Il giorno seguente, Grace aveva un impegno importante: doveva
andare con la sua amica Jane a ritirare un regalo che le due avevamo ordinato
per il compleanno della sorella di Jane, Denise. Grace, però, non voleva
negarsi la possibilità di poter vedere Jeremy. Insomma, Elizabeth era l’unica
ad essere a conoscenza della sua ‘confusione’ mentale nei confronti del
ragazzo, e tale doveva rimanere. Se ne avesse parlato con Jane, era certa che
lei l’avrebbe giudicata negativamente e le avrebbe snocciolato una predica più
grande di lei, soltanto perché era convinta di essere dalla parte della
ragione, qualunque cosa dicesse o facesse. Perciò era meglio se la cosa
rimaneva tra Grace ed Elizabeth, per evitare qualsiasi malinteso.
Così, Elizabeth accompagnò le due ragazzo in cartolibreria a
ritirare un libro di Brian Weiss, poi tutte e tre insieme si diressero al
parco.
Grace, prima di uscire, aveva escogitato un linguaggio codificato
che avrebbe permesso ad Elizabeth di avvisarla se nei paraggi ci fosse stato Jeremy;
il tutto consisteva in una parola chiave, niente di che alla fin fine, soltanto
‘rosso’, vista l’abitudine del ragazzo di indossare maglie di quel colore già
dall’infanzia.
“Ragazze, ci prendiamo un gelato?” propose Grace, non appena le tre
misero piede all’interno del parco.
Jane storse un po’ la bocca. “Non ho soldi, ho solo qualche
spicciolo.”
Grace scosse il capo, osservando la sua amica che indossava una
maglia con su dipinto un enorme teschio. “Non rompere, ti ho già detto che te
lo offro io!”
“Già, Jane, te lo offriamo noi, per una volta!” intervenne
Elizabeth, per poi inciampare in un sasso.
Grace rise. “Dovrei essere io quella che cade, non tu!”
“Va’ al diavolo! Maledetti sassi, ho i sandali!” squittì l’altra,
fermandosi a controllare che la sua scarpa destra fosse integra.
“Comunque, no. Non voglio che mi offriate niente” ripeté Jane.
“Sta’ zitta!” Grace si fermò di fronte al bancone.
“Salve ragazze. Ditemi.” La solita donna del chiosco le salutò
amichevolmente.
“Per me un cono al cioccolato. Jane?”
Elizabeth, come al solito, era impalata a fissare il cartellone dei
gelati, immersa nella sua solita indecisione.
“Ho detto che…” provò a dire Jane.
“Okay, due coni al cioccolato.”
“Mmh… cosa prendo?!” si chiese Elizabeth, portandosi un dito sul mento.
“Lizzie, deciditi! Guarda che…”
“Ciao!” salutò qualcuno, comparendo alle spalle di Grace.
La ragazza si voltò e si ritrovò faccia a faccia con Jeremy
Pherson.
Oh, no! Era certa di essere diventata rossa come un peperone e
sperava che né lui, né Jane si accorgessero di qualcosa.
“Ciao!” esclamò, agitandosi.
“Jane? Vieni, aiutami! Non so cosa scegliere” disse Elizabeth,
notando le condizioni in cui si trovava la sua amica.
Le due presero a borbottare con gli occhi fissi sui gelati.
“Vedo che sei rimasta illesa da ieri, a parte…” Jeremy
s’interruppe, trattenendo a stento una risata.
“A parte cosa?”
“Hai un bernocolo in mezzo alla fronte.” E si lasciò andare in una
sonora risata, seguito dai suoi soliti amici.
Un attimo…
Quando e da dove erano spuntati quei due? E perché si stavano
prendendo gioco delle sue disgrazie?
“Ma che…”
La donna dietro il bancone si schiarì la gola, attirando
l’attenzione di Grace.
La ragazza si voltò nella sua direzione e si affrettò ad afferrare
il borsellino.
Jane la raggiunse e prese i cornetti in mano, mentre lei pagava.
“Per me un ghiacciolo alla fragola” dichiarò Elizabeth, estraendo
il suo portafoglio dalla solita borsetta di jeans.
Grace non ebbe minimamente il coraggio di guardarsi alle spalle,
nonostante fosse certa che Jeremy Pherson e i suoi amici idioti fossero ancora
là dove li aveva lasciati. Una strana sensazione di tristezza la invase, ma
decise di sopprimerla. Insomma, non poteva permettere a qualcuno di rovinarle
la serata, sapeva che lei e le sue amiche si sarebbero divertite e voleva
godersi ogni istante, senza preoccuparsi di niente e nessuno.
“Andiamo!” proclamò, dopo che Elizabeth ebbe pagato. Prese a
marciare in direzione dei tavoli di plastica, senza lanciarsi nemmeno una mezza
occhiata alle spalle. Non aveva bisogno di vederlo per sapere che gli sguardi
di quei tre erano puntati su di lei. Le sensazioni ingannano meno delle
immagini, Grace ne era pienamente convinta. Mentre cercava di capire se ci
fosse qualche posto libero, per poco non finì a terra. Non aveva visto il
gradino che doveva scendere per raggiungere la sua meta.
Istintivamente, si voltò indietro, mentre le sue amiche le
intimavano di stare attenta.
Jeremy Pherson non le badava affatto, stava con i gomiti posati sul
bancone del chiosco e aspettava la sua ordinazione, mentre uno dei suoi amici
gli tirava un dread.
Elizabeth le diede una gomitata, riscuotendola da quella fase di
trance. Sapeva a cosa la sua amica stava alludendo; se Jane si fosse accorta
del fatto che lei stava fissando Jeremy, tutte le sue speranze di non essere
giudicata sarebbero andate alla deriva.
Le tre si sedettero ad un tavolo e presero a mangiare il gelato,
commentando di tanto in tanto l’abbigliamento di qualcuno che passava di lì o
gli schiamazzi delle ragazzine che civettavano con i loro amichetti cercando di
attirare l’attenzione di tutti i presenti.
Non mancarono i doppi sensi, essendo Jane conosciuta per la sua
malizia; riusciva a trovare qualcosa di sconcio in ogni frase, ecco perché ad
un certo punto si guardò intorno e bisbigliò:
“Non mi piace mangiare il gelato davanti a tutta questa gente.
Sembra che sto facendo altro!”
Grace per poco non sputò un pezzo di cono. Riuscì a mandarlo giù,
poi rise, mentre Elizabeth fulminava l’altra con lo sguardo.
“E’ vero!”
“Sì, certo. Sei tu che pensi sempre male!” commentò Grace, cercando
di non far trapelare la curiosità nel sapere dove diamine si fosse cacciato
Jeremy.
Una volta finito di mangiare, decisero di spostarsi in un’altra
zona del parco, optando per una panchina di cemento che si trovava sotto la
protezione di enormi pini ammassati l’uno all’altro.
Mentre si dirigevano verso quel luogo, passarono accanto ad un
albero solitario.
“Sai,” attaccò Grace, camminando al fianco di Jane, mentre la terza
ragazza si trovava alcuni passi più avanti a loro, “ieri stavo camminando e ho
sbat… AHHH!!!!” gridò, sentendosi sprofondare.
“Grace!”
“Ma che cazzo…” Si accorse di essere quasi caduta dentro un fosso
che si era formato attorno all’albero. Si precipitò verso Elizabeth, con il
respiro affannato e il cuore a mille dallo spavento. Le si aggrappò alle spalle
e cercò di balbettare qualcosa.
Possibile che Elizabeth non si fosse accorta di niente?
“M-mi… so-s-sono sp-pa…”
“Oh, mollami! Mi stai facendo male!” si lamentò Elizabeth, cercando
di scrollarsela via.
Grace aumentò la presa, mentre Jane le raggiungeva, ridendo.
“Mi… mi sono spaventata!” riuscì a concludere Grace, lasciando
andare l’amica.
“Ma cosa è successo?” domandò lei, guardando le due amiche con aria
interrogativa.
“Stavo per cadere dentro a quella buca! Dio, che figura di merda!”
Elizabeth scoppiò a ridere. “Altrimenti non saresti tu. Oh,
sediamoci là!” Indicò una panchina e vi si diresse, con le altre al seguito.
Non appena fu seduta, Grace pensò che probabilmente tutto il parco
aveva assistito alla sua figuraccia, Jeremy Pherson compreso. Non poteva
sopportare di fare sempre certe gaffes, specialmente in luoghi così affollati.
Possibile che non fosse per niente in grado di guardare dove metteva i piedi?
Be’, no. Sotto la coltre di quei dannati pini c’era talmente buio che spesso
aveva bisogno dell’aiuto delle sue amiche per potersi spostare.
Diede un calcio ad Elizabeth, cercando di farle capire che voleva
sapere qualcosa su Jeremy.
Jane prese a fare battute sconce, mentre le sue amiche ridevano
divertite e Grace le mollava qualche schiaffo sul braccio, come per ammonirla.
“Sai, Jane, ad Elizabeth piace Jeremy Pherson!” scherzò ad un certo
punto Grace, scoppiando a ridere.
Voleva parlare di quel ragazzo, ma senza dire chiaramente che
l’interesse fosse suo.
“Non è vero!” La diretta interessata la fulminò con lo sguardo.
“Sì, invece.”
“Grace, smettila!”
“Davvero ti piace? Dai, non è male! Io ti ci vedo insieme a lui”
fece Jane, ridendo nel vedere l’espressione contrariata di Elizabeth.
“No, Jane, non mi piace. Lasciala dire.”
“Ma zitta! Sai, il tuo ragazzo prima mi ha detto che ho un
bernocolo sulla fronte! Con che razza di persona ti sei messa? Con uno che si
diverte a ridere delle disgrazie altrui! Vergognati!” Grace si stava divertendo
un mondo a prendere in giro Elizabeth.
Lei, tuttavia, non sembrava dello stesso parere. “Sei ancora in
tempo per stare zitta, altrimenti parlo io e ti lascio immaginare cosa
succederà” la minacciò la ragazza, con tono estremamente serio.
“Io non ci sto capendo niente!” esclamò Jane, facendo spallucce.
“Non lo faresti mai” disse Grace, ridendo.
“Tu credi?” Elizabeth pareva seriamente infastidita dal
comportamento della sua amica, e la fulminò, trucidandola con gli occhi.
“Piantala.”
Jane, che si era accorta di quanto la situazione stesse
degenerando, rise e cambiò magistralmente argomento, tornando a doppiosensare
apertamente.
Grace lasciò perdere.
Il tempo trascorse velocemente. Elizabeth e Grace decisero di
accompagnare Jane a casa.
Mentre uscivano dal parco, quest’ultima schiacciò una gomma da
masticare con l’infradito e imprecò.
“No, anche oggi! E’ già la terza volta che mi succede nel giro di due
giorni! Porca puttana!” E si esaminò sotto la suola, contorcendosi per riuscire
a vedere al di sotto della scarpa senza sfilarsela.
Grace ed Elizabeth risero.
“Che sfiga!” Jane sbuffò.
“Dai, casa tua non è lontana. Andiamo, appena arrivi la pulisci” la
incitò Elizabeth, incamminandosi.
Durante il breve tragitto, Grace si rese conto di non aver più
visto Jeremy Pherson. Questo fatto, tuttavia, non le dispiacque. Aveva vergogna
di farsi vedere da lui dopo tutte le figuracce di quegli ultimi giorni, perciò
fu stranamente sollevata di poter tornare a casa senza incontrarlo.
Presto per Jane fu ora di separarsi dalle sue amiche. Le salutò
frettolosamente e ricordò a Grace che il giorno seguente sarebbe stato il
compleanno di Denise.
Poi Elizabeth e Grace ripresero a camminare.
“Ce l’hai con me per prima, Lizzie?”
“No, Grace. Semplicemente sai che mi dà fastidio quando scherzi su
certe cose.”
“Sì, ma stavi per dire a Jane quello che non deve assolutamente
sapere!” sbottò Grace, senza voltarsi verso la sua amica.
“Quando mi girano i cinque minuti, sai che sono capace di tutto. La
mia bocca non dà retta al cervello.”
L’altra sbuffò e si zittì, sentendosi sì dispiaciuta, ma anche
delusa dal fatto che Elizabeth avrebbe raccontato tutto a Jane a causa di una
cosa così banale. Be’, forse per lei poteva esserlo, ma non per Elizabeth.
Particolare com’era, bisognava capire quando era il momento di non scherzare
più. Okay, era vero, Grace aveva esagerato. Ma c’era bisogno di prendersela
tanto? Sbagliare era umano, no?
In silenzio, andarono dritte a casa di Grace, fermandosi soltanto
per sedersi nella solita piazzetta.
Quando Grace rimase sola a casa, si sentì triste per come si era
conclusa la serata. Non voleva che la situazione con Elizabeth si raffreddasse
in quel modo, ma era stato inevitabile.
In più, Jeremy Pherson si era comportato come un cretino e questo
non riusciva proprio ad accettarlo e a spiegarselo. Il giorno precedente le si
era avvicinato dopo averla vista sbattere contro quel dannato palo, e ora la
prendeva deliberatamente per il culo.
A che gioco stava giocando?