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Autore: Finnick_    02/08/2012    6 recensioni
Panem: i Giochi non esistono più. Capitol City è stata sconfitta.
E' la verità? Oppure l'attuale governo mantiene ancora fredde apparenze che facilitano la rinascita di una nuova generazione?
Mellark-Everdeen, Odair-Cresta. I ragazzi di una generazione che sfiderà la nuova Capitol 13.
Che gli Hunger Games risorgano, tributi.
Ambientazione: dopo "Il canto della rivolta".
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Il Pacificatore che ha sparato viene ucciso all’istante da una freccia di mia madre.
Il sangue di Peeta scorre. Scorre a fiotti dal fondo dell’Overcraft, nessuno lo ferma. Mi bagna le scarpe.
E’ sangue del mio sangue, questo.
-papà..- riesco solo a sussurrare. Sono immobilizzata con i piedi che affogano sempre di più nel sangue di mio padre. Chays mi passa accanto correndo e si butta su nostro padre. E’ a terra, steso. Chays grida. Gli altri parlano, Finnick continua a combattere. Ma io sento solo le grida di mio fratello e adesso respiro l’odore del sangue che mi ha generato. No. Mi sento svenire, gira tutto.
Ma non posso farlo, non posso svenire. Intorno a mio padre ci sono mia madre, Chays e.. Gale. Ha lasciato i comandi a un Robby sofferente e adesso è lì con la misera cassetta del pronto soccorso. Non lo salveranno, penso. Sento gli occhi che mi si riempiono di lacrime, le gambe che cedono. Potrei cadere in terra qui, adesso, e non rialzarmi più. Cos’è quello che sento dentro? Rabbia? Dolore? Non lo so, non capisco più niente. Mio padre sta per morire e io non riesco a muovere un passo. Le lacrime non mi escono dagli occhi, che cosa strana. Devo prenderlo come un buon segno?
Non ragiono più.
Corro verso mia madre, afferro la sua faretra, depositata a terra. Abbandono la mia. Mi lancio verso il finestrino dove Finnick sta lottando da solo contro i Pacificatori. Non rifletto, sento solo che adesso le lacrime cominciano a scendere. Estraggo una freccia, sento che odora di benzina. E’ incendiaria.
Do una spallata a Finnick e lo sposto di lato, miro fuori dal finestrino. Lancio e sfioro la scala elettrificata. Non succede niente.
Sto piangendo, eppure non mi muovo se non per la forza della disperazione. Tiro fuori un’altra freccia. Gas. E’ esplosiva. Miro di nuovo alla scala, la colpisco. Prende immediatamente fuoco e dopo pochi secondi esplode. Qualcuno si lancia all’interno del nostro Overcraft e stende Finnick che cade di lato.
La scala è distrutta. Alzo gli occhi opacizzati dalle lacrime verso l’Overcraft di Capitol City: un’altra scala sta scendendo, molto più lentamente. Sto per incoccare un’altra freccia, quando sento il grido di Finnick: un Pacificatore gli ha piantato un coltello nel braccio. Non si era ancora rialzato e il Pacificatore è stato più veloce di lui. Penso che non farò in tempo a lanciare una freccia, allora piombo alle spalle del nemico e gli tiro l’arco d’argento alla tempia, con tutta la forza che ho in corpo.
-basta!- grido con tutta la violenza che trovo. Gli do un’altra botta, ma ormai è tramortito. Finnick si toglie il coltello dal braccio e anche il suo sangue scorre. Si mischia orribilmente a quello di mio padre e adesso il pavimento sembra un lucido tappeto rosso. L’odore è nauseabondo. Mi porto un braccio al naso, un po’ per neutralizzare l’odore, un po’ per asciugare le lacrime.
Devo tendere una mano a Finnick, ma non ci riesco. Le forze non ci sono più. Non so che fine abbiano fatto, ma mi hanno abbandonata. Tutto mi ha abbandonato. Ho tutti intorno a me, ma mi sento terribilmente sola. Sola, macchiata di sangue non mio, con una caviglia che ha deciso di non collaborare, con un padre che sta per morire, l’unico amico con una ferita da taglio ad un braccio ed un fratello che potrebbe cedere prima di me. Siamo spacciati. Sento un rumore metallico vicino a me e capisco che l’altra scala è appena atterrata all’interno dell’Overcraft. Ma non reagisco.
Non ce la faccio.
Guardo fisso verso la cabina di comando, senza uno scopo. E’ allora che la Paylor si volta una frazione di secondo per poi tornare a pilotare e mi grida:
-soldato Mellark, combatti! Devi combattere, lo capisci questo?- silenzio. Non rispondo.
-hai agito bene fin ora, non puoi arrenderti! Quel sangue non è tuo!- esclama. Credo mi voglia aiutare.
-non è tuo, questo significa che stai bene e che sei l’unica che può fare qualcosa!-
Non mi piace ammetterlo, nemmeno ora. Ma ha ragione. Ha dannatamente ragione! Mia madre non si sarebbe mai arresa, non si sarebbe fatta impietrire così.
Mi chino su Finnick e lo tiro su, appena in tempo, perché un Pacificatore sceso ora dalla scala lo stava per colpire nuovamente.
-Finnick Odair, hai intenzione di farti abbattere da una ferita?- gli urlo, tentando di incoraggiarlo. Non mi riesce troppo bene, ma voglio provarci. Com’era il piano? Far partecipare la mia famiglia, per salvarla. Lo stesso vale per gli amici.
Lui sorride e col fiato corto risponde:
-ti piacerebbe Rue Mellark – afferra il tridente grande inzuppato di sangue e balza in piedi.
-Forza!- mi sprona. Incocco una freccia prima di girarmi e non appena mi volto la scaglio contro il Pacificatore più vicino.
Con orrore mi accorgo che sono quattro o cinque i nemici a bordo. Mia madre ne uccide un altro dopo pochi secondi. Uno di loro colpisce Chays alla testa e inizia a trascinarlo. Corro nella sua direzione, ma scivolo sul sangue depositato sul pavimento. Mentre finisco a terra mi accorgo che mio padre è vivo. Ansima, è pallido e stringe con forza la mano di Gale, ma è vivo. Un Pacificatore corre in fretta verso Annie: non ha armi in mano, vuole solo.. prenderla. La stessa cosa che stanno facendo con Chays.
Impiego troppo tempo ad alzarmi così afferro il coltello che aveva ferito Finnick e lo lancio contro l’uomo diretto su Annie. Lei grida, ma Haymitch la prende e la porta di corsa in una delle stanze piene di armi. Chiude la porta. Bravo Haymitch, penso. Almeno loro due sono al sicuro.
La volevano prendere. Rapire.
Portarla a Capitol, chissà per quale motivo. Di nuovo, noto. Povera Annie, non oso pensare cosa stia provando adesso.
Mi rialzo con fatica. Trattengo un gemito di dolore per la caviglia mal messa, ma mi riprendo subito. La vista di mio padre ancora vivo, il sapere che almeno Annie è al sicuro, adesso mi danno forza.
Quello che non devo fare è pensare che Finnick potrebbe non farcela da solo. Ma sa cavarsela, come suo padre. Ce la farà.
Mi guardo intorno e mi accorgo che Chays è svenuto tra le mani di due Pacificatori che lo stanno portando verso la scala. No. Non lo porteranno via.
Non lo hanno ucciso. Perché?
Allungo un braccio dietro la schiena a cercare le frecce. Qualcuno lo afferra e mi spinge all’indietro. Giro su me stessa e cado in ginocchio. La faretra cade a terra. Un Pacificatore senza casco la afferra, la lancia ad un altro che la getta fuori dal finestrino.
-no!- esclamo. L’arco in mano da solo non serve a niente. Il Pacificatore mi viene in contro. Non ho il tempo di alzarmi, finisco a sedere. Le mani sul pavimento sono immerse nel sangue. Striscio all’indietro senza staccare gli occhi dall’uomo che mi sta per aggredire. I suoi occhi sono terribili. Non è armato, qualcuno deve avergli tolto le armi prima. Si china su di me e prima che me ne possa rendere conto mi molla un cazzotto sulla parte sinistra della faccia. Cado del tutto, adesso posso solo spingermi lontano con i piedi. Con le mani mi tengo lo zigomo. Fa talmente male che suppongo sia fratturato. Non ho il tempo di fiatare che mi arriva un calcio sul diaframma.
Mi toglie il respiro. Letteralmente. Annaspo alla ricerca dell’aria, non riesco nemmeno a parlare. Il dolore è intenso, ormai ovunque. La caviglia in confronto allo stomaco e alla faccia sta benissimo. Un altro colpo così e per me è la fine, penso.
Sono disarmata, non riesco a fare niente e sto per morire. Mio padre sta per morire. Mio fratello sta per essere rapito da Capitol City. Mi giro lentamente e guardo negli occhi il mio aggressore. Sa di avere la vittoria in pugno. Sorride spavaldo.
Adesso sputa sangue dalla bocca. Ha una lieve convulsione e poi precipita in avanti. Mi sposto in tempo per non farmelo atterrare addosso. Dietro c’è Finnick col tridente insanguinato. Sembra particolarmente sconvolto. Mi tende un braccio.
Mi alzo lentamente, con una sofferenza tremenda. Il respiro sta tornando. Ma anche respirare adesso fa fatica. Fa tanta, troppa fatica.
Chays. All’improvviso ricordo. Me ne stavo dimenticando. Con tutto il tempo che ho avuto per i vuoti di memoria, proprio adesso devo dimenticarmi che mio fratello è trascinato via svenuto?
-dov’è mio fratello?- riesco a chiedere a Finnick. Mi tengo ancora lo stomaco con un braccio.
Lui mi guarda. Che occhi azzurri che ha.. occhi che vogliono dirmi che è troppo tardi.
-ti giuro..-
-cosa?- chiedo. Il panico mi avvolge. Le mani fremono e sudano. Panico.
-cosa, Finnick? Dov’è mio fratello?- lo scanso con un braccio e corro verso il finestrino.
-ho fatto il possibile- mi dice, ormai alle spalle. Ha la voce spezzata. Scavalco i cadaveri di tre pacificatori, un quarto lo spingo con un calcio di rabbia. Faccio in tempo a sporgermi dal finestrino e vedere un Pacificatore aggrappato alla scala con mio fratello tra le braccia.
-no!- grido immediatamente. Cerco la faretra, ma non la trovo. E ricordo che non ce l’ho più.
-no Chays! Riportatelo qui, bastardi!- grido e mi sporgo ancora. Tiro un pugno contro il ferro e trattengo un imprecazione. Le dita fanno male, ma non importa. Un calcio ad un altro cadavere.
Grido, in preda all’isteria. Non può essere, l’hanno fatto. È successo l’impossibile. Vorrei dirlo alla Paylor, ma non posso. Non posso perché mi sto agitando tra le braccia di mia madre e di Finnick come una dannata. Continuo a urlare e svengo.
 
L’incubo è terribile. Sono su un’Overcraft di Capitol City, ma nessuno mi vede. Cammino inosservata tra la gente. Lenta. Mio fratello è in fondo, legato ad una sedia, ancora svenuto. Grido il suo nome e accelero il passo. Compare un uomo, vestito da medico con pinze, bisturi e una siringa. Grido ancora il nome di mio fratello, ma è tutto inutile, nemmeno io riesco a sentire la mia voce, non sento alcun suono. Corro, ma la sedia si allontana, invece di avvicinarsi. Inciampo. Cado accanto ad un cadavere. Lo riconosco con un gridolino: mio padre. Mi rialzo in fretta, corro, ma non vado da nessuna parte. Provo a fermare un uomo, non un pacificatore, non un soldato. Gli tocco una spalla e quando si volta la sua faccia è il muso di un ibrido orrendo. Sbava dalle zanne. Cado urlando, terrorizzata.
Mi sveglio di colpo, del tutto sudata.
Sono in un letto. Mi sembra una stanza di ospedale.
Due letti di fronte a me, uno accanto.
Finnick accanto a me dorme ancora, un braccio fasciato. Nel letto di fronte c’è mio padre tutto fasciato, attaccato ad una flebo, e dorme. Robby giocherella con la coperta.
Mi guarda:
-buongiorno-
-dove siamo?-
-ben arrivata al Distretto Madre, Rue-
 
  
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