Una pioggerellina
leggera cadeva dal cielo, gli alunni entravano uno dopo l’altro nell’atrio
parlando tra loro, confondendo le loro voci con il ticchettio della pioggia
sull’asfalto.
-
Manuel-
Manuel, Manuel,
Manuel.
Una fastidiosa eco
risuonava nel suo cervello, Manuel si voltò verso Viola tentando di
sorridere.
Il viso di Viola
era preoccupato.
-
Cosa succede? Non
ti senti bene?- chiese, poggiandogli una mano sulla spalla. Manuel abbozzò un
sorrisetto, ogni singola parola che Viola aveva pronunciato gli risuonava nella
testa.
-
A dire il vero non
tanto…- confessò, tenendosi la testa con le mani.
Viola osservò il
suo viso più pallido del solito, gli occhi stanchi.
-
Non hai dormito
molto, non é vero?-
-
Non ho dormito per
niente-
-
Perché?-
Manuel sospirò, il
tono di Viola iniziava a mutare.
-
Credo che sia
successa una cosa-
-
Cosa?-
-
Beh non lo so
ancora con precisione-
-
Una cosa
brutta?-
-
No, no, non
credo…-
-
Se non stai bene
forse é meglio che vai a casa…-
-
No, devo parlare
con Adam -
Viola si irrigidì
tutta, abbassò lo sguardo cercando di mascherare la brutta sensazione che
l’aveva attraversata nel sentire quel nome.
Manuel le lanciò
uno sguardo interrogativo non appena si rese conto della sensazione che aveva
provato, alzò le spalle.
-
C’entra lui con il
tuo malessere?-
La domanda di Viola
sembrava ambigua, Manuel sorrise.
-
Oh Viola, tutti e
nessuno c’entrano nei miei malesseri. Il mondo interviene nella mia testa ma
allo stesso tempo non é assolutamente colpa sua. Come poter dare la colpa solo
ad Adam?-
-
Avanti, smettila
con questi giri di parole. Sai cosa voglio dire-
Manuel alzò le
spalle divertito.
-
Beh si, forse
c’entra lui. Ma non é un vero e proprio malessere-
-
Sei bianco come un
cadavere e sono certa che potresti addormentarti da un momento all’altro tanto
del sonno che hai!-
-
Non é vero. E
comunque soffro d’insonnia, so sopportare bene il sonno-
-
Stanotte non ha
piovuto, non hai sofferto di insonnia. Di cos’hai
sofferto?-
-
Di mal di
sogni-
Viola arricciò il
naso alla sua risposta credendo che la stesse prendendo in giro, gli lanciò
un’occhiata furtiva.
-
Già, certo. E io
sono la regina Elisabetta -
-
Ti dico che é così.
E non mi é mai successo prima-
-
Come può venirti il
mal di sogni?!-
-
Non si tratta dei
miei sogni. Erano i sogni di un’altra persona-
-
E chi é questa
persona? É Adam?-
-
Oh
no-
-
E chi
allora?-
-
Beh, non ne sono
ancora sicuro, - Manuel si guardò attorno, poi abbassò lo sguardo verso Viola, -
ma credo siano di una persona molto molto distante da noi-
Viola lo guardò
interrogativa, Manuel scosse la testa come per liberarsi da alcuni pensieri che
lo infastidivano.
-
Manuel, sei peggio
di un rebus-
-
Te ne parlerò più
tardi, d’accordo?-
Manuel sorrise, si
fermarono entrambi davanti agli armadietti del secondo
piano.
-
Sei sicuro che non
sia niente di grave?-
-
Oh no. Queste cose
non devono mai spaventarti-
-
Devo spaventarmi se
tu stai male, Manuel -
-
Ma io non sto male.
Al massimo ho l’insonnia, e neanche in quel caso dovresti
spaventarti-
-
Se dici di aver
avuto mal di sogni ed é la prima volta che ti capita sono preoccupata, Manuel,
oltre ad essere oltremodo sconvolta-
-
Ma sei brava.
Dall’esterno non sembri sconvolta-
-
Prima di conoscerti
io mascheravo bene le mie emozioni-
-
Anche adesso le
mascheri bene. E’ solo che con me non vale –
Viola abbassò la
testa con un risolino, Manuel le accarezzò i capelli.
-
Non preoccuparti,
d’accordo?-
-
Se lo dici
tu…-
Manuel avvicinò le
labbra al suo orecchio, le accarezzò i capelli e poi
sussurrò:
-
Stasera ti porto al
cinema-
Viola abbozzò un
sorriso scostandoti dal suo viso.
-
Non avevi detto di
voler andarci?- domandò dolcemente lui con un sorriso.
-
Beh
si…-
-
D’accordo allora!
Ora vado a parlare con Adam del mal di sogni, dopo ti racconterò
tutto-
-
Si,
ma…-
-
Non preoccuparti
okay?-
-
Ascolta,
io…-
-
Ricordati Lois
Lane!-
Manuel si allontanò
verso l’aula di inglese con un sorriso divertito nonostante l’espressione
dell’intero viso contrastasse con esso.
Viola lo guardò
andare via, camminare delicatamente come solo lui sapeva fare tra tutta la folla
di persone e sparire dopo qualche attimo.
Oh certo, Lois
Lane.
Non aveva motivo di
stare in ansia perché tanto non ci sarebbe mai stato nessun mostro alieno che
avrebbe voluto rapirla, certo, era questo che intendeva. Non importava se lui
arrivava a scuola stralunato e pieno di sonno confabulando qualcosa sul mal di
sogni, lei non doveva per niente preoccuparsi. Era tutto nella
norma.
Il mal di
sogni?
Alzò le spalle con
un risolino, chiedendosi chi mai sulla faccia della Terra soffrisse di una
malattia del genere. Come veniva il mal di sogni? E di cosa si trattava
specificamente? Che cosa, stavolta, la sua fantastica mente era riuscita a
raggiungere?
Era certa che era
stato Adam a far scaturire tutto, era stato lui che gli aveva forse detto
qualcosa o esortato a fare qualcosa. Sembrava che lo trattasse come una cavia da
laboratorio, altro che ammirazione!
-
Viola!-
Viola si voltò di
scatto sentendosi chiamare, vide Luce e Daniel correre verso di
lei.
-
Ciao ragazzi-
salutò con un sorrisone.
-
Viola, Viola,
guardati! Come sei felice! Tutto bene?- chiese Luce poggiandole un braccio
intorno alle spalle.
-
Si, certo.
Voi?-
-
Benissimo- rispose
Daniel raggiungendo Viola dal lato opposto a quello dove stava
Luce.
-
Oh già! Ascolta,
oggi pomeriggio vieni a prendere un té?- chiese poi Luce con un altro sorriso, -
non ci vediamo da un po’…-
-
Si, e mi dispiace,
ho avuto molto da studiare…!-
-
Studiare, che
brutto verbo!- intervenne Daniel con una smorfia.
Luce si scostò i
capelli dal viso, alzò le spalle.
-
Allora, ti va di
passare un pomeriggio con i tuoi vecchi amici o ti sei completamente dimenticata
di noi?-
Luce finse una
smorfia di tristezza, Daniel rise.
-
Oh, ma certo.
Volevo appunto chiederti di prestarmi uno dei tuoi
vestiti-
-
Un vestito?- chiese
Luce stranita.
-
Oh si. Questa sera
devo uscire-
Daniel e Luce si
scambiarono un’occhiata.
-
Una serata
romantica!- esclamò Daniel.
-
Beh, non direi
proprio romantica ma…-
-
Oh, d’accordo
d’accordo! Metterò il mio armadio a tua disposizione!-
Viola sorrise,
Daniel e Luce fecero altrettanto.
-
Anche se io
un’uscitina romantica la farei alla Casa sulla Settima
Strada…-
-
Daniel vuoi
smetterla con questa storia? Viola si pentirà di avertelo
detto!-
-
Cosa ho detto di
male? Insomma, non dirmi che tu non sei curiosa neanche un
po’…-
-
É solo una casa, e
adesso che sappiamo chi ci abita ha perso il suo fascino!-
-
Scommettiamo allora
che…-
-
Prova a scommettere
e perderai mio caro…-
…
-
E’ stata ad un
pic-nic in un enorme prato-
Adam si voltò verso
Manuel che si era affacciato alla porta dell’aula di inglese completamente vuota
e aveva sussurrato quelle parole.
Inizialmente non
capì di cosa stesse parlando, socchiuse gli occhi e la sua espressione divenne
interrogativa.
Manuel entrò nella
classe e si chiuse la porta alle spalle, si avvicinò alla cattedra non smettendo
di fissare Adam.
-
Era in quel prato,
ogni tanto la portano lì- continuò Manuel.
Adam si tolse gli
occhiali e lo fissò sconvolto.
-
Tu come fai a
saperlo?-
-
Dimmi, é la
verità?-
-
Si-
Manuel abbassò lo
sguardo, sembrò ragionare con se stesso per un attimo.
-
Come fai a sapere
queste cose di Annie?- chiese Adam quasi balbettando.
Manuel alzò le
spalle.
-
Questo non posso
dirtelo- rispose in un sussurro, - ma so che é quel prato-
-
Cosa?-
-
Ogni volta che
decidono di portarla in quel prato enorme a fare il pic-nic, -magari é un parco,
non so,- lei ha quegli incubi-
-
Io non so
se…-
-
Oh si, te lo dico
io, é solo in quei giorni. Devono smettere di portarla lì. Quella confusione le
da alla testa. Le fa paura-
Adam si alzò
lentamente dalla sua cattedra e si avvicinò a Manuel.
-
Non guardarmi in
quel modo, Adam,- chiese Manuel, - solo, chiedi a quelle persone di smettere di
portarla lì. Così non avrà più incubi-
-
Manuel, io non
riesco a capire…-
Manuel
rise.
-
Neanche io se
proprio lo vuoi sapere, ma so che é così. Lo dirai a
Susan?-
-
Oh si, certo, lo
dirò a Susan, ma…-
-
No, no, non devi
farmi nessuna domanda-
-
Ma…-
-
No-
Manuel fece per
allontanarsi, Adam si poggiò alla cattedra.
-
Non riesco a
credere che tu l’abbia capito, Manuel -
-
Adesso devo andare
a lezione, Adam -
-
Come hai
fatto?-
-
Ci vediamo più
tardi-
-
Aspetta, aspetta
solo un attimo…-
-
Fammi sapere cosa
ti dirà Susan -
Manuel aprì la
porta della classe e sgattaiolò via prima che Adam potesse aggiungere qualsiasi
altra cosa. Era lecito, molto più che lecito che Adam fosse sconvolto e sorpreso
di quella notizia, lo era stato anche lui quella stessa notte, quando si era
svegliato di soprassalto. Non aveva idea di come avesse fatto ad entrare nei
sogni di una persona che non aveva mai visto in vita sua e che abitava a
chilometri e chilometri di distanza, eppure era successo. Con la semplice forza
della sua mente era riuscito a capire il perché del malessere di Annie, lui,
dall’Inghilterra, lui, diciassettenne anonimo, aveva capito cos’é che tormentava
i sogni di una autistica ragazza francese senza neanche incontrarla, senza
neanche vedere una sua fotografia. Il fatto che ci fossero medici esperti, lì in
quella clinica, che probabilmente lavoravano già da un po’ a quel caso, lo
faceva rabbrividire. Per un attimo ebbe paura di se stesso, poi sospirò e quella
paura passò. Normalità, questo gli aveva detto Adam il giorno prima. Oh certo,
normalità. Sarebbe stato più difficile del previsto, adesso che era entrato
nella mente di Annie. Ma no, si doveva impegnare. Entrare nei sogni e leggere le
emozioni delle persone faceva parte della sua normalità, doveva solo conciliare
quei due mondi, attingere a piene mani da
entrambe le vite.
Scese
velocemente le scale chiedendosi cosa avrebbe dovuto dire ad Adam. Non se ne
parlava di confessargli della questione dei sogni, quella era una cosa che
nessuno sapeva e nessuno doveva sapere, eppure non avrebbe saputo cos’altro
inventare. Sarebbe stato meglio forse se non avesse detto niente e se ne fosse
restato zitto, ma no, non ce l’avrebbe mai fatta. Quando si trattava di
emozioni, sogni o cose del genere, per Manuel era praticamente impossibile non
agire. Come avrebbe potuto restare zitto? E cosa se ne sarebbe fatto lui di
quelle informazioni su Annie? Niente, era quindi palese che le aveva ottenute
per riferirle ad Adam.
E Adam le avrebbe
riferite a Susan. E Susan avrebbe fatto in modo che nessuno portasse più Annie a
fare quel maledetto pic-nic.
Sorrise per un
attimo immaginando la tranquillità dei sogni di quella ragazza quando avrebbe
finalmente smesso di andare lì.
…
Il cielo era rosato
quando Manuel e Viola uscirono dal cinema, sorridendo si allontanarono verso la
strada che conduceva al parco, ridevano e scherzavano scambiandosi opinioni sul
film. Viola ancora rimurginava su tutto quello che Manuel gli aveva raccontato
su Adam, Annie e la clinica in Francia.
-
Com’é stato entrare
nei sogni di Annie?- gli chiese ad un certo punto, quando si sedettero entrambi
sotto un albero del parco.
Manuel le lanciò
un’occhiata.
-
Non so descriverlo.
E’ stato come ruotare in un vortice e poi cadere su un altro
pianeta-
-
Come hai fatto a
finire lì?- chiese Viola con un sorriso quasi divertito.
Manuel alzò le
spalle con un sorriso.
-
Io credo che ci sia
stato un certo qualcosa che mi ha permesso di farlo. Un qualcosa che é difficile
incontrare-
Viola si voltò di
scatto verso di lui, i suoi occhi fissavano un punto indefinito
all’orizzonte.
-
Un…qualcosa?-
chiese con un filo di voce.
Manuel
girò la testa verso di lei, incontrò i suoi occhi.
-
Quella cosa dalla
quale nascono i nostri sentimenti. Forse é mischiato all’anima, non lo so. O
forse é a capo anche di questa. Da dove nascono i
sentimenti?-
-
Non lo so, Manuel.
E’ così strano. Non credevo che loro
potessero d’improvviso prendere vita al di fuori di qualsiasi nostro
controllo-
La voce di Viola
era diventata più sottile, sfiorò le nocche bianche della sua mano stretta a
pugno.
-
I sentimenti
intendi? Oh, si. Ne sono certo. Quello che ho visto non era una semplice
un’emozione, o l’avrei capito, e anche se fosse stata anima. Ma non é ne una e né l’altra. Non
posso vederla. É il Re-
Manuel alzò lo
sguardo al cielo per un attimo.
-
Il
Re?-
Viola alzò di
scatto la testa dalla sua mano.
-
Il Re. Lo immagino
su un trono, sopra l’anima. Lui decide tutto, tutto quello che un secondo dopo
sparge nell’anima, soffiando su una Girandola. E’ il Re sul grande Impero
dell’anima-
-
Allora dovrebbe
essere un Imperatore-
-
No, mi piace di più
il Re-
-
D’accordo. Un Re
Girandola-
-
Si, una specie. E
se ne sta lì, e nessuno sa che c’é, ma regna sulla nostra anima. Sull’Impero dei
Fiori-
-
Impero dei
Fiori?-
-
Le emozioni. I
Fiori. Ascolta, chiudi gli occhi e immagina, - Manuel poggiò delicatamente le
mani sugli occhi di Viola, e quando li ebbe chiusi prese ad accarezzarle i
capelli e la fronte, - il Re, seduto su un trono d’oro su un enorme prato, ha in
mano una Girandola colorata. Quel prato é l’anima, ed é luccicante e tutta
verde. Quando nasce un sentimento, il Re sorride e la girandola inizia a girare
vorticosamente, poi si sprigiona un forte vento freddo e sul prato iniziano a
nascere fiori di tutti i colori. Le emozioni-
-
Wow-
-
Li stai vedendo? I
Fiori?-
-
Si. Sono molto
belli-
-
Bene. Adesso puoi
aprire gli occhi-
Viola leggermente
alzò le palpebre e Manuel fece scivolare via le mani dal suo volto, poi si
guardarono negli occhi mentre Viola sorrideva.
-
Ho immaginato il
Re- mormorò guardandolo.
-
Certo. E’ facile
immaginarlo-
Manuel sorrise a
sua volta, la sua espressione era dolce e pacata.
-
Facile immaginarlo,
ma non vederlo-
-
Già-
-
Perché tu non
riesci a vederlo?-
Ancora una volta la
domanda di Viola parve turbarlo, ma un attimo dopo era di nuovo
tranquillo.
-
Beh, non posso- rispose.
-
Secondo me
puoi-
-
Se avessi potuto
l’avrei già fatto, Viola. Evidentemente non é…visibile-
-
E credi che l’anima
sia visibile?-
-
Nell’anima ci sono
le emozioni -
-
Beh, forse un
giorno riuscirai a vedere anche il Re. E’ lui che ha deciso di noi,
vero?-
-
In che
senso?-
-
Lui ha deciso che
noi dovevamo innamorarci. Un giorno ci ha guardati e poi…poof! La Girandola ha
iniziato a ruotare. Sarebbe un modo carino per spiegare la nascita
dell’amore-
-
Oh, ma di sicuro é
così! Lui ha deciso che noi ci saremmo innamorati, e qualsiasi cosa succederà
lui resterà fermo sulla sua decisione-
-
Non c’entrano
niente gli eventi della vita con lui, Manuel?-
-
Oh no. Anche se
vivessimo a chilometri di distanza ci ameremmo comunque. E sai perché? Perché é
il Re che lo ha deciso. E lui non potrebbe mai permettere una nostra
separazione-
-
Sarà fantastico
quando lo incontrerai, allora-
-
Ho visto la sua
ombra, credo che possa bastarmi-
-
Oh, ma io sono
certa che lo incontrerai. Ti inginocchierai davanti a lui e poi il Re con la sua
spada luccicante ti proclamerà Principe dell’Impero dei
Fiori-
Manuel rise
abbassando lo sguardo.
-
E magari mi darà la
sua Girandola-
-
Oh già,
dimenticavo!, - Viola si alzò e poggiò la mano sulla spalla di Manuel con
atteggiamento solenne, - Manuel Green!,- esclamò controllando il tono di voce, -
ti proclamo ufficialmente Principe Indiscusso ed Eterno dell’Impero dei Fiori! E
come dono per dimostrarti la fiducia che ripongo in te, ti regalo la Girandola
delle Emozioni!-
Manuel prese la
mano che Viola teneva poggiata sulla sua spalla e la baciò, Viola sorrideva
mentre divertita lo osservava.
-
Sono lusingato Sua
Maestà, - mormorò guardandola di sottecchi, - ma non mi sento affatto un
Principe-
-
Oh no, Manuel
Green, tu non puoi discutere con il sovrano, - Viola scosse la testa con fare
severo, - tu sei il mio inviato nel mondo, incontrerai tutte le emozioni che
nascono dal mio trono e le condurrai alla felicità-
Viola si
inginocchiò di fronte a lui, la punta del suo naso sfiorava il volto di
lui.
-
Lei mi sta
chiedendo di essere fedele, Sua Maestà, ma c’é una sola Regina alla quale posso
essere fedele-
Manuel accarezzò il
volto di Viola con la punta delle dita.
-
Non ci sono regine,
Manuel Green- sussurrò Viola.
-
Oh, lei non la
conosce, Sua Altezza. Lei é una Regina, ed é bellissima-
-
Allora voglio
incontrarla, Manuel Green-
Manuel socchiuse gli occhi
sorridendo.
-
Oh, non può
incontrarla, Sua Altezza, non può-
-
E perché
mai?-
-
Lei vive solo nella
mia testa, e io sono rapito dalla sua luce. Mi dispiace Sua Maestà, ho già un
regno al quale appartengo-
-
Stai rifiutando il
tuo Re, Manuel Green?-
-
Sarò un suo umile
paladino, Sua Maestà, ma non posso allontanarmi dalla mia
Regina-
-
Ami la tua
regina?-
-
Certo, Sua Altezza.
Lei é la mia vita –
-
Sai Manuel, anche
lei ti ama. Più di ogni altro regno –
Manuel rise, Viola
accarezzò i suoi capelli.
-
Non credere che io
stia scherzando, Viola- disse dopo un secondo, mentre ancora
sorrideva.
-
In che senso?-
domandò Viola, allontanandosi curiosa.
-
Risponderei davvero
così al Re, se lo dovessi incontrare-
-
Non ci
credo-
-
Amo più te che
qualsiasi altra cosa. Tu questo devi saperlo-
Manuel le prese le
mani, Viola abbassò lo sguardo.
-
Ma lui é il Re. Io
cosa sono?-
-
Ma io amo te, non
un’essenza con in mano una Girandola-
-
Lui non é
un’essenza. Lui é il Re, ed é l’incipit di tutti i nostri
sentimenti-
-
Per nessun motivo
al mondo potrei venir risucchiato nel mondo dell’anima, Viola. Non
preoccuparti-
La frase suonava
ironica e sarcastica.
-
É un modo come un
altro per chiederti se mi amerai per sempre-
-
Non hai da
chiedere-
Manuel le baciò la
fronte, gli occhi e le guance fino a scendere alle labbra.
-
Manuel?-
Viola allontanò
d’improvviso il viso da quello di lui.
-
Cosa direbbe il
mondo se sapesse dell’esistenza della Girandola, Manuel? Nessuno ci crederebbe
-
-
Beh, ma la
Girandola esiste-
-
Già, ma lo sappiamo
solo noi due-
-
Ci sono troppe cose
che sappiamo solo noi due-
-
Allora dobbiamo
scriverci delle lettere. Un giorno le ritroveranno e diventeremo famosi.
Pubblicheranno un libro con le nostre ricerche e scoperte. Dopotutto, non si
scrivono lettere solo a persone lontane. Tu vuoi scrivermi delle
lettere?-
-
Ti scrivo
continuamente lettere-
-
Dici sul
serio?-
-
Si, sul
serio-
-
E perché non me le
fai leggere?-
-
Voglio dartele
quando sarà il momento giusto-
-
E quando sarà il
momento giusto?-
-
Non lo so. Ma
arriverà. Arriva sempre un momento, Viola, un momento
giusto-
-
Mi sono sempre
chiesta come fanno i momenti ad essere giusti-
…
Era quasi
completamente notte quando Manuel infilò le chiavi nella serratura di casa ed
entrò. Aveva fatto così poco rumore che le sommosse voci che parlavano in cucina
non si accorsero del suo rientro. Manuel si tolse la giacca e con passi felpati
si avvicinò alla cucina, dalla quale sentiva provenire le voci. Parlavano così
piano che sembrava stessero sussurrando, Manuel socchiuse gli occhi e sentì un
senso di sorpresa, indecisione e confusione sovrastarlo.
Poi riconobbe la
voce di Adam.
Fece capolino in
cucina e osservò i suoi genitori e Adam che parlavano seduti al tavolo, con una
tazza di caffé tra le mani.
-
Oh ciao Manuel!-
salutò Adam per primo, con un grosso sorriso.
-
Ciao tesoro!-
salutò sua madre, con lo stesso sorriso.
Philip era l’unico
che non sorrideva, il suo viso sembrava contrariato.
-
Ciao Manuel- salutò
cercando di non apparire nervoso.
Manuel deglutì a
vuoto prima di parlare.
-
Ciao a tutti. Adam,
cosa ci fai qui?-
La domanda apparve
tranquilla anche se dentro di se Manuel sentiva uno strano sentimento crescere.
Perché era a casa sua a quell’ora della sera? Cosa stava dicendo ai suoi
genitori? Anche questo rientrava nella normalità?
Adam
sorrise.
-
Hai dimenticato a
casa mia il portachiavi quando sei venuto ieri- disse, indicando a Manuel il suo
portachiavi che giaceva sul tavolo della cucina.
Manuel lo guardò
sorpreso, per un attimo si sentì in colpa per aver dubitato della buona fede di
Adam. Per un attimo aveva pensato che fosse lì per parlare ai suoi genitori
della storia di Annie e di quello che gli aveva detto quella mattina a
scuola.
-
Oh- disse,
scostandosi i capelli dal viso, - ti ringrazio-
-
Di niente. Pensavo
di trovarti in casa, poi mi sono ricordato che avevi da fare. I tuoi hanno
insistito perché rimanessi e così ho preso un caffé con
loro-
La mamma abbassò lo
sguardo dolcemente, papà abbozzò un altro sorrisetto. Manuel avanzò verso il
tavolo e afferrò il suo portachiavi.
Era un normale
ferro di cavallo, glie lo avevano regalato quando aveva compiuto undici anni.
Senza sapere perché gli era diventato subito un oggetto familiare e se lo
portava sempre dietro.
-
Grazie ancora Adam
-
-
Prego,
figliolo-
Manuel abbozzò un
sorrisetto.
-
Adesso se
permettete andrei nella mia stanza. Sono un po’ stanco-
-
Oh ma certo-
rispose prontamente la mamma, Adam sorrise.
-
Si, vai pure, non
intendevo in nessun modo disturbarti-
Manuel avrebbe
voluto chiedergli se avesse ricevuto conferma di quello che lui aveva visto nei
sogni di Annie ma non sapeva se fosse il caso di parlarne davanti ai suoi.
Dopotutto neanche loro sapevano nulla della faccenda dei sogni e sarebbe bastato
pochissimo ad incuriosirli o a farli preoccupare.
Adam lesse nello
sguardo di Manuel la sua curiosità ma non disse niente.
Manuel notò che
rispetto a come l’aveva lasciato quella mattina in classe Adam si era oltremodo
calmato, e adesso gli sorrideva con la stessa tranquillità di
sempre.
-
D’accordo. A
domani-
-
A
domani-
Manuel andò via a
passi veloci e salì le scale fino a giungere alla sua
camera.
Sentì Laney che
ascoltava la musica.
Chiuse la porta
della sua stanza e strinse tra le mani il portachiavi che Adam gli aveva
riportato. Era stato gentile da parte sua riportarglielo, anche se in definitiva
avrebbe potuto aspettare fino al giorno dopo, ormai era sera. Poi pensò che il
vero motivo per il quale Adam era venuto era per parlare con lui, cercare di
farsi spiegare meglio com’é che aveva saputo quelle cose su Annie senza che
nessuno glie le avesse dette. Oh si, doveva pur essere così. Poi però, una volta
sulla porta di casa, si era ricordato che lui quella sera aveva portato Viola al
cinema, ma ormai era troppo tardi e aveva già suonato il campanello. Così si era
scusato per il disturbo, ma la mamma, alla quale Adam fa tanta tenerezza,
l’aveva fatto entrare e così si erano messi tutti e tre a bere il caffé.
Dopotutto cosa c’era di male?
Niente, solo una
strana sensazione.
Le voci soffuse,
che parlavano come se stesse succedendo qualcosa. No, no, impossibile, si stava
solo impressionando. Che cos’altro poteva star succedendo?
Manuel sospirò e
abbozzò un sorriso a se stesso per convincersi che si stava solo suggestionando
e che non stava succedendo proprio niente.
Dopo un momento
sentì la porta di casa chiudersi.
Adam era andato
via.
Dopo un altro
momento il suo telefono prese a squillare. Lo afferrò prontamente convinto che
fosse Viola, ma quando lesse il nome di Adam sul display rimase attonito e
stranito.
-
Pronto?- rispose
esitante.
-
Ciao Manuel.
Scusami ancora per essere piombato in casa tua senza avvisare- disse subito la
voce di Adam, resa metallica dal telefono.
-
Oh non
preoccuparti-
-
Ad ogni modo,
volevo dirti che mi dispiace per stamattina. Non avrei dovuto insistere quando
mi hai detto che non potevi parlare di quello che…beh, di quello che sapevi,
avrei dovuto capire che forse sono cose di cui…di cui non vuoi ancora parlarmi,
fa sempre parte della tua capacità, questo va bene. E inoltre volevo dirti che
ho parlato con Susan e che é vero che Annie é stata molte volte su quel prato a
fare un pic-nic con la sua famiglia-
Adam s’interruppe,
Manuel alzò le spalle.
Ne era
convinto.
-
Hai detto a Susan
di non farla più portare lì?-
-
Si-
-
Vedranno che adesso
non farà più quegli incubi-
-
Ne sei così sicuro
Manuel?-
-
Oh si, devi
credermi-
-
Io ti credo. So che
quello che mi dici é sempre la verità-
Manuel non rispose,
sentì che Adam stava pensando a qualcosa che non voleva
dirgli.
-
Ad ogni modo, ci
vediamo domani Manuel. Buonanotte- disse dopo un attimo.
-
Ciao Adam,
buonanotte-
Manuel attaccò
velocemente il telefono e lo posò sul comodino.
Per quasi tutta la
notte quella strana sensazione lo invase.
…
Manuel sedeva sullo
sgabellino del pianoforte di Viola, lei gli sedeva accanto su una normale
sedia.
-
Stai sbagliando di
nuovo- disse Viola dopo un attimo fissando le mani di lui sulla
tastiera.
Manuel fece una
smorfia e cercò di correggersi, poi Viola spostò le sue dita sui tasti
giusti.
Manuel
suonò.
Viola
sorrise.
-
Questo é l’accordo
che ho suonato appena tornata a casa dopo averti conosciuto!- annunciò Viola
come se stesse parlando di chissà che cosa. Lui rise, suonò due o tre volte
quell’accordo dissonante e poi alzò le mani dalla
tastiera.
-
Che dici, sono
bravo?- chiese guardandola.
Viola alzò le
spalle.
-
Beh, contando che
hai iniziato le lezioni di pianoforte da beh, circa cinque secondi, sei davvero
un prodigio-
Entrambi
scoppiarono a ridere, Manuel si alzò dallo sgabellino.
-
Oh no, perché ti
sei alzato? Posso farti vedere qualche altra cosa!-
-
Oh no, lasciamo
perdere per favore! So di essere un totale disastro. Suona tu,
piuttosto!-
-
Nell’ultima ora ti
avrò suonato due o tre pezzi- controbatté lei alzandosi dalla sedia e
raggiungendolo dall’altro lato del piano.
-
Si, ma io non sono
mica stanco!-
Risero di nuovo,
Manuel le baciò i capelli.
Questa era una vera
normalità.
Erano passati
quattro giorno dal suo sogno su Annie e Adam aveva avuto la conferma di quello
che lui aveva detto. Annie non stava più andando a fare quel pic-nic e gli
incubi erano finiti. Nonostante lo guardasse come se gli chiedesse di spiegargli
come avesse fatto a capire quelle cose, Adam non glie l’aveva più chiesto.
Manuel era stato contento di questo, e proprio per questa sua sincerità e per
questo suo rispetto aveva pensando di, beh perché no, di raccontargli la
faccenda dei sogni, ma poi si era ricreduto. Anche se poteva leggergli
nell’anima, non lo conosceva abbastanza e non sapeva quale reazione avrebbe
potuto suscitare in lui.
Dunque si era
limitato ad essere contento del suo atteggiamento e si era completamente dato
alla normalità: aveva portato Viola al ristorante, avevano fatto più di una
passeggiata in centro e avevano pranzato una volta con Joseph e Candace e
un’altra volta con Daniel e Luce. Nonostante Viola fosse imbarazzata dalle
continue battute dei due ragazzi, Manuel li trovava incredibilmente divertenti e
tra di loro c’era una sincera simpatia. La sera precedente invece, mentre
stavano ritornando a casa, avevano incontrato Mia di ritorno da una giornata di
shopping e avevano fatto la strada insieme, parlando del più e del
meno.
Manuel non riusciva
a credere che quando era al fianco di Viola lo stare con le persone non gli
recava alcun peso. Tornava a casa con il sorriso sulle labbra tutti i giorni e
non era restio a raccontare a Laney, che gli scodinzolava intorno come un
cagnolino, tutto quello che aveva fatto e le cose di cui avevano parlato. Anche
con Adam parlava delle cose che stava facendo e lui sorrideva dolcemente, nei
suoi occhi una leggera malinconia che Manuel non riusciva a spiegarsi. “Questa
normalità ti fa bene, figliolo” aveva detto molte volte, con la voce rotta da
qualcosa di strano. Era in quei momenti, e solo in quei momenti, che la
normalità che stava vivendo lo abbandonava e Manuel cadeva per un attimo
all’indietro, nella vecchia vita, dove le cose erano sempre poco
chiare.
Manuel fissò il
pianoforte, poi guardò Viola.
-
Ti sei mai seduta
qui sopra?- chiese poggiando la mano sul piano.
Viola scosse la
testa.
-
No-
rispose.
-
Avanti,
provaci-
-
Non si
romperà?-
-
Ma cosa
dici?-
-
Salici prima tu
allora. Così saremo seduti insieme-
Manuel la fissò per
un momento, poi senza aggiungere altro avvicinò lo sgabellino e si sedette sul
lucido piano, poi con un gesto della mano invitò Viola a
imitarlo.
Viola
salì sullo sgabellino, Manuel le poggiò le mani sulla vita e la sollevò
facendola sedere accanto a lui. Il pianoforte non si mosse neanche di un
millimetro, Viola sfiorò con la punta delle dita il nero lucido sotto di se,
espirò come se fosse salita in cima al mondo: per un momento fu come se la
grandezza delle emozioni che provava ogni volta si trovava contatto con quello
strumento l’avvolgesse, si sentì leggera come una piuma e abbracciata dal
morbido silenzio.
-
Sapevo che ti
sarebbe piaciuto- sussurrò d’un tratto Manuel, guardandola
sorridere.
-
Non avevo mai
pensato di sedermi sul pianoforte- mormorò lei, dondolando le gambe, - é come
essere seduti sulla montagna più alta del mondo...come un gioco!...é divertente,
sai? E’ davvero divertente...-
Manuel sorrise,
poggiò la mano sulla sua.
-
Adesso potremmo
immaginare di essere su una montagna altissima e di guardare tutto il mondo- le
disse lui fissando il muro come se guardasse un vastissimo
orizzonte.
-
O potremmo
immaginare di essere sul trono del Re!- suggerì Viola.
-
Oh si, certo.
Allora immagina quel lungo prato. Te lo ricordi?-
-
Si
certo-
-
Okay. Adesso alza
la mano, e inizia a muoverla nell’aria, ecco così…soffia, soffia! La Girandola
si sta muovendo!-
Viola rise, Manuel
alzò le braccia con lei.
-
Ora non ti resta
che immaginare i Fiori che nascono sotto i nostri piedi- concluse, fissando il
pavimento.
-
Di che colore
saranno quei Fiori?- chiese Viola poggiando la testa sulla sua
spalla.
-
Oh beh, dipende
dall’emozione. O dalle persone-
-
Mmh. C’é un fiore
anche per noi?-
-
Certo. Oh si, di
sicuro-
-
Che fiore ti
piacerebbe avere in quel prato?-
-
Non lo so. Va bene
quello che piace a te-
-
Oh no, adesso
dobbiamo deciderlo insieme-
-
D’accordo. Deve
essere di un bel colore-
-
Bianco. O
blu-
-
Azzurro
allora-
-
Va bene. Azzurro.
Ma che tipo di fiore?-
-
Oh, non sono
esperto in fiori-
-
Allora sceglieremo
un fiore semplice. Una rosa-
-
Una rosa
azzurra-
-
Non credo esista in
natura-
-
Non fa niente.
Nell’Impero esiste di sicuro-
-
Oh, e quello sarà
il nostro fiore allora!-
-
Certo. E si trova
proprio al centro del prato, dove il vento soffia più forte, in modo che sia
sempre rigogliosa e fresca-
-
É la più bella del
giardino-
-
Oh, di certo. Non
esistono altre rose azzurre-
Manuel e Viola
fissarono il pavimento come se al centro di esso ci fosse davvero quella rosa
azzurra che stavano immaginando.
Dietro di loro il
pomeriggio sfumava e alcune nuvole nere stavano per riempire il
cielo.
Sarebbe arrivata
una forte tempesta.