CAPITOLO
6
-Isola
in vista! È Minea!-
L’entusiasmo dovuto alla prima
esclamazione si spense subito con la seconda: Minea era
un’isola che ogni tanto
incrociavano, ma non vi erano mai scesi, il babbo l’aveva
categoricamente
vietato.
In pochi erano presenti la prima volta che l’avevano
avvistata.
Quel
giorno lontano l’isola era avvolta da un mantello di fumo e
di fiamme, e da
essa provenivano urla e stridore di armi che si scontrano.
L’unico villaggio
dell’isola stava bruciando e si sgretolava sotto agli
attacchi dei marines,
giunti lì per motivi in quel momento sconosciuti ai pirati.
In poco tempo erano
piombati anch’essi nella battaglia, cercando di aiutare la
popolazione.
Allora
era presente anche Akainu (a quel tempo vice-ammiraglio), il quale
guidava
l’operazione.
A Barbabianca e a Marco parve assai strano che un pezzo grosso
come lui si trovasse in un’isola così piccola e
sperduta nel Nuovo Mondo.
Gli
scontri erano durati tutta la notte, il villaggio e i suoi abitanti
ormai non
esistevano più. Nessun sopravvissuto.
Al termine Marco e il babbo erano tornati
a bordo portando con se una ragazzina di appena otto anni, occhi
azzurri e arco
a tracolla, in lacrime, e avevano annunciato che da quel momento
sarebbe stata
con loro.
Marco
osservava la sagoma che si stagliava all’orizzonte.
–Ok,
facciamo come tutte le altre volte e giriamoci al largo- disse agli
altri.
–No- Una voce decisa lo interruppe.
–Attracchiamo- Il comandante si voltò stupefatto a
guardare Umi che se
ne stava in piedi con un’espressione seria dipinta sul
volto.
–Sono dieci anni
da allora- disse semplicemente, come se una semplice affermazione come
quella
potesse giustificare la decisione della ragazza. –E poi,
stanotte c’è il
plenilunio- aggiunse con un sorriso un po' forzato.
Marco se ne stette immobile per
qualche secondo, poi si riscosse e andò ad avvertire gli
altri ragazzi del
cambio di programma.
–Sei sicura?- chiese Barbabianca dietro di lei.
–Sì, voglio
scendere-
Il vecchio sorrise e tornò sulla sua sedia
- o sarebbe meglio dire trono? - mastodontica.
-Si
scendeeeeeee!!!-
Ace, come un bambino, non riusciva
proprio a trattenere l’eccitazione.
La nave aveva gettato l’ancora in un baia
riparata e gran parte dell’equipaggio era sceso e gironzolava
pigramente nei
pressi dell’imbarcazione. Non era tardi, erano appena le
cinque del pomeriggio.
Il moro vide Umi allontanarsi, diretta verso il bosco.
–Ed eccola che
sparisce...- disse un marinaio accanto a lui.
Il ragazzo, ben deciso a saperne
di più, chiese all'uomo di che cosa stesse parlando.
–Non te ne sei accorto?
Eppure sei con noi da parecchio, ormai. Ogni ventotto giorni, quando
c’è la
luna piena, quella ragazza scompare senza lasciare traccia; sino alla
mattina
dopo, quando ricompare. Ed ha sempre un’aria
stranita.- gli spiegò quello.
Il moro non si sorprese
molto per queste parole: d’altronde, era stato testimone
diretto della
stranezza di quella ragazza.
Senza starci molto a pensare, Ace si incamminò tra
gli alberi, sulle tracce di Umi.
Non
era stato difficile seguirla fino a degli ammassi scuri
che Ace classificò come quelli che una volta erano edifici.
Ora il ragazzo si
trovava in una cittadina distrutta, con evidenti segni di incendio, ed
era
circondato da macerie e legno carbonizzato.
Aveva cercato di non farsi notare
da Umi, ma non era proprio sicurissimo di essere riuscito nel suo
intento.
La
ragazza infatti, si era accorta di essere seguita da un bel pezzo.
Del resto,
il suo inseguitore era piuttosto goffo ed impacciato nel muoversi tra
le
macerie e più di una volta era inciampato camminando.
Utilizzò un trucchetto
che da bambina usava spesso: finse indifferenza, e svoltò in
un vicolo a
destra, badando bene a farsi seguire dal moro. Ace cambiò
direzione e proseguì
per una dozzina di metri nel vicolo, ma si trovò davanti ad
uno spesso muro di
mattoni ancora in piedi per miracolo.
Un vicolo cieco... non
fece
neanche in tempo a finire di formulare questo pensiero che
sentì qualcosa di
freddo che si chiudeva sul suo polso. Subito il gelo pervase
completamente il
suo corpo, privandolo delle forze, e cadde in ginocchio.
Ace
si voltò di scatto, con un’enorme sforzo di
volontà, per
vedere quello che era successo.
Al polso sinistro trovò un bracciale di pietra
scura che gli stava abbondantemente piccolo.
Cercò di toglierselo, ma appena le
sue dita lo sfiorarono un’altra ondata di gelo lo invase,
tanto da fargli male.
–Agalmatolite marina, è inutile che provi a
togliertelo- La voce di Umi lo
colpì duramente alle spalle, come se gli avesse tirato un
calcio.
–Perché mi
hai seguito, testone!? Adesso mi hai costretto a renderti innocuo!-
Inutile
dire che la ragazza era furiosa... –Accidenti a te, Ace!
Perché non puoi mai
startene buono e fermo da qualche parte! Mi sembrava di essere stata
abbastanza
chiara!-
Nel prossimo capitolo il gomitolo della storia si svolgerà
per un bel pezzo,
magari si scoprirà anche il segreto di Umi...
Comunque il ritardo è pazzesco, ma
sono andata in campeggio e subito dopo al campo scout, poi sono finita
in una
catalessi assurda...
Grazie mille per avermi seguito fin qui, so di essere
mooolto pallosa, ma sono fatta così.
Grazie
a LaCla che
recensisce ogni singolo capitolo e mi incoraggia! Mi piacerebbe
ricevere anche
altre opinioni, ma mi va bene lo stesso.
Keyla.