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Autore: Finnick_    19/07/2012    5 recensioni
Panem: i Giochi non esistono più. Capitol City è stata sconfitta.
E' la verità? Oppure l'attuale governo mantiene ancora fredde apparenze che facilitano la rinascita di una nuova generazione?
Mellark-Everdeen, Odair-Cresta. I ragazzi di una generazione che sfiderà la nuova Capitol 13.
Che gli Hunger Games risorgano, tributi.
Ambientazione: dopo "Il canto della rivolta".
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Ho lasciato un mondo. Ho lasciato il mio mondo. Da quanto? Un ora, poco più. Mi sembra di essermene andata da molto più tempo. I prati verdi, il mio arco, le mie frecce. I tronchi degli alberi che ho imparato ad ascoltare. Ci appoggiavo l’orecchio quand’ero a casa, al tronco. Aspettavo in silenzio e ascoltavo. Sentivo la linfa scorrere, ma nemmeno Chays mi credeva quando glielo dicevo. Allora ce lo portavo, nei boschi, e lo incollavo ad un albero in silenzio, ma lui diceva di non sentire niente. Da qualche anno c’ho rinunciato. Lui è fatto per i campi d’addestramento, per le spade e i combattimenti. E’ fatto per le manifestazioni pubbliche che si svolgono una volta all’anno in ogni distretto, per sentire gli applausi intorno a se. Oppure si chiude a giornate nella sua stanza e quando ne esce ha con se sempre un bel quadro: c’è Jymith, la figlia del macellaio. E’ una mia amica, per quanto ci siamo parlate. Bionda e con gli occhi castani domina la scena dei disegni di Chays. Sorride sempre nei suoi disegni, ma Jymith non sorride mai. Almeno, non secondo quanto mi ricordi io. Ho lasciato tutto questo per una parata.
Non so nemmeno se ci arriverò viva, adesso.
Guardo mia madre alla porta della cabina. Non potevo certo aspettarmi che se ne stesse con le mani in mano a fissare mio padre negli occhi e tanto meno che mi lasciasse con Gale e Finnick a riordinare i tratti di quello che sta succedendo. Il nodo alla gola comincia a farsi sentire.
E se davvero gli Overcraft di Capitol City ci abbattessero prima di arrivare ad una qualunque area sicura?
Jymith non vedrebbe più nessuno di noi.
Forse è stata proprio lei, il primo pensiero di mio fratello, quando l’Overcraft è stato attaccato. Siamo ormai lontani dal Distretto 12, forse ora stiamo già sorvolando l’8 e le speranze di arrivare in tempo al Distretto Madre si fanno sempre più flebili. Inesistenti quelle di tornare indietro.
-non pensavate di cavarvela senza di me- dice mia madre stabilendosi in piedi dietro il seggiolino di Gale.
-mai- replica Gale, il tono lievemente ironico.
-era un Overcraft proveniente dal 13..- Inizia Finnick.
-lo so, ho sentito- lo interrompe lei drastica. Questo suo atteggiamento mi da noia. Riesce a sminuire con due parole l’idea che ci eravamo fatti di poter essere utili in qualche modo. Credo sia perché siamo così simili, ma proprio non mi va giù.
-siamo circondati, mamma- dico, indicando con un cenno del capo l’ologramma davanti a noi.
-sono invisibili quelli di Capitol, il radar non li rileva-
Lei distoglie lo sguardo e chiede : - tra quanto tempo sorvoleremo il distretto 4?-
-Non ci arriveremo in tempo, al 4- dice Robby, il copilota che fin ora non aveva aperto bocca.
Qualche istante di silenzio. La nostra passeggiata per aria dura ancora meno di quanto ci fossimo aspettati. Di quanto io stessa avevo previsto.
-perché vuoi arrivare al 4?- chiedo, smorzando il silenzio e dando voce alla domanda che leggevo anche negli occhi di Finnick. Mia madre mi guarda come a farmi capire che non mi deve spiegazioni.
-cosa c’è nel 4?- Mi alzo in piedi e abbasso il tono. Sta facendo il capitano di nuovo, escludendoci.
-niente degno del tuo interesse, Rue- mi mette una mano sulla spalla e mi spinge per rimettermi a sedere, ma non mi muovo.
-c’è l’arena ancora in piedi, non è vero?- il mio tono si alza nuovamente.
Mia madre lascia cadere il braccio lungo il corpo. Gale si volta a guardarci e Finnick rimane ammutolito.
-ditemi che state scherzando- fa lui con un mezzo sorriso. Cupa ironia.
-c’è un’arena ancora intatta- gli risponde mi madre. Poi mi guarda e si avvicina:
-ma- mi dice faccia a faccia –è inattiva. Non ci sono baccelli, ibridi o cose simili-
L’aria minacciosa mia madre l’ha sempre avuta e quando vuole sa sfruttarla bene, ma non con me. Non ci casco più, o mi dice la verità o per me Katniss Everdeen è solo una bugiarda.
-sei sicura? Sei sempre così sicura di tutto- le dico in faccia di rimando.
Gale ci interrompe, provvidenzialmente:
-signore Mellark, non è questo il posto. Abbiamo uno squadrone invisibile di Overcraft di Capito City alle costole e c’è una grande possibilità che quello che ci ha superati prima ci piombi addosso tornando indietro. Se siamo in questa situazione è solo perché a bordo ci siete voi, questo lo sapete?-
Mia madre tace. Io ripiombo nel caos mentale: credo di aver ricomposto tutti i tasselli. Ecco perché ci hanno attaccati. Il motivo sono io, o meglio.. io e la mia famiglia.
Mi devono ritenere pericolosa, allora, per attaccare il nostro Overcraft diretto ad una comune ed inutile Parata della Memoria. O forse non è così inutile come sembra. Che cosa c’è dietro? Chi sta macchinando alle nostre spalle? La Paylor? E chi altri? Non può fare tutto da sola.
Chi c’è dietro agli Overcraft ancora intatti di Capitol City, se l’intera città era stata ridotta in cenere insieme al suo governo venticinque anni fa? E soprattutto.. cosa rappresentiamo noi per loro? La sfida al potere. No, se avevano i mezzi in venticinque anni il potere se lo erano ripresi, con le buone o con le cattive. Tutto questo mi fa pensare solo al fatto che ci hanno attaccati oggi, qui, tutti noi, proprio perché stavano aspettando questo momento per farlo.
Ho 16 anni e .. io e la mia famiglia siamo la mira di una Capitol City ancora sopravvissuta. Ho 16 anni.
Ho 16 anni, c’entra. Queste parole mi rimbombano in testa finchè non mi tocca reggermela con le mani.
Sto per parlare, urlare. Dire a Gale e Robby di far atterrare immediatamente l’Overcraft in qualunque posto ci troviamo, di far scendere tutti e di consegnarmi a chi mi vuole. Perché è me che vogliono.
Sono io che avrei dovuto fare da porta bandiera alla Parata della Memoria, io che ho compiuto 16 anni. Ed è oggi che mi stanno portando al Distretto Madre per prepararmi. Se hanno aspettato tanto, significa che l’obbiettivo non è mia madre, non è mio padre. Non sono Finnick, Annie, Gale, Haymitch o chiunque sia a bordo. L’obbiettivo sono io.
Mi scoppia la testa, vorrei capire perché sta succedendo questo. Sento la fronte bagnata di sudore. Sto sudando. Da quanto? Stringo forte gli occhi per sopprimere il dolore, ma non cessa. Tutto si fa dannatamente confuso, ricado sulla sedia senza più forze per stare in piedi. Sento la voce lontana di Gale che ordina di portarmi fuori dalla cabina. Cerco di oppormi, è solo uno stupido mal di testa. Non posso rinunciare a capire, a reagire. Invece sento le mani forti di Finnick che mi trascinano fuori dalla cabina di comando, mentre io perdo la cognizione di ciò che mi sta intorno. Mi tocco la tempia laddove fa troppo male, mi guardo le mani. Sanguino di nuovo, l’ultima cosa che ricordo prima di svenire.
 
Mi risveglio dopo qualche ora. Sempre nell’Overcraft, stesa sul divanetto di pelle dove mio padre mi aveva gettato prima dell’impennata. In fondo al divanetto è seduto Finnick, mia madre siede su quello di fronte.
Provo ad alzare la testa, ma fa ancora male e quando mi tocco sento di essere fasciata. Capisco di aver emesso un gemito di dolore, perché mia madre mi è subito addosso e mi stringe al suo petto.
-Capisci adesso?- mi chiede.
-non puoi permetterti di sottoporti ad altre pressioni. Non le sopporti.-
No. Scuoto la testa e mi divincolo dalla sua stretta. E’ preoccupata, va capita, ma non accetto il fatto di essere così fragile. E soprattutto non accetto che abbia ragione anche in questo caso.
-sto bene- dico e basta. Mi metto a sedere e appoggio la schiena al finestrino sprangato. Lei mi guarda solo un secondo, poi si alza e va accanto a mio padre. Sento che parlano delle mie condizioni, come se fossi in punto di morte.
-sto bene davvero- confermo a Finnick che mi fissa dal fondo del divanetto. –ti credo- sorride e si avvicina. Si siede all’altezza delle mie ginocchia. Mi crede sul serio, eppure nessuno crede che possa reggere ancora questo viaggio. Forse nemmeno lui. Ma che me ne importa? Nemmeno mi conosce, penso tutt’a un tratto.
Poi dico con astio: - è colpa della botta che ho preso nel tavolo prima dell’impennata-
-già- dice lui. Perfetto. Un semplice colpo alla testa mi riduce in queste condizioni, come posso sperare di reagire a quello che sta succedendo? Insomma, per avere me, viva o morta che io sia, stanno attaccando la mia famiglia e persone che non c’entrano niente con me. Finnick ed Annie nemmeno mi conoscono e si ritrovano a rischiare la vita a causa mia. E io non posso fare niente perché sono bloccata da una stupida ferita alla testa?
-bello vero?- ironizzo con Finnick –una ragazzina di 16 anni, stordita da un colpo in testa che pretende di salvare la situazione-
Lui è serio: - ma tu non pretendi di farlo – dice e basta. E mi accorgo che ha ragione. Non sono io che guido l’Overcraft, né io che posso attaccare quelli di Capitol City caso mai ci piombassero addosso. Io voglio solo tenere al sicuro la mia famiglia.
-non ho ancora capito il perché ti vogliano morta- aggiunge.
-bravo chi lo capisce- rispondo.
-sono la figlia della ragazza in fiamme e del ragazzo del pane, forse basta questo- dico dopo qualche secondo.
Finnick fa una smorfia di dissenso e si liscia il ciuffo biondo. Mi getta un’occhiata che a lui deve sembrare molto penetrante, ma poi seriamente dice:
-no, tu sei Rue Mellark. Tu sei la ragazza in fiamme. Quel poco di Capitol City che evidentemente è rimasto cerca di metterti immediatamente a tacere-
A tacere? Io non ho mai parlato! Non sapevo nemmeno esistesse ancora la capitale, vivevo nel mio modo verde con la caccia, la mia famiglia e Jymith. Fine. Cosa possono volere da me? Poi comincio a capire.
-La gente non mi ha mai vista in faccia- dico.
-esatto- annuisce Finnick –e la Paylor voleva mostrarti al mondo intero con la Parata della Memoria. Per far capire che la ragazza in fiamme ha un’erede e che tu e tuo fratello assicurerete a Panem che Capitol City non tornerà mai. Non finchè voi siete vivi-
-non finchè noi siamo vivi- ripeto.
Finnick va da sua madre ed io non faccio in tempo a stendermi che la Paylor prende il suo posto:
-non farmi domande- dice subito.
-invece dovrei. Siamo sospesi sopra i Distretti e potremmo essere attaccati da un momento all’altro, a causa mia- replico. Sono seccata. Nessuno vuole che fiati, che faccia domande, che mi muova o che faccia qualcosa. Tutti sanno che questa situazione dipende dal solo fatto che esisto.
-anzi no- continuo con tono accusatorio – a causa sua, presidente-
Dovrebbe scandalizzarsi per la mia mancanza di rispetto e io dovrei dispiacermi, invece non interessa né a me né a lei, perché dice:
-Mellark, sappi che la situazione tra i Distretti è più fragile di quanto tu pensi. La gente ha bisogno di una speranza e questa unica speranza sei tu-
La promessa di una vita che continua, penso. Rue Mellark, figlia di Katniss Everdeen e Peeta Mellark, i disertori, i volti della ribellione, la voce della speranza. Il richiamo mentale mi serve anche adesso. Ho abbastanza chiaro in mente ciò che è successo e il perché. Ma adesso l’unica cosa che conta è che sono figlia dei due vincitori di due Hunger Games e di Capito City.
La Paylor si alza e inizia un giro di controllo per le varie porte disseminate in cima e in fondo all’Overcraft. Mentre mi chiedo cosa ci sia dentro penso che lei, nonostante tutto, sia l’unica che crede che io possa comunque reagire.
Mi stendo e guardo il soffitto, finchè non mi addormento.
Succederà di nuovo, un’altra guerra.
Mio padre l’aveva detto.
La differenza è che questa volta la portabandiera sono io, Rue Mellark, che questo io l’abbia mai voluto o no.
 
  
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