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Autore: Blue_moon    03/08/2012    2 recensioni
Primo libro della trilogia Similitudini.
Dal prologo:
"Nonostante fosse nato nell'oscurità di Jotunheim, Loki bramava la luce.
Il suo calore, la sua purezza e, soprattutto, la sua capacità intrinseca di creare ombre profonde e insondabili. Le stesse che sentiva di avere dentro, le stesse che l'accecante luce di Odino e Thor aveva creato nella sua vita.
Essere lasciato al freddo e al buio era una punizione peggiore di quanto lui stesso pensasse.
Ma c'era una cosa che, in parte, lo consolava.
Fino a che fosse stato sotto la protezione del Padre degli Dei e di Thor, non avrebbe potuto essere bersaglio dell'ira di Thanos, l'oscuro signore con cui si era alleato e di cui aveva disatteso le aspettative.
Loki era scaltro e realista, teneva alla propria vita.
Senza di essa non avrebbe potuto raggiungere i suoi obiettivi, né dimostrarsi degno dell'onore che sapeva di meritare.
Per ora, anche se impotente, si trovava in uno dei posti più sicuri all'interno dei nove regni, protetto dall'amore cieco e stupido di chi si credeva migliore di lui.
Almeno, così aveva sempre creduto."
Genere: Azione, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Similitudini'
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Eccomi qui, sono già qui.
Non potrò aggiornare prima di due settimane, per cui vi lascio un altro capitolo.
Compare finalmente la protagonista femminile della storia, anche se la presentazione vera e propria avverrà nel prossimo capitolo.
Spero che vi incuriosirà.
Un bacio e grazie mille ai due angeli che hanno recensito.
Nicole



Thor camminava avanti e indietro lungo il bordo frastagliato del ponte che lui stesso aveva spezzato tempo prima. Mancavano pochi minuti all'appuntamento, ma aveva l'impressione che il tempo si fosse arrestato.
Il Bifrost non era ancora stato riparato, ma grazie all'energia del Tesseract riusciva a viaggiare regolarmente da Asgard a Midgard.
Anche se dapprima aveva portato con sé il manufatto, Odino gli aveva poi permesso di riportarlo sulla Terra. Ora era nuovamente in possesso dello S.H.I.E.L.D che, insieme a Stark, ne stava sfruttando le proprietà per donare all'umanità una fonte di energia pulita e illimitata. I patti erano che la Fase 2 non fosse portata avanti, Odino riteneva che gli esseri umani avessero già abbastanza armi. In cambio, aveva assicurato la protezione dell'esercito di Asgard in caso di un nuovo attacco alla Terra.
L'alleanza pareva funzionare, e il Dottor Selvig, insieme a Banner, era riuscito a replicare il portale che aveva costruito per Loki in breve tempo. Ogni giorno, alla stessa ora il portale si apriva nel medesimo punto. Il viaggio era meno confortevole che attraverso il Bifrost ma ugualmente rapido.
L'unico svantaggio era che il passaggio poteva essere aperto solo dalla Terra, se gli umani avessero deciso di tagliarlo fuori, lui non avrebbe potuto fare nulla per impedirlo, ma ormai Thor confidava abbastanza sui compagni per non porsi più quell'interrogativo.
A mezz'aria, dal nulla, comparvero delle scariche cerulee e il familiare vortice azzurro striato di blu si aprì davanti all'asgardiano.
Senza esitare oltre, Thor lo oltrepassò e in un battito di cuore si ritrovò nel laboratorio del Dottor Selvig.
Ad attenderlo, oltre a Fury, c'era l'intera squadra dei Vendicatori, insieme a Jane.
Anche se avrebbe voluto salutare lei per prima, l'aria seria di tutti lo fece desistere. Le rivolse solo un sorriso caldo come il sole della sua città natale e lei ricambiò, con aria imbarazzata.
«Nick Fury», disse poi, rivolto alla spia, con un cenno rispettoso del capo. Proseguì, salutando il resto dei suoi compagni in modo simile. Erano tutti in borghese, tranne Clint e Natasha che indossavano l'uniforme nera dello S.H.I.E.L.D.
«Che notizie ci porti da Asgard, Thor?», domandò Fury, dirigendo la conversazione subito al punto.
Thor si fece serio. «Loki si è rimesso ed è a conoscenza del cambiamento della sua situazione. Se la vostra prigione è pronta, possiamo trasferirlo quando volete».
«Collaborerà?», domandò Rogers.
«Mio fratello ha molti difetti, ma non è affatto uno stupido o un suicida. Sa che non è morto solo per il mio intervento, e che se vuole rimanere vivo deve accettare le nostre condizioni», spiegò il Dio del Tuono, incrociando le braccia muscolose al petto.
«Se non decide di ucciderci tutti giusto per divertirsi un po', prima della sua dipartita», brontolò Stark. «A nessuno è mai venuto in mente che tutto questo potrebbe essere solo una sceneggiata? Che questo Tano-qualosa potrebbe usare il nostro Dio delle Nullità giusto per arrivare a noi più facilmente?».
Una vena pulsò sulla fronte di Thor, ma fu Fury ad intervenire. «La decisione è già stata presa, Tony, e a te non è mai stato chiesto il consenso. Loki sarà sotto la responsabilità dello S.H.I.E.L.D».
Stark raddrizzò la schiena. «Già, come l'altra volta. Poi abbiamo dovuto pulire noi quel casino! E ancora aspetto il risarcimento per la distruzione della mia Star Tower».
«Adesso basta!», tuonò Thor. «Come ha già detto Nick Fury, questa decisione non spetta a te», tagliò corto, fulminando Stark con occhi freddi come il ghiaccio. «Adesso mostratemi la prigione», decise, rivolgendosi al Dottor Banner e a Selvig.
Il gruppo si apprestò ad uscire dalla stanza, solo Stark rimase indietro.
«Ha ucciso Phil, nessuno se lo ricorda?», chiese, quasi urlò, stupendosi della rabbia nella sua voce.
Tutti gli altri si voltarono verso di lui, ma solo Fury si prese la briga di rispondergli. «Non ti azzardare mai più ad insinuare una cosa del genere», gli ricordò con calma glaciale.
Poi, senza attendere oltre, si voltò decisamente ed uscì a passo pesante dal laboratorio.

Né Natasha, né Clint erano mai stati in quell'area della base.
Avevano disceso così tanto piani che avrebbero potuto essere tranquillamente a chilometri di profondità. Le pareti erano tutte di metallo e ogni cinquecento metri il gruppo doveva superare un test a riconoscimento vocale. Le persone autorizzate ad accedere a quell'area si potevano contare sulle dita di una mano, spiegò Fury, mentre attraversavano l'ultima porta di metallo blindato.
Anche se non l'avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura, Stark era impressionato da come Fury si era dato da fare per rintanare Loki nelle viscere della terra. Si augurò di non far mai arrabbiare sul serio quell'uomo.
Alla vista della stanza, che ormai tutti chiamavano La Gabbia, nessuno riuscì a trattenere lo stupore.
Perfino Thor, che era cresciuto nelle meraviglie di Asgard, non aveva mai visto nulla di simile.
L'ambiente era di forma cubica, di una decina di metri di altezza e lunghezza, asettico e impersonale. Una luce bianca e fredda sembrava irradiare direttamente dal soffitto, illuminando ogni angolo, non lasciando nessuna ombra.
Lungo una delle pareti si arrampicava una scala che conduceva a una porta blindata elevata a circa cinque metri dal pavimento, mentre al centro torreggiava una vera e propria scatola di un metallo nero e opaco come roccia lavica. Non c'era modo di scrutarne l'interno, se non attraverso una striscia di materiale trasparente alta un metro che correva lungo la parete frontale della gabbia. Con poche parole tese, il Dottor Banner spiegò che quello non era vetro, ma sempre lo stesso metallo lavorato in modo da risultare limpido.
All'apparenza la gabbia non aveva un ingresso, ma Natasha intuì che doveva essere talmente fusa con il resto della struttura da essere irriconoscibile.
Fury osservò attentamente il risultato di quelle settimane di lavoro, anche se il suo reale orgoglio non era affatto quella gabbia di metallo. Con un cenno, fece avvicinare i dieci agenti che aveva assegnato a quel progetto.
I Vendicatori scrutarono attentamente quei volti, cui poco prima non avevano fatto caso.
«Questo sono le guardie che si occuperanno del prigioniero. Sono state scelte con estrema cura tra i nostri migliori agenti. Sono addestrati appositamente per questo compito», spiegò Fury. «Tanto per chiarire, loro non sono tra le poche persone che possono aprire le porte che abbiamo appena attraversato», aggiunse.
A poco a poco, tutti presero coscienza di cosa significava. Quei dieci agenti sarebbero stati intrappolati all'interno di quella gabbia quanto il loro prigioniero.
Stark si chiese se non fossero loro stessi troppo pericolosi per essere lasciati in libertà, proprio come il pazzo che avrebbero custodito.
Fury fece un cenno all'unica donna del gruppo. «Agente Sabil, vuoi mostrare ai nostri ospiti il sistema di sicurezza della gabbia?», chiese.
Finalmente Stark si animò. «Oh, adesso finalmente vedrete il mio capolavoro», disse, con gli occhi illuminati.
Thor pensò che per suo fratello non significava nulla di buono, ma rimase in silenzio. Jane, al suo fianco, benché silenziosa, gli fece sentire il suo sostegno stringendogli la mano. Conosceva il tormento interiore del dio e, anche se riusciva a comprendere i sentimenti feriti degli altri terrestri accanto lei, era decisa a stare dalla parte di Thor.
L'agente Sabil era una donna alta e longilinea che dimostrava poco più di trent'anni, con zigomi alti e pronunciati e lineamenti affilati da felino. Sembrava esile come una canna di bambù, nonostante la linea definita dei muscoli sotto il latex attillato della divisa nera. Dalla sua carnagione era evidente che fosse di origine medio orientale. Rogers l'osservò con attenzione mentre sfilava dalla cintura quello che sembrava una sorta di comando a distanza. Premendo una sequenza precisa di pulsanti, la donna animò la gabbia, che iniziò a ronzare sommessamente.
Tutto il gruppo si fece attento a quello che stava per accadere, e il sorriso di Stark si approfondì.
All'improvviso, dalle quattro pareti della gabbia spuntarono lame affilate come rasoi che si allungarono fino a riempire l'interno della scatola di metallo. L'effetto era talmente feroce e violento che nessuno ebbe una reazione evidente. Solo Jane portò una mano alla bocca, lentamente, con le labbra che tremavano.
L'agente Sabil sorrise di sbieco. «Un passo falso, e di Loki non rimarrà che qualche brandello», chiarì, facendo rabbrividire la scienziata per la freddezza del suo tono.
Stark diede una pacca sulla spalla a Bruce. «Ottimo lavoro amico mio, non avrei saputo immaginarla diversamente», si complimentò.
«Questa...», proseguì, fronteggiando il gruppo dei Vendicatori, ma guardando insistentemente Fury. «È la fine che merita un assassino».


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In questo capitolo, e anche nel precedente, compare un lievissimo cross over con un altro fumetto Marvel. Vediamo se riuscite ad indovinare...

A presto ^-*

PS: so che i personaggi sono tanti, e per adesso non posso approfondirli tutti, piano piano, mi impegnerò per dargli più spessore.
  
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