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Autore: Julia Weasley    25/07/2012    10 recensioni
Seguito di “Eroi non si nasce, si diventa”.
Regulus è morto in circostanze misteriose, lasciando dietro di sé soltanto domande senza risposta. Ma quando una fidanzata che non si dà pace, un vecchio Indicibile in pensione e un elfo domestico che sa molto più di quanto possa sembrare incroceranno per caso le loro strade e uniranno le forze, tutto sarà destinato a cambiare.
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Black, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Regulus Black
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'R.A.B.'
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Non può piovere per sempre

Capitolo 48
La scelta

« Sirius, gradisci qualcosa da mangiare? »
Il ragazzo si sforzò di sorridere cordialmente, cacciando indietro tutti i pensieri cupi che gli affollavano la mente.
« No grazie, signora Minus. Sono a posto. »
La madre di Peter non sembrava affatto convinta.
« Sei sicuro? Mi sembri così magro... anche Peter sta dimagrendo a vista d'occhio, soffre d'insonnia ed è sciupato. Non sembra neanche più lui. Voi mangiate poco, e non va bene. »
« Mamma, non abbiamo fame. E non sono sciupato, sto benissimo » le rispose Peter, esasperato e parecchio nervoso.
« Bene, come vuoi. Vi lascio da soli, ragazzi. Sono piuttosto stanca » si congedò la donna.
« Buonanotte. »
Entrambi attesero che la signora Minus si fosse chiusa in camera sua, prima di iniziare a parlare. Anzi, all'inizio Peter sembrava chiuso in un ostinato silenzio, e Sirius continuava a lanciargli occhiate inquisitorie. Era andato a trovarlo apposta perché quella mattina gli era sembrato pensieroso, e aveva capito che qualcosa non andava. Avrebbe voluto fargli visita molto prima, ma quel pomeriggio era stato convocato da Silente. Il Preside di Hogwarts aveva cercato di interrogare la Dama Grigia su quello che loro avevano scoperto grazie ai ricordi di Alphard, ma lei si era mostrata molto reticente, e il tentativo di scoprire qualcosa di più si era rivelato un fiasco. Silente aveva promesso di provarci di nuovo, finché lei non avesse ceduto, ma a quel punto la ricerca degli Horcrux si era arenata, e sarebbe rimasta così per chissà ancora quanto tempo.
« Allora, Peter, c'è qualcosa che non va, vero? » tagliò corto Sirius, rompendo il ghiaccio. La faccenda del silenzio della Dama Grigia lo aveva innervosito, e non se ne sarebbe andato da casa Minus senza ottenere almeno una risposta alle tante domande che aveva.
Peter sospirò.
« Non ti sfugge niente, vedo. »
Sirius, che fino a quel momento era rimasto in piedi, si sedette di fronte a lui, su una delle due poltrone poste vicino al caminetto. Il fuoco era acceso e dava alla stanza arredata in modo rustico un calore accogliente, ma Sirius non lo notava nemmeno.
« Si tratta di Remus? »
Peter annuì e Sirius quasi saltò dalla poltrona.
« L'hai visto? Gli hai parlato? »
« Sì, l'ho visto. Il supermarket qui vicino è stato chiuso, quindi ieri per fare la spesa sono dovuto andare dalle parti di casa di Remus. Così, quando sono passato davanti alla sua finestra, ho visto che la luce era accesa, e ho pensato di vedere come stesse. »
Sirius pendeva letteralmente dalle sue labbra. Aveva sperato che Peter gli desse una buona notizia che potesse smentire quello che giorno dopo giorno da un vago dubbio si era trasformato in un terribile sospetto, ma la sua espressione depressa era abbastanza eloquente.
« Cosa ti ha detto? »
« Ha detto che era appena tornato e che sarebbe rimasto poco. È stato gentile come al solito, ma... »
Peter si sentiva evidentemente in colpa, ma Sirius gli fece cenno di continuare a parlare.
« Ha detto che era stanco, e in effetti la luna piena è stata un paio di giorni fa, ma ho avuto l'impressione che non vedesse l'ora che me ne andassi. Io l'ho accontentato, ma il sospetto mi è rimasto. Credo che nasconda qualcosa. »
Sirius strinse i pugni, teso come una corda di violino. Non avevano più parlato di Remus dall'ultimo dell'anno, entrambi desiderosi di aver sbagliato sul suo conto, e di aver sospettato di lui solo per errore. Ma adesso non poteva più ingannare se stesso.
Imprecò all'improvviso, facendo sobbalzare Peter, che lo guardò con timore.
« Avrei sospettato di chiunque nell'Ordine, chiunque... ma non di uno di noi » disse, sentendo la rabbia salirgli alla testa.
« Non è detto che sia proprio lui la spia » provò Peter, ma Sirius gli lanciò un'occhiataccia.
« Allora secondo te cosa nasconde? »
« Non lo so, magari ha altri motivi... »
Seguì un istante di silenzio, poi Sirius si alzò in piedi.
« Sai cosa c'è? Non hai tutti i torti. La cosa migliore da fare è affrontarlo apertamente e chiedergli che cosa sta combinando. »
E s'incamminò verso la porta d'ingresso.
« Che... che stai facendo? » balbettò Peter, raggiungendolo.
« Vado ad affrontare Remus. »
« Ma è già andato via, ormai » disse l'altro, piuttosto agitato.
Sirius si bloccò, irritato.
« Vorrà dire che glielo chiederò non appena tornerà. Non potrà sfuggirci in eterno. »
« Credi che dovremmo dirlo a James e Lily? » chiese Peter, ansioso. « In fondo potrebbe andarci di mezzo Harry. »
Sirius ci pensò per alcuni istanti, ma poi scosse la testa.
« Meglio di no, almeno non ancora. Non ne siamo del tutto sicuri, quindi sarebbe inutile farli preoccupare in questo modo. E a difendere Harry ci penseremo noi due. »
« Quindi ti fidi di quello che ti ho detto? »
Sirius lo guardò.
« Certo. Sei una persona molto più degna di fiducia di Remus. »
Peter si fece rosso come una Pluffa, poi violaceo, e per distogliere l'attenzione da sé si alzò per ravvivare un po' il fuoco che stava languendo.
« Bè, grazie... » farfugliò.
Sirius pensò che ne fosse lusingato. In realtà era vergogna, ma lui non aveva la più pallida idea di come fosse andato davvero il suo incontro con Remus.

Sebbene fosse stanco e provato dall'ultima luna piena, Remus era contento di vedere almeno una faccia amica.
« Sei stato via per tanto tempo » gli disse Peter, non appena lui lo fece entrare in casa.
« Lo so, mi dispiace » rispose Remus, allargando le braccia, ma senza aggiungere altro. Notò l'espressione perplessa dell'amico, e intuì che volesse qualche spiegazione. « Purtroppo non posso dirti quello che ho dovuto fare, non qui. Sarà meglio farlo alla sede dell'Ordine. »
« Allora sei tornato per restare? »
« No, devo incontrare Silente per fargli rapporto. Me ne vado domani mattina. »
Peter sembrava dispiaciuto.
« Allora non potrai dire cosa hai fatto, perché non ci vedremo al quartier generale. »
« Esatto. »
Remus distolse lo sguardo, sentendosi in colpa. Non voleva correre il rischio di parlare. Da quando Greyback lo teneva d'occhio, temeva che potesse farlo spiare anche lì, dentro la sua stessa casa, e lui non poteva farsi smascherare. In realtà sarebbe stato meglio evitare quella situazione imbarazzante, ma era dovuto tornare per forza: voleva vedere Silente per chiedergli di aiutarlo a trovare un modo per liberare Tim e gli altri bambini dalle grinfie di Greyback e del resto del branco, ma questo non poteva di certo raccontarlo a Peter in quel momento, anche se notò che quella sua reticenza lo stava facendo preoccupare. L'espressione dell'amico in effetti era molto strana.
« Senti, mi dispiace davvero, ma ti prometto che prima o poi te lo dirò. »
L'altro alzò la testa, dispiaciuto.
« Lo so, e posso aspettare. Ma c'è chi gradirebbe al più presto delle risposte... per non creare equivoci, sai. »
Remus si sentì stringere le stomaco, in preda ad una sensazione molto spiacevole.
« Che cosa vorresti dire? »
« N-niente... »
« Peter, hai parlato di equivoci. Chi è che sta equivocando? »
Lui chinò il capo.
« Sirius » sussurrò. « Ricordi quella scenata che ti ha fatto dopo l'attacco alla casa di Dedalus? Le tue lunghe assenze lo stanno facendo dubitare di te, temo. »
Remus si sentì invadere dalla rabbia, mentre un dolore acuto gli opprimeva i polmoni, facendolo respirare a fatica. Aveva intuito che Sirius covasse qualcosa, ma non fino a quel punto.
« Crede che sia io la spia? È così? » sbottò, furente.
Peter sobbalzò.
« No, non proprio... »
« Non proprio? »
« Intendevo dire che non ne è sicuro. Vorrebbe solo che tu ti facessi vivo per rassicurarlo. »
« Ma non posso, non posso farlo! E tu cosa ne pensi? Sei d'accordo con lui? »
« No! Cioè... ammetto che quando Sirius mi ha confessato i suoi dubbi, un po' li ha fatti venire anche a me. »
« Apprezzo la tua sincerità » ringhiò Remus, sarcastico e profondamente ferito.
« Ma poi ci ho ripensato quasi subito. Mi dispiace di aver dubitato di te, ti chiedo scusa. È stato solo un istante, ed ero spaventato dagli ultimi avvenimenti... Io mi fido di te, davvero. »
Remus gli fece cenno di calmarsi, perché gli sembrava veramente dispiaciuto.
« Non ce l'ho con te, infatti » disse, ed era la verità. Peter pendeva sempre dalle labbra di Sirius e di James, quindi non c'era da stupirsi se prendesse per oro colato tutto quello che dicevano. « Ma non capisco perché lui ce l'abbia tanto con me. Non sono l'unico dell'Ordine ad andare via per tanto tempo. La McGranitt è sempre a Hogwarts, Hagrid spesso sparisce per settimane, mentre Aberforth l'abbiamo visto una volta sola, perché sta alla Testa di Porco tutto il tempo. Perché non sospetta di loro? Nessuno di noi sa quali sono le incombenze che Silente assegna ad Hagrid e Aberforth, eppure Sirius ha dubbi su di me, anche se sa benissimo che la mia missione è quella di stare tra gli altri lupi mannari. »
E a quel punto Peter si lasciò sfuggire un commento che per Remus fu come una doccia gelata.
« Forse è proprio questo il punto... »
Remus lo guardò, inorridito, e quello si posò una mano sulla bocca, come se fosse pentito di aver parlato.
« Che cosa significa? Devi dirmelo, Codaliscia, adesso. »
Di fronte alla fermezza della sua richiesta, Peter si arrese.
« Sirius non l'ha ammesso esplicitamente, ma penso che sospetti di te proprio a causa della tua missione. Crede che stare a contatto con... con quelli come te – scusa – possa averti influenzato. »
Remus non si era mai sentito peggio di così. Non poteva credere che uno dei suoi migliori amici, dopo essere diventato un Animagus per lui e avere sempre avuto una mentalità aperta, potesse pensare una cosa del genere.
« Grazie per avermi detto la verità, Peter. Ora però vorrei restare da solo » disse, tetro.
« Ti prego, non te la prendere. Sono sicuro che Sirius non volesse intendere questo. »
« Credo di aver capito benissimo cosa intende Sirius. Certi pregiudizi sono duri a morire, soprattutto se si tratta di un Purosangue che, nonostante abbia giocato a fare il ribelle, non ha mai smesso di sentirsi superiore a chiunque altro » commentò, con un tono che doveva sembrare sarcastico, ma che uscì più che altro colmo di amarezza e risentimento.
« Senti... »
« Non importa, Peter, lascia perdere. Grazie per avermelo detto. Lo sai che preferisco parlare chiaro. Non metto in dubbio che Sirius sia stato un vero amico, ma nel profondo la pensa ancora come gli è stato insegnato fin da piccolo... Ora vorrei cercare di dormire. Devo svegliarmi presto, domani mattina, e gradirei riposarmi un po' prima di tornare in mezzo a quelli della mia specie. »
Peter sembrava dispiaciuto, ma non insisté.
Quando Remus chiuse la porta alle sue spalle, senza fare altro se ne andò a letto con i vestiti ancora addosso.
Era sicuro che prima Sirius non avrebbe mai potuto ritenerlo un traditore venduto a Greyback e ai Mangiamorte. Che cosa stava succedendo? L'unico pensiero che lo consolava era che Peter non aveva dato retta ai dubbi di Sirius, e che neanche James gli avrebbe mai creduto. Era lui il migliore amico di Sirius, ma James era diverso, non aveva pregiudizi nei suoi confronti. E si fidava ciecamente di loro tre.
« Io non mi sono mai sentito superiore, tutt'altro. Non ho mai giudicato una persona per come appariva. Non ho mai cercato di uccidere nessuno, non quando ero libero dall'influsso della luna piena e consapevole delle mie azioni. E non ho mai tradito la nostra amicizia. Tu invece hai fatto tutte queste cose almeno una volta » disse ad alta voce, come se Sirius potesse sentirlo, mentre il ricordo dello scherzo a Severus Piton gli tornava in mente. « Se le cose stanno così, è molto più probabile che il Mangiamorte sia tu » concluse in preda alla rabbia, scaraventando il cuscino dall'altra parte della stanza.

***

« Secondo te la pozione è riuscita? »
Sturgis lanciò un'occhiata al calderone della ragazza. La pozione era di un bruttissimo colore grigio scuro, e grosse bolle puzzolenti esplodevano continuamente sulla superficie.
« Non so, Miriam. Io non mi azzarderei a somministrarla ad un paziente... » le disse, cauto.
« A meno che tu non voglia farlo fuori, è ovvio » aggiunse Damocles Belby, ridacchiando.
Miriam Strout assunse un'espressione offesa e sconsolata.
« Con le pozioni non ci so proprio fare » ammise. « Non so nemmeno io come ho fatto a superare l'esame. »
« In compenso te la cavi bene quando si tratta di avere a che fare con i malati. »
« Oh, è vero. Io invece non saprei nemmeno da dove cominciare » confessò Damocles, finendo di mescolare la sua pozione che, al contrario di quella di Miriam, era perfetta.
« In effetti tu sei davvero insensibile » sibilò la ragazza. « Dovrebbero vietarti di visitare chicchessia. »
« Ehi, non è colpa mia! Sono diventato Guaritore perché sono bravo con gli antidoti e voglio scoprire nuove cure, ma i rapporti umani con i pazienti non fanno per me. A quelli ci pensi tu, mamma chioccia. »
Prima che Miriam potesse rispondergli male, il Guaritore Llewellyn si affacciò alla porta del laboratorio.
« Guarda che razza di dilettanti allo sbaraglio. Avete finito di perdere tempo in chiacchiere? »
Sturgis si affrettò a versare la propria pozione nelle fiale, cercando disperatamente di non rovesciarla per terra. Llewellyn lo terrorizzava, e non era il solo: anche gli altri Tirocinanti scattavano non appena udivano in lontananza il suo inconfondibile passo marziale.
« Podmore » lo chiamò il Guaritore, avvicinandosi a lui e osservando attentamente la pozione, per poi assaggiarla. Sturgis deglutì. « Può andare. Portala a Smethwyck, al terzo piano. E in fretta. »
Sturgis non se lo fece ripetere due volte. Salutò gli altri due Tirocinanti e uscì dalla stanza, diretto al terzo piano.
Smethwyck aveva a che fare con un paziente che era stato avvelenato da una pianta esotica. Niente di nuovo, ma il Guaritore sembrò sollevato quando vide Sturgis entrare nella corsia.
« Oh, ottimo! » esclamò, rianimandosi. « Somministragli quella pozione, da bravo. Io vado a fare quella cosa che... » e bofonchiò qualcosa d'incomprensibile, prima di defilarsi in tutta fretta.
Sturgis non capì quel comportamento finché non si rivolse al paziente. Quest'ultimo se ne stava seduto, rigido come un palo e chiaramente teso. Quando Sturgis gli porse la fialetta, invitandolo a bere, lo guardò come se gli avesse chiesto di ingerire del veleno.
« Chi mi assicura che questa fialetta sia stata debitamente sterilizzata? » gli chiese con aria inquisitoria.
Sturgis rimase perplesso.
« Signore, noi sterilizziamo sempre tutto, è ovvio » gli rispose. « Abbiamo incantesimi appositi e... »
« Certo, e dovrei fidarmi? Hai idea di tutti i germi che potrebbero essersi attaccati al vetro, mentre la portavi qui? »
La donna accanto al letto, che doveva essere la moglie, alzò gli occhi al cielo, esasperata.
« Sono sicura che non morirai. Non oggi e non per questo motivo » disse al marito.
« Cosa te lo fa pensare? »
La donna non rispose, ma era evidente che stesse pensando qualcosa del tipo: probabilmente morirai strangolato da me.
Sturgis non sapeva che cosa fare, oltre a rimanere impalato di fronte ai due coniugi che discutevano.
Alla fine, visto che l'uomo sembrava ancora riluttante, prese la parola.
« Più tempo passa e più germi si attaccheranno, signore. Quindi le conviene bere il prima possibile. »
E quello fu costretto a cedere. Poi si stese, pallido come un lenzuolo, gli occhi spalancati fissi sul soffitto e le labbra serrate come in attesa che esplodesse una bomba.
Sollevato, Sturgis uscì dalla corsia ma, prima che potesse percorrere i cinque metri che lo separavano dalle scale, incrociò la Guaritrice Queen, che sembrava piuttosto trafelata.
« Podmore » lo chiamò lei quando lo vide. « Potresti andare ad aiutare Belby? C'è un'emergenza al Primo Piano, ma io ne ho un'altra qui. »
« D'accordo, vado subito » rispose lui, che aveva già una mezza idea sul genere di emergenza che avrebbe dovuto affrontare. Il Primo Piano era riservato alle ferite inferte dalle creature magiche, e in quel periodo le emergenze più comuni erano causate da aggressioni di lupi mannari.
Per Sturgis tuttavia era la prima volta. Strinse i pugni e si sforzò di respirare a fondo mentre scendeva le scale, ma non esisteva un modo per prepararsi a ciò che avrebbe visto.
Non appena fece il suo ingresso nel reparto, vide Damocles che ne stava per uscire, pallido come un cencio e con i pugni serrati. Sturgis notò che aveva gli occhi lucidi, e se ne stupì: non lo aveva mai visto così sconvolto.
« Cos'è successo? » gli chiese.
« Llewellyn mi ha cacciato via perché non ero di nessun aiuto... Mi tremavano le mani. Non so nemmeno io cosa mi è preso... »
Sturgis riuscì ad appellare uno sgabello appena prima che Damocles avesse un mancamento e cadesse per terra.  Avrebbe voluto rivolgergli qualche parola d'incoraggiamento, ma non poteva perdere tempo.
« Cerca di riprenderti. Ci avevano detto che certe cose sarebbero state difficili. »
Belby lo guardò, sconfortato.
« Io non ero pronto a tutto questo. È terribile sentirsi così inutili. Vorrei essere in grado di fare qualcosa... »
« Lo farai. Prima però devi calmarti. Io non posso restare qui, adesso, ma ci vediamo più tardi, ok?”
L'altro annuì, ma sembrava perso nelle proprie riflessioni.
Sturgis lo superò, cercando di non farsi influenzare dal suo shock. Digrignò i denti, pronto a qualunque cosa avrebbe potuto vedere al di là delle due porte che gli erano di fronte.
Devo mantenere il sangue freddo, almeno fino a che non sarò solo, si disse. Poi potrò crollare.

***

Quella sera Emmeline era di ottimo umore. Non che le ronde fossero divertenti, ma ormai aveva iniziato ad apprezzare il tempo che vi trascorreva in compagnia.
« Ehi, Sturgis! » lo salutò, per poi smorzare il proprio entusiasmo non appena lo osservò con più attenzione. Il ragazzo la aspettava di fronte al cancello di Hogwarts, ma quella volta aveva lo sguardo perso nel nulla e una bottiglia di Whisky Incendiario in mano. « Che ti prende? »
Lui sembrò riscuotersi leggermente quando si accorse di lei, ma poi tornò assorto e malinconico.
« Oh, niente. Non sapevo cosa fare, quindi ho deciso di bere qualcosa » buttò lì.
Emmeline lo scrutò, e decise che dopotutto aveva bevuto poco, quindi era ancora in grado di fare la ronda senza correre il rischio di scambiarla per una Mangiamorte. Quindi evitò di fargli altre domande: doveva essere stata una giornataccia per lui.
« Bene, direi di fare il solito giro di ricognizione intorno ai confini del parco, tanto per cominciare » disse, lanciando un'occhiata oltre il cancello.
Le ronde a Hogwarts erano quelle che preferiva in assoluto, e non perché era il posto con meno probabilità di subire un attacco da parte dei Mangiamorte, ma perché, anche se restava fuori dai confini, si sentiva a casa. I profili frastagliati dei monti, le cime degli alberi della foresta, il lago e persino i suoni provocati dal vento le erano familiari e le ricordavano i momenti che aveva trascorso affacciata alle grandi finestre della Torre di Corvonero. Stranamente, tutto ciò non le procurava brutti ricordi, per lo meno non più. Adesso ricordava soprattutto le ronde precedenti ai margini esterni della Foresta Proibita, mentre percorreva il sentiero illuminato solo dalla luce della luna, e lei e Sturgis si raccontavano aneddoti sulle rispettive disavventure a Hogwarts.
Emmeline aveva iniziato ad amare quelle ronde, ma non quella sera. Sturgis era del tutto assente e per mezz'ora intera non aprì bocca nemmeno una volta, tranne che per bere un ennesimo sorso di Whisky.
« Perché non mi dici cosa ti è successo? » disse alla fine Emmeline, quando si fu stancata di restare in silenzio senza agire. « Stasera sei veramente strano. »
Lui abbassò lo sguardo, smettendo di camminare.
« Diciamo che è stata una giornata pessima » rispose.
« Hai avuto problemi al San Mungo? »
Sturgis annuì. Per un po' sembrava che non avrebbe aggiunto altro e che si sarebbe tenuto per sé tutto quanto. Ma alla fine parlò. « Sai, finora ho affrontato bene tutte le emergenze. I feriti sono all'ordine del giorno... Ma oggi ci hanno portato due ragazzi che erano stati morsi da un lupo mannaro... »
Sturgis s'interruppe per bere un altro sorso, poi fece una smorfia perché ne aveva mandato giù troppo tutto in una volta. Emmeline non si sentì di impedirglielo.
« È stato orribile curarli sapendo che comunque non ci sarebbe stato niente da fare per impedire il contagio. Finché ero lì sono riuscito a non farmi coinvolgere troppo, ma poi ho dovuto dare la notizia ai genitori, come se non ne avessi già avuto abbastanza. Non so come Llewellyn sia potuto restare quasi impassibile. »
Emmeline non batté ciglio quando Sturgis scagliò la bottiglia, che si frantumò contro il tronco di un albero. Uno stormo di pipistrelli spiccò il volo dalle fronde, mentre i due ragazzi venivano investiti da una folata di vento freddo.
« Te l'assicuro » continuò lui, furente. « Non so come questa giornata potrebbe andare peggio di così. » Poi si rese conto di aver distrutto la bottiglia ancora mezza piena. « Facciamo un salto alla Testa di Porco. Mi serve dell'altro Whisky. »
« Lascia perdere » intervenne Emmeline. Afferrandolo per un braccio, lo condusse verso un ceppo d'albero dal diametro talmente grande da poter fungere da panchina per entrambi, e lo costrinse a sedere. « Resta seduto e cerca di riprenderti. Mi dispiace per quello che è successo oggi, ma devi renderti conto che per certe cose non esistono rimedi. »
Non era una gran cosa da dire, pensò lei, ma non sapeva proprio come consolarlo. Per i morsi dei lupi mannari d'altra parte non esistevano soluzioni.
« Lo so, infatti è per questo che questa giornata mi ha fatto tanto schifo. Volevo diventare un Guaritore per guarire le persone, non per dire loro che non hanno speranze. Quando ero studente mi dicevano di continuo che queste cose succedono... ma provarlo davvero è completamente diverso. »
« Non sei né il primo né l'ultimo a sentirti così » provò Emmeline, posandogli una mano sulla spalla. Non le veniva nient'altro in mente da dire, ma poi ebbe un'idea. « Una volta ho dovuto comunicare a delle persone della morte di un loro familiare. Gli aspiranti Auror spesso si ritrovano a dover fare cose del genere ancora prima di aver affrontato di persona un mago oscuro. Non è stato per niente facile, e non capivo come gli Auror veterani come Moody potessero sembrare così distaccati... Ma presto o tardi si impara ad esserlo. »
« Io non voglio abituarmi. Non voglio diventare cinico. »
« Non intendevo questo. Devi per forza essere meno coinvolto, se non vuoi impazzire. Moody o il Guaritore Llewellyn non sono cinici, anche se hanno una scorza dura; ne hanno viste così tante che hanno dovuto imparare a difendersi, per essere in grado di aiutare gli altri. Ridotto così non saresti in grado di aiutare nessuno, o sbaglio? »
Sturgis annuì. Doveva aver capito, anche se quel discorso era troppo amaro per mandarlo giù subito.
« Non avrei dovuto bere così tanto » gemette poi all'improvviso. « Domani devo svegliarmi presto, e non posso presentarmi al San Mungo con il mal di testa da dopo sbornia. »
« Non sei messo così male, sei solo un po' alticcio » valutò lei. « Reggi il Whisky molto meglio di me. »
Lui accennò un sorriso, ed Emmeline fece altrettanto.
Poi, in preda a chissà quale istinto, la mano che si trovava ancora sulla spalla di Sturgis si mosse e, come se agisse in base ad una volontà propria, gli passò le dita tra i capelli, accarezzandogli la nuca. Si rese conto di quanto tutto ciò fosse strano e imbarazzante ancora prima che lui s'irrigidisse e trattenesse il respiro.
Emmeline ritrasse immediatamente la mano, avvampando e chiedendosi cosa le fosse venuto in mente. Sapeva da tempo che Sturgis non voleva essere soltanto suo amico, ma fino a quel momento lei aveva fatto finta di nulla, senza dargli false speranze. Ma ora quel gesto spontaneo rischiava di creare malintesi... e Sturgis quella sera non era abbastanza lucido per trattenersi come al solito.
Emmeline fu percorsa da un brivido quando si voltò e vide che il ragazzo la stava fissando con un'espressione inequivocabile.
Che guaio, pensò, mentre il cuore le batteva all'impazzata, rimbombandole nella testa e confondendola. Non sapeva cosa fare, se scostarsi o chiedere a Sturgis di non avvicinarsi più di così. Eppure non fece niente di tutto ciò.
Tra i due, era Emmeline quella sobria; tuttavia le fischiavano le orecchie e le girava la testa, come se avesse appena mandato giù una bottiglia intera di Whisky Incendiario. E rimase immobile.
Quando la bocca di Sturgis sfiorò la sua, non capì più nulla. E invece di ritrarsi, chiuse gli occhi e schiuse le labbra, perdendo interesse per tutto ciò che non fosse quel bacio inaspettato.
Poi qualcosa di luminoso attirò la loro attenzione, ed entrambi ripiombarono nella realtà. Si separarono, ma Emmeline si ritrovò a indugiare a pochi millimetri dal viso di lui, perché si era appena resa conto che quel momento era durato troppo poco.
Fu Sturgis a ritrarsi per primo, assumendo l'espressione di chi, anche se con poca lucidità, aveva appena realizzato di aver compiuto un gesto che da sobrio non si sarebbe mai azzardato a fare.
Emmeline stava ancora cercando di riprendersi dalla tempesta di emozioni che le si era scatenata dentro, quando guardò accanto a sé e vide un Patronus a forma di toro che conosceva fin troppo bene.
« Vance » la apostrofò il Patronus con la voce di Malocchio, che non sarebbe potuto capitare più a sproposito. « Molla tutto e raggiungimi al Ministero. Mi serve una mano. Ho mandato Dedalus a sostituirti nella ronda. »
Dal tono di voce non sembrava un'emergenza, ma Emmeline non poteva non rispondere alla chiamata, anche se per lei fu difficile alzarsi da quel ceppo d'albero, dopo quello che era appena successo e che le sembrava ancora incomprensibile. Perché lei fino a quel momento era stata convinta di non ricambiare i sentimenti di Sturgis. O sì?
« Devo andare » mormorò con voce rauca, scattando in piedi senza riuscire a guardarlo in faccia. Ma si ritrovò a desiderare di nuovo il contatto con le sue labbra e il calore sul proprio viso quando lui lo aveva preso tra le mani.
« Ok... » esalò Sturgis, forse ancora più sconvolto di lei.
Emmeline fece un paio di passi indietro e poi gli voltò le spalle, ma non avanzò oltre. Non poteva lasciarlo così, e non lo voleva salutare in quel modo ambiguo. Era sempre stata una ragazza estremamente razionale, e non capire cose le stesse succedendo la mandava in crisi. Ma i sentimenti che provava le dicevano tutti la stessa cosa, e non aveva bisogno di pensarci su per capire.
Quel pensiero la indusse a ricordare come si era sentita quando si era ritrovata di fronte a Barty, la sera dell'attacco a casa di Dedalus: rabbia, impotenza, repulsione, ma nient'altro. Avrebbe potuto provare le stesse cose chiunque altro lo conoscesse da tempo.
Le era davvero passata? Dopo tutto quel tempo, finalmente si era lasciata ogni cosa alle spalle? Forse adesso aveva una risposta.
« Aspetta » disse improvvisamente, voltandosi di nuovo. Sturgis era sempre lì, in piedi di fronte a lei, e non si era mosso neanche di un centimetro; in qualche modo questo la rese felice.
Gli si avvicinò, posandogli una mano dietro la nuca e costringendolo ad abbassarsi, perché era davvero troppo alto per lei. Lo sentì trattenere il respiro ancora una volta, e lo baciò di nuovo, stavolta senza esitazioni.
Superato un momento iniziale di paralisi, Sturgis iniziò a ricambiare. Non era mai stata baciata in quel modo: lui non aveva alcuna fretta, come se volesse godersi quell'attimo fino in fondo.
Quando si separarono, Emmeline percepì ogni parte di sé che se ne rammaricava. Di colpo, tutti i suoi dubbi si erano volatilizzati, e al momento non le interessava darsi delle risposte.
« Ne parliamo domani » gli disse. Avrebbe avuto tutta la notte per riflettere e capire. Quello non era il momento per grandi discorsi.
« Domani » convenne lui, confuso ma sorridendo a sua volta.

***

« Harry Potter ».
Severus alzò lo sguardo sul Signore Oscuro, per una volta incapace di nascondere il proprio sgomento. Non osò aprire bocca, ma un sudore freddo aveva già iniziato ad imperargli la fronte.
« È lui il bambino di cui parlava quella profezia. Ormai non ho più dubbi ».
Un senso d'impotenza misto a qualcosa di molto simile al panico s'impossessò di Severus. Non poteva essere, non aveva alcun senso...
« Mio Signore, se mi è concesso, trovo che Potter sia meno probabile di Paciock. Quest'ultimo è un... »
« Purosangue, lo so » lo interruppe Voldemort con un tono annoiato. La sala era vuota, a parte loro due, e l'eco delle sue ultime parole rimbombarono contro le pareti, facendo rabbrividire il Mangiamorte inginocchiato di fronte a lui.
« E allora perché...? » balbettò, ma fu interrotto di nuovo.
« Fai troppe domande, Severus Piton. Credimi, ho le mie buone ragioni per ritenere che si tratti del figlio dei Potter. È lui che devo uccidere, prima che diventi abbastanza grande da crearmi problemi ».
Severus a quel punto si sentì sprofondare chilometri e chilometri sotto terra. Il tono di Voldemort era più che definitivo, e aveva già emesso la sentenza di morte. Non sarebbe mai riuscito a convincerlo del contrario.
Strinse i pugni, terrorizzato. Avrebbe ucciso anche Lily... e tutto perché lui gli aveva riferito la profezia.
Si impose di non perdere il controllo. Aveva temuto quel momento per settimane, ma aveva cercato di convincersi che sarebbe andato tutto bene, che il Signore Oscuro avrebbe scelto Paciock, che non c'era alcun motivo al mondo per il quale avrebbe potuto decidere di uccidere il figlio di Lily. Ma in fondo lo aveva sempre sospettato: Harry Potter era un Mezzosangue e, anche se Severus faceva finta di non averlo intuito, Lord Voldemort non era affatto un Purosangue. Era come Harry, e come lui. Severus non capiva fino a che punto quel dettaglio avesse importanza, ma per il Signore Oscuro evidentemente ne aveva molta.
« Puoi andare » lo congedò Voldemort.
Ma Severus non si mosse. Una forza invisibile lo costrinse a rimanere lì, come inchiodato al pavimento di pietra. Poi, prima di poter soltanto pensare, parlò con un tono di supplica.
« Mio Signore, vi prego... »
« Che cosa c'è, Piton? »
Voldemort sembrava irritato. Severus non aveva mai disobbedito ai suoi ordini; nessun altro Mangiamorte aveva mai osato farlo. E adesso quel ragazzo se ne stava lì di fronte a lui, nonostante lui gli avesse detto di andarsene. Severus sapeva che quell'affronto sarebbe potuto costargli caro, ma niente era più terribile di fronte a ciò che sarebbe potuto accadere se non avesse compiuto almeno un tentativo.
Si inginocchiò, nella vana speranza che questo potesse placare l'ira del suo Signore.
« So di non averne il diritto, ma vi chiedo solo un favore... » esordì, con la voce che tremava.
« Un favore? »
« No, intendevo... una richiesta ».
« Vai avanti ».
Il tono di Voldemort era piatto, così lui continuò.
« Risparmiate la madre ».
Seguì un silenzio assordante. Severus non ebbe neanche il coraggio di guardarlo. Sentiva lo sguardo di Voldemort che lo fissava, ma per una volta non gli importava di fare una pessima figura. E improvvisamente capì che Lily contava più di ogni altra cosa.
« La madre? Perché dovrei risparmiarla? È una Sanguesporco » rispose il Signore Oscuro.
Severus si sentì mancare il respiro e ansimò.
« Vi supplico... »
« Piton, dimmi che non è come sembra » lo avvertì. Ma quando non ottenne risposta, emise quella che sembrava una risata raggelante, che lo fece tremare dalla testa ai piedi. « Mi meraviglio di te, Severus. Proprio tu ti sei invaghito di una donna inferiore ».
Severus aveva la mascella serrata, ma quell'affermazione gli fece male, perché gli ricordava il momento in cui aveva perso Lily per sempre, quando era stato proprio lui a trattarla da donna inferiore.
« Il mondo è pieno di ragazze Purosangue migliori di lei. Che ha di tanto speciale? »
« Per favore... »
« Finiscila con i piagnistei, sei un Mangiamorte, fino a prova contraria ».
Severus tacque. Non gli importava di umiliarsi. Credeva di essere sul punto di impazzire. Voldemort doveva assolutamente ascoltarlo.
« Ho solo questa richiesta da farvi, mio Signore » disse in tono piatto. « Non chiedo altro ».
« E cosa vorresti fare, una volta che avrò ucciso suo figlio e suo marito? Vuoi averla tutta per te? Vuoi mescolare il tuo sangue di mago con una lurida Sanguesporco? »
Severus non osò neanche pensare a quella possibilità, anche se in passato l'aveva accarezzata molte volte... ma erano solo fantasticherie senza senso.
« No, ve lo giuro. Mi basterà che resti in vita » balbettò.
Voldemort tacque per alcuni eterni istanti, durante i quali Severus si sentì perennemente sull'orlo del baratro e si rese conto che la sua vita dipendeva dalla decisione che il Signore Oscuro avrebbe preso.
« Il Signore Oscuro è misericordioso, e per questa volta proverò ad accontentarti » disse infine, e Severus si sentì improvvisamente rinascere.
« Vi ringrazio... »
« Ma » lo interruppe lui, « il resto dipenderà da lei. Le darò la possibilità di vivere, questo sì. Ma se sceglierà di proteggere suo figlio e di contrastarmi, allora sarò costretto a ucciderla ».
Tutto il sollievo che aveva provato per una frazione di secondo svanì come era arrivato, lasciando posto ad un panico cieco.
Quasi non udì le parole di congedo del Signore Oscuro, perché si era reso conto che Lily non avrebbe mai scelto di vivere, lasciando morire Harry. Non lo avrebbe fatto con nemmeno con un estraneo, a maggior ragione col suo unico figlio. Sarebbe morta, Voldemort l'avrebbe uccisa e la vita di Severus sarebbe finita. Non poteva permettere che la uccidesse.
E di colpo gli rimase un'ultima, unica possibilità.
Non sapeva se sarebbe stata una buona idea, se avrebbe funzionato o se lo avrebbe condannato a morte certa, ma non poteva sprecarla. Teneva troppo a Lily per non fare nulla.
Quando voltò le spalle a Voldemort per uscire dal freddo salone semibuio, aveva già deciso di provarci.

« E tu che cosa mi darai in cambio, Severus? »
« In... in cambio? »
Guardò Albus Silente, e per un lungo istante non seppe cosa dire. Avrebbe dovuto smettere di essere un Mangiamorte e lavorare per lui anche se non lo desiderava affatto. Non voleva rinunciare ai suoi sogni di gloria, né voleva smettere di praticare le Arti Oscure. La sua vita sarebbe cambiata per sempre, lo sapeva, ma in gioco c'era la vita di Lily e, se voleva salvarla, avrebbe dovuto rinunciare a tutto. E, dopo qualche istante di esitazione, rispose.
« Qualunque cosa ».



Salve! Un po' tardi, ma alla fine ho pubblicato.
Era ora che Emmeline si decidesse, eh? Meno male che c'è Malocchio a rendere le cose imprevedibili e a rovinare sempre i bei momenti altrui pur di liberarsi di Dedalus per cinque minuti! Prima o poi Sturgis lo farà fuori, altro che Mangiamorte... XD
Per chi non se lo ricorda, Miriam Strout è quella Guaritrice iperprotettiva che fa da mamma ad Allock al San Mungo. Damocles Belby invece riuscirà davvero a fare qualcosa di utile, perché inventerà la Pozione Antilupo. Al momento non ci è ancora arrivato, ma posso immaginare che abbia iniziato proprio dopo un'esperienza così brutta.
Sono diventata incapace di scrivere su Severus xD Non riesco proprio a capire perché, ma appena provavo a scrivere questa scena mi bloccavo. Forse perché si è scritto tanto sulla sua decisione di voltare le spalle a Voldemort, e mi sembra di ripetere sempre le stesse cose, o forse perché a mio parere il momento in cui ha chiesto di risparmiare solo Lily è stato quello in cui ha dato il peggio di se stesso... ma andava inserita. Prima o poi gli dedicherò più spazio... *lo aggiunge alla lista ormai chilometrica*
Credo di aver detto tutto... Il prossimo capitolo sarà pubblicato a fine agosto.
Ciao a tutti!
Julia

  
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