CAPITOLO 4 - Katniss
"Potremmo farlo sai? Lasciare il Distretto. Scappare. Vivere
nei boschi ". Le parole di Gale mi risuonano nelle mente un
po’ beffarde come se fossero state un avvertimento di
ciò che sarebbe successo oggi. Da quando è morto
papà ho cercato di proteggere Prim con tutte le mie forze.
Le ho impedito persino di prendere tessere per me e mia madre, ma non
è stato sufficiente per salvarla dalla mietitura. Non volevo
che il suo nome venisse estratto. Non volevo che subisse la
crudeltà degli Hunger Games. Non voglio vederla morire senza
che possa far nulla per evitarlo.
Più mi avvicino alla piazza e meno gente affolla le strade
finché non arrivo davanti al Palazzo di Giustizia, sola.
Sento lo sguardo del Pacificatore in cima alla scalinata scrutare ogni
mio movimento, come un aquila in attesa di catturare la sua preda. Sa
già che non ho partecipato alla mietitura? Non mi
stupirei se mi arrestasse da un momento all’altro. Stringo i
denti e salgo fino in cima. Ogni gradino mi procura una fitta atroce.
Mi costringo ad aggrapparmi al corrimano ardente mentre sento le dense
gocce di sangue scivolarmi lungo tutta la gamba fino a bagnarmi il
piede.
— Che vuoi? — mi
domanda raggiunto il pianerottolo. Cerco di stare la più
dritta possibile per nascondere la mia sofferenza, anche se le fitte
non mi danno tregua.
— Voglio offrirmi volontaria
come tributo — sento la mia voce distante, come se fosse
un'altra a parlare.
— Hai deciso di morire?
— dice non trattenendosi da una risata. La sua voce arrogante
m'irrita a tal punto da assomigliare al raschiare delle unghia contro
una lavagna. Improvvisamente vedo il suo sguardo illuminarsi.
— Non sarai per caso la
ragazzina che non si è presente alla mietitura? —
— Sono venuta qui per prendere
il posto di mia sorella — ribadisco alzando il tono della
voce. Sul suo volto vedo comparirgli una smorfia.
— Quella mocciosetta sarebbe
tua sorella? Per colpa sua ho perso un bel po’ di soldi
— Sento ribollire la rabbia dentro di me, ma cerco di restare
calma. Lo osservo estrarre il manganello e servirsene per alzarmi
leggermente il mento.
— La tua non è un
ottima situazione, ma se vuoi posso sorvolare sulla questione in cambio
di qualcosa — la sua risata maligna mi fa perdere il
controllo. Allontano l’arma con il dorso della mano e in un
attimo mi ritrovo a spingere l’avambraccio contro il suo
collo. Vedo i suoi occhi spalancati fissarmi incredulo mentre il colore
del suo volto diventa lentamente viola.
—Fermati — una voce
alle mia spalle mi riporta alla realtà. Mi stacco
immediatamente dal Pacificatore che incomincia a boccheggiare cercando
di catturare più aria possibile mentre si massaggia il
collo. Stavo per ucciderlo? Sarei arrivato a tanto contro
questa feccia? In pochi istanti lo vedo riprendersi
completamente per poi dire qualcosa a bassa voce.
— Brutta puttana —
La sua voce arrogante si trasforma in uno stridulo acuto quando
conficco il mio ginocchio sinistro in mezzo alle sue gambe. Forse
si.
— Basta Katniss —
Sento le mani di qualcuno allontanarmi da lui. Dai capelli color rame
del Pacificatore davanti a me capisco che si tratta di Darius.
— Quella ragazzaccia mi ha
aggredito senza che ne avesse motivo. E’ completamente pazza!
— Incomincia a vaneggiare la guardia.
— Cosa? — replico
incredula, ma la voce di Darius sovrasta la mia.
— Ho detto basta. Se stanno
così le cose farò rapporto — Rimango
sconvolta dalla sua reazione. Lui è uno dei pochi
Pacificatori del Distretto che mi sta simpatico. Ho sempre pensato che
fosse diverso dagli altri, ma forse mi sbagliavo.
— Preciserò che
l’agente Sirius Baker è stato aggredito e
sopraffatto da una sedicenne disarmata e gravemente ferita —
Il colore del suo viso cambia di nuovo. Ora invece di diventare viola
si tinge di un forte rosso. Faccio spuntare un mezzo sorriso di scherno
sul mio volto e vedo che la cosa lo fa imbestialire. Odio i tipi come
lui che approfittano dei problemi della gente per ricattare e abusare
le donne del Distretto. Io sono una delle poche che nella mia
situazione riesce a trovare cibo nei boschi, ma se non fossi capace a
cacciare sarei sicuramente finita tra le grinfie di questi animali.
— Te ne pentirai —
ringhia con un filo di voce superandoci per poi scomparire in un vicolo
secondario. Ora lo sguardo di Darius è puntato su di me.
Riesco a leggere il rammarico nei suoi occhi. E' dispiaciuto
per me e Prim? E' per quello che è intervenuto?
— So perché sei qui
Katniss — Sono stupita che lo sappia, forse lui
può far qualcosa per...
— Mi dispiace, ma non puoi
più prendere il suo posto — Sento una fitta al
cuore. L’unica possibilità di salvare Prim
è svanita per sempre.
— Solo in caso di una sua
morte prematura saresti costretta a prendere il suo posto —
Sarebbe troppo sopportare la morte di Prim e partecipare agli Hunger
Games. O forse no? Che importanza può avere ora che sono
rimasta sola. Lo sento aprire la grossa porta d'ingresso del Palazzo di
Giustizia per poi continuare a parlare.
— Si dovrebbe trovare al primo
piano, in fondo al corridoio. Vai pure da tua sorella e non
preoccuparti per la tua assenza di oggi, metterò una buona
parola per te — Sono riuscita a scampare alla prigione, ma
che futuro posso avere senza Prim in quella casa dove tutto mi ricorda
lei. Vorrei
ringraziarlo, ma non faccio in tempo che richiude la porta. Incomincio
a percorrere
l’atrio ripensando alla prima volta in cui entrai qua dentro.
E’ stato dopo la morte di mio padre per ricevere la medaglia
al valore in quanto figlia maggiore. Raggiungo il primo piano con lo
stesso senso di disperazione che accomuna quei giorni ad oggi.
Davanti a me vedo finalmente la porta che mi separa da Prim,
sorvegliata da un’agente. Ad ogni passo che faccio cresce la
paura di non riuscire a dirle addio. Nel silenzio del corridoio riesco
a sentire le lacrime di dolore provenienti dalla stanza del tributo
maschile. Non ci faccio troppo caso visto che l’unico ragazzo
a cui tengo nel Distretto e Gale. Il ricordo del suo sguardo pallido
incapace di dirmi la brutta notizia aumenta il mio dolore. Lo so che
non ha nessuna colpa, ma non riesco a non prendermela in parte con lui.
Quando sono abbastanza vicina, senza preavviso, l’agente di
guardia spalanca la porta. La paura mi percorre tutto il corpo come se
non avessi mai voluto che la aprisse. Ma
poi la vedo. Seduta, con indosso quel vestito troppo largo per lei,
dondolare i suoi piccoli piedi mentre guarda dalla finestra. Quando si
accorge di me si tuffa subita tra le mie braccia.
— Ero preoccupata per la tua gamba — mi sussurra
nell’orecchio.
— É
tutto apposto — Non è vero, ma non voglio che si
preoccupi per me. Lei che pensa prima al bene degli altri che al suo,
lei che vede del buono in tutti, lei così fragile per subire
tutto questo. Restiamo in silenzio finché la porta si
riapre. Sono venuti a portarmela via? Mi alzo di
scatto nascondendola dietro me per proteggerla dai Pacificatori, ma
compare mia madre. E’ evidente che ha pianto, ma ora sta
cercando di trattenersi. La vedo andare verso a Prim mentre sento la
guardia autorizzare Gale ad entrare per poi richiudere la porta. Per un
attimo incrocio il suo sguardo, ma distolgo subito il mio. Ora sono io
che non voglio vederlo. Forse non ci fa caso perché si
rivolge subito a mia sorella.
— Non sottovalutarti, piccola — dice con il suo
solito tono di voce.
— Non lo farò — replica sincera lei.
— Conosci centinaia di piante e sei un ottima guaritrice, in
questo sei più brava di me e Katniss messi insieme
— le sue parole le fanno comparire un leggero sorriso.
Sentire Gale che le da consigli su come sopravvivere mi fa sentire un
verme. Ho dato per scontato la morta di Prim che mi sono dimenticata
che è ancora viva. L’ho tradita. Ho tradito pure
Gale eppure lui si sta prendendo cura di lei mentre io sono paralizzata
dal dolore. Mi faccio coraggio e intervengo nella discussione.
— Ti ricordi quando ti ho portato nei boschi — Vedo
un suo cenno con la testa.
— É
molto probabile che nell'arena ci siano foreste simili. Dormendo sugli
alberi sarai al sicuro dagli animali feroci e imparando a utilizzare un
coltello potrai ...— Mi blocco subito. Stavo per
dire "uccidere"? Ho potuto veramente pensare che una come Prim potesse
farlo?
— ...sopravvivere — conclude Gale percependo la mia
incertezza.
Il tempo passa troppo velocemente e rimane solo un attimo per un ultimo
doloroso abbraccio.
— Ti voglio bene sorellina — dico in urlo di
disperazione strappata dalle suo abbraccia dalla guardia
— Anch’io — Colgo un'ultima volta il suo
volto, tra i raggi del sole, con il suo sorriso spensierato prima di
essere scaraventata davanti alla porta nell'angusto e buio corridoio.
Resto immobile incapace di lasciarla andare via.
— Katniss — sento la voce di Gale, quella stessa
voce di stamattina che mi stringe di più il cuore. Gli occhi
incominciano a riempirsi di lacrime. Non rispondo subito.
— Vorrei restare un attimo da sola — riesco a dire
camuffando la mia voce. Fortunatamente non insiste e dopo pochi secondi
rimango sola.
Quando mi costringo di andarmene una seconda porta si apre. Mi volto
leggermente colta dalla curiosità di sapere chi è
il ragazzo che tra qualche giorno cercherà di uccidere Prim.
Con la sua robusta stazza riconosco subito il fornaio e immediatamente
l'immagine del figlio più giovane mi campare nella testa. Perché
penso a lui proprio adesso? Aspetto, in attesa di vederlo
comparire dalla porta, ma questa si chiude di scatto e capisco che
Peeta Mellark è il tributo maschile di quest'anno. Pur non
conoscendolo provo un pizzico di rammarico per lui. Forse
perché non lo mai ringraziato per avermi aiutata qualche
anno fa? Rivivo l'attimo in cui ricevetti il suo aiuto che mi
permise di sopravvivere e... Un'idea improvvisa mi balena nella mente.
Non faccio in tempo a rifletterci su che irrompo nella sua stanza.
Lo vedo seduto con la testa tra le mani. Sta piangendo. Quando incrocio
il suo sguardo, il suo sorriso forzato scompare. Leggo nei suoi occhi
lo stupore della mia visita.
— Ti prego, proteggila — dico con un filo di voce.
Sento gli occhi gonfiarsi fino a che non riesco più a
trattenermi. Mi vergogno. Sono talmente disperata che ho appena chiesto
a un tributo di proteggere Prim, ma non voglio vederla morire. Non
voglio. Mi volto per uscire dalla stanza, nascondendo il viso pieno di
lacrime, quando sento la sua voce.
— Aspetta — Tutto succede in pochi secondo. La sua
mano sinistra afferra la mia e in un attimo mi ritrovo tra le sue
braccia. É come ritornare a quel giorno d'inverno mentre
correvo a casa con il pane appoggiato al corpo. Sento il suo calore
bruciare a contatto con la mia pelle mentre il profumo dolce del pane
si mischia al gusto amaro delle lacrime.
— La proteggerò per te — mi sussurra
nell'orecchio. Rimango sorpresa dalla sua risposta, ma poi sento un
nodo stringermi la gola e la paura attanagliarmi il cuore. Sono stata
una stupida a venire qui. So che alla prima occasione nell'arena la
ucciderà, nessun protegge un altro tributo. Allora
perché mi sta mentendo? Perché mi vuole far del
male con false promesse? Cerco di staccarmi da lui, ma
all'improvviso sento le sue labbra contro le mie. Il cuore incomincia a
sussultare e un fuoco mi divampa dentro. Per un istante i miei dubbi
scompaio e le mie incertezze sul ragazzo del pane si volatilizzano. Lo
sento staccarsi da me troppo presto e come un
Déjà vu il nostro tempo è finito.
Prima di scomparire dietro la porta vedo le sue labbra sussurrarmi
qualcosa, ma non faccio in tempo a capire che mi ritrovo nuovamente nel
tetro corridoio davanti a quella maledetta porta. Ancora confusa mi
dirigo vero le scale e cerco di riassaporare quel fuoco che a poco a
poco si spegne lasciandomi qualcosa dentro che fino ad allora non avevo
mai provato.
Speranza?