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Autore: Dave1994    12/07/2012    2 recensioni
L'acchiappademoni Dante ha dovuto affrontare di tutto: dal diavolo in persona,sino a tutti i suoi infiniti servitori. Per anni ha combattuto,e oggi ha deciso di ritirarsi a una vita di tranquillità assieme a chi di più caro gli è rimasto.. Vergil,suo fratello,ha raggiunto sua moglie Miranda oltre il Velo dell'Oblio e Nero non l'ha mai perdonato per questo. A capo quindi di una famiglia oramai divisa,sceglie di dimenticare il suo passato di guerriero e difensore dell'umanità.
Ma,mentre sulla Terra imperversano ancora le legioni di Lucifero,una nuova minaccia si appresta,qualcosa che Dante mai avrebbe immaginato di dover affrontare.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dante, Trish, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In un bar malfamato come tanti altri lungo l'autostrada, sotto una luna come tante prima d'ora.
 
Si sa, la notte risveglia la parte più primordiale di ognuno di noi. Tra alcool, donne e droga, persino buona parte della Legione di Lucifero si stava dando alla pazza gioia: davanti a tutti, i Magnifici Sette, così come gli altri subalterni amavano chiamare i Sette Peccati Capitali.
Superbia, Avarizia, Lussuria, Invidia, Gola, Ira e Accidia. Furono loro a prendere il comando dopo la caduta di Lucifero e, prendendo possesso di una manciata di corpi, decisero di anteporre il divertimento alla conquista del mondo.
Diamine, dopo millenni di repressione e frustrazione passati nell'aere senza fine dell'Inferno, ora era giusto godersi un po' la vita dei mortali e cavolo, era davvero la fine del mondo nel vero senso della parola!
- E poi ti chiedi come fanno a finire laggiù così tanto facilmente? Mi stupisce che qualcuno dica no a tutto questo. - osservò Invidia, la cui natura si rivelò in ogni sua singola parola. Aveva sempre desiderato furiosamente il libero arbitrio degli essere umani, e ora l'aveva ottenuta! Invidia non aveva più ragione di invidiare la vita di qualcun'altro.
- Se solo mi avessero detto che è tutto così gustoso, qua. - rispose Gola, strafogandosi di nachos piccanti. Intanto, attorno a loro, i demoni minori si perdevano nei divertimenti più disparati: qualcuno aveva persino avuto la brillante idea di rubare una Xbox, e ora stuoli di creature a stento racchiuse in corpi mortali si riempivano di legnate per giocare al nuovissimo Call of Duty. Sì, esatto: l'anima demoniaca ogni giorno straripava sempre di più attraverso la pelle, la carne e le ossa e presto sarebbe serviti nuovi corpi più freschi. Superbia lo sapeva bene: in qualità di peccato capitale supremo, la sua forza era considerevolmente più grande degli altri e cominciava a sentire il suo corpo disfarsi, come un castello di carte.
Il giorno prima aveva persino perso una mano, staccatasi come la muta di un serpente.
"Dobbiamo allargarci. Questo bar non può più ospitarci, tutti quanti" pensò l'uomo dalla camicia aperta e dai lunghi capelli corvini, al cui  interno si celava il più terribile dei Vizi Capitali "e comincia a puzzare davvero parecchio, qua dentro."
Ma prima che Superbia potesse pensare qualcos'altro, una donna entrò nel locale. Nessuno dei demoni ci fece caso, troppo impegnati a concedersi piaceri a lungo negati. Lussuria fu il primo a scattare sull'attenti, non tanto per l'abito della nuova arrivata, quanto per l'eco di potere che emanava.
Un altro demone della Legione?
- Ehi, bellezza. Hai perso la strada? - disse il demone del desiderio sfrenato, sfoggiando la giovanissima età del corpo che lo ospitava: era stato un ragazzo davvero affascinante, in vita, dal profilo greco perfetto e biondo come il grano, ma ora non era altro che un contenitore vuoto, una marionetta nelle mani di un diavolo.
La donna non rispose, sedendosi invece sul bancone. Fece saettare i suoi occhi azzurri lungo tutto il bar, e stavolta ogni singolo demone presente nella stanza si voltò verso di lei.
E riconobbero il pericolo, sebbene fosse troppo tardi. Fin dall'alba dei tempi, i demoni non avevano mai posseduto un Occhio come quello delle creature superiori, ma la prolungata permanenza nei vari piani della realtà aveva donato loro una sorta di fiuto astrale, la versione mistica di quello dei segugi.
Superbia se ne accorse per primo, a causa dei suoi sensi superiori.
- Che ci fai, qua? - disse con voce dura, intimando agli altri di portarsi in posizione. All'istante zanne, artigli e altri propaggini bestiali comparvero da ogni dove. 
La donna bionda, in giacca e cravatta, era ora circondata. Tuttavia, rimase in silenzio, con un sorrisetto ironico stampato sul viso.
- Capo, forse dovremmo... -
- Silenzio. - rispose bruscamente Superbia, interrompendo sul nascere un Gola ora mite e contrito.
Poi, si rivolse nuovamente alla donna.
- Allora, perché sei qua? Vieni per conto del Gran Capo? Beh, puoi dirgli di andare a farsi fottere. Adesso comandiamo noi, sappiamo bene che non ha nessun potere qui. -
La nuova arrivata non si mosse minimamente, ma anzi accentuò la sua risata silenziosa.
- Perché cazzo non rispondi? -
Altro silenzio. Nessuno dei presenti aveva il coraggio di proferire parola.
Superbia fece un passo indietro, mentre dalla sua fronte spuntarono tre corna nere come l'ebano.
- Sistematela. -
La donna alzò una mano, prima che gli innumerevoli diavoli davanti a lei potessero scattare all'attacco.
- Vuoi dire qualcosa? Parla, adesso o mai più. - disse Superbia, e questo fu il suo errore più grande.
La donna scese dal bancone, si avvicinò all'uomo fino a piazzarsi a pochi centimetri dal suo volto. Il demone poteva ora distinguere ogni minuscola sfumatura di grigio e di azzurro negli occhi dell'essere di fronte a lui.
Poi, la nuova arrivata dischiuse le labbra e Superbia capì che era ormai troppo tardi.
- Sparite. -
L'ultima cosa di cui il demone poté rendersi conto furono le grida di tutti gli altri presenti, mentre una cortina di un bianco accecante calava sul mondo. L'esplosione di energia fu tale che demoni, bar e anche buona parte di strada tutt'intorno vennero rasi al suolo.
 
***
 
Al limitare di un'autostrada come tante, sotto una luna come tante prima d'ora.
 
Cecil si guardò attorno, osservando con freddezza e con distacco l'enorme cratere cui si trovava al centro. Sotto di lei, terra bruciata e steli d'erba inceneriti si disintegravano a contatto con l'aria.
L'angelo dischiuse il suo Occhio e raggiunse alla velocità del pensiero, attraverso i piani della realtà, quello di Ramiel.
"Qui ho finito." 
"Molto bene. Occupati degli altri. Samael?" rispose l'Arcangelo, ringraziando il cielo che quello della collega fosse solo un pensiero, un guizzo di coscienza, piuttosto che la sua Voce.
"E' andato a recuperare la reliquia."
Ramiel annuì. La chiave del successo stava nell'effetto sorpresa: doveva cogliere gli Sparda di sorpresa.
Erano forti e caparbi. Un errore si sarebbe rivelato fatale.
 
  
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