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Autore: controcorrente    24/07/2012    4 recensioni
"Una volta ho letto la favola della Canna e della Quercia, madame. La Quercia si faceva beffe della Canna accusandola di debolezza, perché quest'ultima non possedeva la stessa corteccia ruvida, né il tronco imponente. Quando però una forte tempesta si abbatté su di loro, la Quercia, dopo aver fatto resistenza alla forza del vento, fu abbattuta mentre la Canna, per quanto violente fossero le raffiche, si piegava senza mai spezzarsi. Mi è sempre piaciuta quella storia e sapete perché? Perché anche la pianta più debole all'apparenza, può resistere alle difficoltà più insopportabili, se mantiene la flessibilità. Per questo motivo, non credo che siate una persona priva di temperamento. Non conosco molto di voi ma so che avete un buon carattere e se siete riuscita a mantenerlo in questo modo malgrado tutto, allora dovete sicuramente avere una qualche forza che vi ha permesso di conservarvi in questo modo." Questa è una nuova storia nella quale trovere una protagonista un po'insolita ma che secondo me merita attenzione. Auguro a chi volesse darci un'occhiata, buona lettura.
STORIA CONCLUSA
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Generale Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Madri, famiglie e vicende varie'
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Salve a tutti, cari lettori. Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno letto la mia storia. Siete molto gentili e vi ringrazio per la cortesia dimostratami. Il precedente capitolo era molto complesso da realizzare ma, come autrice, non posso che essere soddisfatta del risultato. Non so quanto tutto questo avvicini la fic a LO…è un omaggio che faccio alla storia e spero che lo abbiate apprezzato. Vorrei ringraziare due lettrici in particolare che hanno commentato assiduamente questa storia dagli inizi, ovvero ladymarcella e Tetide. Mi ha fatto molto piacere leggere i loro commenti, come lo è stato sapere che, malgrado tutto ci sono lettrici/tori che hanno messo la storia tra preferiti/seguiti/ricordati,
Questo capitolo è un salto nel passato…non so bene come collocarlo con il resto della trama…ma spero che vi piaccia.
Buona lettura.
 
PER UNA NOTTE (MARIE CHEVALIER)
 
 
UN MESE PRIMA
 
Camminavano da qualche minuto fianco a fianco, percorrendo le stradine dell’isola.
Madame Grandier aveva lasciato loro una lista della spesa per rifornire la dispensa. A causa di una serie d’impegni con la sua attività, non poteva  uscire e Madame Chatelet nemmeno. Il piccolo Francois aveva contratto l’influenza e non voleva lasciarlo.
Marie lanciò uno sguardo furtivo all’uomo accanto a lei…prima di mordersi le labbra. Quel giorno si era tolta la solita cuffietta, preferendo un modello più colorato. Quando l’aveva vista, Rosalie si era complimentata con lei, sostenendo che  esaltava il colore della sua pelle. Anche Madame Grandier, solitamente restia a simili vezzi, le aveva rivolto parole del genere.
Di fronte ad un simile successo, la piccola Marie si era presentata per fare la passeggiata con Alain, felice e allo stesso tempo speranzosa. Era partita piena di aspettative e fantasie, convinta che avrebbe scatenato una reazione simile anche nel suo accompagnatore.
E invece…
Guardò di nuovo il gigante vicino a lei, un po’sconsolata.
Quando l’aveva vista, le aveva rivolto una lunga occhiata ma, a dispetto delle speranze dell’ex novizia, una volta usciti, non le aveva detto niente. In compenso, però, aveva occhieggiato, in modo quasi sfacciato, le ragazze dell’osteria.
Quel comportamento la irritò e demoralizzò.
Aveva cambiato un po’il suo modo di vestire ma non aveva ricevuto nessun complimento. Alain si era comportato come al solito. Educato ed affettuoso, come se fosse una sorellina da proteggere. Non è questo ciò che desidero pensò, fissando la strada, mentre rincasava. Più passava il tempo, più si rendeva conto che quel rapporto non le bastava più.
-Vi vedo pensierosa, Marie- fece Madame Chatelet, mentre allattava suo figlio.
A quelle parole si riscosse.
-Non è niente di che- tentò di minimizzare- devo ambientarmi. Quest’isola è un posto nuovo per me…non ci sono ancora abituata.-
Rosalie le sorrise benevola.
-Me ne rendo conto- rispose, guardando con amore il figlio- ma non credo che sia questo il problema. Siete triste…e non è certo la nostalgia di Parigi la causa di questo malessere.- Depose con calma il piccolo nella minuscola cesta e, dopo avergli riservato un’ultima occhiata, guardò pacata la piccola donna che ospitava in casa sua. –E’da quando siete tornata qui che non sembrate serena.- fece –Alain si è comportato in modo irrispettoso con voi? Ha fatto come al solito?Vi ha mancato di rispetto? Vi ha offeso? So bene che è un cafone, un incivile, un villano…-
Marie non disse niente.
-Perché vi intestardite con lui? Avete visto che gode di un certo successo…è sempre stato così. Per quale motivo volete perdere il vostro tempo?- domandò, fissandola penetrante.
Anche questa volta, la donna non rispose.
Spesso lei stessa si era fatta domande simili. Ripensò alle occasioni in cui i due si erano incontrati…ma subito scosse la testa. –Quello che dite non è vero.- fece con decisione.
Madame Chatelet si fermò.
- Lui…lui è una persona gentile…e buona…molto buona…più di quanto una come me possa meritare…-balbettò l’ex novizia, guardandola seria- i suoi modi non rispecchiano la sua indole.-
Rosalie si passò la mano sotto il mento, perplessa…poi scosse benevolmente il capo. –Questa è la prima volta che sento una dichiarazione tanto schietta. Questo vi fa onore. – disse, sorridendole.
Marie si bloccò.
-Non è vero.- rispose mesta- Io non merito tutto questo. Sono io a non essere alla sua altezza. Per questo, non si accorge di me.-
-Davvero?- domandò la signora Chatelet.
Mademoiselle annuì, iniziando a raccontare l’accaduto. Non aveva motivo di nascondere niente di quanto accaduto. –Come vedete- concluse, con un debole sorriso- non è niente di strano.-
-Cafone!- esclamò Rosalie- Ah,  se lo prendo…-Fece per alzarsi ma la piccola novizia la bloccò.
-Non fa niente- disse, guardandola triste- non sgridatelo. E’solo colpa mia…che mi faccio strane idee nella testa…e non dovrei farlo. Io sono grande ormai…non ho niente che possa interessare qualcuno. Sono…sono insignificante.-
Madame Chatelet rimase senza parole. Non aveva mai visto una simile mancanza di autostima. Nemmeno lei, prima d’incontrare Oscar, possedeva una simile attitudine. Spesso si era chiesta la ragione di tutto questo. Aveva poi osservato sia quella giovane donna, sia Alain. Marie non pareva aver mostrato di possedere molta confidenza con gli uomini…eppure l’ex sottoposto di Oscar, malgrado le aspettative era riuscito ad avere la meglio sulle difese di lei.
Ora, tuttavia, la confessione della giovane le toglieva ogni dubbio.
Marie aveva un disperato bisogno di affetto e le maniere grossolane ma sincere del suo ingombrante amico aveva rassicurato la novizia, convincendola a lasciarsi un po’andare.
Rosalie rifletté a lungo, pensando al da farsi.
Voleva aiutarla, questo era vero…forse perché vedeva in lei qualcosa di sé. –Forse dovreste cambiare tattica- iniziò- avete mai pensato d’indossare qualcosa di diverso dai vostri soliti abiti?-
 
 
Marie sbuffò.
Madame Chatelet le aveva fatto indossare un vestito verde, finemente ricamato, acconciandole poi i capelli in una crocchia leggermente disordinata…e, malgrado ci stesse abbastanza comoda, non riusciva a sentirsi a suo agio. Quella scollatura, per quanto casta, le pareva ugualmente esagerata e, con il passare del tempo, non desiderava altro che andarsene.
Partecipare alla festa del patrono in questo modo…cose da pazzi!
Cercò tra la folla la sagoma di Alain…ma non riusciva a vederlo.
-Vuole ballare con me, signorina?- domandò un uomo leggermente panciuto, con due buffi baffetti marroni. Marie lo guardò. In verità, non desiderava altro che andarsene…poi, però, il pensiero che De Soisson fosse da qualche parte, insieme ad un’altra che non era lei, la spinse ad accettare.
E ballò, ballò come non le era mai capitato.
Voleva divertirsi, voleva dimenticare le delusioni di quell’uomo tanto buono che, tuttavia, le procurava tanto dolore. Un desiderio poco realizzabile…perché tutte le volte che un paio di braccia la circondavano, lei pensava ad Alain. Alla fine, stanca di tutto questo, si congedò, ben decisa a mettere in pratica i suoi propositi. Non si divertiva nemmeno più a ballare. Tutto era diventato un mero diversivo…e non funzionava con lei. Non aveva senso cercare consolazione altrove. Non era facile ingannare la sua mente.
Aveva appena lasciato la strada principale, quando si accorse di una sagoma raggomitolata in un angolo. Non vi avrebbe fatto sicuramente caso, se non avesse notato un fazzoletto rosso. –Monsieur De Soisson!- esclamò, correndogli incontro.
Questi le rivolse un’occhiata debole, prima di sprofondare nell’incoscienza.
La novizia si avvicinò…storcendo poi il naso. Aveva bevuto come una spugna…e questo non era da lui. –Buon Dio!- esclamò, avvicinandosi preoccupata. Aveva la fronte fredda e tremava. –Non potete stare qui- mormorò, accarezzandogli piano il viso- Non dovete ridurvi a questo modo-
Alain le rivolse un debole sorriso.
- Diane- biascicò, prima di sprofondare nell’incoscienza.
 
Non seppe dire quanta forza impiegò eppure riuscì a portarlo a casa. La residenza di Madame Grandier era troppo lontana per lei. Alain possedeva un fisico prestante ma, al tempo stesso, decisamente troppo pesante per le sue braccia. Con fatica, lo privò dei vestiti, lasciandolo in camiciola e tentando di non prestarvi attenzione. –Quello che ci vuole per voi- commentò- è solo una bella dormita.-
L’altro non si mosse.
Marie si perse qualche momento a fissarlo. Quel viso squadrato da eterno brigante e quegli occhi che, dietro all’impulsività, celavano un’anima buona. –Chissà cosa vi è accaduto…-mormorò, dandogli una lieve carezza -…mi dispiace che stiate soffrendo. Vorrei davvero porre fine al vostro dolore, alla vostra solitudine.-
La luce della luna illuminava tutto, creando strani giochi d’ombre. Marie sorrise mesta. Non era la prima volta che si trovava in una situazione del genere. Anche da piccola, era solita guardare la luna, nelle sere di bel tempo.
Au Clair de la Lune, mon ami Pierrott, préte moi ta plume, pur ecrì ne mot, ma chandel est morte, je nai ti criseux, apre moi la porte, pour l’amor de Dieu…iniziò a cantare, con voce lieve e pacata. Era una musica che suo zio era solito cantarle, quando era preso dalla nostalgia.
E lei, in quel momento, si sentiva così.
Quella sera ricordò il giorno in cui aveva partecipato alla festa di Monsieur La Fayette. Aveva indossato anche allora un abito che non la rappresentava affatto. Non era da lei portare abiti tanto vistosi. Considerò che anche allora Alain non sembrò notarla. Frustrata da simili pensieri, fece per alzarsi, ma un braccio, non suo, la afferrò bruscamente, tirandola verso di lui.  Marie spalancò gli occhi, incontrando l’espressione stranamente lucida di Alain.
 -  Non andartene – disse – resta con me, piccolo angelo. Resta con me. –
E poi, tutto accadde in modo confuso.
Marie si ritrovò stretta nell’abbraccio di quella persona che da tempo turbava i suoi pensieri. Non era certa che questi l’avesse riconosciuta, benché non fosse la prima volta che la vedeva in abiti diversi dalle proprie misere vesti. Una parte del suo animo, provò a lottare contro tutto questo. Voleva essere Marie…Marie e basta. Non un’altra donna.
Alla fine, però, cedette.
Non era di pietra.
Non aveva alcuna pretesa di essere considerata bella. Le bastava essere guardata per una volta come la signora Chatelet dal proprio marito. Una volta sola, niente di più. Lo sguardo ardente di Alain, stranamente vigile, attento come mai era successo da quando si erano conosciuti. Ed alla fine si lasciò andare ai suoi baci, alle sue carezze.
Voleva sentirsi amata, per una volta…era così strano?
Le sembrò di vivere in un sogno.
Per una volta, il suo desiderio di essere considerata, apprezzata ed amata. Dimenticò la sua triste infanzia ed il penoso soggiorno nel convento. Dimenticò tutto…ma come ogni sogno, anche questo aveva il suo risveglio. Marie, per una volta, finse d’ignorarlo.  Non voleva illudersi, troppo abituata alle delusione che ogni fantasia le provocava. La vita le aveva insegnato che non meritava niente e che, come un arbusto senza radici doveva semplicemente accettare la distratta gentilezza altrui senza alcuna pretesa…come se il non avere una famiglia che potesse riconoscerle una qualche identità la rendesse invisibile e senza peso alcuno.
 
 
E come ogni sogno, anche questo ebbe il suo risveglio.
La destò un movimento improvviso e lentamente aprì gli occhi…e vide ciò che non avrebbe voluto vedere.
-Che cosa ci fai qui?- domandò, con una voce priva di ogni inflessione, del tutto insolita per uno come lui.
Marie non disse niente. Era ancora intontita dal sonno e non riusciva a capire a cosa si riferisse.
I ricordi della notte precedente erano ben piantati nella sua testa ma qualcosa, un velo d’imbarazzo forse, la spinse a tacere. Lentamente percorse con la memoria quanto accaduto, senza avere il coraggio di rispondere. Lentamente spostò la propria attenzione verso il grande soldato. La sera precedente non vi aveva prestato molta attenzione. A causa del buio e della frenesia per quella situazione tanto inaspettata (e, per lei, assolutamente nuova) non si era accorta di nulla…ed ora, non sapeva davvero cosa pensare.
Ora, però,alla luce del giorno, poteva vedere benissimo il torace dell’uomo che , da alcuni mesi, popolava i suoi pensieri, confondendola, inquietandola e, paradossalmente, attraendola come mai le era accaduto.
- Come accidenti sono finito in questo posto? …Ricordo di essermi sbronzato per bene e poi…- iniziò prima d’interrompersi.
Indubbiamente figlio del popolo, Alain de Soisson possedeva un fisico muscoloso e forte.
A quella vista, il lenzuolo cadde.
Marie vide l’uomo di fronte a lei bloccarsi.
Il viso si era irrigidito in una maschera inespressiva, gli occhi leggermente dilatati e un po’nervosi.
- DANNAZIONE!- urlò, facendola sussultare – NON PUO’ESSERE SUCCESSO!-
La novizia ebbe un nuovo brivido. La stava guardando con un misto di rabbia e d’incredulità, come se non si aspettasse, o capacitasse, dell’accaduto. Guardò perplessa il proprio fisico, neanche troppo a disagio. Fino a qualche tempo prima, provava fastidio per le proprie forme, troppo rotondette a suo parere…ora però tutto questo era scomparso.
Il gigante, però sembrava molto arrabbiato e lei non voleva vederlo in questo modo. - Monsieur…- mormorò, facendo segno di muoversi…ma tutto quello che riuscì a fare fu un leggero lamento. Un suono lieve, che ebbe il potere di bloccare l’uomo. Marie non vi prestò molta attenzione. Il moto improvviso le aveva scatenato uno strano bruciore al bassoventre, che non conosceva. Provò mentalmente a ricordare quanto era accaduto, combattendo contro l’imbarazzo che dilagava nel suo corpo…e, alla fine, ricordò quel momento, l’istante preciso in cui i loro corpi si erano uniti…e si sentì morire.
-MERDA!- imprecò allora l’altro, dando un violento calcio al comodino- NON DOVEVA ANDARE IN QUESTO MODO! COME DIAVOLO HO POTUTO FARLO?- Marie lo guardò muoversi furibondo da una parte all’altra della stanza, inerte e silenziosa. Nessuna parola aleggiava nella sua mente, troppo ferita per poter parlare. Vederlo così arrabbiato la ferì. Non si era mai sentita bella…ma aveva provato a cambiare, quando i suoi occhi avevano incrociato quel gigante gentile…ed invece…
Istintivamente chinò la testa.
Le veniva da piangere ma, chissà perché, gli occhi erano asciutti.
Nemmeno lui ti vuole, Mariele disse allora la sua coscienza non ti vuole nessuno. Sei solo un’orfana buona a nulla. E quel pensiero maledetto tornò di nuovo a tormentarla. Non voleva vedere più nulla, non voleva più sentire niente.
La stanza improvvisamente le sembrò insopportabile.
Con un gesto secco, si alzò dal letto e, senza guardarlo, si accovacciò a terra, ben decisa a prendere i propri vestiti. Avrebbe ripreso i propri abiti e avrebbe lasciato quella casa. Si sarebbe fatta una passeggiata e poi…
Poi me ne farò una ragione e metterò da parte tutto.
- Non avete nessun obbligo verso di me- disse alla fine, mentre la distanza tra lei e la porta si accorcia- non avete nessun impegno…con me.-
La voce stranamente non le tremava. Era troppo arrabbiata per lasciarsi prendere dall’imbarazzo. Alain non la voleva e non vi era alcun dubbio sul fatto che la cosa la irritasse.
-Ehi!- esclamò una voce alle sue spalle.
Lei però finse di non sentirlo.
-Ehi!- la richiamò.
Marie tuttavia non si fermò, ben decisa a non sentire nulla. La situazione era così imbarazzante da renderle impossibile fermarsi un momento ed affrontare la cosa con decisione. Scese rapida quelle minuscole scale, raggiungendo la porta, sicura che una volta tornata a casa, avrebbe trovato il suo alloggio vuoto.
Non sarebbe rimasto lì.
Lo sapeva.
Ne era certa.
 
 
Da quel giorno, evitò accuratamente d’incontrarlo. Passava la mattina impegnata nelle mansioni casalinghe e svolgeva ogni lavoro, con l’unico scopo di sfinire il proprio corpo e cedere la sera all’incoscienza…e dormire.
Dormire. Dormire e dimenticare tutto.
Questo solo desiderava.
Non voleva ricordare la delusione e nemmeno la reazione che questi aveva avuto al risveglio. Ogni volta che lo faceva, era come ricevere l’ennesima pugnalata della sorte. Era chiaro che non avrebbe avuto la sua possibilità.
Era…e rimaneva la solita ed inetta Marie Chevalier.
 
Allora, chiedo scusa per il ritardo. Il capitolo non mi soddisfa molto ma spero che piaccia. Lo trovo troppo frettoloso e poco curato…ma spero che sia solo una mia impressione. La scena è quella che vi siete immaginate tutte...il problema è che le sorprese non finiscono tutte lì. Vorrei ringraziare tutte coloro che mi hanno letto e le persone che gentilmente hanno messo la storia tra preferiti, seguiti o ricordati. La storia è nella fase finale ma non so quanti capitoli mancano. Qui abbiamo lo sviluppo della vicenda, secondo quanto vede Marie…e Alain? Bhé, lo vedrete in seguito. Grazie ancora a tutti!
   
 
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