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Autore: Mary_    17/07/2012    10 recensioni
-Va bene, voi perché siete dentro?-
La frase ricordava ironicamente una riunione di carcerati.
"Il liceo sperimentale Michelangelo era diviso in quattro indirizzi: artistico; musicale; lingue e recitazione; sportivo. Al terzo piano, ultima porta a sinistra, stava l’aula del Doposcuola Punitivo."
"-Non te ne sei accorta? Qui sono tutti troppo perfetti e diligenti per farsi mettere in castigo. Mirano tutti troppo in alto. E poi ci siamo noi. Se ci pensi non abbiamo fatto niente di esagerato, semplicemente siamo usciti un po’ dagli schemi. Siamo diversi. Noi siamo come dei fuorilegge.-"
"-Non sono una professoressa, non faccio ripetizioni né corsi di recupero. Ma d’ora in poi potete scordarvi l’idea di non fare niente qui con me.-"
Tutti gli studenti del liceo sperimentale Michelangelo andranno a vedere l'opera teatrale inscenata dai ragazzi del Doposcuola Punitivo, senza pensare a cosa potrebbe esserci stato realmente dietro le quinte...
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella sera, quel giorno

 

 

 

 

 

 


Quindici… sedici… diciassette…venti… no,  aveva perso il conto un’altra volta.

Era arrivato a diciassette, quindi ora dovevano essere a ventiquattro… venticinque… ventisei… ventinove… no, si era distratto di nuovo.

Matteo scosse la testa. Inutile, non riusciva a stare concentrato, la mente era vuota, i pensieri tinti di nero.

Guardò ancora Marco, che faceva  su e giù meccanicamente per il corridoio dell’ospedale, e provò di nuovo a contarne i passi per concentrarsi. Niente da fare, perdeva subito il conto.

Li avevano stipati lì, in un corridoio, mentre cercavano di salvare il loro amico e di evitare che… insomma, di evitarlo.

Nel pensare una cosa del genere a Matteo venne un conato. Respirò profondamente e si guardò intorno, cercando di distrarsi. Come se non ci avesse già provato.

Sara e Luca erano un po’ più lontano, in disparte. Lei parlava sottovoce al ragazzo, che la guardava fisso.

Marco non la smetteva di camminare a grandi passi davanti a lui, continuando a togliere e infilare le mani in tasca.

Fran era andata in bagno e non si vedeva da un po’, ma tutti sapevano che voleva stare un po’ da sola. Questo naturalmente non impediva a Marco di continuare a dirigersi senza nemmeno pensarci nella direzione dei bagni.

Irina aveva ricominciato a tremare. Rendendosene conto Matteo la strinse un po’ di più. Da quando era riuscito a tirarla su da terra Irina non si era più staccata da lui. Nemmeno quando l’avevano caricata sull’ambulanza per controllare che non fosse ferita o sotto shock l’aveva lasciato andare. Come se fossero stati su un autobus, insomma.

Non erano su un autobus, però, erano su un’ambulanza e con loro c’era Giovanni, coperto di sangue e in chissà quale condizione.

Quando la ragazza era stata sottoposta ai controlli e si era parlato di metterla un po’ a letto in attesa che si riprendesse, lei aveva esclamato un :”Col cavolo!”, rivelandosi alla fin fine in buone condizioni, eccetto per un brutto taglio alla mano.

Gli altri ragazzi del Doposcuola Punitivo li avevano raggiunti dopo, in quel corridoio.

Doversi prendere cura di Irina era un sollievo per lui, gli permetteva di concentrarsi su qualcosa e non lasciarsi perdere nei suoi pensieri.

Giovanni.

Sangue.

Auto.

E se non ce la faceva?

Se li immaginava tutti vestiti di nero al cimitero.

E se non ce la faceva?

Se non ce la faceva veramente?

E se li lasciava soli?

Il Doposcuola Punitivo senza di lui avrebbe fatto schifo.

Irina avrebbe sorriso di meno.

Irina sarebbe stata più sola.

L’appello senza il nome di Giovanni Santani.

Martina come avrebbe fatto?

Loro come avrebbero fatto?

Il Doposcuola come avrebbe fatto?

La mano di Irina si strinse contro la sua maglia e lui si riscosse. Sospirò esausto, ringraziando mentalmete la ragazza per averlo riportato in quel corridoio ancora una volta. Appoggiò il mento contro la testa di Irina, che smise di tremare e fece un sospiro che sembrava richiedere tutta l’aria del mondo.

 

Dicono tutti che le persone buone muoiono per prime.

Funziona anche, a volte. Ti viene sempre da pensare che sia una vera e propria ingiustizia.

Giovanni Santani era sempre stato molto buono. Idiota, sì, ma Matteo lo considerava una delle persone più buone che avesse mai conosciuto.
Le persone buone muoiono per prime.

Dicono anche che c’è sempre l’eccezione alla regola.

Matteo si sentì levare dal cuore un peso grande come un macigno quando gli dissero che Giovanni Santani era quell’eccezione.

 

Quella sera fu strana per tutti.

Quella sera nessuno si salutò veramente, solo cenni, sorrisi stanchi, stravolti.

Quella sera Marco la passò a casa di Matteo. Rinunciarono in partenza ad aprire i libri di matematica e fisica, rimandando lo studio a un altro giorno. Parlarono di tutto, di qualsiasi cosa, ma nessuno dei due accennò a ciò che era successo quel pomeriggio. Non parlarono delle ore che avevano passato fino a poco prima. Tanto entrambi sapevano a cosa pensava l’altro.

 

Quella sera Luca telefonò a Sara e parlarono per chissà quanto tempo, uno steso sul letto, l’altra seduta sul tappeto di camera sua.

Luca non era bravo con le parole e non disse niente al riguardo, ma sperò con tutto se stesso che Sara capisse quanto era stato importante per lui che quel pomeriggio lei gli fosse stata accanto.

 

Quella sera Fran rimase chiusa in camera fino a tardi. Dopo cena sua sorella entrò dalla finestra con un pacchetto di biscotti sotto braccio e si sedette sul letto accanto a lei.

Non parlarono molto, ma a Fran bastò sapere che Teresa era lì per lei. Le bastò sapere che sua sorella c’era anche se ogni giorno avevano problemi e il loro rapporto sembrava essersi spezzato.

 

Quella sera Irina si accucciò con la schiena appoggiata all’armadio e fissò per tutto il tempo lo stesso punto con gli occhi sbarrati, toccandosi di tanto in tanto la mano destra, fasciata dalle garze.

Restò in quella posizione scomoda per non dormire, e quella notte non chiuse occhio.

 

Quella sera Martina si buttò sotto la doccia esausta, gli occhi rossi e il respiro spezzato.

Aveva passato un pomeriggio che era sembrato eterno, e ora voleva soltanto che arrivasse il giorno dopo per poter tornare a casa, nella sua città.

Sua nonna, che abitava in Sicilia, era morta l’altro giorno ed erano tutti dovuti scendere per il funerale.

La prima chiamata di Fran era arrivata durante la cerimonia e non aveva risposto, la seconda quando era al cimitero, e il mondo le era crollato addosso. Martina era tornata subito in chiesa e ci era rimasta per quasi tutto il pomeriggio, a pregare che non le togliessero anche quell’idiota del suo ragazzo.

 

-Serve un piano d’attacco.-

-Un piano d’entrata.-

-Un piano.-

-Sì, ragazzi, il concetto è chiaro, grazie.-

Sara provò ad accennare a un sorriso e si rivolse di nuovo alla donna.

-Non potremmo…-

-No.-

-Ma se noi…-

-No.-

-Ma noi vogliamo solo…-

-No!-

L’infermiera si erse nella sua imponente statura e li sovrastò tutti.

-Il mio paziente ha bisogno di riposare. Sei ospiti in stanza in una volta sola? E’ inaudito!-

-Sì, ma noi…-

-Ho detto di no!-

E sbattè la porta in faccia ai ragazzi. Facce che tra l’altro sembravano davvero distrutte. Irina, soprattutto, con le occhiaie e i capelli –se possibile- più arruffati del solito, aveva l’aria di chi ha passato una notte in bianco.

Dalla stanza si sentirono delle voci ovattate. Tutti drizzarono le orecchie quando sentirono quella di Giovanni. Irina si appiccicò alla porta.

-Ma sono i miei amici!-

-E sono sei!-

-Guardi che entreranno lo stesso, se li conosco bene.-

-Dovranno passare sul mio cadavere!-

-Ce n’è una che potrebbe farlo.- Irina annuì tra sé, combattiva.

I sei si erano tutti incollati alla porta per seguire lo scambio di battute e quando questa si aprì di scatto sobbalzarono, colti in fallo.

-Faccia come vuole, ma che poi non si lamentino con me!-

Strepitò l’infermiera uscendo come una furia e lasciando la porta aperta.

I ragazzi si guardarono per un secondo, poi si gettarono tutti nella stanza.

Giovanni era lì, e stava ancora borbottando -Che caratteraccio, se le dico che sto bene…-

Prima ancora che qualcuno potesse dire qualcosa Irina esplose in un :”IDIOTA!” che attirò l’attenzione del malato e degli altri.

-Ti avevo detto di non camminare al contrario, pezzo di deficiente! E mi sei finito sotto un’auto, brutto…- Matteo cercò di placare la ragazza, ma lei gli rifilò un’occhiata tale da farlo indietreggiare.

-Non picchiarlo, almeno.- Tentò debolmente.

-No, non posso, è un ammasso di tubicini, flebo e bende, questo qui.- sbuffò lei sedendosi su una sedia accanto al letto e incrociando le braccia. Si vedeva, però, che lottava per non sorridere apertamente.

-Bè… Ta-daaa! – esclamò Giovanni allargando il braccio sinistro, dal momento che il destro era ingessato.

Luca chiuse gli occhi e sospirò.

-Esattamente cosa ti è rimasto di intero?-

-Hummm… bè… ho tre costole incrinate, un braccio rotto, un ginocchio lussato, abrasioni su tutto il lato destro della faccia e il bacino rotto.- elencò lui tranquillamente.

Sara lo guardava accigliata. –E lo dici così?-

-Come dovrei dirlo?-

-La caduta non ti ha aggiustato il cervello, eh?- osservò Luca esasperato, ma con la voce arrochita dal sollievo di vedere sempre il solito Giovanni, nonostante tutto.

-Nei fumetti succede sempre. Con una botta in testa ritorna sempre la memoria o si cambia personalità.- replicò irragionevolmente l’altro.

-Il braccio destro? Ma allora non puoi disegnare!- esclamò Irina sconvolta.

-Lo so, ci ho pensato anche io!-

La ragazza alzò la mano destra, mostrando la fasciatura.  –Idem per me. Niente disegno per un po’ .- disse, mesta.

-Dovremmo prendere degli scrivani personali. Io prendo Luca.-

-Perché io? Sicuramente riesci a disegnare meglio di me col gesso, te lo assicuro.-

Ormai la tensione si stava man mano sciogliendo, facendo cadere i discorsi nella demenzialità più totale, come lo potevano dimostrare le risate un po’ isteriche che li coinvolgevano a turno.

-Martina era in aereoporto poco fa, dovrebbe arrivare.- disse Fran, notando che Giovanni continuava a guardarsi intorno.

Proprio in quel momento Martina entrò come una furia nella camera.

-Tu… tu… idiota!- esclamò con una faccia sconvolta quando lo vide tutto rilassato e sorridente.

Irina, a cui la scena era vagamente familiare, spinse tutti fuori e chiuse delicatamente la porta.

 

-Marti…-

-Non hai idea… ero così… tu, deficiente! Ed ero chiusa in quello stupido paesino siciliano senza poter far niente e io… io…- A quel punto Martina non ce la fece più e scoppiò direttamente a piangere.

-Marti, senti…-

-No no no… scusa, scusa, sto bene… sto benone.- balbettò lei strofinandosi gli occhi. Giovanni le fece cenno di sedersi sulla sedia vicino al letto. Lei obbedì, silenziosa. Lui allungò il braccio sano e Martina prese la sua mano, con un altro singhiozzo.

-Ho avuto una paura tremenda che… che tu… mi sono spaventata.- mormorò guardandolo con gli occhi arrossati. Lui le fece l’occhiolino –il che comportò una conseguente smorfia di dolore-.

-Secondo te ti mollo così dopo tutta la fatica che ho fatto per conquistarti?-

Martina fece una risata lacrimosa. –Sei uno scemo, davvero.- replicò alzondosi per dargli un bacio sulla fronte. Ancora non le sembrava vero di poterlo fare.

 

I ragazzi del Doposcuola Punitivo camminavano silenziosamente nel corridoio, ognuno perso nei propri pensieri.

Al momento di salutarsi Sara si accorse che mancava Irina, sparita improvvisamente.

-E’ andata in bagno. Vuole stare sola, è un’abitudine che abbiamo preso tutt’e due.- Rispose Fran con aria stanca.

-Ho dimenticato sulla panchina del corridio il cellulare. Vado a prenderlo. Ci vediamo domani, ragazzi.- borbottò dopo un po’ Matteo, avviandosi verso le scale nascondendo meglio in tasca il cellulare.

Irina era effettivamente in bagno.

Matteo, che non si era fatto riguardo a entrare nel bagno delle donne, la trovò seduta sul pavimento che singhiozzava.

-S-sei una donna, tu?- gli chiese quando lo vide impalato sulla soglia.

Matteo Conti era sempre stato terribile a consolare, ma avendo fatto pratica in quei due giorni proprio con la riccia le si avvicinò.

-Forza, Testa a Cespuglio, vieni qua.- disse tirandola su e abbracciandola. Lei lo lasciò fare e continuò a piangere, abbracciandolo a sua volta.

-Cosa c’è, stavolta? È andato tutto bene quel che finisce bene, tutti vivono felici e contenti, no? Un po’ ammaccati, forse.-

-Sì, infatti, ma… cioè, io sono proprio stupida.- borbottò lei in risposta. Lui le tirò un riccio.

-E quindi? Dov’è la novità?-

-Dai, sono seria.-

-Scusa. Faccio il serio anch’io, prometto.-

-Non credo sia nel tuo DNA.-

-Non mi aiuti.-

-Scusa.-

-Allora, come mai sei stupida?-

Irina tirò su col naso e si staccò leggermente.

-E’ che, insomma, ieri ero completamente nel panico e non riuscivo nemmeno a pensare… sono crollata solo adesso, come una cretina patentata e…- scoppiò di nuovo a piangere e Matteo la strinse ancora.

-E poi non riesco a togliermi dalla testa che ho mancato tanto così di finire sotto quell’auto… e mi sono fatta solo uno stupido taglio, mentre quello là per poco non si accoppava… e poteva succedere anche a me… e mi sono presa un colpo, ecco! Come una stupida! E stanotte non ho chiuso occhio perché avevo paura di sognare… sono stupida.- borbottò affondando il viso nella spalla del biondo per nascondere quanto fosse arrossita.

-Non sei stupida, Testa a Cespugio. E non sei nemmeno invincibile. È normale che tu ti senta così. Sei umana anche tu, sai? E se ti può consolare io ho fatto soltanto incubi stanotte.-

Lei annuì leggermente. –Grazie. Cioè, mi spiace che tu abbia dormito male, però grazie.-

-Oh, non c’è di che. Consolo la gente a pagamento, è il mio mestiere.-

-Te lo scordi che ti do i soldi.-

-Mi farò pagare in natur… ahia!- Irina gli pestò forte un piede, ma non lo lasciò andare.

Stava bene quando Matteo l’abbracciava. Si rese conto che quello che le mancava la sera prima era che lui le stesse accanto e l’aiutasse ad allontanare un po’ il panico, che invece aveva preso il sopravvento.

Quanta sdolcinatezza. C’era qualcosa che non quadrava.

Poi capì. Probabilmente in quel momento un fascio di luce bianca doveva essersi proiettato sull’ospedale, con uno sfondo di voci bianche.

Si chiese se ci si potesse davvero innamorare di un ragazzo così fastidioso, insopportabile e idiota come Matteo Conti.

Poi lui le diede una leggera pacca sulla schiena e disse :-Ehi, Testa a Cespuglio, facciamo così. Adesso ti riaccompagno dentro, interrompiamo i due colombi, e gliene dici quattro a quello là, ok?- e Irina pensò che ci si poteva innamorare eccome di Matteo Conti. Si era innamorata di Matteo Conti, quindi. Porca vacca.

-Non picchiarlo, però, veramente, sembrava piuttosto malconcio.-

Irina sbuffò un risata e si staccò da lui.

-Tu sei…- cercò di riassumere quello che le passava per la testa. –Io… mi sarei preoccupata allo stesso modo se fosse successo a te. E ti avrei insultato alla stessa maniera, se non di più.-

Matteo sorrise, consapevole che questo per Irina valeva almeno come un “ti voglio bene”.

-Ma non montarti la testa, biondo.-

-Non sia mai, sua Altezza Ricciuta.-

-E questa come ti è venuta?-

In quel momento entrò una donna sulla sessantina. Matteo, ricordando solo allora di essere nel bagno delle donne, guardò allarmato la sua espressione indignata.

-Signora, non è come sembra.-







*Angolo di Mary

Santo Cielo. Ce l'ho fatta. Aspettavo di scrivere questi due capitoli da un anno, direi. E ci ho pensato veramente a lungo. L'estate scorsa mi ero decisa a uccidere Giovanni, ci è mancato veramente poco. Non prendetemi per sadica, ma mi piaceva come idea. Poi durante l'anno ho progettato tante cose per lui senza nemmeno rendermene conto. Il suo futuro mi piaceva talmente tanto e mi ero così affezionata a lui che non ce l'ho proprio fatta a fargli tirare le cuoia. Alla fine ha vinto lui.

Mi sono accontentata di lasciare un po' l'idea che potesse morire, ma alla fine Giovanni Santani rimane tra noi.  Diamine, è micidiale come i personaggi si impongano sugli autori, a volte.

Questo capitolo l'avevo progettato più lungo, o meglio lo era nella mia testa, ma è uscito così, e tutto sommato mi piace abbastanza, soprattutto la parte della sera, in cui ho voluto dare un po' di spazio proprio a tutti.

Non temete, non mi sono dimenticata di Fran, la sua situazione con Marco e sua sorella e i suoi pensieri saranno chiariti, prima o poi.

Ma che dire di Irina, che FINALMENTE ha capito? Non ci speravo più nemmeno io, lo ammetto. ^^ Però mi sono divertita tanto a scrivere quella scena, non sono molto fatta per il fluff, e quei due sono un po' anti-romantici, ma mi piacciono tanto.

Il discorso che ho fatto nell'Angolo del capitolo scorso sui pensieri confusi di Marco vale anche per Matteo. E' scioccato, e fa pensieri messi un po' a ramengo, a casaccio. Allo stesso modo ho voluto rendere veloce la scena di tutti loro con Giovanni e il fatto che sia demenziale è perchè quando la tensione si scioglie si è un po' storditi e non si riesce a mettere in ordine i pensieri, quindi dopo una cosa del genere tutti loro vivono la scena in modo un po' surreale.


Grazie veramente a voi che crescete, sono anche arrivata a 109 recensioni, e la cosa mi sciocca ancora. Ringrazio tanto Ginny_99 ed Ellie 97 che si sono prese la briga di leggere d'un fiato tutta la storia e hanno recensito quasi tutti i capitoli. Io vi adoro, ragazze. *_*

E un grazie va anche alle mie cugine. Anna (su, vedi che alla fine ti cito?), che mi ha supportato e sopportato mentre straparlavo delle regole di un ospedale e mi ha dato consigli sensati sulle procedure e i tempi, e Lucia, con cui ho fatto anche la prova della caduta di Gio per decidere cosa diamine si doveva rompere e cosa no. Immaginatemi mentre fingo di cozzare contro un auto invisibile e cado al rallentatore sul pavimento. Sì, è una scena un po' imbarazzante.

Detto ciò, mi ritiro per un po', la montagna chiama, ma non potevo dileguarmi prima di farci sapere cosa succede al povero Santani.

Alla prossima,

Mary, l'autrice che pubblica a orari un po' improbabili. 

  
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