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Autore: _wizard_    18/07/2012    5 recensioni
Fin da piccola mi dicevano che il mio mondo era diviso a metà, che esistevano i magici e i non magici, che nessuno si poteva fidare di nessuno, e cosa più grave che nessuno era libero, ma io questo fino a poco tempo fa non lo capivo.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Io sono Cl. Fui interrotta dall’urlo di Jennie.

-Claire sei qui! Mi sono svegliata in quella capanna e tu chi sei? Disse indicando con un dito Ral. L’elfo la guardò con espressione divertita, scrutandola attentamente come se le stesse facendo una radiografia. Poi con aria soddisfatta disse:

- Perché non mi seguite, vi indicherò un posto dove dormire. Annuimmo, non lo conoscevamo e non sapevamo se potevamo fidarci di lui, ma era l’unica creatura magica che avevamo conosciuto fino ad ora, e da qualche parte dovevamo pur cominciare.

-Non passeremo per la piazza conosco vie più veloci.  Ci guidò nella foresta con passo deciso e sicuro. Camminammo per svariati minuti, fino a quando non si fermò in un punto piuttosto isolato. Disegnò in aria con il dito una porta, e subito dopo si aprì un passaggio. Guardai perplessa ciò che avevo appena visto. Ral scosse distrattamente la testa;

-Un piccolo privilegio che ho per essere un guardiano… ma adesso non c’è tempo per parlare, forza entrate. Esitai qualche istante, Ral poco dopo disse:

-Le porte nell’aria sono vie molto veloci, ti permettono di spostarti da un luogo ad un altro in poco tempo non importa la distanza, ma sono pericolose, solo gli elfi si sanno orientare, se mai qualcuno si perdesse probabilmente vagherebbe  nel vuoto per  l’eternità.

Feci un passo avanti e dopo un sospiro entrai definitivamente, mi ritrovai in uno spazio bianco, ovunque mi girassi non vedevo niente, mi avvicinai a Jennie tenendole la mano, non volevo vagare in quel posto per sempre. Jennie strinse forte la spalla di Ral. Più andavamo avanti più la luce diventava intensa ed era quasi impossibile tenere gli occhi aperti, così li chiusi e proseguimmo passo per passo. Dopo pochi istanti ci fermammo.

-Ecco siamo arrivati. Disse Ral. Aprii gli occhi.
Eravamo su un enorme prato, attorno a noi, elfi entravano e uscivano da porte create nell’aria. Passavano senza guardarci, forse troppo indaffarati per accorgersi della nostra presenza.  Piccoli esseri dotati di ali, che non seppi meglio identificare,  volavano sopra le nostre teste trasportando pergamene. Alzando la testa notai delle strade sospese nel cielo, percorse da carrozze trainate da pegasi, in effetti c’era un intero villaggio, composto da casette in pietra, gli abitanti camminavano tranquilli senza preoccuparsi di poter cadere da un momento all’altro. Jennie mi prese la mano per farmi spostare visto che stavo intralciando il percorso.  Ancora meravigliata alzai un dito al cielo per indicarle quello che si trovava, ma si limitò a sorridermi, per lei era tutto normale.

In lontananza un enorme castello sembrava guardarci e attendere impaziente il nostro arrivo. Mi ricordava un po’ i castelli delle fiabe, costruito su una collina circondato dal verde, grandi vetrate colorate, e i tetti delle alte torri sfioravano le nuvole. Da piccola non desideravo vivere nei castelli che vedevo illustrati nei libri. Storcevo il naso  guardandoli, pensando che fosse ridicolo vivere in un posto con così tante stanze. Ma in quel momento rivalutai il mio pensiero, mi sarebbe piaciuto viverci e magari indossare quegli enormi vestiti da principessa.

Senza accorgermene ero giunta davanti al castello. Il grande portone in legno massiccio si aprì scricchiolando, lasciando intravedere un ampio atrio, ma non vidi la persona che ci aveva aperto. Quadri di ogni misura adornavano le pareti, alcuni raffiguravano feste di ballo, altri scene di guerra, altri ancora banchetti di corte. Al centro dell’atrio un semplice tavolino in legno sorreggeva un portafiori in cristallo, che conteneva piccoli fiori circondati da una luce color oro. Mi avvicinai per sentirne il profumo, e quasi senza pensarci mi chinai e sfiorai i petali, che splendevano più che mai. Avevano uno strano profumo, l’avevo già sentito, poi mi resi conto di cosa fosse. Profumavano di casa, e per la prima volta da quando avevo attraversato il muro ne sentii la mancanza, provai nostalgia, ciò che desideravo in quel momento era essere nella mia tranquilla e noiosa casa,  mi allontanai a malincuore dai quei fiori cercando di scacciare la tristezza.

-Sono dei desisplendi, sono fiori rari, caratterizzati dal color oro, più o meno splendente a seconda di quanto sia intenso il tuo desiderio. Profumano di ciò che vorresti avere di più in quel momento… o nel posto in cui desidereresti essere. Ral aveva mantenuto un tono neutro per tutta la durata delle spiegazione, però mi aveva fissato con insistenza quasi volesse entrare nella mia mente e scoprire cosa desiderassi. Infastidita e impaurita distolsi lo sguardo dai suoi occhi e irrequieta incomincia a fissare le piastrelle dell’atrio, che non avevano nulla di speciale, dalla forma squadrata e rosso mattone.
Notai un divanetto verde imbottito, in un angolo della sala, pensai di sedermi, ma visto che sia Jennie che Ral erano in piedi, preferii restare dove mi trovavo.

Dopo poco tempo un ometto, con grandi basettoni, vestito con pantaloni lunghi e verdi, una camicia bianca  a maniche lunghe, si presentò davanti a noi, dandoci il permesso di entrare in un’altra sala. Risi guardandolo, gli indumenti che portava erano fin troppo grossi per un uomo della sua stazza, ma me ne pentii subito dopo aver visto lo sguardo offeso e irato, di quello che capii, dovesse essere uno gnomo. Tornai seria e seguii Jennie e Ral.

Attraversammo la sala, le grosse e pesanti tende impedivano al sole di illuminare la stanza. L’odore di chiuso che aleggiava, mi pizzicava il naso facendomi starnutire. I miei occhi, non si erano ancora abituati al buio e più volte inciampai in tavolini e sedie o almeno credevo fossero tavolini e sedie.
Quando lo gnomo aprì un’ altra porta, facendoci segno di entrare, qualche raggio di luce illuminò la stanza in cui ci trovavamo, mostrando spessi strati di polvere. Non potei fare a meno di mostrare il mio disappunto.

-Grazie Ascanio.
-Ral non ti vedo da tanto tempo.
-Già sono stato impegnato.

I due si scambiarono una veloce occhiata e poi con un cenno della testa si salutarono. La stanza in cui entrammo era molto diversa da quella precedente. Il sole rischiarava anche gli angoli più angusti, c’era profumo di pino e ogni oggetto era collocato al proprio posto. Mi si illuminarono gli occhi a vedere la  scrivania che si trovava davanti a noi, costruita in legno d’acero, involontariamente pensai ad alta voce: legno d’acero, piano in formica incorniciato da una modanatura anch’essa mossa…

Mi interruppe Jennie, schiarendosi la voce e guardandomi   con aria seccata.
Me la cavavo piuttosto bene a riconoscere i legni, il nonno abitava in campagna ed era un falegname, la mia famiglia ed io abitavamo nella casetta vicino, perciò passavo le mie giornate con lui, mi aveva insegnato molte cose. Ricordo il comodino di legno di rovere nella mia camera, l’avevamo costruito insieme, il nonno ed io, ne ero molto orgogliosa.  Durante il trasloco a Confine si era rovinato, secondo i miei genitori era un ammasso di legno e chiodi da buttare via. Cercai di ripararlo e il risultato non fu dei migliori, ma restò comunque vicino al mio letto, e non pensai mai, neppure per un secondo, di sostituirlo con un comodino migliore.

Arrossii e abbassai la testa timidamente, notando che dietro la scrivania, seduto su una poltrona si trovava un uomo, che mi guardava con aria sorpresa. Ral fece un breve inchino, ma l’uomo agitò la mano come per dire che non era necessario.

-Vostra maestà loro sono…
-Si si Ral non preoccuparti so già abbastanza su chi siano, ma non sapevo che una di loro fosse così appassionata di scrivanie. 

Stavo per ribattere, perché non ero appassionata di scrivanie, ma l’uomo sorrise benevolo e non potei fare altro che ricambiare. Si alzò dalla poltrona di  velluto rosso. Era un uomo di mezza età, alto e slanciato con i capelli grigi tendenti al bianco e una rada barba. 
Era vestito con abiti semplici, camicia di lino, lunghi pantaloni marroni e stivaletti neri. Quasi  ne rimasi delusa. Dai libri sul medioevo, avevo appreso che i re, indossavano strani abiti, portavano lunghi mantelli e al collo avevano collane impreziosite da pietre rare, l’uomo che mi si presentava non aveva nemmeno la corona.  Il sovrano rise e Ral si affrettò a dire:

-Non sanno ancora molto di questo mondo, le deve scusare. Sul volto gli si dipinse una smorfia di risentimento.
-Cercherò di non deluderla ulteriormente allora signorina Claire. Lo disse con aria seria ma subito dopo rise alla mia espressione di puro stupore.

Pensai mi avesse letto nel pensiero ed ero quasi certa che fosse così. Mi sentii terribilmente a disagio, dovevo stare attenta a cosa pensavo  e non sapendo cosa fare, incominciai a intonare mentalmente una canzoncina. Ral mi schioccò un’occhiata fulminante e il re si mise a ridere.

-Ral,  accompagna le ragazze nelle loro stanze, alloggeranno qui finché sarà necessario. Penso che abbiano molte domande da fare, questa sera a cena potremo discuterne.

Ral si inchinò e ci incitò ad imitarlo, poi uscimmo dalla stanza. Jennie tirò un sospiro di sollievo e mi sorrise, ma non riuscii a ricambiare, pensavo a quanto fossi stata stupida, e quasi a dare conferma ai miei pensieri ci pensò Ral:

-Si, lo sei stata. Lo disse senza girarsi a guardarmi, proseguendo imperterrito per il corridoio, lasciandomi spiazzata.


ecco un nuovo capitolo. ringrazio tutti quelli che leggono la mia storia :) un grazie speciale a  Kevin In My Horan.

  
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