Film > Pirati dei caraibi
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Autore: Laura Sparrow    26/01/2007    2 recensioni
Due giovani donne sole in uno sperduto paesino dei Caraibi, ma determinate ad inseguire i loro vecchi sogni di libertà, l'incontro con un pirata prigioniero che cambierà la vita di entrambe. Mentre un bizzarro gioco del destino riporta a Laura Evans una nave nera che sembrava solo un ricordo di infanzia e una minacciosa maledizione torna da un passato che sembrava dimenticato, Will sceglie di infrangere per una e una sola volta la promessa che lo lega a Calipso per rivedere Elizabeth ancora una volta. Laura Evans e Faith Westley si trovano davanti ad una svolta: voltare le spalle a tutto ciò che è stato e seguire l'unica strada di chi rifiuta le regole: la pirateria. (ULTIMO RINNOVAMENTO COI FATTI RIALLACCIATI AD AWE)
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 9
La locanda del Cigno Nero


La mattina dopo fui svegliata da Anamaria che mi scuoteva non troppo gentilmente.
- Che c'è?- sussultai, saltando dalla branda, ancora assonnata, chiedendo se la nave fosse sotto attacco.
- C'è da tornare al lavoro. - rispose lei in tono sbrigativo. - Devi svegliare il capitano. -
- Non c'è già andata Stephanie?- mi scappò di bocca, in tono acido.
Non avrei voluto dirlo, ma immediatamente mi apparve una stucchevole immagine di lei seduta sulle ginocchia di Jack che lo imboccava col pane. La scacciai subito, cercando di tenere a bada il rancore. Basta rimuginare. L'unica cosa che sapevo era che dovevo smettere di commiserarmi, e subito. Non avevamo cose più importanti a cui pensare, come la vita di un bambino?
Non avrei dovuto essere arrabbiata con lei. Non eravamo sempre state amiche? Avrei fatto meglio a tenermi stretta l'unica amica che avevo sempre avuto. Invece non avevo mai fatto nulla per tenermi stretto Jack... non avevo mai neanche ammesso né con lei né con nessun altro quel che avevo incominciato a provare per lui.
Se Jack aveva scelto lei come destinataria delle sue attenzioni... non potevo farci nulla, per quanto mi ferisse. Inutile incolpare Faith. Dopo tutto quello che avevamo passato insieme non era affatto leale da parte mia allontanarmi da Faith, anche se faceva così male.
- No, Faith è a distribuire la colazione alla ciurma. Stavolta ti tocca. - rispose Anamaria scostandosi dalla cuccetta.
Le rivolsi un sorriso forzato e mi alzai, ravviandomi i capelli con una mano.
- Ehi, hai la fronte rossa come un pomodoro!- esclamò divertita, scrutandomi col capo inclinato come se mi trovasse buffa: a lavorare sul ponte e sulle sartie il sole picchiava, e non era difficile finire per scottarsi.
- Che ci posso fare, c'è un sole che spacca!- risi io, passandomi istintivamente una mano sul viso arrossato.
Anamaria si mise a frugare nel piccolo baule che tenevamo nella cabina e che conteneva tutti i nostri pochi, necessari averi, quindi mi porse una bandana di stoffa rosso scuro.
- Tieni. Quando stai sul ponte mettiti questa: si lavora molto meglio quando non sei impegnata a pensare alla testa che ti si cuoce. -
- Grazie!-
Presi la bandana dalle sue mani e me la allacciai sulla testa: assomigliava molto a quella di Jack, e per qualche secondo la accarezzai con affetto con due dita.
Anamaria mi osservava soddisfatta. - Niente male. - commentò.
Infilati gli stivali, uscii dalla cabina per immergermi nel consueto fracasso di sottocoperta: le assi scorrevoli che usavamo come tavoli erano state abbassate fra un cannone e l'altro e i pirati seduti alle panche vociavano mentre consumavano avidamente la loro frugale colazione.
Salutai gli altri pirati mentre facevo la fila per andare a prendere la razione per il capitano. A distribuire ai pirati affamati il pane e le mele trovai proprio Faith; lei mi guardò preoccupata appena ci trovammo faccia a faccia, ma io mi sforzai di fare buon viso a cattivo gioco e, dopo un istante di gelo, le rivolsi un timido sorriso, in silenzio.
Anche se stavo da cani, volevo, dovevo fare pace con lei. Subito, senza porre tempo in mezzo. Lei sembrò piacevolmente sorpresa dal mio gesto. Presi una mela e una fetta di pane e le misi su un vassoio di legno: li osservai vogliosamente, ma avrei mangiato dopo. Quelli dovevo portarli a Jack. Avevo intenzione di fare pace con entrambi: con lui e con Faith. Mi sarei tolta il bisogno di dirgli una minuscola parte di tutto quello che non avevo avuto il coraggio di rivelargli. Forse mi avrebbe fatto stare meglio. Forse.
Uscii sul ponte di coperta e mi godetti lo spettacolo della Perla alla mattina: soffiava una piacevole brezza, il cielo era limpido con solo qualche spruzzo di nuvole, e i gabbiani volteggiavano vicino agli alberi della nave lanciando richiami stridenti. Il mare era mosso, ma non troppo; era azzurrissimo con le creste bianche di spuma delle onde, praticamente lo specchio del cielo. Mi tornò un po' di buonumore: non riuscivo ad essere veramente giù con una giornata del genere, avevo ancora lo stomaco chiuso in una morsa che non sembrava avere alcuna intenzione di andarsene, ma se non altro mi teneva un po' su il morale.
La cosa peggiore era non riuscire nemmeno a provare un po' di sana e liberatoria rabbia.
Sarebbe stato comprensibile essere semplicemente in collera per quel colpo basso da parte della mia amica, no? Eppure, il forte legame che ci univa e il ricordo di tutti i sacrifici che ognuna aveva fatto per l'altra mi impedivano perfino di sentirmi semplicemente arrabbiata, e questo rendeva la cosa ancora più dolorosa e insopportabile, come un dolore lancinante che non puoi reprimere ma al quale non puoi neppure dare sfogo.
Aprii col gomito la porta che dava sulla saletta interna al cassero di poppa: la tenda stavolta non era tirata, così entrai direttamente nella sala degli ufficiali. E se il giorno prima, semplicemente, non mi fossi fermata ad origliare? Me lo chiesti, sconsolata, aggirando un piccolo mappamondo posto su un treppiede, e avvicinandomi alla porticina che dava nella stanza da letto del capitano. Mi sarei risparmiata tutte quelle grane inutili. Perché mi andava sempre tutto storto?
Jack Sparrow aveva fatto irruzione nella mia vita come solo un vero pirata era capace di fare. Era forse per questo che ora il pensiero di averlo perso completamente era così insopportabile?
Bussai forte alla porta: - Capitano, la colazione!- lo chiamai a voce alta, e fui sorpresa di sentirlo rispondermi subito.
- Avanti. -
Era già sveglio. Spinsi la porticina ed entrai.
Non ero mai entrata prima di allora nella cabina di Jack, e rimasi innegabilmente colpita: la quantità di forzieri e cianfrusaglie ammucchiati nella sala degli ufficiali non era niente in confronto a tutta la roba che il capitano aveva accumulato nella sua cabina. Il suo letto era contro la parete opposta; Jack aveva il lusso di un letto vero incatenato al pavimento, non una cuccetta né un'amaca, ma un vero materasso e vere lenzuola. Nella stanza c'erano anche un armadio di legno che sembrava averne passate di ogni, e ovunque guardassi era stipato di bauli, piccoli forzieri, bottiglie vuote o meno, calici, mappe, pergamene, attrezzi per segnare la rotta, pistole, coltelli dall'impugnatura decorata, candelabri, strane chincaglierie.
Trovai Jack già alzato, con gli stivali ai piedi, seduto sul suo letto; aveva l'espressione pensierosa, ma quando mi vide entrare alzò gli occhi su di me, inarcando le sopracciglia nel suo modo strano e mi rivolse un largo sorriso.
- Oh, sei tu, Laura! Buongiorno. - mi salutò, con l'aria più affabile del mondo.
Dovevo ignorare il suo sorriso. E, ora che lo notavo, il fatto che fosse in camicia e che gli si scorgesse una buona parte di petto abbronzato.
- Buongiorno capitano. Ecco qui. - su un piccolo scrittoio non lontano dal letto c'era un po' di spazio: gli lasciai il vassoio sopra un paio di mappe spiegazzate, poi alzai lo sguardo su di lui, prendendo in silenzio un gran respiro. - Ah, Jack, senti... riguardo a ieri... volevo dirti che non sono arrabbiata. Non è niente. -
Jack allargò gli occhi, irrigidendo il collo; sembrò sorpreso, ma anche sollevato perché alcuni attimi dopo fece scattare in alto una mano esclamando: - Oh! Mi... mi fa piacere!-
Appena l'ebbe detto, richiuse all'improvviso le labbra come a volersi rimangiare le parole, corrucciandosi più che mai.
- Cioè... no no no, non mi fa piacere!- si corresse agitando, freneticamente la mani davanti al viso in modo tanto buffo che dovetti trattenermi per non scoppiare a ridere sul serio.
- Quello che voglio dire è che mi dispiace! Insomma, sono contento che non te la sia presa... oh, ma ciò non significa che tu non ne avessi tutto il diritto, eh?-
Gesticolava in modo così assurdo che non ce la feci e risi, portandomi svelta una mano alla bocca: vedermi ridere sembrò tranquillizzarlo, così abbassò con gesto lento le dita alzate in aria e riuscì finalmente a terminare in tono più pacato.
- Ti faccio le mie scuse. Mi rincresce che tu abbia sentito quel che hai sentito, perché non sono cose che pensavo. Sono un capitano: non penso la metà delle cose che dico in presenza del mio equipaggio. E quando si parla di discorsi in cabina tra uomini ubriachi... Credimi: ogni parola che dico a te adesso, a tu per tu, vale dieci volta qualsiasi sciocchezza tu mi abbia sentito pronunciare l'altra sera. -
- Lo so. E so che non avrei dovuto prendermela così a male. In fondo, come hai detto tu e come ha rimarcato Faith... sono uomini!- mi sforzai di alleggerire la cosa, e anche Jack sorrise sotto i baffi alle mie parole. - Solo che... ecco... è che forse non me lo aspettavo... da te. -
Un momento, ma che stavo dicendo? Ero lì per chiudere una questione, niente di più, diamine, stavo sconfinando in un limite pericoloso. Jack smise di sorridere, abbassò gli occhi per un attimo corrucciando le labbra, quindi risollevò il viso verso di me.
- Non dicevamo davvero, te lo giuro. Almeno, io di certo non parlavo sul serio. Scherzavamo soltanto, in modo piuttosto pesante, lo ammetto, ma... non intendevamo mancare di rispetto né a te né a Faith, davvero. Scusami. -
Lo disse quasi con aria solenne, in modo tale che mi strappò un sorriso divertito. Ecco una cosa che non avevo ancora visto prima di allora: Jack serio. Quasi serio. Era forse una delle pochissime volte che l'avevo visto così, e mi sentii lusingata dalla sincerità che sentivo nelle sue parole.
- Tutti questi problemi, e solo perché siamo due donne a bordo. - sospirai, per poi scrutarlo con aria meditabonda mentre rimuginavo. - Che cosa diresti di me in quanto mozzo, se io fossi un uomo?-
Un sopracciglio di Jack scattò verso la sua bandana rossa.
- Prego?-
- Se io fossi un uomo. Se tu non ti sentissi in dovere di rivaleggiare con la tua ciurma quando si tratta di ricordare a tutti quanti che siamo donne e che cosa questo significa per una ciurma di pirati. Che cosa diresti?-
Jack sembrò prendermi sul serio, perché si accarezzò la barba e rifletté per qualche secondo.
- In quel caso direi... che sei un giovanotto estremamente volenteroso, molto più di quanto avessi sospettato quando ti ho ingaggiato. Che impari in fretta. Che devi mettere su ancora un po' di muscoli, o la prima mareggiata ti porterà via, ma che stai dando buona prova di te. Ti direi che sono orgoglioso di te. - i denti d'oro brillarono. - E ti direi che mi metti molto a disagio, perché ti troverei piuttosto carino per essere un uomo. -
Stavolta risi sul serio, e poi gli tesi una mano.
- Scuse accettate, capitano. -
Lui me la strinse vigorosamente e mi regalò un altro dei suoi meravigliosi sorrisi: a quanto pare adorava farmi del male. Come avevo potuto tirare uno schiaffo a quel viso così bello solo pochi giorni prima?
- Su, mangia. - lo invitai, mentre facevo per dirigermi alla porta. - Oggi dovete incontrare Beatrix, vero?-
Jack sospirò mentre giocherellava con la mela.
- Temo di sì. - rispose. Ad un certo punto mi lanciò un'altra occhiata, lasciandosi sfuggire un mezzo sorriso. - Bella bandana. - terminò con voce flautata a mo' di saluto.
Tornai in cambusa perché ormai il mio stomaco aveva cominciato a protestare. Mi servii di pane e mela e mi sedetti alla tavolata insieme agli altri a consumare la mia colazione. Avevo appena attaccato alla mia mela, chiedendomi se sarei mai riuscita ad accettare che non avrei mai avuto Jack e soprattutto perché mi sembrava di rendermene conto soltanto ora che l'avevo perso definitivamente, quando Faith mi si sedette accanto.
- Come stai?- mi chiese in tono gentile: un'offerta di pace.
Scrollai le spalle. - Sopravviverò. - mi costrinsi a voltarmi a guardarla, perché dovevo delle scuse anche a lei. - Faith, ti devo dire una cosa. -
- Laura... -
- E devi lasciarmi parlare. -
Mi tirai nervosamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio e presi fiato; se mi avesse interrotto avrei perso completamente il filo di ciò che intendevo dirle.
- Scusa se sono stata così fredda ieri sera... però devi capirmi, ero arrabbiata. Sono arrabbiata. Voglio essere sincera: io tengo a Jack. Ma se c'è qualcosa tra di voi, se io sono arrivata tardi... va bene. So perdere. In fondo alla fine di questa storia lascerò la Perla Nera e me ne tornerò ad Oyster Bay con Elizabeth. - non avrei sopportato di vedere loro due insieme. - Ti devo tanto, tantissimo, e non posso rovinare tutto per una sciocca bega amorosa. Non abbiamo mai litigato e non comincerò proprio ora. - appena ebbi ripreso fiato la guardai, in attesa di una risposta.
- Laura... - disse lei lentamente, con un'espressione quasi commossa. - Ti giuro, neanch'io avrei mai voluto ferirti e mi dispiace tantissimo, davvero. Sono contenta che siamo ancora amiche... -
- Anch'io. - risposi, ma il mio tono dovette tradire il mio vero stato d'animo. Faith si era presa il mio capitano, e malgrado le mie offerte di pace non potevo passarci sopra tanto facilmente.
A quel punto lei cambiò del tutto espressione e lo sguardo le si accese, mentre incrociava le braccia sul tavolo e mi si accostava.
- Ascoltami, anche io devo essere sincera con te. Non sopporto di vederti mentre mi guardi con quell'espressione: so che cosa vuol dire. No, fammi parlare. Ieri sera, no, quando lui... quando l'ho baciato. - per un momento Faith abbassò gli occhi. - Sono stata io a prendere l'iniziativa: non lo so perché, è solo colpa mia. Non sono felice di averlo fatto, e lui non mi ha incoraggiata in alcun modo. Non siamo... mai state libere come siamo in questo momento, Laura. Tutto è così strano. Tutto potrebbe succedere. E il capitano, nonostante tutto, è sempre stato così gentile con noi: ci ha accolte e ci ha protette. Sta ripagando il suo debito. È per questo che ti dico che sono convinta che sia un brav'uomo. Lui è un uomo speciale, e penso di essere stata... attratta da lui per questo, ma... come gli ho dato quel bacio, ieri, sono fuggita. -
Si interruppe per un attimo, mordicchiandosi un labbro come aspettando una mia reazione, ma poi continuò.
- Sono fuggita perché mi ero resa conto di avere fatto uno stupido errore. Non lo volevo. E non avrei avuto il diritto di farlo, sapendo che tu... Sono andata da Jack stamattina prima che tu ti svegliassi, perché non sopportavo più di tenere la cosa in sospeso. Ne abbiamo parlato... - arrossì violentemente, e con una punta di malizia pensai in cuor mio che io sarei morta piuttosto che trovarmi in una situazione del genere. - Gli ho spiegato che mi sentivo in colpa e che è stato solo... un bacio. Cioè, nulla di più. Se è quello che vuoi sapere, non sono innamorata di lui e non la sono mai stata. -
Il mondo si fermò per un attimo mentre facevo il punto della situazione.
Faith e Jack avevano parlato quella mattina, e a quanto pareva avevano fatto luce sul bacio della sera prima. Faith non amava Jack. Faith non lo voleva. Poi quando io ero entrata nella sua cabina, il sorriso e lo sguardo di Jack erano stati per me. Non per Faith. Per me. Come del resto lo erano stati tutti i sorrisi che mi aveva lanciato da quando ero sulla Perla, e il bacio sulla guancia datomi a tradimento fuori dalla cambusa. Tutti segnali molto eloquenti, che io invece mi ero ostinata ad ignorare fino a quel momento.
Riportai lo sguardo sul mio piatto.
- Va bene, allora. - mi limitai a commentare nel tono più neutro possibile. Faith, non soddisfatta dalla mia reazione e incoraggiata dal modo in cui l'avevo perdonata poco prima, mi stuzzicò col gomito: - Andiamo... le avvisaglie ci sono tutte, che cosa aspetti ancora?-
- Ah-ha. Sei stata tu quella che ha tirato fuori la parola “amore” nel discorso. Io non l'ho mai fatto. -
- Solo perché non ne hai il coraggio. -
Agguantai la prima cosa che mi capitò a tiro, ovvero la mia mela, e la tirai in testa alla mia amica con la precisione di un proiettile. Dopotutto me la doveva una piccola rivincita: lei infatti sobbalzò e protestò, ma poi scoppiammo entrambe in una risata liberatoria. Finalmente eravamo tornate quelle di prima.

*

Mi spostai cautamente lungo il pennone, equilibrandomi sulla corda portante; una volta all'estremità cominciai a dispiegare la vela; dal lato opposto John, uno dei gabbieri, faceva altrettanto. Poco a poco la vela prese il vento e si gonfiò, mi ressi al pennone, spostandomi perché la vela non mi arrivasse addosso, mentre sopra di noi venivano spiegate le altre vele: eravamo molto, molto in alto, dispiegare le vele richiedeva la massima efficienza e attenzione, poiché un volo dalle sartie da quell'altezza non era consigliabile per nessuno. Avevamo il vento a favore, e se le cose continuavano così saremmo arrivati a Tortuga in poche ore. - Perfetto!- mi gridò John. - Possiamo tornare giù!- si dondolò e si lasciò cadere sulle sartie, per aggrapparsi con agilità e cominciare la discesa. Lo imitai, e presi a percorrere rapidamente a ritroso l'intricata strada sospesa nel vuoto costituita dal cordame. Quando ebbi percorso già un buon pezzo notai vicino a me una delle funi che alcuni dei pirati usavano per scendere più velocemente; l'occasione era troppo ghiotta e ormai avevo imparato abbastanza bene come fare, la afferrai saldamente, mi bilanciai sulle sartie e poi saltai giù. Descrissi un breve arco e planai sul ponte; stavo per lasciarmi andare quando all'improvviso travolsi Gibbs, buttandoci entrambi lunghi distesi sulle assi del ponte. - Oddio, scusa!- esclamai, mentre lo aiutavo a rialzarsi.
- Questi mozzi!- protestò Gibbs massaggiandosi la schiena, ma ridendo. - Credono sempre di saper tutto e poi guarda cosa ti vanno a combinare!-
- Scusami... - ripetei, mentre attorno a noi tutti i pirati ridevano fragorosamente. - Cosa succede qui?- era arrivato Jack, Gibbs agitò la mano per dire che era tutto a posto. - Niente, niente; tutto sotto controllo! Mi solo piovuto addosso un mozzo volante!- rise; Jack mi lanciò un'occhiata sorniona. - Occhio con le funi, d'accordo?- disse, in tono appena un po' più rigido, ma solo un po'. - Non decimarmi la ciurma!- annuii, un po' imbarazzata per l'incidente. - Va bene... scusami, starò più attenta!-
- Oppure la prossima volta almeno vedi di travolgere me... quello te lo concedo!- mi stuzzicò Jack, lanciandomi un'occhiata ammiccante. Tornammo tutti al lavoro, ed io mi incamminai sul ponte canticchiando un motivetto che avevo imparato sulla Perla. - Pirati, corsari e gran bucanieri, yo ho, beviamoci su! Yo ho, yo ho, la vita pirata per me... -

*

Arrivammo a Tortuga poche ore dopo, e mentre ci avvicinavamo non potei fare a meno che sporgermi dal parapetto per vedere il porto della città che si avvicinava. Tortuga! La stella polare dei pirati di tutto il mar dei Caraibi, il punto nevralgico di ogni attività malavitosa, per mare o per terra. Avevo sentito così tante storie su quel posto favoloso e maledetto che rimasi ad osservare rapita mentre alle mie orecchie giungevano suoni di grida, spari, musica, risate di ubriachi. Entro poche ore sarebbe scesa la sera, eravamo ormai vicini e vedevo la banchina gremita di piccole imbarcazioni e due golette, più avanti, dove cominciava la strada ingombra di gente rissosa o semplicemente ubriaca, si estendeva la città con la luce scoppiettante che si vedeva dalla finestre delle locande.
Jack, dalla sua postazione sul cassero di prua, abbassò il cannocchiale col quale aveva osservato il porto finché non fummo abbastanza vicini. Gibbs si avvicinò alle sue spalle e guardò nella stessa direzione con aria corrucciata. - Vedi la sua nave? -
- No. - replicò lui, richiudendo lo strumento su sé stesso. - Potrebbe essere ormeggiata ovunque, l'isola è molto grande. E comunque... non potremmo certo attaccarla, pessima idea finché hanno loro il figlio di William. -
L'Olandese stava cominciando a rallentare la sua andatura: certamente William non aveva intenzione di attraccare, perciò la Perla Nera sarebbe dovuta andare da sola al suo incontro. Spostandosi lungo il ponte e guardando verso la nave accanto, dove Elizabeth e William erano affacciati al parapetto scrutando la città davanti a noi, Jack si portò le mani ad imbuto davanti alla bocca e gridò: - Ohi! Signori Turner! Ho bisogno di conferire con voi un minuto!-
Così entrambe le navi si misero alla cappa, e i timonieri manovrarono finché le due navi non furono bordo a bordo, sufficientemente vicine da calare la passerella perché Will ed Elizabeth passassero sul ponte della Perla Nera e raggiungessero Jack che li attendeva sotto l'albero maestro: tutta la ciurma si fermò per assistere all'incontro, io e Faith eravamo sedute ad un passo da loro, impegnate ad intrecciare delle cime. Attesi col fiato sospeso che Jack comunicasse come aveva intenzione di muoversi per salvare David dalle mani dei rapitori.
- Scendiamo ora. - spiegò appoggiandosi con una mano all'albero maestro. - Tu ed io. - indicò sé stesso ed Elizabeth, la quale naturalmente neppure per un secondo aveva contemplato l'idea di essere lasciata a bordo durante l'incontro. - Andiamo al Cigno Nero, incontriamo Beatrix e sentiamo che cosa vuole. Ci saremo solo noi, ha detto espressamente di non portare nessun altro della ciurma. -
Will lanciò un'occhiata al porto gremito con espressione molto dubbiosa: - Mi puzza di trappola lontano un miglio; non sarebbe più saggio farvi seguire a distanza da qualcuno dei tuoi uomini?- domandò, ma Jack sospirò fra i denti e scosse la testa. - No, troppo rischioso. - accennò alla moltitudine di gente sul molo. - Scommetto quello che vuoi che lì in mezzo c'è qualche spia di Beatrix che aspetta solo di vedere se ci portiamo dietro qualcuno, pronti ad agire di conseguenza... no, no, credimi, per il bene di David è meglio se andiamo noi da soli. -
- E poi?- insistette Will, evidentemente contrariato. - Qualunque cosa avrà in progetto per te, ci cadrete dentro senza neanche dire “bah”. Ve ne andrete tranquilli a farvi prendere nella tela del ragno senza lo straccio di un piano?-
Elizabeth assisteva in silenzio allo scambio di vedute dei due, lo sguardo preoccupato come le avevo visto poche volte. Jack alzò gli occhi al cielo, quindi gli si accostò fissandolo negli occhi. - William... - disse con calma come se stesse spiegando ad un mentecatto. - O stiamo al loro gioco e ci facciamo infinocchiare come loro vogliono... e troviamo David... o cerchiamo di fare i furbi, ci cacciamo nei guai e non troviamo David. Siamo in svantaggio. Comprendi?-
Quindi gli voltò le spalle e si diresse con passo ondeggiante verso Gibbs, che accanto al castello di prua attendeva ordini, gli si appoggiò per un attimo contro la spalla e gli disse: - Preparati. -
Nulla di più. Ma Gibbs sembrò avere capito, perché fece un cenno di assenso con la testa, e Jack tornò indietro verso Elizabeth e Will, sorpassando me che, seduta sul ponte, non mi ero persa una parola del loro discorso.
Avevo ascoltato le parole di Jack, e mi rivolsi alla mia amica abbassando la voce perché il terzetto non ci sentisse: - E' assurdo. Quella Beatrix li catturerà tutti e due, è sicuramente una trappola!-
Faith alzò lo sguardo su di me, stringendo gli occhi. - Lo so, Laura, lo sa anche Jack, hai sentito. - replicò. - Ma ha ragione lui, non possiamo fare niente senza mettere a rischio la vita di David. - mi voltai a guardare Jack ed Elizabeth. Avrebbero avuto bisogno di una retroguardia, qualcuno che potesse guardargli le spalle o perlomeno che potesse correre subito alla Perla a dare l'allarme nel caso la situazione si fosse messa al peggio. Ma di certo ci controllavano; nessuno di noi sarebbe potuto scendere dalla Perla senza venire pedinato dalle spie di Beatrix. A meno che... Di colpo mi alzai in piedi.
- Faith, non li perdere di vista, torno subito. - prima che la mia amica potesse chiedermi spiegazioni corsi alla nostra cabina e frugai nel piccolo baule: sul fondo, discretamente spiegazzati, c'erano i vestiti che io e Faith indossavamo quando ci eravamo imbarcate. Presi il lenzuolo dalla mia cuccetta, lo stesi per terra e vi posai sopra i due abiti, poi cercai finché non trovai un paio di vecchi cappelli a tesa molto larga, uno dei quali apparteneva ad Annamaria: sperai che mi scusasse per il prestito. Agguantai insieme i quattro capi del lenzuolo facendone un sacco e me lo caricai sulle spalle, quindi, coi cappelli in mano, tornai rapidamente sul ponte.
- E tu... - vidi Jack voltarsi verso la scimmia che si era seduta sul parapetto accanto a loro, facendogli gesto con le mani di cacciarla via. - Via da qui, sciò! Tornatene a casa, la strada la sai... - ma mentre stava ancora parlando, la scimmia spiccò un salto e, inaudito, gli si arrampicò sulla spalla. Rimasi ad occhi sgranati mentre camminavo verso Faith col sacco sulle spalle, cercando di non dare troppo nell'occhio: la scimmia non si era mai nemmeno fatta toccare da nessuno, figurarsi da Jack!
- Ehi!- lui prese a dimenarsi, saltellando in cerchio mentre Elizabeth e William lo fissavano sconcertati. - Vattene giù immediatamente! Sloggia! Ho mai dato l'impressione di volerti portare in groppa?-
Per tutta risposta la scimmia soffiò minacciosamente e si attaccò più forte alla sua giacca.
- Ma che gli è preso?- fece Elizabeth scrutando di sottecchi l'animale. Jack si avvicinò goffamente ai due porgendo la spalla alla quale era aggrappata la scimmia. - Staccatemela di dosso, vi prego!- implorò, scuotendo il braccio.
Will fece per farsi avanti e agguantare la scimmietta ostinata, ma quella soffiò mostrando una chiostra di dentini aguzzi, e lui sembrò cambiare idea. - Non mi sembra il caso, Jack... - si scusò facendo un passo indietro.
- Sembra che voglia venire anche lei dopotutto. - disse Elizabeth con espressione quasi divertita.
- Questa bestiaccia capisce un po' troppo. - sbuffò Jack, facendo un altro tentativo di afferrare la scimmia per la collottola, evitando per un soffio un bel morso sulle dita. - Oh, e va bene, resta lì!- si arrese lanciando un'occhiata bieca all'animaletto ancora saldamente aggrappato alla sua spalla. - Solo per stavolta. E che non diventi un'abitudine, comprendi bestiaccia?-
La scimmietta berciò trionfante, agitando in aria il pugnetto. Quell'attimo di divertimento fu rotto dallo sguardo che Jack scoccò a William: tutti sapevamo che cosa significava. - Noi andiamo. - disse, improvvisamente molto serio. - Credo sia meglio che anche tu vada, a questo punto. -
Will abbassò gli occhi per un attimo, quindi annuì lentamente mentre lo rialzava sul capitano. - Grazie. - disse semplicemente. Lui gli fece un cenno col capo, quindi si allontanò di un passo lasciandolo solo accanto ad Elizabeth: ebbi una stretta al cuore, ecco una cosa alla quale non avrei voluto dover assistere, il secondo addio fra i miei amici.
- Di' a David che gli voglio bene. - disse Will accarezzando dolcemente la guancia di Elizabeth, mentre lei stringeva la sua mano fra le sue. - E... che desidero tanto vederlo, quando potrò tornare. -
Non aggiunse altro, non lasciò nemmeno ad Elizabeth il tempo di replicare: tolta la mano dal suo viso le voltò le spalle e si incamminò in fretta sulla passerella tesa fra le due navi, pronto a lasciarci per sempre. Elizabeth non lo fermò.
- William!- era stata Faith a chiamarlo, si era alzata in piedi al mio fianco. Will si fermò a metà passerella e voltò appena il capo nella nostra direzione.- Buona fortuna. - fu tutto quello che riuscì ad aggiungere Faith. Will annuì, quindi tornò all'Olandese.
“Addio amico mio.” aggiunsi in cuor mio. “E' così che finisce allora? Hai terminato il tuo compito, qui?”
La passerella fu ritirata e le due navi si separarono; così, mentre la Perla Nera procedeva verso il porto di Tortuga, l'Olandese virò, probabilmente diretta verso il mare aperto. Elizabeth rimase con la schiena appoggiata al parapetto e lo sguardo perso nel vuoto: stava soffrendo, era evidente.
Avrei voluto andare da lei e dirle qualcosa, ma non mi veniva in mente niente che avrebbe potuto alleviare un tale peso da sopportare. Improvvisamente mi venne da ripensare a come mi ero sentita quando avevo creduto che Jack preferisse Faith a me e mi sentii assalita dai sensi di colpa.
Attraccammo nel porto mentre l'Olandese già si era allontanata alle nostre spalle, e mentre il capitano ed Elizabeth scendevano sul molo, con Jack curiosamente piegato su sé stesso come cercando di tenere tutto il resto del suo corpo il più possibile lontano dalla spalla, mi rammentai improvvisamente del mio piano, così raggiunsi Faith e le misi in mano il cappello. - Mettitelo, svelta. -
- Ma che cosa hai intenzione di fare?- domandò lei mentre se lo metteva.
Indossavo già la bandana; raccolsi i capelli e li infilai nel cappello, abbassandomelo sul viso quasi fino agli occhi. - Le spie di Barbossa vedranno due ragazzi scendere dalla Perla. - spiegai, mentre la aiutavo a nascondersi il volto sotto il proprio cappello. - Ma quelle che seguiranno Jack ed Elizabeth saranno due ragazze. - lei fece tanto d'occhi. - E come, scusa?-
I due si stavano già allontanando, non c'era più tempo per le spiegazioni: la presi per mano e, sistemandomi il sacco in spalla, la incitai a seguirmi. - Te lo spiego dopo, andiamo!- scendemmo a terra e cominciammo a seguirli a debita distanza. Il nostro aspetto era perfettamente adatto al nostro scopo, ero a tutti gli effetti un anonimo mozzo: nient'altro che un ragazzo non particolarmente alto, con occhi scuri e capelli castani celati sotto la tesa del vecchio cappello, abbigliato poveramente; ed era una fortuna che la camicia di batista che indossavo fosse abbastanza larga in modo da completare ancor meglio il mio travestimento. Non apparendo altro che banali ragazzi di bordo, sarebbe stato ancora più facile depistare gli inseguitori una volta che avessimo cambiato abito.
Vidi Jack che diceva qualcosa ad Elizabeth, mentre ci facevamo largo fra la gente del molo io scrutavo le persone che avevo attorno, nel tentativo di capire chi potesse essere una spia di Beatrix. Jack condusse Elizabeth per le strade di Tortuga e noi due, fra gli ubriachi che ciondolavano per strada e le risse furibonde, faticavamo a stargli dietro. Ad un certo punto fui convinta di aver trovato l'uomo che ci seguiva: potevo giurare che era la terza volta che lo vedevo, e pareva starci alle calcagna con tenacia; un uomo grosso con una folta criniera bionda e scarmigliata, con una lunga sciabola in cintura. Bene, era il momento di cambiare identità: feci segno a Faith di seguirmi e, sempre col cappello calato sul viso, mi accostai ad un gruppo di donne a lato della strada. - Scusate signora... - dissi ad una, con voce più roca che potei.
- Che c'è, carino?- mi chiese lei in tono mellifuo, portandosi una mano sul fianco in una posa studiata.
- Sapreste dirmi dov'è la locanda del Cigno Nero?- lei ci pensò su un attimo, poi indicò la strada davanti a noi. - Sempre dritto e poi a sinistra, tesoro, non ti puoi sbagliare. -
- Grazie. - ci allontanammo in fretta. - Lì dentro. - dissi a Faith accennando ad un vicolo; c'era puzza di rum, di pesce e di urina, e fra mucchi di immondizia stavano scompostamente distesi due ubriachi: uno era svenuto o addormentato, l'altro aprì appena un occhio quando ci avvicinammo, ma si limitò a bofonchiare qualcosa e abbracciare più stretta la sua bottiglia. Mi tolsi il sacco dalle spalle e diedi a Faith il suo abito. - Tieni, infilalo sopra ai vestiti. - gettai via il cappello scrollandomi i capelli lunghi sulle spalle e mi slacciai la bandana, infilandomela in tasca, poi lottai per indossare il mio vestito sopra alla camicia. L'ubriaco ci fissò con gli occhi vacui spalancati, probabilmente stupito di vedere due giovani mozzi trasformati di colpo in due ragazze; biascicò qualcosa in tono sorpreso per poi crollare addormentato. Mi sistemai frettolosamente la gonna: i pantaloni che portavo sotto non si vedevano, e anche Faith era a posto. Uscimmo dal vicolo cercando di assumere un'aria noncurante; avevamo perso di vista il duo, ma se le indicazioni della donna erano giuste li avremmo raggiunti direttamente alla locanda. Mentre proseguivamo lanciai un'occhiata indietro e vidi il tizio biondo dirigersi a passo svelto verso il vicolo stringendo la sciabola in una mano: potevo solo sperare che non scoprisse troppo in fretta il trucco.
Voltammo a sinistra e trovammo il Cigno Nero: l'insegna dondolava, cigolando sinistramente, e vi era disegnata la sagoma stilizzata di un cigno color pece. Aprii la porta e, una dopo l'altra, entrammo nella locanda.
Va bene, non era stata una delle mie trovate migliori: eravamo due ragazze sole in una delle peggiori locande di Tortuga; normalmente non avrei mai messo piede in un posto del genere.
- Laura!- Faith mi tirò per la manica; c'erano Jack ed Elizabeth a pochi passi da noi, ci facemmo indietro, neanche loro dovevano vederci. Mentre la scimmia ancora appollaiata sulla sua spalla si drizzava e girava attorno la testolina come se fosse alla ricerca di qualcuno, Jack si avvicinò al bancone dove una giovane dai capelli scuri raccolti in una treccia stava pulendo dei boccali: le chiese qualcosa e lei indicò verso i tavoli, per poi rimanere a guardarlo con aria adorante. Le scoccai di sottecchi un'occhiataccia ma di certo non mi vedeva; Jack si incamminò allora verso i tavoli seguito da Elizabeth. Improvvisamente un uomo piombò a terra ad un centimetro dai miei piedi, quello che lo aveva buttato a terra si lanciò su di lui e cominciò a riempirlo di pugni mentre gli avventori della taverna si accalcavano attorno ai due urlando e chiedendo la rissa. Noi due ci spostammo più in fretta che potemmo, prima che la calca di persone in delirio ci travolgesse.
Ci eravamo appena allontanate dalla rissa quando vidi un uomo spuntare dalla ressa di gente e accostarsi a Jack ed Elizabeth, fermandoli: - Voi due, seguitemi. - ordinò accennando col capo a qualcosa dietro di lui. Loro si scambiarono un'occhiata, poi lo seguirono: l'uomo li accompagnò ad un tavolo e li fece sedere, al tavolo sedevano già un altro pirata e Beatrix Barbossa in persona, con aria infinitamente rilassata e un boccale stretto in mano. Io e Faith, trattenendo il fiato per la tensione, andammo a sederci ad un tavolo vicino: per fortuna ora nella locanda c'era una certa confusione, e nessuno del tavolo accanto ci notò.
- Benarrivati. - fece Beatrix con un sorriso ironico, posando sul tavolo il boccale da cui aveva appena bevuto e incrociando le braccia. - Vi stavo aspettando. -
- Vedo. - commentò Jack lanciando un'occhiata ai due corpulenti pirati seduti al fianco di Beatrix come guardie del corpo. Si era appena seduto quando la scimmia spiccò un salto e dalla sua spalla balzò a quella della donna, che sussultò sorpresa per un attimo, ma poi vedendo che l'animale si accomodava docilmente sul suo braccio arricciò appena gli angoli della bocca in un sorriso e prese ad accarezzare distrattamente il pelo nero della scimmia.
- Schifosa carognetta. - sbottò Jack in tono risentito rivolto alla scimmia. - Ma veniamo al punto, dato che sei stata così carina da organizzare questo bel ritrovo: cos'è che vuoi?- il sorriso di Beatrix si allargò, ma stavolta era crudele, quasi spiritato. - Cosa voglio? Voglio trattare con te, semplicemente. Dopotutto... - rapida come il lampo estrasse una pistola e in men che non si dica l'aveva puntata in fronte a Jack, tirando indietro il cane con il pollice. - ...non c'è nessun motivo per non essere civili, no?-
Jack fissò la canna della pistola puntata sulla sua fronte tanto intensamente da incrociarsi gli occhi. - No no, proprio nessuno... - disse, riportando lo sguardo su Beatrix.
- Non credi di averci fatto già abbastanza male, maledetta?- scattò Elizabeth picchiando i pugni sul tavolo e protendendosi vero di lei, fissandola con odio. Uno dei pirati la prese per la spalla e la risospinse bruscamente a sedere, mentre Beatrix la guardò con aria di sufficienza come se avesse a che fare con una bambina capricciosa: - Vedi di calmarti, o al tuo bambino potrebbe capitare qualcosa di brutto. - avvertì, in tono gelido.
- Dov'è mio figlio?- ringhiò lei calcando le parole; non l'avevo mai vista così arrabbiata.
- Non vi scaldate, madamigella. - replicò lei con tutta la calma del mondo e facendosi quasi sfuggire una risata alla rabbia cieca dei miei amici, evidentemente le piaceva avere la situazione in pugno. - Vostro figlio è sulla mia nave, non gli è stato fatto alcun male. -
- La tua offerta?- chiese Jack, senza smettere di seguire con gli occhi la pistola puntata alla sua testa.
- La Perla Nera. - la mano armata di Beatrix fremeva, con l'indice sul grilletto: iniziai a sudare freddo, come previsto quella non era la trattativa di un riscatto ma una trappola pronta a scattare. - Cedimi la tua nave ora, e lascerò vivi miss Turner e il bambino. - la pistola si spostò da Jack ad Elizabeth che fissava Beatrix con odio crescente.
Jack guardò Elizabeth seduta alla sua destra, poi guardò il pirata che sorvegliava la sua sinistra, infine tornò a guardare Beatrix. - No. - rispose dopo aver finto di pensarci sopra un attimo. - Perché non vai a reclamarla di persona, visto che ci tieni così tanto?-
- Come no, cercare di prenderla mentre è ormeggiata per scontrarci contro i tuoi uomini armati che avrai sicuramente preparato all'evenienza?- ribatté lei, sardonica, senza spostare la pistola da Elizabeth. - Affrontarla in mare per fare schiacciare la mia nave dalla sua maggiore potenza di fuoco? Oh no, Jack Sparrow, non sono così stupida. Stupida come te, per il quale è bastato minacciare un marmocchio per farti accorrere dove ti volevo. In più, mio caro... la tua vita non era compresa nell'accordo. Sei tu adesso il mio ostaggio: vediamo se quel vecchio tricheco del tuo primo ufficiale è tanto attaccato a te da essere stupido quanto il suo capitano. -
La situazione era diventata critica, la trappola di Beatrix era scattata: era Jack quello che voleva catturare, un'altra esca nel suo piano per impossessarsi della Perla Nera. Feci un cenno a Faith e insieme ci alzammo lentamente, pronte a fuggire da quel posto il più rapidamente possibile.
- Miss Turner, voi volete rivedere il vostro David, giusto?- proseguì lei con un sorriso per niente amichevole. - Bene, sarete accontentati, perché lo raggiungerete... diciamo adesso. - i due pirati si alzarono in piedi, e contemporaneamente altri due uomini si avvicinarono al tavolo, chiudendo ogni via di fuga ai nostri amici: Beatrix aveva piazzato i suoi uomini ovunque. Poi non riuscii a vedere più nulla di quello che accadde perché una mano mi agguantò per un braccio e mi strattonò, ed io mi ritrovai a fissare un volto rabbioso circondato da una criniera bionda.
- Sapevo che c'era qualcosa che non andava!- esclamò il pirata, afferrandomi brutalmente per le spalle. - Due mozzi non svaniscono nel nulla, ma per magia diventano due ragazze! Due ragazze molto curiose... - mi divincolai, mentre lui estraeva un enorme coltello affilato. Lanciai un grido e afferrai la mano che mi stringeva il braccio, tentando di liberarmi. - Ti faccio vedere io cosa succede a chi mette il naso negli affari che non lo riguardano!-
- Lasciami!- urlai, dimenandomi mentre mi puntava il coltello alla gola. - Konrad! Basta così!- lo richiamò una voce alle mie spalle; il pirata abbassò il coltello ed io mi voltai: un secondo pirata bloccava Faith, era un tipo alto, dagli occhi scuri e infossati, con una barba corta e ricci capelli castani legati in una coda: era stato lui a fermare il mio aggressore. - Non prendo ordini da te, Ettore!- ringhiò Konrad, quasi spappolandomi il polso.
- Il capitano le vuole vive, mozzi o ragazze che siano. - ribatté il pirata di nome Ettore, dando uno strattone a Faith per costringerla a seguirlo. Nel frattempo gli altri pirati avevano circondato Jack ed Elizabeth, e li avevano disarmati: Beatrix osservava la scena soddisfatta continuando a carezzare la scimmietta che si era ormai scelta il suo posto privilegiato sulla sua spalla. I due pirati ci spinsero verso di lei. - Faith, mi dispiace... - mormorai, ma la mia amica scosse febbrilmente il capo. - Non è colpa tua. -
- Sono della sua ciurma. - disse Ettore, trascinandoci di fronte a Beatrix; lei ci scrutò sgranando gli occhi quasi divertita. - Non mi dire, Jack Sparrow, nonostante tutto hai provato a tenere una retroguardia? Idiota. Mi aspettavo almeno qualcuno di più valido di queste due. Meglio così, più ostaggi. Ottimo lavoro voi: portateli tutti a bordo e sbatteteli in cella. -
Ci spinsero rudemente in fila e, accerchiandoci e prendendoci per le braccia perché non potessimo scappare, ci portarono fuori dalla locanda. - Perché ci avete seguiti, dannazione? Andava abbastanza male senza che veniste catturate anche voi!- esclamò Jack mentre camminava davanti a me.
Pungolati dalle spade e minacciati dalle pistole fummo condotti lungo la strada: non raggiungemmo il porto anche se per un po' riuscii a distinguere al di sopra delle cascine gli alberi maestri delle navi ormeggiate, e anche quello che riconobbi come quello della Perla Nera. Ma era troppo lontana, e anche se gli uomini di Beatrix ci avessero fatto passare per la banchina, in mezzo alla folla la ciurma non ci avrebbe mai visto. In quel momento mi ricordai che Jack si era accostato a Gibbs prima di scendere a terra, e gli aveva detto “Preparati”. Solo quello. Sperai di tutto cuore che avesse previsto un piano di riserva e mi aggrappai a quella speranza con tutte le mie forze.
Attraversando le strade affollate di Tortuga raggiungemmo un altro porto: era lì che Beatrix aveva ormeggiato la sua nave. Era un grande vascello a tre alberi, più piccolo e slanciato della Perla; lessi il nome scolpito sulla fiancata: Revenge. Appropriato. Ci portarono a bordo a suon di spintoni e immediatamente la ciurma ci si affollò intorno, insultandoci e spintonandoci.
- Queste due non c'entrano col piano del capitano, giusto?- chiese un pirata, indicando me e Faith.
- No, sono due mozzi di Sparrow. - un altro pirata mi agguantò per un braccio. - Sono per noi. - disse, guardandomi in modo tale che per poco non mi venne da vomitare. Jack lo staccò violentemente da me e mi tirò indietro. - Oh, vuoi guai?!- esclamò il pirata, infuriato.
- Prendiamo le donne!- esclamò un altro, preparandosi ad assalirci.
- Lasciatele. - li richiamò severamente Beatrix; mio malgrado le fui grata. - Portate tutti in cella, due mozzi in più fanno sempre comodo. -
- A che gioco stai giocando, Beatrix? Se mi vuoi morto perché non mi uccidi subito?- chiese Jack; teneva ancora la mano sulla mia spalla, tenendomi lontana dai pirati. Beatrix gli rivolse un ghigno e gli si avvicinò. - Oh, ma io non ti voglio morto. - sussurrò, a un centimetro dalla sua faccia. - Non morto. Troppo facile. E se per caso ti venisse la tentazione di provare una delle tue fughe miracolose... pensa alle tue amiche, Sparrow. Loro non mi sono necessarie. - e senza aggiungere altro gli voltò le spalle e ordinò di mollare gli ormeggi. Fummo portati sottocoperta, nelle prigioni: là sotto c'era un tanfo tremendo, peggiore perfino di quello delle sentine della Perla, il che era tutto dire. I pirati chiusero Jack in una cella ed io, Faith ed Elizabeth in quella accanto, poi se ne andarono lasciandoci lì al buio, fra l'umido e la puzza di stantio.
Ad un tratto una voce infantile gridò: - Mamma!- una figuretta si alzò nella penombra a poca distanza da noi: c'era David nella cella di fronte alla nostra, si sporse dalle sbarre.
- David!- esclamò Elizabeth, affacciandosi freneticamente alle sbarre della cella. - Stai bene? Non ti hanno fatto del male, vero?-
David scosse la testa; io lo stavo osservando attentamente: i suoi vestiti erano luridi, era sporco e pallido, e mi sembrò anche dimagrito. Ebbi una stretta al cuore: per tutto il tempo che avevamo impiegato per raggiungere Tortuga lui era rimasto segregato in quell'orribile cella buia. - Non mi fanno uscire. - mormorò, poi lanciò un'occhiata preoccupata alla porta della prigione. - Ma uno che mi porta da mangiare è cattivo! Mi vuole tagliare la lingua! Io non voglio che mi tagli la lingua, mamma... - sembrava spaventato a morte, Elizabeth tese il braccio fuori dalle sbarre cercando di raggiungerlo. - Non aver paura, David, non aver paura... nessuno ti taglierà la lingua, e se quel pirata ci prova giuro che gliela taglio io!-
Mentre Elizabeth consolava il figlio e nel frattempo mormorava: - L'hanno rinchiuso qui e ha appena tre anni... non hanno davvero cuore... - vidi Jack sedersi con la schiena contro la parete di legno, con aria meditabonda. Forse anche lui, come me, si stava chiedendo dove volesse portarci Beatrix: non potevamo fare altro che aspettare, mentre la nave si allontanava rapida da Tortuga.

*

Si era gettato dall'Olandese e si era tuffato in acqua.
Ignorando le grida di suo padre e della ciurma dietro di lui era riemerso e aveva cominciato a nuotare verso l'isola, spingendo con tutta la forza concessagli dalle sue braccia.
Pazzo, sì. Forse era diventato pazzo. Così pazzo che l'idea di tornare ai confini dei mondo gli sembrava ormai insopportabile, così pazzo da desiderare ardentemente di tornare a terra... A terra!
La sua testa emerse dall'acqua mentre prendeva un profondo respiro. Non era poi così lontana, la riva, aveva una buona energia e in poco tempo l'avrebbe potuta raggiungere.
Via dall'Olandese Volante, via dal suo interminabile navigare, via dai mari spettrali dei confini del mondo... Strizzò gli occhi contro l'acqua salata che glieli faceva pizzicare e vide la riva a soli pochi metri da lui. Così vicina!
Si spinse in avanti con ulteriori bracciate, ma improvvisamente un'onda lo travolse e lo spinse sott'acqua, soffocandolo. Un'onda che andava controcorrente, spingendolo lontano dalla riva.
Sputacchiando, Will riemerse, ma un'altra onda innaturale lo spinse indietro con forza inaudita, allontanandolo dalla meta che così faticosamente aveva quasi raggiunto.
Stringendo i denti Will continuò ostinatamente a nuotare, ricevendo un'altra onda in piena faccia e ingoiando una sorsata di acqua salata. La corrente contraria gli afferrava le gambe, lo spingeva indietro, gli impediva qualsiasi movimento in direzione della terra ferma.
Allora Will gridò mentre le onde lo spingevano via, gridò dando sfogo a tutta la sua rabbia e la sua frustrazione con un urlo penetrante e infuriato che scosse l'animo di ogni uomo a bordo dell'Olandese. Quando la corrente lo riportò con innaturale velocità alla fiancata dell'Olandese Volante, Will stava piangendo. Lacrime di rabbia gli scorrevano calde sul volto già zuppo, mescolandosi all'acqua di mare, mentre suo padre gli gettava una cima e gli uomini lo issavano a bordo.
William si lasciò trascinare sul ponte. Che ridicolo capitano aveva l'Olandese Volante. Era stato a causa della notte, anzi, per essere sinceri le due notti, trascorse con Elizabeth? Era stata l'inebriante sensazione di averla di nuovo vicina e sua che aveva fatto crollare la sua determinazione di portare a termine il suo compito piegandosi al volere di Calypso?
- Will!- suo padre lo afferrò per la collottola rimettendolo bruscamente in piedi: stavolta non c'era niente di impacciato o tranquillo nei modi di suo padre, che una volta tiratolo su lo costrinse a guardarlo in viso. - Che ti è successo, Will? Lo sai anche tu che non puoi farci niente! Ti distruggerai se continui a questo modo!-
Odiava dovergli dire quelle cose, dover infrangere tutte le sue false speranze; ma erano tre anni che non vedeva il figlio talmente sconvolto. Credeva che i primi tempi sarebbero stati i peggiori, e in un certo senso lo erano stati: per i lunghi primi mesi Will era stato triste e taciturno... ma mai aveva perso il controllo a quel modo. Mai aveva detto una parola contro il suo compito. Mai aveva mostrato di volere sfidare la volontà di Calypso. Il vecchio Sputafuoco sentiva fin dall'inizio che tornare nei mari dei vivi sarebbe stata una cattiva idea, e ora vedeva realizzati i suoi timori nella cieca disperazione del figlio. Lo vide scuotersi l'acqua dai capelli, chiedendosi se sarebbe mai più stato in grado di accettare il suo destino come prima, se sarebbe riuscito a non perdere il senno. E per la prima volta tremava in cuor suo, sospettando che avrebbe potuto non farcela.
Will guardò suo padre, cercando una spiegazione per il suo gesto sconsiderato, ma in quel momento vide qualcosa alle sue spalle: una nave si allontanava da Tortuga, un galeone con la scritta Revenge che fiammeggiava a lettere rosse sulla fiancata. La nave di Beatrix Barbossa, realizzò con sgomento mentre la seguiva con gli occhi, se se ne stava andando poteva voler dire solo una cosa.
- Li hanno presi... - mormorò, senza riuscire a credere alle sue stesse parole. Sputafuoco seguì la direzione del suo sguardo e i suoi occhi si allargarono quando vide la Revenge che fuggiva. - Dov'è la Perla?- balbettò incredulo, cercando freneticamente un segno nelle acque attorno al galeone che si allontanava rapidamente, le vele gonfie di vento.
La Revenge era salpata da un'insenatura ad lato dell'isola, un alto promontorio separava quel luogo dal porto vero e proprio: oltre l'altura Will poteva giurare di scorgere l'albero della Perla Nera, ancora ormeggiato nel molo. - Perché non la insegue?- sibilò nervosamente tra i denti, facendo scattare lo sguardo fra le due navi. - Perché non le viene dietro?-
La Revenge se ne andava e la Perla non si muoveva, lasciando che il galeone pirata fuggisse portando Elizabeth e David con sé. Non poteva permetterlo, no!
In preda alla stessa furiosa follia che lo aveva spinto a tuffarsi fuoribordo, Will camminò rapido verso il castello di prua e si fermò con una mano contro la parete di legno. - Inseguite la Revenge. - fu l'unica cosa che disse voltandosi appena verso suo padre.
- Will... no! Non sai a cosa vai incontro!- cercò di fermarlo Sputafuoco, comprendendo che cosa volesse fare; ma Will lo incenerì con un'occhiata più determinata che mai. - Questo è un ordine. -
Distolse gli occhi dal padre e li portò sulla sua mano che aderiva alla parete. L'attimo di un respiro, e la mano affondò nel legno come parte di essa, seguita un istante dopo dal resto del corpo che attraversò le solide assi come se fossero state fatte d'acqua.

*

Due pirati sfaccendati erano scesi nelle prigioni, e da cinque minuti se ne stavano attaccati alle sbarre evidentemente divertendosi un mondo ad importunare me e le mie compagne di cella.
- Ehi, bella puttanella! E girati un momento!-
- Dai, signorina, vogliamo vedere come ti faccio godere?-
- Giuro che se continuano ancora un po' non rispondo più di me. - sibilai stringendo i denti per l'irritazione, sforzandomi di ignorare i due uomini disgustosi che stavano mettendo a dura prova i miei nervi. Io, Fatih ed Elizabeth gli avevamo voltato ostinatamente le spalle, ma quelli non sembravano per nulla intenzionati a lasciarci stare.
- Fatela finita voi due. - li richiamo pigramente Jack che si era accomodato a modo suo sdraiato sul pavimento della cella. - Se volete importunare qualcuno perché non importunate il capitano? O non siete più tanto spavaldi con le sue belle pistole puntate in faccia?-
- Tu chiudi quella boccaccia, pezzo di buffone!- sbraitò uno di loro sferrando un calcio alla grata della cella nella quale era rinchiuso Jack.
- Stiamo chiedendo a queste belle figliole se a loro garba avere qualcosa di nostro puntato in faccia... - e mentre quei due orribili pirati ridevano delle loro sconcezze, il suono della loro risata soffocò in parte un rumore ben più strano che proveniva da un angolo della stiva. Ma si accorsero del pericolo solo quando sentirono i passi alle loro spalle, ed ebbero appena il tempo di urlare e mettere mano alle armi che William con un calcio ne sbatté uno contro le sbarre, prima di piantargli la spada nello stomaco.
Il primo pirata ancora urlava come un maiale sgozzato mentre moriva: il secondo gridò qualcosa prima di avventarsi su Will con la sciabola sguainata, ma lui fu più rapido; abbassandosi schivò il colpo, e avanzando di un passo mise a segno un unico, brutale affondo che terminò nelle costole del pirata, il quale gemette orribilmente prima di accasciarsi sul pavimento in un bagno di sangue.
- Will!- gridò Elizabeth, avventandosi contro le sbarre. - Che cosa ci fai qui?!-
Con uno strattone, William liberò la lama dal corpo del pirata. - Sono qui per aiutarvi... - cominciò a dire, ma la voce di un altro pirata gridò dalle scale: - Che diamine sta succedendo quaggiù?!-
- Pezzo di idiota, scappa!- ringhiò Jack, facendogli segno col braccio di andarsene mentre il suo sguardo dardeggiava alle scale dove stava arrivando di corsa un altro pirata. Will invece avanzò con passo sicuro, la lama sguainata: era deciso, nulla poteva fermare il capitano dell'Olandese Volante, nessuno di quei pirati aveva il potere di ucciderlo finché il suo cuore rimaneva al sicuro nel forziere. Aveva il potere di salvare Elizabeth e l'avrebbe fatto: poteva uccidere tutti quei pirati finché non ne sarebbe rimasto nemmeno uno.
Il pirata lo fronteggiò agitando davanti a sé la sua spada. - Schifoso clandestino, come ci sei salito a bordo?- ruggì, incalzandolo con la spada.
Will era pronto, e fece per lanciarsi su di lui.
...
- Oh no, mio bel capitano. Ora stai... abusando del tuo potere. -
...
La stessa voce che aveva udito quella notte nella sua cabina gli suonò così vicina che la strega voodo conosciuta come Tia Dalma sarebbe potuta essere lì al suo fianco. Ma non fu quello a paralizzarlo. La mano destra, nella quale stringeva la spada, di colpo cominciò a dolergli in modo insopportabile come se gli si stessero spezzando le ossa, e la sua stessa carne cominciò a trasudare un muco appiccicoso. Con un grido di dolore Will cadde in ginocchio, stringendosi il braccio, e il pirata ne approfittò per agguantarlo per il collo e sbatterlo contro la parete.
- Idiota. - ringhiò, premendogli la spada contro la schiena. - Potrei squartarti in questo istante, ma penso che avrai molte cose da raccontare al capitano. - gli sferrò una botta in testa con l'elsa della spada abbastanza forte da farlo piombare a terra stordito, quindi si tolse dalla cintura un mazzo di chiavi e aprì la cella di Jack, per gettarvi dentro il giovane che ruzzolò sul pavimento come un fantoccio.
- Certo che sei un fenomeno... - sospirò Jack quando il pirata se ne fu andato, ribaltando uno stordito Will per metterlo seduto contro la grata. - Tutto a posto?-
Io, Faith ed Elizabeth ci schiacciammo contro le sbarre per vederlo: non sembrava stare bene, e non era soltanto per il colpo ricevuto. - Il suo braccio!- strillò Faith, sobbalzando. Guardai, e per poco il respiro non mi si strozzò in gola: il braccio destro di William, lo stesso con il quale poco prima aveva impugnato la spada con tanta maestria, era gonfio e verdastro e appariva traslucido, come la pelle di una creatura marina. La mano era orribilmente deformata, solo il pollice era rimasto ad una parvenza di umanità, mentre le altre quattro dita si erano fuse formando una sorta di osceno tentacolo. Sulla pelle del braccio, inoltre, erano spuntate piccole escrescenze simili a molluschi.
- Will... - mormorai senza fiato, sentendomi vicina alle lacrime.
- Ehww... - commentò Jack scrutando il braccio orribilmente mutato di Will. - Mi pare un chiaro avvertimento. Non credo sia il caso di utilizzare i tuoi poteri ancora una volta. -
Will scrutò per lunghi istanti quello che era stato il suo braccio ad occhi sgranati, quindi scosse lentamente il capo e alzò gli occhi su di noi. - Che cosa ho fatto... -
- Ci volevi aiutare!- singhiozzò Elizabeth, allungando le mani attraverso le sbarre per toccargli il viso. - Volevi salvarci, non hai fatto niente di sbagliato!-
- Mamma... - il debole richiamo di un bambino spaventato ci ricordò della presenza di David. Quasi all'unisono ci voltammo verso la cella accanto, dalla quale David faceva capolino fissando con espressione atterrita i pirati morti lasciati riversi sul pavimento.
Will si voltò e guardò suo figlio. Per un lunghissimo istante i loro sguardi si incrociarono, gli occhi nocciola spalancati per la paura del bimbo si fissarono in quelli castani e sgomenti del padre, e fu solo dopo un altro interminabile attimo che Will balbettò: - D...David?-
Il bambino non rispose, continuando a fissare Will come paralizzato: non avrei saputo dire se fosse spaventato per averlo visto uccidere i pirati, o se avesse visto il suo braccio trasformato.
- Tu sei David... mio figlio. - insistette Will facendosi coraggio e appoggiando il viso alle sbarre: nel farlo, vidi che tirava la manica della camicia a ricoprire, per quanto poteva, il braccio destro. - Sono William... sono tuo padre... -
- Papà!- esclamò finalmente David in tono stupefatto.
Un immenso sorriso illuminò il viso di Will, prima che il senso di vertigine provocatogli dal colpo ricevuto e dalla trasformazione del braccio avessero la meglio su di lui e, sotto i nostri occhi, lo facessero scivolare nell'incoscienza, accasciato contro le sbarre della cella.

  
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