Dedicata a chi, come
me, ama il piano.
La magia di un pianoforte.
Draco appoggiò le sue manine paffute sulla vetrina del
negozio e si avvicinò talmente tanto alla lastra trasparente che la punta del
suo nasino un po’ all’insù toccò la superficie limpida; le nuvolette bianche
che gli uscivano dalla bocca leggermente spalancata dalla sorpresa e dalla
contemplazione, appannavano di poco il vetro.
Lucius si avvicinò al figlio, sistemò meglio la sciarpa
rossa che il piccolo aveva intorno al collo e gli abbassò un pochino il
cappellino di lana in tinta con la sciarpa; appoggiò le sue mani grandi e forti
sulle spalle minute del suo pupillo e guardò nella vetrina.
-Che cosa hai visto, Draco?- chiese in tono
neutro, forse quasi gentile, concedendogli una carezza sulla testolina.
Il bambino staccò una
manina inguantata dalla vetrina ed indicò un punto preciso sulla sinistra.
-Ah,
quello!- esclamò il padre, -sai come si chiama?-.
Draco scosse la testa ad alzò
il faccino arrossato dal freddo all’insù, per guardare il volto di Lucius.
-No papà, mi dici che cos’è?-
-Sì, Draco.
Quello è un pianoforte. Bello, non è vero?-.
Il bambino guardò
nuovamente nella vetrina lo strumento laccato in nero, lucidissimo, nuovissimo
e bellissimo.
-E a che cosa serve? Qual è la sua magia?- chiese
ancora il piccolo, divorato dalla curiosità e ansioso di sapere.
Il padre
lo prese per mano e lo condusse all’interno del negozio dove la
proprietaria, riconoscendo chi fossero i due, si occupò immediatamente di loro.
-In cosa posso esserle utile?- chiese la donna di mezza età, con
sorriso affabile.
-Vorrei
mostrare a mio figlio l’uso di
un pianoforte-.
La signora rimase un attimo perplessa, prima di annuire energicamente e
condurli in un grande salone sul retro, con all’interno strumenti di ogni tipo.
-Prego, faccia pure- si congedò la proprietaria, chiudendo le porte della sala.
Draco sfuggì dalla stretta del padre e corse fino al
pianoforte che si trovava in fondo alla sala, appoggiato al muro bianco.
-Guarda papà, è come
quello che abbiamo visto nella vetrina! Dai, dai!
Fammi vedere che incantesimi può fare! Ti prego!- cinguettò saltellando da un piede all’altro, tutto
eccitato.
Lucius si avvicinò e si sedette sullo sgabello davanti al
pianoforte; afferrò il figlio per la vita e se lo portò sulle gambe,
passandogli poi le braccia intorno al corpo per toccare la tastiera bianca e
immacolata dello strumento.
-Ora ascolta Draco, ti mostrerò la sua magia-.
Il bambino si rizzò sulla
schiena, pronto a cogliere qualsiasi sfavillio o scintillio dell’oggetto,
mentre le mani di suo padre cominciavano a muoversi insieme, lentamente, sui
tasti, andando a formare una melodia bellissima.
Le note iniziali partivano
ripetendosi, leggere e basse, fino al momento della variazione, con delle note
aggiuntive suonate dalla mano destra; la sonata continuava in variazione a seconda dell’accordo che Lucius
sfruttava con la mano sinistra e l’andamento continuava ad essere moderato,
calcolato e dolce.
Malinconica, pensò Draco al primo impatto, guardando dubbioso le mani del
padre muoversi con immensa maestria su quell’oggetto
che, proprio non riusciva a capire come, avrebbe dovuto compiere qualche
incantesimo.
E più la musica andava avanti più gli sembrava che
stesse prendendo una piega triste, come se il pianoforte stesso volesse
trasmettere brutti e cattivi sentimenti alle persone.
Draco si sentì molto giù.
Sempre meno convinto,
appoggiò una manina su quella del padre, ma senza fermarlo; chiuse gli occhi e
lasciò che la sua mano seguisse gli spostamenti di quella del padre.
Tutto ad un tratto, come
se fossero state sempre pronte lì a non aspettare altro, le note della canzone
si ravvivarono, diventando briose e gioiose, la melodia da un suono moderato,
era passata ad uno andante, i sentimenti di malinconia
e tristezza improvvisamente erano spariti, lasciando spazio a felicità e
allegria.
Draco non riusciva a capire dove fossero spariti così
velocemente i sentimenti negativi che aveva provato fino a quel momento, ma non
si curò più di tanto del suddetto “problema” perché ora, quella melodia
raggiante stava andando a diventare indubbiamente frenetica e veloce, quasi
maniacale; il bambino sentiva sotto il suo tocco la mano del padre spostarsi a
velocità impressionante sulla tastiera, ma non volle aprire gli occhi per
ammirarne i movimenti, bensì si concentrò su quello che stavolta lo strumento
stava cercando di comunicargli.
E, senza saperne il perché, si ritrovò a sorridere,
sempre di più, provando un’emozione che non aveva mai provato prima, sentendo
un sentimento che non era né amore, né gioia, saggiando una sensazione inispiegabile ed inimitabile.
Lucius concluse la sonata con un
paio di accordi bassi e fu subito il silenzio.
Draco, si sentì nuovamente triste.
Il padre lo rimise in
piedi e si alzò, rimettendo lo sgabello al suo posto e chiudendo uno spartito
aperto precedentemente nella sua memoria.
-Che… che cos’era?- chiese il bambino, dopo qualche
religioso momento di silenzio.
-Sonata al Chiaro di Luna, Draco. Di Beethoven- rispose Lucius, osservandolo.
-No… voglio sapere, che cos’era! Dimmelo papà! Come si
chiama quella magia?- insistette il piccolo biondino, aggrappandosi al mantello
del padre, che si inginocchiò di fronte a lui.
-Cosa vuoi
dire?- gli chiese.
-Mi ha parlato papà! Il Fortepiano mi ha parlato! Ho sentito la sua voce! Sa dire
un sacco di cose!-.
Lucius sorrise.
-Si chiama Pianoforte, Draco. Ti ha parlato? E cosa ti ha detto?-.
Il bambino rimase un
attimo a fissare il padre, senza dire niente, cercando le parole giuste.
-Non lo so
papà…- rispose infine, abbassando tristemente lo sguardo e tirando su
con il nasino.
-Non lo sai perché è la
prima volta che lui tenta di parlarti- disse Lucius, rialzandosi in piedi, -Vuoi imparare a capire cosa
dice?-.
Draco sgranò gli occhi e guardò il padre, a bocca
spalancata.
-Posso papà? Posso
davvero? Eh? Davvero posso imparare a parlare con lui?-
-Certo-
-Ti prego,
insegnami!-.
Il padre osservò
l’espressione gioiosa e speranzosa del figlio, ritrovando in lui se stesso
com’era una volta, com’era quando sbadatamente, aveva
posato gli occhi su un pianoforte.
-Va bene Draco. Ma dovrai promettermi che,
anche se per molto tempo non riuscirai a capire ciò che ti dice, tu non ti
arrenderai-.
-Si papà, te lo prometto!- rispose lui, incrociando le dita davanti la
boccuccia e depositandoci sopra un lieve bacio.
-Bene, allora ti insegnerò a parlare con lui- concluse Lucius,
appoggiando una mano forte sulla testolina del figlio, che si avvinghiò ad una
sua gamba, abbracciandolo.
-Grazie papà, ti voglio
bene-
-Anche io, Draco-.
FINE.
KISS KATHY