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Autore: Hiraedd    19/08/2012    5 recensioni
A volte capita che il Capitano Grifondoro si ritrovi tra le mani uno strano enigma chiamato Dorcas Meadowes, che in sei anni gli ha rivolto la parola tre volte al massimo, tutte nel giro dell’ultima settimana.
Può anche capitare che un Serpeverde solitario e innocuo inciampi in una maschera che non nasconde solo un volto, ma un mondo intero. Perchè Benjamin odia Caradoc Dearborn, sia chiaro, e quegli occhi dorati non gli fanno alcun effetto. Forse.
Oppure può succedere che il Caposcuola sia innamorato da anni della sorellina del proprio migliore amico, che ha perso la testa per un Auror di stanza in Polonia, e abbia una fottuta paura che Edgar lo scopra e lo torturi perché no, quelli che fa verso Amelia sono tutto fuorché casti pensieri d’amicizia.
Per fortuna, però, che c’è Hestia Jones, deputato diario segreto degli studenti del settimo anno, che tutto osserva nonostante, a conti fatti, non distolga nemmeno per un secondo lo sguardo dal suo adorato fidanzato, il Prefetto Sturgis Podmore.
*
Siamo ad Hogwarts, è l’autunno 1969 e la guerra è già più vicina di quanto non sembri.
*
Altri personaggi: Gideon Prewett, Kingsley Shacklebolt, Sturgis Podmore, Amelia e Edgar Bones.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Benjy Fenwick, Caradoc Dearborn, Dorcas Meadowes, Fabian Prewett, Hestia Jones
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'oltre il fuoco comincia l'amore'
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NOTE: 
avevo detto che non avrei pubblicato niente fino alla fine di Agosto, ma dal momento che mi hanno ritardato la partenza per la Scozia, ho avuto tempo di scrivere questo capitolo. Dateci una letta, e se vi va fatemi sapere qualcosa!
Grazie mille a chi ha recensito lo scorso capitolo, ora vado a rispondere=)
sperando che vi piaccia,
buona lettura!!






Capitolo 08





Il Club dei Duellanti attirava sguardi e interesse di quasi ogni studente all’interno di Hogwarts.
 
Le riunioni, organizzate e portate avanti dal corpo dei Prefetti e dei Capiscuola, si svolgevano si tra un gruppo ristretto di allievi –quelli che si erano presentati alle selezioni, tanto per restringere il campo- ma potevano essere guardate da chi lo desiderava, motivo per cui la sala insegnanti risultava il più delle volte addirittura quasi troppo piena.
 
I tre diversi gruppi si radunavano in diversi momenti della settimana, in concordanza con i numerosi allenamenti di quidditch di quattro squadre distinte e le lezioni, motivo per cui l’intero corpo docenti si era spesse volte congratulato con gli organizzatori per l’efficienza con cui il Club andava avanti.
 
Il lunedì pomeriggio dalle tre e mezza alle cinque v’era l’incontro principianti, il mercoledì dalle sei alle otto quello dei capaci, e il giovedì dalle sette alle nove quello per gli esperti, riunione a cui era permesso assistere esclusivamente dal quinto anno in su, a causa dell’orario tardo.
 
Da quando Dorcas aveva passato la selezione per il gruppo degli esperti mandando letteralmente a gambe all’aria uno dei gemelli Prewett –Benjy non sapeva con certezza chi dei due fosse stato-, Fenwick passava le proprie serate, al giovedì, all’interno della sala insegnanti, la schiena appoggiata al muro e gli occhi spesso incollati alla figura della propria migliore amica.
 
-non ti dovresti preoccupare, Ben- mormorò quel giovedì sera, ben un mese dopo le selezioni, Dorcas, percorrendo l’ultimo tratto del corridoio che portava alla sala insegnanti –davvero, c’è sempre un sacco di gente a quelle riunioni, puoi anche andartene a dormire, se vuoi-.
 
-sai che non lo farò, Dor, quindi risparmia il fiato- le rispose il ragazzo seguendo i suoi passi, sperando di non risultare troppo ansioso –anche se devo ammettere che sono realmente stupito di quanto ti sia intestardita su questo Club. Non ti è mai importato nulla dei duelli-.
 
-le cose cambiano, Ben- ribattè la ragazza con uno sguardo più duro negli occhi.
 
Si chiese come fosse possibile ripetere lo stesso dialogo ogni giovedì sera, precisamente alle sette meno un quarto, ricalcando esattamente le stesse parole e gli stessi  passi, nel medesimo corridoio. Era la quinta volta che facevano quel discorso.
 
-sia come vuoi, la vita è tua-.
 
A quel punto Ben si morsicava la lingua per trovare il modo di stare zitto e Dorcas voltava la testa con uno scatto quasi irato, benchè fosse abituata a non arrabbiarsi mai.
 
Poi arrivavano davanti alla porta giusta, Dorcas protendeva una mano per bussare, e dopo aver udito le sue stesse nocche battere sul legno dell’anta stavano immobili ad aspettare che qualcuno li facesse entrare.
 
Normalmente era Sturgis ad aprire la porta, dal momento che in qualità di Prefetto incaricato del tutto viveva praticamente parte della sua vita in quell’aula, a quanto aveva capito Dorcas dai discorsi di Hestia, con cui aveva studiato almeno due volte a settimana nell’ultimo periodo.
 
-ciao Dorcas!- esclamò la ragazza del Prefetto, aprendo la porta e attendendo sulla soglia che la ragazza e il di lei amico entrassero -Fenwick-.
 
Benchè i rapporti tra Dorcas e Hestia fossero migliorati di moltissimo da quando studiavano insieme, talvolta insieme ad Amelia, la Jones e Fenwick continuavano a scambiarsi a malapena un cenno di saluto, e solo se messi con le spalle al muro. Ben continuava a considerare Hestia una primadonna dal sorriso lezioso e Hestia continuava a classificare Ben come serpeverde inquietante e nascosto.
 
-Dorcas, sei sempre la prima ad arrivare!- dichiarò Sturgis facendole l’occhiolino mentre riponeva una sedia impilata sulle altre, in uno degli angoli della stanza.
 
-e io chi sono, il figlio del vicino?- si lamentò Caradoc rivolgendo alla Meadowes un buffo accenno di sorriso sornione, contrapposto ad una smorfia irritata rivolta al proprio migliore amico –guarda te che ingrato! Mi scapicollo da una parte all’altra del castello appena terminata la punizione con Vitious, non ceno nemmeno per venire a darti una mano, e questo è il ringraziamento?-.
 
-non è che tu mi stia esattamente dando chissà quale mano, standotene mezzo sdraiato su quella sedia a contemplare il vuoto- ribatté l’amico facendogli giustamente notare il proprio modo di stare seduto.
 
-com’è che sei finito in punizione, comunque?- chiese interessata Hestia, aggrottando la fronte e richiudendo la porta –e con Vitious, poi, che ti adora…-
 
-si, beh… potrebbe essere che mi abbia beccato fuori dal dormitorio dopo il coprifuoco- confessò Caradoc in tono lieve, quasi invitasse a non prenderlo troppo sul serio.
 
-sei davvero uscito dal dormitorio di notte? solo tu sei così scemo- rise Hestia, decisamente poco incline a perdonare chi infrangeva le regole.
 
-ti sei davvero fatto beccare? Solo tu sei così scemo- esclamò all’unisono con la sua ragazza Sturgis, che invece di regole ne infrangeva parecchie.
 
Dearborn, ben lungi dallo stupirsi della casualità che vedeva i suoi migliori amici esprimersi in modi così simili, inarcò appena un sopracciglio rivolgendo loro uno sguardo saputo. Sentendo ancora una volta bussare alla porta, Benjy si diresse verso la soglia.
 
-io l’ho sempre detto che passate troppo tempo insieme, voi due- ghignò indicando Dorcas e ridendo –e la Meadowes ha la faccia di pensarla proprio come me, ma di essere troppo gentile per dirvelo-.
 
-Dorcas è gentile, a differenza tua- esclamò Kingsley entrando nella stanza con un sorriso sulle labbra –la gentilezza è probabilmente l’unica donna di Hogwarts a non essere mai entrata in camera tua-.
 
-esclusa la McGrannitt, spero- concluse alle sue spalle Gideon Prewett, in parte divertito e in parte impressionato –in caso così non fosse, non me lo dire, ti prego. Non riuscirei più a guardarla negli occhi, sennò-.
 
La replica di Dearborn venne soffocata dalle risate generali.
 
 
*
 
 
Quando i suoi due migliori amici si erano messi insieme, Caradoc Dearborn non l’aveva presa esattamente molto bene.
 
Insomma, si può anche capire, quando qualcuno abituato a stare al centro dell’attenzione come lui si ritrova d’improvviso messo da parte, relegato al semplice ruolo di spettatore in seconda fila, le cose iniziano sempre ad andare per il verso sbagliato.
 
Era stato allora che aveva intuito il fascino che i suoi occhi esercitavano su più o meno qualunque esemplare di fauna femminile –e anche su qualche maschietto, a dirla tutta- di Hogwarts.
Aveva deciso di iniziare a interessarsi a qualcosa che non fosse unicamente la sua immagine riflessa allo specchio, o i molteplici problemi che questo suo attaccamento alla vanità mirava ad occultare.
 
Aveva quattordici anni, un bel sorriso e una mente acuta, e due migliori amici impegnati a fare qualsiasi altra cosa non fosse preoccuparsi per lui.
 
All’inizio aveva cominciato a dileguarsi non appena si ritrovavano tutti e tre insieme, trovando in qualche modo insopportabile il modo delizioso di sorridere che Hestia usava con Sturgis, ragazzo che fino ad allora aveva considerato ne più ne meno di quanto non considerasse Edgar Bones. Aveva poi progredito nel suo cammino verso il totale isolamento iniziando a studiare da solo, a mangiare in tutta fretta e ad arrivare in ritardo alle lezioni con l’unico scopo di sedersi ad un banco da solo, lasciando Hes e Stur l’uno vicino all’altra.
 
Lui non aveva mai considerato le ragazze come tali, relegandole più che altro al ruolo di amiche, e Hestia meno che mai… ma l’idea di avere qualcuna che sorridesse a lui come la sua migliore amica sorrideva a Sturgis aveva iniziato a stuzzicarlo.
 
Quando i due avevano iniziato ad insospettirsi, ritrovandosi da soli molto più spesso del solito e osservando in Caradoc uno strano comportamento, avevano intuito il principio e avevano fatto a chi tirava su la paglia più corta.
 
Il giorno successivo, Hestia aveva trovato Caradoc in guferia, in uno dei suoi rari attacchi di misantropia, intento ad accarezzare un gufo all’attaccatura delle ali, cosa molto strana di per se, dal momento che Dearborn pareva considerare ogni volatile come un “pulcioso piumoso coso infetto e sporco”.
 
Ciò che era uscito da quella conversazione era cosa ormai nota solo ai pochi prescelti, ossia a quella che Benjy Fenwick aveva definito La Patria dei Bellocci.
 
Non se ne faceva mai parola, e piano piano la reputazione di ragazzo vanesio e rubacuori aveva avvolto quel sottile animo d’acciaio che era in realtà Dearborn, lasciandolo lentamente scivolare lontano dagli occhi e dalla mente di chi gli stava attorno.
 
-Dearborn, credo si stiano rivolgendo a te-.
 
La voce stentorea di Fenwick lo fece sobbalzare dalla sorpresa. Sentendosi chiamare, si voltò di scatto alzandosi dalla sedia in cui ancora sedeva.
 
-scusa?-.
 
-credo chiamino te, i tuoi amici- disse ancora Fenwick, aggrottando appena la fronte e rivolgendogli uno sguardo severo.
 
Aveva già guardato negli occhi Benjy Fenwick, in passato. Aveva lo sguardo del blu più strano che conoscesse. Sua madre, vedendoli, avrebbe detto Blu Pavone, essendo lei una pittrice ed intendendosene di cose simili.  
 
Era un po’ il colore degli zaffiri Australiani, quelli dal colore più saturo.
 
Ed era tutto tranne che uno sguardo limpido.
 
-si, immagino di si- riuscì a scollarsi dal palato evitando di fare la figura del completo idiota e rivolgendogli appena un cenno di ringraziamento con la testa. Sturgis e Fabian lo stavano guardando, richiamandolo con grandi movimenti delle braccia dal capo opposto della sala.
 
-che cosa volete?- domandò arrivando impettito, con un tono di voce molto diverso rispetto a quello che usava normalmente. Aveva un che di infastidito, e lontano.
 
Un tono che dissuase i suoi amici dallo scherzare sulla sua testa tra le nuvole come avrebbero fatto abitualmente.
 
-oggi stai te in coppia con la Meadowes- lo ragguagliò Fabian, indicando con un cenno del capo la ragazza, ora vicino ad Hestia.
 
-sai, tra un po’ se ne accorgerà- rispose Caradoc alzando lo sguardo su Dorcas –insomma, prima o poi si accorgerà che Stur la assegna a chiunque non sia Antonin o uno dei suoi. E prima o poi, le persone a disposizione finiranno-.
 
-e che problema c’è? Quando se ne accorgerà, se la prenderà con Fenwick- ribattè Sturgis indicando il ragazzo alle spalle di Dearborn, che non aveva mosso un muscolo dalla posizione in cui lo aveva lasciato –e comunque, credo lo abbia capito da un pezzo, ormai. È una ragazza intelligente, la Meadowes-.
 
 
*
 
 
Quando Sturgis Podmore annunciò le coppie, le labbra di Fenwick si storsero in quello che con molta fantasia poteva passare per un sorriso sinceramente divertito.
 
Sorriso che sparì, in ogni caso, non appena la sua migliore amica si voltò con la fronte aggrottata verso di lui, come a chiedere qualcosa. Fenwick rispose con la sua miglior faccia sconvolta.
 
Dall’occhiata successiva, si accorse di come Dorcas non se la fosse bevuta per niente.
 
Ben aveva già visto Dearborn combattere: il giorno delle selezioni, più di un mese prima, ormai, quando Podmore aveva diviso il gruppo degli esperti in due sezioni e ne aveva esaminata una personalmente in un’altra aula, lui si era attardato un po’ nella sala insegnanti incuriosito da come Shacklebolt avrebbe condotto il suo gruppo.
 
Il primo duello a cui aveva assistito, quindi, era stato quello tra Dolohov e Dearborn, duello senza esclusione di colpi, che era durato un tempo eternamente lungo, facendogli quasi temere la possibilità di perdersi il duello di prova della propria migliore amica.
 
Da uno come Dearborn, ci si sarebbe aspettato che usasse la bacchetta con la stessa fluida eleganza con cui il Beau Brummel aveva usato il suo bastone da passeggio. Era bastato uno sguardo, tuttavia, al movimento del polso del ragazzo quando per primo aveva scagliato il primo incantesimo.
 
Più che elegante, era parso istintivo. La lotta spontanea di un ragazzo che usa la propria arma più come un prolungamento del suo corpo che come un reale aiuto dall’esterno.
 
Conoscendo Dearborn come lo conosceva –cioè poco e male, grazie a Salazar- Fenwick avrebbe scommesso di vederlo combattere con grazia e ferocia quasi al solo scopo di preservare intatta quell’aria di indolente perfezione che si era costruito attorno con gli anni. Con il senno di poi, guardandolo adesso sorridere a Dorcas con una traccia di gentilezza e genuinità nello sguardo, Benjy si rese conto che probabilmente non era agli altri, che Dearborn cercava di mantenere chiara la propria immagine. Forse, l’aura di scanzonato splendore di cui il ragazzo si circondava, serviva più per nascondersi a se stesso.
 
-credo proprio che sarà un bel duello, quello tra Dorcas e Caradoc- lo sorprese una voce accanto a lui, calma e profonda.
 
Con sua immensa costernazione –sensazione che cercò di non far trasparire per nulla dal successivo sguardo incolore che rivolse a Kingsley- si accorse di essersi soffermato con lo sguardo su Caradoc Dearborn più di quanto non gli sarebbe piaciuto ammettere.
 
 
*
 
 
Quando, durante l’anno precedente, Caradoc aveva invitato la Meadowes ad andare ad Hogsmeade insieme a lui, non lo aveva fatto esattamente perché la ragazza gli faceva pena.
 
Cioè, si, vero che, vedendola sempre da parte con l’unica compagnia di quel Serpeverde tanto gelido quanto ambiguo, un po’ di pena la provava pure lui.
 
Il bello, era che Dorcas Meadowes era una ragazza banale come tutte le altre, di cui sapere qualcosa era però completamente impossibile. Non aveva amiche, che conoscessero i suoi segreti o le sue aspirazioni, non aveva un ragazzo, che la facesse sorridere sia con gli occhi che con il cuore.
 
In poche parole, era uno di quegli enigmi quasi impossibili da risolvere.
 
Alla fine, lo aveva stupito sentirsi rifiutato, e forse anche un po’ offeso. Ma il modo in cui lei lo aveva fatto, il tono di voce con cui si era scusata, lo sguardo gentile e gli occhi sicuri, non lo aveva indisposto come sarebbe accaduto con altre ragazze.
 
In poche parole, a Caradoc Dorcas piaceva abbastanza. No, non ci voleva più uscire insieme, ma si, aveva continuato a trattarla con gentilezza e a concordare con quelle voci che la etichettavano come una delle ragazze più intelligenti e con la media più alta di tutta la scuola.
 
-allora, Meadowes, pronta?- le chiese giulivo andandole vicino, e sorridendole allegramente.
 
La ragazza rispose con uno dei suoi soliti sorrisi compassati.
 
-c’è chi dice che non si è mai pronti abbastanza-.
 
Caradoc ridacchiò, facendole cenno verso la pedana. Dal lato opposto della sala, proprio dove lo aveva lasciato almeno una decina di minuti prima, Fenwick era intento a parlare con Kingsley, anche se sarebbe stato più giusto affermare il contrario. Vide che di tanto in tanto il Serpeverde gettava qualche sguardo verso di lui. Più probabilmente verso la Meadowes, appoggiata al muro al suo fianco in attesa che arrivasse il loro momento.
 
-perché Fenwick continua a guardarci?- domandò però rivolto alla sua avversaria distogliendo lo sguardo dal ragazzo e puntandolo in quello curioso di Dorcas.
 
-probabile che mamma chioccia si preoccupi- mormorò lei in risposta, più a se stessa che a Dearborn.
 
Benchè la definizione di Dorcas non calasse a pennello sull’immagine che Caradoc aveva di Benjy, la frase lo fece ridere.
 
-non sei gentile, lui si preoccupa per te- le rispose sentendosi in dovere di difendere quel ragazzo che, tra tutti, pareva sopportarlo di meno. In fondo, forse, un lato Grifondoro ce lo aveva anche Dearborn.
A queste parole, Dorcas riappuntò lo sguardo sugli occhi di Caradoc, guardandolo con un sopracciglio inarcato e le orecchie tese, quasi stesse cercando di captare parole confuse.
 
-immagino di si- mormorò alla fine indicando con un cenno Sturgis, che li stava richiamando insieme ad altre due coppie –credo che dovremmo andare, no?-.
 
Guardando la ragazza voltargli le spalle e raggiungere Podmore, Caradoc non potè fare a meno di chiedersi che cosa avesse sentito tra le sue parole.
 
 
*
 
 
Alla fine, Fabian Prewett aveva lasciato la sala degli insegnanti alle nove e due minuti. Alle sue spalle, intenti a rimettere tutto in ordine, Caradoc e Sturgis che come al solito si prendevano a male parole, tanto per passare un po’ il tempo.
 
I partecipanti al Club avevano, ovviamente, il diritto all’estensione del coprifuoco per le serate del giovedì, permesso che sarebbe durato fino alla fine degli incontri. Praticamente per tutto l’anno scolastico. Era un’immensa soddisfazione, per Fabian, sbattere il permesso in faccia a Gazza ogni santa volta in cui l’arcigno custode e la sua ancora più arcigna gatta lo sorprendevano in giro per la scuola il giovedì sera dopo le nove.
 
Certo, non poteva avvantaggiarsene per molto. Il permesso durava fino alle nove e mezza, quindi non gli era poi così possibile sgattaiolare in giro per i corridoi per andare chissà dove. Spesso riusciva, tuttavia, a raggiugere le cucine.
 
Dalla prima volta aveva calcolato i tempi: impiegava sette minuti per scendere alle cucine, tre e mezzo per radunare i viveri e fare quattro chiacchiere con gli elfi e nove e mezzo per tornare al suo dormitorio.
 
Quindi, quella sera, era uscito dalle cucine che erano solo le nove e tredici.
 
Con particolare attenzione alla borsa –perché per esperienza sapeva che il succo di zucca sbatacchiato non era buono come il succo di zucca non sbatacchiato- e il passo disinvolto di chi aveva già percorso quei corridoi centinaia di volte, si era diretto verso la torre grifondoro.
 
Fu alle nove e sedici precise che si accorse di un paio di voci totalmente fuori luogo, a poca distanza dalla sua posizione, che battibeccavano tra loro. La prima voce, calma e posata, era poco più che un mormorio. La seconda era lievemente più alta e decisamente seria.
 
Fermandosi appena prima di imboccare l’angolo e quindi ritrovarsi, con ogni probabilità, faccia a faccia con i due interlocutori, si domandò mentalmente chi fosse in giro per la scuola a quell’ora. Da quel che gli risultava, solo i partecipanti al Club erano in possesso dell’autorizzazione, e quando aveva lasciato la sala ormai si erano già diretti tutti ai propri dormitori.
 
-Ben, non ho mai preteso che tu condividessi le mie scelte- mormorò una voce, proprio a quel punto–mi è sempre bastato sapere che capisci cosa mi spinge a farle-.
 
Così vicino, riuscì a distinguere la voce della Meadowes, quel tono che solo, in tutta Hogwarts, riusciva a mettergli soggezione.
 
-un’insensata voglia di mettere fine alla tua vita?- domandò in risposta la voce chiara e severa di Fenwick.
 
Mentre la Meadowes pareva aver riguardo per l’ora, sussurrando con quel suo solito tono appena un poco più alto di un normale mormorio, Fenwick si esprimeva invece con il suo tono più espressivo –il che, considerando il personaggio, voleva significare un tono monocorde e quasi atono-.
 
-pur criticandolo apertamente, a volte non riesci proprio a non cadere nella melodrammaticità tipica di Dearborn- gli rispose la Meadowes, con una traccia di scherno nella voce –non è mai morto nessuno per qualcosa del genere… e poi, sono sotto stretto controllo della McGrannitt-.
 
Prewett si sporse lievemente, tentando di restare comunque il più nascosto possibile. I due ragazzi, in piedi l’una accanto all’altro, erano lontani nemmeno tre metri da lui, e molto vicini tra loro. Erano estremamente presi dalla propria conversazione, tanto da non fare neppure caso alla possibile interferenza di un terzo elemento.
 
-sai che non mi riferisco solo a questo, Dor- le disse quasi subito Fenwick, scuotendo il capo e rivolgendole uno sguardo duro –non sei più te stessa da quest’estate. Non mi hai neppure detto di aver risentito tua madre! L’ho scoperto in una lettera di Jodie-.
 
-Jodie non doveva…-
 
-Jodie era preoccupata. Sai com’è fatta, si preoccupa per chiunque esclusa se stessa. E, se si tratta di te, lo faccio anche io. Per Salazar, Dorcas, sai che se potesse farti stare meglio mi taglierei entrambe le braccia. Di poche cose ero sicuro, e tu eri una di queste. So che ormai sei maggiorenne e puoi fare quello che vuoi, incluso decidere di immolarti per la causa, ma il fatto che io lo sappia non vuol dire che debba piacermi per forza-.
 
-non provo alcun desiderio di immolarmi per la causa-.
 
-non si direbbe, credimi. Quest’assurda vendetta…-
 
-Ben, se tuo padre fosse stato massacrato come lo è stato il mio avresti battuto il castello palmo a palmo pur di scovare i seguaci bastardi di quell’idiota folle e farla pagare ad ognuno di loro nel peggiore dei modi- lo interruppe la Meadowes. Il tono, questa volta, metteva i brividi –quindi non venirmi a dire che quella che tu chiami vendetta è assurda. Non me ne frega niente della vendetta. Quello che voglio è far vedere a quegli esseri degeneri che non mi nasconderò, e che il giorno in cui ci ritroveremo faccia a faccia in un campo vero, fuori da qui…  Mentre loro trasfiguravano un ditale in una blatta io invocavo un incanto patronus corporeo, e voglio che loro lo sappiano. Che sono più strega io di tutto il sangue puro che scorre loro nelle vene-.
 
Fabian assottigliò lo sguardo, cercando di vedere oltre l’oscurità del corridoio il viso della Meadowes. Era solcato di lacrime, probabilmente di rabbia, e gli occhi scuri parevano perle di petrolio nella penombra del luogo. Tirava profondi respiri, per calmarsi, e pareva quasi spaventata dal modo in cui aveva perso la calma.
 
Fenwick, in risposta, sospirò appoggiando le spalle al muro e portandosi al viso una mano.
 
-hai ragione, io… naturalmente, hai ragione- mormorò alla fine il ragazzo, vinto.
 
La ragazza sorrise in risposta, fra le lacrime.
 
-forse, o forse no. Forse sono davvero una stupida. Ma non mi importa, ormai ho perso troppo per rinunciare-.
 
 
*
 
 
Dorcas guardò dritto negli occhi il proprio migliore amico, cercando di non calcare l’attenzione sulle lacrime che ancora le bagnavano le guance. Sentirsi perdere il controllo così non era stato facile, ma riacquistarlo pareva in quel momento ancora più difficile.
 
Gli occhi scuri di Ben erano come al solito inflessibili, e assolutamente imperscrutabili.
 
-sai, Ben, forse è meglio se torni nei sotterranei. Sei stanco, si vede, e devi credermi se ti dico che posso ritrovare la strada per la torre anche senza il tuo aiuto. D’altronde, ci vivo ormai da sei anni-.
 
Ora, gli occhi di Benjy esprimevano certamente incredulità e scherno in egual misura.
 
-e se ci fosse qualche problema? Se per esempio…-
 
-fossi attaccata da un elfo domestico?- chiese la ragazza tentando un sorrisetto divertito –credo di non avere Eccezionale sia in Difesa che in Incantesimi solo per i miei begli occhi verdi, Ben-.
 
Inclinando il capo, Benjy capì che più che una richiesta, quello di tornare ai dormitori era un ordine. Scosse il capo, forse a volte si preoccupava davvero troppo, e con un sorriso stanco annuì.
 
-come preferisci, Dorcas. Buonanotte- le augurò con la solita gentilezza che sempre le riservava. A lei e a poche persone –e salutami gli elfi, se ne vedi-.
 
-in caso si mettesse male, ricordati che i miei fiori preferiti sono le magnolie bianche e le camelie- mormorò con quell’umorismo macabro che aveva sviluppato negli ultimi mesi, dalla morte di suo padre.
 
Sentì Benjy gelarsi sul posto, come ogni volta quando se ne usciva con una battuta del genere.
 
La verità era che da qualche mese, Dorcas aveva iniziato a farsi una ragione di tutto quello che l’attacco a casa sua aveva voluto significare. Non si era rassegnata, non sarebbe stato giusto metterla in questi termini, ma aveva capito.
 
Che ci sarebbe stato un giorno, prima o poi, che per lei non avrebbe avuto domani.
 
Semplice, concisa. Non perdeva tempo a pensarci su, né a fantasticarci sopra. Semplicemente ne prendeva atto, perché quando una tragedia del genere ti sfiora, ti tocca e ti ferisce a tal punto… è semplicemente impossibile non arrendersi all’evidenza.
 
Benjy no, non ci aveva pensato. O meglio, ci aveva pensato su parecchio, ma non aveva mai voluto soffermarcisi troppo. Se ci aveva pensato, era per far si che non accadesse.
 
-non è divertente, Dorcas- sibilò gelido spostando lo sguardo sulla pietra fredda che aveva davanti, oltre le spalle della sua migliore amica –per niente-.
 
Dorcas sospirò, lasciandosi andare ad una tale espressione di umanità. Dopotutto, erano le nove e venti di una sera impegnativa anche per lei.
 
-scusami, Ben, sono solo stanca- mormorò in risposta allungandosi sulle punte, per raggiungere l’altezza di Ben e lasciargli un bacio sulla guancia. Nonostante normalmente nessuno dei due apprezzasse troppo il contatto fisico, in quel momento aiutò a stemperare la tensione –buonanotte-.
 
 
*
 
 
Quell’ultimo commento della Meadowes aveva semplicemente ghiacciato sul posto anche Fabian.
 
Lì per lì, detta da chiunque e rivolta a chiunque altro, avrebbe avuto semplicemente il peso di una battuta come tutte le altre, ma il tono della Meadowes e la successiva reazione di Fenwick erano state…
 
Con un brivido che con il freddo non aveva nulla a che fare, Fabian osservò Fenwick tirare dritto per il corridoio e dirigersi ai sotterranei.  A pochi passi da lui, Dorcas guardava ferma davanti a se, respirando appena, e seguendo con lo sguardo le pietre della parete.
 
-immagino tu possa uscire, adesso- mormorò alla fine sempre rivolta contro la parete, la mano destra infilata nella tasca dei jeans.
 
Fabian ci mise qualche secondo a capire che si stava rivolgendo a lui. Lo intuì quando vide la Meadowes voltare lo sguardo verso di lui.
 
-come sapevi che…?-.
 
-ti ho sentito trattenere il respiro, circa un minuto fa- gli rispose Dorcas accennando un sorrisino stanco. Aveva gli occhi ancora lucidi e i capelli sciolti lievemente scarmagliati, ma le guance erano ormai quasi asciutte e la voce più ferma di prima –non ti chiederò da quanto tempo sei lì dietro, perché non mi interessa. Solo, non parlarne con nessuno. Non sono affari tuoi-.
 
Il tono di Dorcas non mirava ad offenderlo, pareva semplicemente troppo stanca per tentare un approccio meno sincero e più elegante. Fabian, sentendosi stranamente impotente, annuì in risposta.
 
-ti va se ti accompagno?- chiese quando vide la Meadowes cercare di congedarsi con un cenno. Era strano, forse, ma non aveva per niente voglia di lasciarla andare così, con ancora la traccia di lacrime salate sulle guance e quello sguardo perso dipinto negli occhi.
 
-tutti con questa mania di non lasciarmi sola, eh?- domandò la ragazza con nella voce una traccia di sarcasmo ben udibile. Alla fine, però, scosse le spalle come a far capire che non le importava veramente –come preferisci-.
 
Nonostante il tono di scherno, lo sguardo che la Meadowes aveva negli occhi pareva quasi liquido. Fabian si chiese se piangere le facesse quell’effetto. Vista così, alla penombra del corridoio e con la stanchezza di una giornata piena sulle spalle, sembrava quasi una bambina sperduta.
 
-hai duellato bene con Docco, stasera- si complimentò affiancandola, quando lei iniziò a camminare –mi è capitato raramente di assistere ad un duello del genere. È stato…-
 
-Caradoc Dearborn è veramente bravo- mormorò Dorcas con un sorriso ora più terreno –non mi era mai capitato di scontrarmi con qualcuno che usasse la magia in un modo così… istintivo, direi-.
 
-si, è il migliore del nostro anno, nonostante faccia di tutto per farsi passare per un idiota conclamato- annuì Fabian gettando uno sguardo alla propria borsa –gradisci qualcosa da mangiare? Ho praticamente ogni cosa: chiedi e ti sarà dato!-.
 
Dorcas parve per qualche istante trattenere una risata, e Prewett sorrise in risposta vedendole scomparire quasi ogni traccia del pianto precedente dal volto.
 
-hai qualcosa all’anice?- domandò alla fine incuriosita.
 
Prewett si accigliò guardando dentro la borsa con sguardo scettico. Solo la Meadowes poteva avere gusti così particolari. Tra tutte le cose che avrebbe potuto chiedere, proprio l’anice? C’era qualunque cosa, in quella borsa!
 
Com’è che continuava nonostante tutto a ritenerla una ragazza come tutte le altre?
 
-oh, si, guarda!- esclamò tutto ringalluzzito estraendo dalla borsa una saccoccia di biscotti secchi –qui dentro ce ne dovrebbe essere anche qualcuno al liquore all’anice-.
 
Prendendo con un sorriso sorpreso i tre biscotti che Fabian le porgeva –non ci aveva creduto più di tanto, la Meadowes, che avesse davvero qualsiasi cosa in quella borsa-, ne addentò uno sussultando sorpresa.
 
-ce n’è parecchio, qui, di liquore- mormorò sentendo la gola bruciare di un piacevole calore –devono essere quelli che vanno a finire nella riserva personale di Vitious, so che li adora-.
 
-fantastico, faccio anche ubriacare una minorenne, adesso- scherzò sorridendo.
 
La Meadowes gli rivolse uno sguardo strano.
 
-non sono minorenne, Fabian- scrollò alla fine il capo, tornando a dedicarsi al suo biscotto.
 
-oh, credevo…- il ragazzo impiegò qualche istante a ragionare, a causa della stanchezza –quando li hai compiuti?-.
 
Con un candore impressionante, scrollando le dita per eliminare le ultime briciole del primo biscotto come avrebbe fatto una bambina, Dorcas sorrise.
 
-il due ottobre- mormorò con quel suo tono strano, indicando il battente nero e lucido dell’entrata al proprio dormitorio –ci vediamo, Fabian, grazie per i biscotti-.
 
Se non è prima ma è ora
Se non è lì ma è qui,
dove sono stato un dì?*
 
Prima ancora che Fabian riuscisse a capire il significato della frase detta dal battente a forma di corvo, o addirittura delle parole con cui lo aveva congedato la ragazza, Dorcas aveva risposto e si era già lasciata scivolare di nuovo la porta alle spalle.
 
Tralasciò la risposta della ragazza all’indovinello, “da nessuna parte”, che comunque non sarebbe riuscito a capire in una vita intera.
 
Il due ottobre? Era passato pochissimo tempo. Nemmeno tre settimane, in realtà.
 
Che aveva fatto lui il due ottobre? Fece due rapidi calcoli mentali.
 
Merlino, possibile che fossero stati tanto scemi da non accorgersi di nulla?
 
 
 
 
 
 



 
 
*sciarada inventata da me, che tra l’altro fa anche piuttosto schifo. La sciarada a cui faccio riferimento è un  gioco di parole inglese:  NOW+HERE= NOWHERE   ossia  ORA+QUI= DA NESSUNA PARTE.

P.S. il motivo per cui descrivo Dorcas come una strega molto potente è soprattutto perchè me la sono sempre immaginata come uno dei cardini dell'Ordine della Fenice. So che la Rowling di lei non ci dice neanche il colore dei capelli, ma il fatto che sia stata uccisa da Voldemort in persona mi ha sempre fatto pensare a lei come ad una delle "chiavi di volta", come nemmeno James e Lily potevano essere. Un po' come Amelia Bones nel 6 libro di HP, cosa mai potrà aver fatto per avere scomodato addirittura colui che tutto può eccetera eccetera? Almeno James e Lily avevano partorito il suo peggior tormento, il perchè era spiegato. Così, vi ho annoiato con questo p.s. tanto per ribadire che non ho creato questa Dorcas per renderla perfetta in ogni cosa e depositaria di ogni conoscenza magica, tanto è che fino ad ora non se la caga quasi nessuno, ma solo perchè mi sembrava più papabile possibile. Ok, ora basta, vi lascio!
Spero di sentire comunque i vostri pareri,
Hir!


 
 
 
 
 
 
   
 
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