveva già suonato il campanello. Così si era scusato per il disturbo, ma la mamma, alla quale Adam fa tanta tenerezza, l’aveva fatto entrare e così si erano messi tutti e tre a bere il caffé. Dopotutto cosa c’era di male?

Niente, solo una strana sensazione.

Le voci soffuse, che parlavano come se stesse succedendo qualcosa. No, no, impossibile, si stava solo impressionando. Che cos’altro poteva star succedendo?

Manuel sospirò e abbozzò un sorriso a se stesso per convincersi che si stava solo suggestionando e che non stava succedendo proprio niente.

Dopo un momento sentì la porta di casa chiudersi.

Adam era andato via.

Dopo un altro momento il suo telefono prese a squillare. Lo afferrò prontamente convinto che fosse Viola, ma quando lesse il nome di Adam sul display rimase attonito e stranito.

-         Pronto?- rispose esitante.

-         Ciao Manuel. Scusami ancora per essere piombato in casa tua senza avvisare- disse subito la voce di Adam, resa metallica dal telefono.

-         Oh non preoccuparti-

-         Ad ogni modo, volevo dirti che mi dispiace per stamattina. Non avrei dovuto insistere quando mi hai detto che non potevi parlare di quello che…beh, di quello che sapevi, avrei dovuto capire che forse sono cose di cui…di cui non vuoi ancora parlarmi, fa sempre parte della tua capacità, questo va bene. E inoltre volevo dirti che ho parlato con Susan e che é vero che Annie é stata molte volte su quel prato a fare un pic-nic con la sua famiglia-

Adam s’interruppe, Manuel alzò le spalle.

Ne era convinto.

-         Hai detto a Susan di non farla più portare lì?-

-         Si-

-         Vedranno che adesso non farà più quegli incubi-

-         Ne sei così sicuro Manuel?-

-         Oh si, devi credermi-

-         Io ti credo. So che quello che mi dici é sempre la verità-

Manuel non rispose, sentì che Adam stava pensando a qualcosa che non voleva dirgli.

-         Ad ogni modo, ci vediamo domani Manuel. Buonanotte- disse dopo un attimo.

-         Ciao Adam, buonanotte-

Manuel attaccò velocemente il telefono e lo posò sul comodino.

Per quasi tutta la notte quella strana sensazione lo invase.

 

 

 

                                                              

 

 

Manuel sedeva sullo sgabellino del pianoforte di Viola, lei gli sedeva accanto su una normale sedia.

-         Stai sbagliando di nuovo- disse Viola dopo un attimo fissando le mani di lui sulla tastiera.

Manuel fece una smorfia e cercò di correggersi, poi Viola spostò le sue dita sui tasti giusti.

Manuel suonò.

Viola sorrise.

-         Questo é l’accordo che ho suonato appena tornata a casa dopo averti conosciuto!- annunciò Viola come se stesse parlando di chissà che cosa. Lui rise, suonò due o tre volte quell’accordo dissonante e poi alzò le mani dalla tastiera.

-         Che dici, sono bravo?- chiese guardandola.

Viola alzò le spalle.

-         Beh, contando che hai iniziato le lezioni di pianoforte da beh, circa cinque secondi, sei davvero un prodigio-

Entrambi scoppiarono a ridere, Manuel si alzò dallo sgabellino.

-         Oh no, perché ti sei alzato? Posso farti vedere qualche altra cosa!-

-         Oh no, lasciamo perdere per favore! So di essere un totale disastro. Suona tu, piuttosto!-

-         Nell’ultima ora ti avrò suonato due o tre pezzi- controbatté lei alzandosi dalla sedia e raggiungendolo dall’altro lato del piano.

-         Si, ma io non sono mica stanco!-

Risero di nuovo, Manuel le baciò i capelli.

Questa era una vera normalità.

Erano passati quattro giorno dal suo sogno su Annie e Adam aveva avuto la conferma di quello che lui aveva detto. Annie non stava più andando a fare quel pic-nic e gli incubi erano finiti. Nonostante lo guardasse come se gli chiedesse di spiegargli come avesse fatto a capire quelle cose, Adam non glie l’aveva più chiesto. Manuel era stato contento di questo, e proprio per questa sua sincerità e per questo suo rispetto aveva pensando di, beh perché no, di raccontargli la faccenda dei sogni, ma poi si era ricreduto. Anche se poteva leggergli nell’anima, non lo conosceva abbastanza e non sapeva quale reazione avrebbe potuto suscitare in lui.

Dunque si era limitato ad essere contento del suo atteggiamento e si era completamente dato alla normalità: aveva portato Viola al ristorante, avevano fatto più di una passeggiata in centro e avevano pranzato una volta con Joseph e Candace e un’altra volta con Daniel e Luce. Nonostante Viola fosse imbarazzata dalle continue battute dei due ragazzi, Manuel li trovava incredibilmente divertenti e tra di loro c’era una sincera simpatia. La sera precedente invece, mentre stavano ritornando a casa, avevano incontrato Mia di ritorno da una giornata di shopping e avevano fatto la strada insieme, parlando del più e del meno.

Manuel non riusciva a credere che quando era al fianco di Viola lo stare con le persone non gli recava alcun peso. Tornava a casa con il sorriso sulle labbra tutti i giorni e non era restio a raccontare a Laney, che gli scodinzolava intorno come un cagnolino, tutto quello che aveva fatto e le cose di cui avevano parlato. Anche con Adam parlava delle cose che stava facendo e lui sorrideva dolcemente, nei suoi occhi una leggera malinconia che Manuel non riusciva a spiegarsi. “Questa normalità ti fa bene, figliolo” aveva detto molte volte, con la voce rotta da qualcosa di strano. Era in quei momenti, e solo in quei momenti, che la normalità che stava vivendo lo abbandonava e Manuel cadeva per un attimo all’indietro, nella vecchia vita, dove le cose erano sempre poco chiare.

Manuel fissò il pianoforte, poi guardò Viola.

-         Ti sei mai seduta qui sopra?- chiese poggiando la mano sul piano.

Viola scosse la testa.

-         No- rispose.

-         Avanti, provaci-

-         Non si romperà?-

-         Ma cosa dici?-

-         Salici prima tu allora. Così saremo seduti insieme-

Manuel la fissò per un momento, poi senza aggiungere altro avvicinò lo sgabellino e si sedette sul lucido piano, poi con un gesto della mano invitò Viola a imitarlo.

Viola salì sullo sgabellino, Manuel le poggiò le mani sulla vita e la sollevò facendola sedere accanto a lui. Il pianoforte non si mosse neanche di un millimetro, Viola sfiorò con la punta delle dita il nero lucido sotto di se, espirò come se fosse salita in cima al mondo: per un momento fu come se la grandezza delle emozioni che provava ogni volta si trovava contatto con quello strumento l’avvolgesse, si sentì leggera come una piuma e abbracciata dal morbido silenzio.

-         Sapevo che ti sarebbe piaciuto- sussurrò d’un tratto Manuel, guardandola sorridere.

-         Non avevo mai pensato di sedermi sul pianoforte- mormorò lei, dondolando le gambe, - é come essere seduti sulla montagna più alta del mondo...come un gioco!...é divertente, sai? E’ davvero divertente...-

Manuel sorrise, poggiò la mano sulla sua.

-         Adesso potremmo immaginare di essere su una montagna altissima e di guardare tutto il mondo- le disse lui fissando il muro come se guardasse un vastissimo orizzonte.

-         O potremmo immaginare di essere sul trono del Re!- suggerì Viola.

-         Oh si, certo. Allora immagina quel lungo prato. Te lo ricordi?-

-         Si certo-

-         Okay. Adesso alza la mano, e inizia a muoverla nell’aria, ecco così…soffia, soffia! La Girandola si sta muovendo!-

Viola rise, Manuel alzò le braccia con lei.

-         Ora non ti resta che immaginare i Fiori che nascono sotto i nostri piedi- concluse, fissando il pavimento.

-         Di che colore saranno quei Fiori?- chiese Viola poggiando la testa sulla sua spalla.

-         Oh beh, dipende dall’emozione. O dalle persone-

-         Mmh. C’é un fiore anche per noi?-

-         Certo. Oh si, di sicuro-

-         Che fiore ti piacerebbe avere in quel prato?-

-         Non lo so. Va bene quello che piace a te-

-         Oh no, adesso dobbiamo deciderlo insieme-

-         D’accordo. Deve essere di un bel colore-

-         Bianco. O blu-

-         Azzurro allora-

-         Va bene. Azzurro. Ma che tipo di fiore?-

-         Oh, non sono esperto in fiori-

-         Allora sceglieremo un fiore semplice. Una rosa-

-         Una rosa azzurra-

-         Non credo esista in natura-

-         Non fa niente. Nell’Impero esiste di sicuro-

-         Oh, e quello sarà il nostro fiore allora!-

-         Certo. E si trova proprio al centro del prato, dove il vento soffia più forte, in modo che sia sempre rigogliosa e fresca-

-         É la più bella del giardino-

-         Oh, di certo. Non esistono altre rose azzurre-

Manuel e Viola fissarono il pavimento come se al centro di esso ci fosse davvero quella rosa azzurra che stavano immaginando.

Dietro di loro il pomeriggio sfumava e alcune nuvole nere stavano per riempire il cielo.

Sarebbe arrivata una forte tempesta.

 

 

 

  
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