Carissimi
lettori,
ci siete ancora?! Avete
visto?! Mi sono fatta viva prima dell’ultima volta! Ci
ho messo solo tre mesi a scrivere questo capitolo!
Spero che vi
ricordiate cosa è successo l’ultima volta, perché le cose si stanno
ingarbugliando ancora un pochino. Ma non vi preoccupate: se continuerete a leggere, tutto si
chiarirà!
Fatemi sapere cosa ne
pensate e fatemi l’in bocca al lupo per lunedì 19: ho
il mio primo esame orale!
Un abbraccio virtuale
a tutti!
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Ringraziamenti:
Eli: dovrei chiederti i
diritti d’autore per il riassuntino iniziale, lo
sai?! Ovviamente sto scherzando!! ^___^ Hai visto, te l’ho spedito appena ho potuto! Hai
trovato l’ultimo capitolo un po’ ansiogeno… spero non mi ucciderai quando arriverai alla fine di questo! Comunque, sì: Ted è il Guardiano!
Ta-dan! Colpo di scena! Dimmi
che almeno questo è riuscito, perché temo che sulla storia del regalo tu ci
abbia azzeccato! Sono contenta che ti piacciano i Vampiri, ma che ne pensi degli
altri cattivoni?! E, comunque, non preoccuparti: tutto si risolverà alla fine e ti
assicuro che Ted non ha alcun dubbio se scegliere
Ginny o anello. E credo che
tu sappia quale sarà la sua scelta finale… ^^ Mi raccomando, fammi sapere se ti
è piaciuto questo mio ultimo! Ci tengo! Baciotti e
grazie per il bel pomeriggio passato insieme! W Londra!!
Vale: tesorissima! Stavolta ti ho fatto
aspettare meno: sono stata brava, no? No, non eri fumata: Ted è proprio il Guardiano! E ora
dovrà scegliere tra Ginny e l’anello (ma noi non ci
preoccupiamo del buon senso del mio ragazzotto, vero?
^^). Ti prego: dimmi cosa te ne pare della scena tra loro due! Sai, quando
scrivo di loro cammino un po’ sulle uova: sono una coppia così inusuale… spero che non sembrino troppo strani… Vorrei anche
sapere cosa ne pensi di Natasha: oggi rivelo la sua
identità, anche se non è quella che pensavi tu. Ti piacerà? Chi lo sa? Come ogni
volta ti ringrazio per il tuo supporto ed il tuo aiuto
tecnico e stavolta aggiungo che incrocio le dita per quello che sappiamo noi!
Anche se sono sicura che tutto andrà in porto! Grazie
per il bel pomeriggio: facciamolo più spesso! W Londra!!
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E ora… buona
lettura!
Capitolo
undici
“Crucio!”
L’urlo che ne seguì
echeggiò per lungo tempo nella sala di pietra, rimbalzando tra le pareti.
Si udì un sospiro
scocciato. “Dobbiamo continuare ancora per molto, Signor Nott? Perché non vuole parlare?”
Gli occhi rossi indagarono il viso pallido del giovane.
Ted strinse i denti.
Gli ultimi spasmi di dolore che ancora circolavano in
corpo. “Voglio… vedere… la ragazza.” ingiunse
nel modo più autorevole che gli riuscì di utilizzare.
“Ascoltami bene,
ragazzino,” lo prese per il bavero uno dei due Vampiri
preposti alla sua tortura. “Il nostro Signore ti ha fatto una domanda ed esige
una risposta, chiaro?” gli urlò in faccia.
L’alito che sapeva di
morte lo fece tossire. “Voglio vederla, prima.” disse,
tentando di frenare il tremore, provocato da tutte quelle Cruciatus che gli avevano
distribuito a piene mani.
Vladeck il Flagello si
massaggiò la fronte con due dita. Ma perché doveva
essere così testardo questo benedetto Guardiano, si chiese. “Va bene, fategliela vedere.” concesse. “E tu lascialo andare: non ne posso più di tutti questi urli.
Mi sta facendo venire il mal di testa.” si lamentò,
sedendosi sul suo trono.
Il Vampiro che lo
teneva per il bavero lo lasciò cadere come un sacco sul
pavimento umido, mentre il suo compare scompariva nelle ombre che sembravano
voler inghiottire la stanza da un momento all’altro.
Steso a terra, Ted respirò pesantemente, concentrandosi sull’addensarsi del
suo fiato, per distrarsi dal forte dolore che lo avviluppava tutto. Pensò che
non sarebbe stato mai più in grado di muoversi, ma si sorprese della velocità
con cui riuscì a voltarsi, quando sentì un rumore di passi diffondersi nella
sala.
“E non spingere, brutto scimmione!”
Nel sentire la sua
voce non seppe se ridere o piangere dalla gioia. Ma
vederla lo lasciò senza fiato: era sporca e pallida, ma stava bene. Stava
bene.
Anche Ginny lo vide ed anche lei restò senza fiato, ma per ben
altri motivi. “Ted! Che ci
fai qui? Che ti hanno fatto?” gridò, tentando di
raggiungerlo, ma venendo fermata dal Vampiro che la scortava. “E lasciami, tu!” si divincolò, ottenendo ben pochi
risultati.
“Come vedi, lei sta bene. Anche troppo.”
commentò Vladeck, continuando
a massaggiarsi la fronte. “Il mal di testa mi sta uccidendo, se mi concedete
l’eufemismo: dimmi dell’Anello.”
Ted lo guardò,
imponendosi di non distogliere lo sguardo dalle iridi color sangue. “Giura che
la lascerai andare.” disse.
Vladeck rilasciò il ruggito
che gli era rimasto in gola da quando il Guardiano si
era dimostrato più ostinato del previsto. In un attimo gli fu
di fianco e con il piede gli schiacciò il viso contro il pavimento.
Ignorando il grido della ragazza, premette con più forza. “Come osi, piccolo
verme, impormi condizioni? Se non parli giuro che la uccido!” ringhiò, calciandogli le costole con la punta della
scarpa.
I polmoni di Ted si svuotarono d’aria e lui rantolò nel tentare di
immetterne di nuova. Ginny gridava e piangeva,
tentando di districarsi dalla presa di ferro del
Vampiro.
“Parla, Guardiano.” La
voce di Vladeck aveva recuperato la fredda calma di
prima. “O questa donna farà una brutta fine.” disse, prendendo in una mano il viso di Ginny e scuotendolo.
Ted parlò con una voce
roca e spettrale. “Durante una notte di luna piena dovrò trovarmi nel punto
centrale del tempio sotterraneo. Lì potrò farti vedere
la strada.”
Vladeck lo scrutò
attentamente, per valutare se avesse detto o meno la
verità. “Quand’è la prossima notte di luna piena, Lyron?” chiese, rivolto all’uomo rimasto nell’ombra fino a
quell’istante.
“Tra due sere, mio
Signore.” L’uomo dalla cicatrice sul volto si inchinò
viscidamente.
Il Flagello emise un
sospiro che somigliava incredibilmente ad un ringhio. “Portateli via. Non voglio
rivederli prima di dopodomani.”
Uno dei due Vampiri si
caricò in spalla Ted, troppo debole per camminare, mentre l’altro conduceva una recalcitrante
Ginny lungo oscuri corridoi dalle pareti di roccia
viva, dove rimbombava il gocciolio dell’acqua.
La loro meta fu una
stanza dal mobilio un tempo probabilmente di lusso, ma ora consunto e sudicio.
Senza troppe cerimonie, Ted fu gettato sul letto e la
porta venne richiusa alle spalle di Ginny, che poté sentire distintamente il rumore di una
chiave girata nella toppa.
Si avvicinò al letto e
fissò il viso cinereo del ragazzo. Si sedette e gli prese una
mano.
Lui riaprì gli occhi
che aveva socchiuso. “Mi dispiace. Ginny, ti assicuro
che…” Ma lei scosse la testa.
“Riposati, ora.
Abbiamo tempo per le spiegazioni.” Gli strinse la mano per
rassicurarlo.
“Oh, Ginny…” sospirò, perdendo i sensi.
*
Ginny…
Maledizione, perché proprio lei?
La
colpa di tutto era sua, solo sua! Ma come diavolo gli
era venuto in mente di incoraggiarla nel diventare
Harry
lanciò un’occhiata di sfuggita a Ron, che aveva lo
sguardo perso nel vuoto e le mani congiunte sotto il mento, le labbra strette in
una linea talmente severa da sembrare scomparire all’interno del
viso.
In
quel momento avrebbe desiderato prendersi a schiaffi, ma questo non avrebbe
risolto la situazione.
Strinse
i pugni. Chissà cosa avrebbero potuto farle quei Vampiri? Al solo pensiero lo
stomaco gli si contorse dolorosamente. Poi, la rabbia prese il posto dell’angoscia al pensiero di Nott. Perché non aveva detto di
essere il Guardiano dell’Ultima Chiave? Perché non si era rifiutato di averla come Custode? Lui conosceva i rischi a cui Ginny andava incontro! E perché,
ogni volta che pensava nessuno lo guardasse, le lanciava quelle occhiate
languide? Non lo sapeva che Ginny era la sua
ex-ragazza?
Il
Colonnello Ligget continuava a parlare senza sosta,
spiegando gli ultimi avvenimenti, ma Harry non lo stava ascoltando, perso com’era nei suoi
pensieri.
“Ma Signore, sarebbe una pazzia!” l’esclamazione di un
Capitano lo fece tornare alla realtà.
“Harrison, non c’è altro modo.” dichiarò con autorevolezza Ligget.
“Signore,
c’è sempre
“Pensi
che, durante un probabile scontro, uno dei miei Auror
abbia il tempo di mettersi a bere una pozione?” lo fermò il
Colonnello.
Uno
degli Auror anziani prese la parola. “Però ci sono
Metamorfomaghi addestrati per queste evenienze.”
Ligget
scosse il capo. “No, devo farlo io. Coleman mi conosce
troppo bene per essere ingannato.”
“Non
è nemmeno detto che ci sia! Sarebbe troppo pericoloso anche per lui: gli
costerebbe la candidatura a Ministro.” si intromise un Tenente.
Il
Colonnello si permise un sorrisetto amaro. “Sono
sicuro che sarà lì: non si perderebbe per nulla al mondo la visione in diretta
di una mia sconfitta.”
“Ma noi non permetteremo che ciò accada, Signore!” scattò in
piedi Harrison.
“Però
il luogo dello scambio è a nostro sfavore: ci sono molte postazioni da cui
possono tendere imboscate.” freddò gli animi un altro degli Auror più anziani.
“Possiamo
sfruttarlo anche noi.” affermò una voce un po’
esitante. Tutti gli occhi si voltarono verso una ragazza seduta tra Ligget ed Aylmer, la cui presenza
era passata totalmente inosservata agli occhi di Harry. Aveva il volto color cenere, come se avesse la
nausea, e la luce artificiale del Ministero disegnava cerchi scuri attorno ai
suoi occhi, facendola assomigliare vagamente ad un panda.
Non
ricordava di averla mai vista prima di allora…
La
vide deglutire, forse nervosa di aver raccolto l’attenzione di tutti i presenti,
e girarsi verso Aylmer, che le fece cenno con la testa
di continuare. “Conosco bene il porto e so che di notte la zona ovest è riparata dalle ombre di alcune strutture. Solitamente vi sono
accatastati anche diversi container, che potrebbero offrire un buon
nascondiglio.” Si fermò, un po’ insicura, ma Ligget le sorrise con
fare paterno. “Una piccola delegazione di quattro o cinque Auror potrebbe scortare il Colonnello al luogo dello
scambio, mentre la maggior parte dei rinforzi potrebbe rimanere nascosta nella
zona ovest in attesa del
segnale.”
Ci
fu un silenzio tombale. Poi i dissensi cominciarono ad
irrompere.
“Quattro
o cinque Auror?! Cosa ti
salta in testa, ragazzina?!”
“Che
cosa insegnano adesso al Corso di Addestramento: come
organizzare missioni suicide?”
“Ma
chi è che ha fatto entrare una recluta?!”
“Mettere
così in pericolo l’incolumità del Colonnello, ah!”
Lei
abbassò la testa di fronte a tutte quelle critiche, ma
Ligget batté con forza un pugno sulla tavola. “Adesso
basta!” gridò, interrompendo ogni parola. Lanciò loro un’occhiata di rimprovero.
“Io sono d’accordo con la recluta Calenda: Coleman non farebbe entrare un uomo di più nel suo covo.
Dovete ricordarvi che la situazione è molto delicata e dobbiamo procedere con
cura.”
Qualcuno
era ancora scettico. “Ma, supponendo di seguire questo
piano, come potrebbe fare la squadra di rinforzo ad intervenire in modo tattico
e tempestivo se non conosce il luogo?”
“Utilizzando
questi.” Finalmente Aylmer prese la parola, mostrando
a tutti un paio di occhiali dalle lenti oscurate. Di
fronte alla perplessità dei colleghi, spiegò. “È un dispositivo che consente di
scannerizzare un’area chiusa e di spedirne la pianta
ad un Oloproiettore, anche se quest’ultimo si trova a diverse centinaia di metri di
distanza.”
“Cosa ne dite, Signori? Approvate?” chiese Ligget. Anche la recluta si azzardò
ad alzare la testa.
Ci
furono ancora brontolii, ma tutti, chi più convinto chi meno, dichiararono il
loro assenso. “Chi farà parte della sua scorta, Signore?” chiese il Capitano
Harrison, uno dei primi ad approvare il
piano.
“Aylmer ne avrà la guida.” rispose immediatamente Ligget. “E,
visto che sei così interessato Harrison, ci sarai anche tu. Kendall,” si voltò verso il
Capitano della Squadra di Coordinazione Armi Magiche. “sei in squadra. Anche tu, Potter.” si rivolse ad Harry. Di fronte allo
sguardo interrogativo di Ron, scosse la testa. “No,
Weasley, preferisco che tu abbia il comando dei
rinforzi e che Li sia la tua seconda.”
Guardò
tutti i suoi Auror seduti in quella sala, tutti in attesa di conoscere l’ultimo nome. Gli occhi di Ligget brillarono nel girarsi verso la recluta. “Vorrei che
partecipassi anche tu, Calenda.”
Lei
lo fissò a bocca aperta. Come la maggior parte dei presenti,
d’altronde.
Il
Colonnello si tirò i baffoni. “Il Tenente Morgan mi ha
parlato molto bene di te e so che sarebbe contento se ci fossi anche tu nella
squadra per il suo recupero.” Si schiarì la gola. “Allora, ragazza mia: sei dei nostri?”
La
giovane aveva ancora la bocca aperta, ma si affrettò a richiuderla. Per un
attimo parve spaesata, ma poi lo fissò con una certa determinazione. “Sìssignore.”
“Bene,
allora è deciso. Li, Weasley:
mi fido di voi per la scelta degli altri componenti della squadra.”
Il
tramestio di sedie segnò la fine della riunione.
Prima
che Harry e Ron si avviassero verso i loro uffici, Aylmer comunicò loro che si sarebbero mossi per le sei di
quella sera.
Mentre
Harry stava preparando le ultime cose, sentì due voci
discutere animatamente nel corridoio.
“Ma sei impazzita? È troppo rischioso!”
diceva una voce maschile.
“Ho
già detto di sì e non posso rimangiarmi la parola data!” ribatté una voce
femminile.
“Certo
che puoi farlo: ti sei appena diplomata e non sei mai stata su un campo di
battaglia in vita tua!”
“E
questo cosa vorrebbe dire?! È stato il Colonnello in
persona a chiedermelo!”
Ora,
non che Harry avesse
l’abitudine di origliare, né tanto meno spiare le persone, ma quei due stavano
urlando proprio a pochi passi dalla porta del suo ufficio e lui voleva solamente
capire chi fossero i due litiganti. Così aprì uno spiraglio, giusto per vedere
chi fossero.
Il
ragazzo lo riconobbe come Philip Dodget, una delle reclute che aveva portato con sé durante
l’attacco al Ministero. La ragazza era la recluta che aveva partecipato alla
riunione e che avrebbe fatto parte della scorta di Ligget.
Dodget
le prese un braccio e lo strinse, fissandola arrabbiato. “Se non lo fai tu, giuro che ci vado io a dire al Colonnello
di sostituirti con un Auror più
esperto!”
“Voglio
solo dare una mano, ma perché non lo capisci?!” sibilò
lei, tentando di mantenere la voce bassa. “Continui a trattarmi come se fossi
una bambina!”
“Questo
perché pensi come una bambina, Raine! Ma come puoi
anche solo pensare di essere d’aiuto?! Sei solo una
recluta alla sua prima missione sul campo!”
Raine
si divincolò dalla sua stretta, guardandolo con gli occhi ridotti a due fessure.
“Pensa quello che ti pare, Philip. Io vado e tu non
puoi fermarmi.” Detto questo, girò sui tacchi e si
incamminò verso l’altro capo del corridoio.
Dodget
grugnì il suo disappunto. Poi la rincorse. “Raine!
Aspetta!”
Harry
richiuse la porta. Anche lui aveva gli stessi dubbi di
Dodget sull’utilità della ragazza in quella missione.
Con un sospiro, si chiese se quella sera tutto sarebbe andato secondo i
piani…
*
“Quanto tempo ancora
dovrò stare qui?” brontolò per la centesima volta Draco.
Hermione alzò gli occhi al
cielo e si morse le labbra per non rispondergli troppo male.
“Uffa… Granger, non sei di alcuna
compagnia. Al momento è gradita perfino la tua voce gracchiante.”
Hermione strinse i pugni.
“Malfoy, potresti finirla? Ho
mal di testa.”
“Ma perché non posso
semplicemente andare a casa?!”
“Per quanto gradirei
anch’io che tu fossi a casa tua ed io a casa mia, purtroppo mi è stato chiesto
di tenerti d’occhio.” spiegò
Hermione, tentando di riprendere la sua
lettura.
“Il San Mungo non mi è mai piaciuto. E poi
non vedo perché dovresti controllarmi: dove pensi che possa andare con delle
costole non ancora risanate?” si lamentò Draco.
“
Hermione chiuse di botto il
libro: tanto con tutte quelle lamentele non sarebbe riuscita ad andare oltre la
prima pagina. “Ok, Malfoy:
cosa vuoi?”
Lui sogghignò.
“Qualcosa da mangiare ed un tè caldo.”
Lei digrignò i denti,
ma si sforzò di alzarsi dalla sedia. Almeno sarebbe stata
senza quella voce martellante per qualche minuto,
pensò.
Proprio mentre stava
per chiudere la porta, Draco gridò: “Ah, il tè lo
voglio senza zucchero e con un cucchiaino di latte. Mi raccomando, Granger: solo un cucchiaino e il latte deve essere screm…”
Hermione chiuse la porta con
forza per non sentire i suoi sproloqui.
*
Si sfregò le mani per
scaldarle. Maledizione, faceva troppo freddo per stare fuori! Stava persino
tremando!
Una vocina le suggerì
che forse non era per il freddo che stava tremando. Che
forse aveva ragione Philip.
Strinse gli occhi e
ricercò la faccia dell’amico tra gli Auror di
rinforzo. Quando anche lui si voltò a guardarla, la
fissò con una smorfia di rimprovero dipinta sul viso.
Raine emise un verso
scocciato e girò il viso dall’altra parte.
“Dovresti metterli più spesso, lo sai
Thea?”
“Piantala, Harrison.”
“No, no! Dico sul
serio: ti danno un’aria così provocante…”
“Se dici un’altra parola, giuro che ti
ammazzo!”
Il Capitano Kendall e il Capitano Harrison stavano battibeccando
come ragazzini. Si concentrò su di loro per evitare di
pensare.
“The… ahia! Ma non ho detto niente!”
“Ma stavi per dirlo!”
“Piantatela voi due!
State facendo troppo rumore.”
“Scusa, Arden. Sai che Harrison è un
idiota.”
“Ma non è ver…
ahia!”
Raine si morse le labbra
per evitare di scoppiare a ridere.
“Basta! Se continuate
così non ci accorgeremo se Potter sia tornato o meno dal suo giro di
ricognizione!”
“Infatti sono qui già da un po’.”
Il Capitano Potter si tolse il Mantello dell’Invisibilità, rendendo nota
la sua presenza.
“Allora?” chiese Arden, scambiandosi un’occhiata con Ligget, avvicinatosi in quel momento.
“La situazione è più o meno come ce l’aspettavamo: un paio di scagnozzi
all’entrata e niente di più.” spiegò il Capitano Potter. “Sicuramente il resto della banda ci aspetta
dentro.”
“Avete sentito,
ragazzi?” Ligget si girò verso la maggior parte degli
Auror. “Voglio che siate pronti ad entrare in azione
non appena il Capitano Kendall vi spedirà la piantina
del luogo, sono stato chiaro?”
“Sissignore!”
bisbigliarono gli Auror.
“Weasley, mi affido a te.”
Il Capitano Weasley annuì col capo, scambiando uno sguardo con il
Capitano Potter.
“Bene, allora possiamo
andare.”
Raine deglutì a vuoto,
prendendo il suo posto dietro il Capitano Kendall e il Capitano Harrison. Di
fianco a lei, il Capitano Potter guardava avanti.
Sembrava aver altro per la testa.
I loro passi
risuonavano nell’innaturale silenzio del porto. Pareva che persino la notte stesse trattenendo il fiato.
Man mano che si
avvicinavano ai due scagnozzi a guardia della porta, Raine sentì la sua risolutezza affievolirsi per far posto
alla paura. Cominciò a rimpiangere di non aver dato retta a Philip.
“Ehi.” Un bisbiglio
alla sua destra catturò la sua attenzione. Era il
Capitano Potter. “Respira.” le suggerì, l’ombra di un sorriso che gli fluttuava sulle
labbra.
Raine rilasciò il respiro
che inconsciamente aveva trattenuto, facendogli scuotere la testa con un sorriso
più convinto. Lei abbassò gli occhi, sentendosi una
stupida.
“Siamo qui per lo
scambio.”
La voce di Arden le fece rialzare la testa.
Non era tempo per perdersi in inutili ripensamenti: ormai era in ballo e doveva
ballare. Il pensiero di Bruce le diede
forza.
“Prego.”
La piccola delegazione
entrò. Solo uno dei tanti magazzini del porto. Almeno apparentemente. Rabbrividì
vistosamente nel passare tra i due tirapiedi di Coleman.
“Oh, ecco i nostri
cari Auror!” La voce di Slen
li accolse, divertita ed insolente. Eccolo lì, alto e segaligno, con la sempre
presente sigaretta in bocca, davanti ad un gruppo relativamente ristretto di uomini.
Raine avrebbe tanto voluto
cancellargli dalla faccia quel ghigno soddisfatto.
E lì accanto, con i
polsi legati, la bocca imbavagliata… “Bruce!” mormorò
Raine, fissando sconvolta il collega
imprigionato.
Slen rivolse l’attenzione
a lei. “Oh, l’incantevole Natasha! Oppure preferisci che ti chiami Raine? Sono contento che anche tu ti sia unita alle danze!”
sogghignò, sbuffando una spessa nuvola di
fumo.
“Siamo venuti qui per fare uno scambio, non per parlare del più e del
meno.” si intromise Arden.
“Ecco, abbiamo portato il Colonnello.”
Slen fissò Ligget, grattandosi con fare distratto la guancia, ispida di
barba non fatta. “Devo controllare che non ci siano trucchi?” chiese
languidamente, spostando lo sguardo indolente su Arden.
“Sono io. Non ho Polisucco addosso e non sono in grado di mutare il mio
aspetto.” Improvvisamente Ligget lanciò un’occhiataccia alla vetrina dell’ufficio che
dominava la grande sala. “Diglielo anche tu, Coleman!” esclamò in quella direzione.
Slen ridacchiò, facendo
ondeggiare la sigaretta. “Non so cosa le fa pensare che un certo signor Coleman sia qui, Colonnello. Comunque, siamo qui per affari, no?”
Raine trattenne nuovamente
il fiato, mentre con la coda dell’occhio scorse il Capitano Potter stringere la bacchetta sotto il mantello, il Capitano
Kendall analizzare la stanza con lo speciale congegno
senza attirare l’attenzione e il Capitano Harrison
accostarsi a lei. Arden e Ligget mantennero una calma glaciale.
Le due controparti si
fissavano con astio malcelato. Troppo presi per notare i movimenti quasi
impercettibili di Bruce…
Poi, tutto avvenne in
un lampo. Ligget aveva appena mosso un piede verso
Slen che Bruce si tolse il bavaglio ed urlò: “È una trappola!”. Dove il
Colonnello stava fino ad un istante prima, c’era una grande bruciatura da fattura.
Solo un attimo, poi si
scatenò l’inferno.