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Autore: Mikky    08/08/2012    1 recensioni
“E' un traditore, un farabutto, un bugiardo, un vigliacco, un baro e tante altre cose. Ma di certo non è un assassino”
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"Sono qui, non ti lascio da solo!”
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"La prossima testa che rotolerà sarà la tua, Potter!”
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo, Da VII libro alternativo
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I’m the one who loved him


Come in tutte le storie che si rispettino, io e Draco eravamo gli opposti. Lui era il bambino che si comportava da adulto, io la bambina che si comportava da maschiaccio.
Erano più le volte che tornavo a casa sporca di terra ed erba, che quelle in cui mettevo quei odiosi vestiti che ti fanno sembrare una bomboniera.
Ma i miei genitori non si lamentavano mai di me e del mio comportamento, alquanto discutibile. Ero una bambina e dovevo comportarmi come tale. I Malfoy però non la pensavano allo stesso modo, Draco doveva comportarsi come un uomo, anche se aveva solo quattro anni. Non importava, non doveva piangere, non doveva fare i capricci, doveva solo essere superiore!
All’inizio non eravamo amici, ci odiavamo. Ci legava solo il semplice e puro odio per l’altro!
Per lui ero la bastarda-senza-patria (perché ero nata in Inghilterra, mio padre era americano e mamma era francese, perciò ero un miscuglio non ben definito), mentre lui era il-bambino-cadaverico-con-il-completo-nero (perché la sua perfetta-superiore-mamma non trovava indicato vestirlo con altri colori che non fossero il nero e il..nero).
Diventammo amici per caso, a causa del mio senso di giustizia e di protezione, così lo chiamava mia madre.
Eravamo a Villa Malfoy perché papà doveva lavorare a Londra e mamma aveva chiesto ospitalità alla sua migliore amica d’infanzia. Indovinate chi era? Sì, esatto proprio Narcissa Black in Malfoy!
Lucius ci sopportava solo perché eravamo una delle famiglie purosangue più potenti del Nuovo Continente, se no ci avrebbe spediti fuori da casa sua a calci in culo, senza usare un briciolo di magia. Sapete, per non togliersi la soddisfazione.
Come ogni volta che i nostri genitori si incontravano, io e il piccolo rampollo Malfoy non ci degnavamo di uno sguardo. Lui troppo impegnato con la sua scopa, io ad esplorare il mondo che mi circondava.
Quel giorno, Draco cadde dal suo manico di scopa giocattolo. Si alzò con molta dignità ed andò nel gazebo, dove le nostre mamme stavano prendendo il the.
“Mamma” aveva chiamato con voce flebile.
“Un attimo, caro” e continuò a parlare con mia madre, che però non la stava ascoltando più. Aveva capito che c’era qualcosa di strano nel bambino.
Draco rimase ad aspettare che sua madre finisse. Stette lì per cinque minuti abbondati, senza piangere e senza protestare. Devo ammettere che lo avevo ammirato per quello, io avrei pestato i piedi e avrei cominciato a piangere come una fontana per attirare l’attenzione. Lui no, aspettò e basta.
Intanto, era tornato Lucius, che sorrise vedendo suo figlio in piedi vicino alla madre come un adulto, ma quel ghigno scomparve quando scorse i pantaloni sporchi e leggermente strappati.
“Draco, cosa hai fatto? Perché hai rovinato il completo nuovo?” urlò l’uomo furioso.
“Mi dispiace” mormorò Draco chinando il capo “Io…sono caduto dalla scopa…”.
“Oh, per Merlino!” sbottò Narcissa appoggiando la tazza sul piattino “Perché non sei andato a cambiarti?”.
“Penso che volesse dirtelo, cara, prima di andare in camera sua” disse mia madre.
“Sì” disse il bambino, felice di avere un po’ di appoggio da un adulto “E poi è che…mi sono fatto male”.
“Draco Lucius Malfoy, comportati da grande!” lo rimproverò Lucius puntandogli il bastone adosso.
Draco abbassò lo sguardo sotto quei rimproveri e, posso giurare, che vidi una lacrime scorrergli sulla guancia. Fu, allora, che decisi di intervenire.
Feci un salto e scesi dal ramo su cui avevo osservato l’intera scena.
“Non vedete che si è fatto male?” sbottai andando verso di loro “Quanto vi costa dargli un bacio-scaccia-bua?”.
“Tu non c’entri niente, Caroline, torna a giocare con i tuoi amichetti!” disse Narcissa.
Presi per mano Draco e lo trascinai i via con me, sotto lo sguardo confuso e arrabbiato dei due padroni di casa.
“Carol” mi chiamò la mamma “dove stai andando?”.
“A giocare” risposi innocentemente, come se fosse la cosa più ovvia del mondo “Con il mio amico Draco, no?”.
“Non fate tardi, mi raccomando!”con un sorriso.
“Ok, mamma” e tirai nuovamente con me un Draco stupito.
“Tesla…” disse debolmente Narcissa.
“Sono bambini, Cissy, lasciali comportarsi come tali”.
Sì, quel tempo eravamo bambini. Nella nostra innocenza avevamo deciso di essere complici di tante piccole o grandi marachelle e, quando venivamo scoperti, di essere compagni di punizione, di non dare mai la colpa all’altro.
Fu quel mezzo sorriso che mi faceva ogni volta che i nostri genitori ci mettevano in piedi, nell’angolo, in silenzio per due ore a farmi capire che per quel bambino dagli occhi color del ghiaccio avrei fatto qualsiasi cosa, ma, soprattutto, gli avrei voluto tutto il bene di cui ero in grado di provare, così tanto amore da riempire anche quel enorme buco che aveva nel cuore, lasciatogli dai suoi genitori…
Quando compimmo undici anni, però, arrivò la scuola. Per lui Hogwarts, per me Stanwarts. Eravamo separati da un oceano, letteralmente. Ma questo non ci allontanò affatto! I nostri gufi facevano avanti e indietro una volta al mese (più viaggi non ne sopportavano) portando le nostre lettere, che alcune volte erano così lunghe da sembrare dei veri e propri romanzi.
Mi raccontò dei Serpeverdi, di Potter, del troll che entrò nella scuola, di Silente, del Quidditch, degli esami, di Fierrobecco, della fuga di Black, della Coppa Tremaghi…
E poi arrivavano le vacanze. Convincevo sempre i miei a tornare a Londra appena finiva scuola, così ogni 31 giugno ero ad aspettarlo al binario 9 ¾ , in mezzo agli altri genitori, impaziente di rivederlo. Intanto, nell’attesa, dovevo rispondere alle domande dei suoi, cercavano sempre un modo per sfigurarmi rispetto al loro perfettissimo figlio. Devo dire che gli rendevo l’impresa veramente difficile, perché la scuola non era affatto un problema, me la cavavo praticamente bene in tutte le materie.
Quando Draco scendeva dal treno rimanevo sempre un po’ indietro rispetto ai suoi, che cercavano di dare l’idea di essere la-perfetta-stupenda-e-ricca-famiglia-di-purosangue. Solo dopo di loro potevo salutare il mio amico, che teneva altissima la sua maschera di ragazzo gelido e superiore. Però, appena uscivamo dal binario, ritornava il mio amico. Mi tirava i codini, mentre io gli saltavo in groppa e gli passavo il pugno sulla testa, scompigliandoli quella maledetta e ordinata zanzara bionda.
Ogni estate era sempre la stessa cosa e ogni volta gli sguardi che ci lanciavano i suoi genitori erano spazientiti. Non ci comportavamo bene per i loro canoni, ma eravamo noi, ogni volta un po’ diversi, un po’ più grandi dall’ultima volta che ci eravamo visti, ma sempre e semplicemente noi.
Qualcosa, però, cambiò nell’estate tra il quinto e il sesto anno…



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