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Autore: LoVeMJ    21/08/2012    3 recensioni
Cosa sarebbe successo, se i Maya avessero avuto ragione? Sin dall'inizio, i governi di tutto il mondo avevano saputo quello che stava per accadere: l'apocalisse. Avevano costruito delle navi possenti chiamate 'Arche', destinate solo ai più potenti, gli unici che sapevano tutto da almeno un mese. C'erano i benestanti, i ricchi, quelli che avevano visto le Arche ed erano riusciti a pagare il dovuto necessario per entrarci. La popolazione media non sapeva niente, e non poteva salvarsi.
Ma io non mi sarei arresa, avrei lottato.
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DAL CAPITOLO 1.
Mi stiracchiai, e mi guardai intorno.
Un bambino passava in bici, seguito dalla sua comitiva. Una signora anziana stava curando il suo giardino. Il cane dei vicini stava abbaiando a Billy, un povero postino che passava di lì. Il signor Pillow, che abitava la villa di fronte alla mia, mi salutò con la mano, ed io ricambiai. Era un vecchietto con la mania per la musica classica, che sorrideva e canticchiava senza mai smetterla; era vedovo, e aveva due figli maschi già sposati e dei nipoti. Non sapeva che non li avrebbe mai più rivisti.
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Cosa succederebbe, se il mondo finisse? Non potevo immaginare di incontrare lui.
Genere: Drammatico, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2012 - Apocalypse.


Capitolo 1
Goodbye, mum.


Due ore prima dell’apocalisse:

-Jane, ti prego!-
Borbottò, le manine puntate sui fianchi e gli occhi color caramello puntati nei miei.
Scossi la testa, togliendole il barattolo di miele dalle mani. Se ci si metteva, era peggio di un’ape, mia sorella.
-Kim, non puoi mangiare questa roba ad ogni ora del giorno.- Le risposi, mentre chiudevo il barattolo e lo rimettevo al suo posto, dandole le spalle.
I suoi passetti infuriati raggiunsero le mie orecchie, mentre mi si piazzò davanti, il faccino in un’espressione stizza.
-Ma non è giusto! Io lo voglio!-
Sospirai, chinandomi verso quella testolina castana che cercava di fare la grande. –Lo vuoi, ma non vuoi diventare una botola cicciotta grossa come una balena vero?- Lei mi guardò stranita. –Già,- continuai, incrociando le braccia sotto il seno e appoggiandomi con una spalla al muro. –proprio come la tua amica Stacy.-
Schiuse la boccuccia e spalancò gli occhioni, per poi sostituire la sua faccia sorpresa in un’espressione di puro disgusto.
Io annuii, con un sorrisetto. –Se mangi tutto quel miele, vedi come sarai uguale a lei! Ti verranno delle braccia grandi grandi, e una pancia grande grande, e delle guancione grosse grosse…- Mi avvicinai a lei, facendole il solletico.
Rise, la risata di una bimba di sei anni è qualcosa di fantastico. –No, non grosse come le sue!-
-Oh, si invece!-
-No-
-Si-
-No-
-Si!-
-No!-

-Finitela voi due!- Sbottò mia madre, bionda, occhi verdi, bella e sorridente come sempre, appena tornata da una giornata di lavoro. Mio padre se ne era andato –no, non era morto, era vivo e vegeto in Canada con la sua nuova fiamma- così era lei a portare i soldi a casa. Ma noi stavamo bene, lui non ci serviva.
Sorrisi, mentre Kim le buttava le braccia al collo e la salutava con un –Ciao Mami-.
La mamma era il classico esempio di una madre dolce e responsabile, giovanile e con i piedi per terra. E lo era, lo era davvero. E lo sarebbe stata ancora di più se non fosse per la sua salute: non poteva compiere sforzi eccessivi, a causa di uno strano problema al cuore. Aveva fatica a correre, non aveva forza e, soprattutto, fiato. C’ero io a svolgere le commissioni per lei, io ad aiutarla con i lavori in casa mentre lei andava a lavoro.
-Mamma, che giorno avrò il dentista?-
-Il 3 Gennaio, amore.- Rispose mia madre, prendendola in braccio per mostrarle il calendario.
Kim allungò le manine, toccandolo. -E oggi che giorno è?-
-Il 21 Dicembre, c’è ancora tempo, tesoro.-



Una mezz’ora dopo andai in giardino, pronta per una delle mie solite corse serali. Mi stiracchiai, e mi guardai intorno.
Un bambino passava in bici, seguito dalla sua comitiva. Una signora anziana stava curando il suo giardino. Il cane dei vicini stava abbaiando a Billy, un povero postino che passava di lì. Il signor Pillow, che abitava la villa di fronte alla mia, mi salutò con la mano, ed io ricambiai. Era un vecchietto con la mania per la musica classica, che sorrideva e canticchiava senza mai smetterla; era vedovo, e aveva due figli maschi già sposati e dei nipoti. Non sapeva che non li avrebbe mai più rivisti.
Gli sorrisi, prima di dirigermi dalla parte opposta dalla strada.
Mi legai i capelli scuri in una coda di cavallo alta, puntando i miei occhi verdi sulla strada che avrei dovuto percorrere di li a poco. Avevo appena fatto tre, quattro passi, quando ancor prima di potermi infilare le cuffie dell’ipod nelle orecchie lo sentii. Un tuono. Seguito da urla, scalpitii, e tonfi.
Mi voltai allarmata, riportando l’ipod nella tasca anteriore dei pantaloni della tuta nera e attappandomi le orecchie dal rumore assordante degli allarmi antifurto delle macchine.
Percorsi qualche passo, non rendendomi conto di cosa stava accadendo, ma dovetti tenermi e appoggiarmi ad un albero: il terreno si stava…muovendo. Senza fare un fiato, corsi verso casa mia, inciampando sui miei stessi piedi. Non era una semplice scossa, quella. Era un vero e proprio terremoto.
Non poteva essere.  Non poteva essere davvero la fine del mondo.
-Mamma, che giorno avrò il dentista?-
-Il 3 Gennaio, amore.-
-E oggi che giorno è?-
-Il 21 Dicembre…-

Mia madre mi corse in contro ancor prima che potessi raggiungere il vialetto, terrorizzata: glie lo si leggeva negli occhi. Mi porse mia sorella, che presi subito in braccio e ci dirigemmo alla macchina senza fare un fiato. Non sapevamo dove andare, mia sorella piangeva, ed io cercavo invano di calmarla. Gli alberi cadevano sulle case, sulle auto, il terreno era in una continua scossa, e arrivò il momento in cui si spaccarono diversi frammenti di cemento, prima superficiali, per poi creare dei veri burroni nel…nulla.
Le strade erano bloccate, ma io riuscivo ad intravedere la costa anche da lì.
Le onde di quel mare scuro erano alte, il mare era impazzito proprio come tutto, in quella città.
-Dobbiamo andare lì.- Disse mia madre, prendendo mia sorella tra le braccia.
Non capii, fino a quando non aguzzai la vista: lì, tra le acque, c’era qualcosa di metallico, grigio e enorme.
-Mamma, che succede? Dove andiamo? Cosa succede qui?- Kim non capiva, e come avrebbe potuto?
Era appena stato distrutto il mondo di una bambina. Di tutti i bambini.
-Andiamo via.- Le rispose lei, tra le lacrime. Ero consapevole che mia madre stesse dicendo la verità: saremmo andate via davvero. Da morte, o da vive: se fossimo sopravvissute, di certo non sarebbe stato lì.
Eravamo vicini al porto, ormai. Dovevo vedere, dovevo capire cosa fosse quella…cosa.
-Mamma, noi siamo piccole. Io ho solo cinque anni e Jane ne ha diciassette! Non voglio morire.-
-Non succederà, amore.-

E la vidi davanti ai miei occhi, quella nave. Enorme, forte, robusta. Non era una nave normale, quella.
Un’altra scossa, un’altra ondata: diventavano sempre più potenti.
Capii che quella nave era lì per salvarci. Per salvare alcuni di noi, ma ancora non lo sapevo.
-Dobbiamo andare lì.-
-Cos..?-
-Mamma, non capisci? Non lo vedi che è diversa? E’ lì apposta, guarda!-
La indicai. –Le onde non la smuovono neanche, ne sono sicura!-
Lei mi guardò confusa, singhiozzante. –Ci avrebbero avvertiti…-
-Proviamo.-
Scosse la testa. Mi avvicinai, al limite della sopportazione. Volevo mostrarmi forte, ma non potevo farcela ancora. –Ti prego mamma, proviamoci.-
Mi voltai, dandole le spalle certa che mi avrebbe seguita.
Una serie di persone  si stava imbarcando, alcune di loro avevano un pacco in mano, immaginai fossero soldi. Mi avvicinai di più, guardandomi intorno. Avevano tutti dei visi conosciuti.
Superai la fila, arrivando davanti ad un uomo basso e tozzo, con aria autoritaria. Puntò la sua arma contro di me. –Ci farete salire, vero?- Gli urlai contro. Lui mi guardò, un’aria malinconica nello sguardo.
-Ha i soldi?-
Una nuova, amara consapevolezza mi si scagliò contro: avevano sempre saputo che sarebbe successo. Il mondo stava finendo, e il governo continuava a pensare solo ai soldi. Gli tirai uno schiaffo in pieno viso, come se lui centrasse qualcosa e non fosse solo un povero damerino mandato a fare il lavoro sporco.
Tutte quelle persone…sarebbero morti tutti, e questo perché non li facevano salire su quelle maledette navi.
-Non potete! Non potete farlo!-
Subito due mani prepotenti mi presero, mi allontanarono, mi portarono via, e mi buttarono a terra.

Ero rimasta a guardare quella nave da quando mi ero risvegliata, una mezz’ora dopo. Avevo battuto la testa, ora sporca di sangue, e adesso ce ne stavamo in un angolo chiuso della strada, dove la gente aveva smesso di sperare.
Pochi continuavano a buttarsi sulla piattaforma della nave, dopo aver capito il subdolo gioco che avevano tramato alle  spalle dei loro stessi cittadini. Mia madre era scossa dai singhiozzi, cercava di camuffarli per Kim.
La guardai. Cosa ne sarebbe stato di lei? Sarebbe sopravvissuta? Come si può morire quando ancora vedi il mondo con quegli occhi, puri e innocenti.
Strinsi i pugni, nonostante sapessi che non avevo alcun potere su quegli stronzi.
Neanche una lieve potenza fisica, essendo una ragazza.
Non potevo fare niente, ma dovevo, volevo lottare.

Un’altra scossa, uno strano tremito.
La gente cominciava a voltarsi, fino a quando un cigolio assordante si diffuse nell’aria. Il ponte della nave si stava chiudendo.
Mi alzai di scatto, noncurante del male alla testa, e afferrai per mano mia madre.
-Adesso ascoltatemi.- Dissi loro, seria. –E’ la nostra unica possibilità, mamma.- La guardai negli occhi. Lei non aveva la mia forza, non era più così giovane e le sue condizioni non erano delle migliori, ma glie lo si leggeva nello sguardo che avrebbe fatto qualsiasi cosa per noi, qualsiasi. Mi si strinse il cuore. –Non appena il ponte arriva a mezz’altezza,- Cominciai a spiegare, avvicinandomi alla banchina del porto. –Ci buttiamo. Kim, reggiti alla mamma, più forte che puoi, e quando io sono sopra ti devi lanciare verso di me, ok? -
 
Non volevo che fosse la mamma, l’ultima. Ma per forza doveva essere così: voleva che andassi io, sua figlia, così da salvare almeno me. E Kim non ce l’avrebbe fatta da sola.
Il ponte ormai era in alto, ed io dovevo muovermi. Con uno slancio arrivai sul ciglio, e dopo non pochi sforzi riuscii a rotolare dall’altro lato. Allargai le braccia, incoraggiando mia sorella a seguirmi.
Mia madre aveva paura di lasciarla andare, di non dosare la forza e l’altezza e di sbagliare mira.
-Corri, mamma!- Le urlai.
Dovevamo muoverci, o saremmo rimaste schiacciate. Dovevamo assolutamente entrare dentro quella cosa, prima di rimanere intrappolate tra le porte.
Fece forza sulle braccia e Kim ‘volò via’, ed io l’afferrai con un gemito di dolore, portandola dalla mia parte.
Poi mi rigirai, pronta ad aiutare mia madre. Mancava davvero poco.
La guardai, senza capire cosa avesse in mente, mentre Kim mi tirava il braccio, piangente. –Di a mamma di muoversi! Dille di correre da noi, le porte ci schiacceranno!-
Mi sporsi in avanti, tendendo maggiormente le braccia, per farle capire che ero pronta ad afferrarla.
Ma lei scosse la testa. –Promettimi che la proteggerai.- Gridò, per farsi sentire. Le lacrime agli occhi.
Spalancai i miei, agitandomi. –Cosa stai dicendo? Mamma, salta, ti prego!-
-Non posso farlo, sono debole e lo sai, tesoro.-

Fu come una pugnalata… no, anzi, miliardi di coltelli conficcati nella schiena. Sapevo cosa voleva dire, si riferiva alla sua salute e alla sua poca forza. Aveva ragione, non ce l’avrebbe fatta.
Le lacrime cominciarono a bagnare anche le mie, di guance, più abbondanti e irruenti di prima.
-NON DIRLO! MAMMA VIENI QUI!- Urlai, cercando di sporgermi più in là.
-Non posso farlo, amore mio.- Si costrinse a regalarci un sorriso amaro, spezzato.
Oramai non sentivo più nulla, se non le preghiere di Kim perché mia madre mi ascoltasse, e il dolore, ed una consapevolezza che non volevo avere: ci avrebbe lasciate.
-Promettimelo, Jane!-
-M-mamma..-
Mi abbandonai ai singhiozzi.
Mi guardò, implorante.
-Te lo prometto.-
-Vi voglio bene, tesori miei.-
-Mamma!-
Urlò Kim.

E fu così che guardai i suoi occhi, un’ultima volta, contornati da qualche ruga di espressione. L’azzurro penetrante che in quel momento era spento, terrorizzato.
Non volevo lasciarla, tentai invano di urlarle di salire per mille volte ancora, finché non fummo costrette ad entrare del tutto, ritrovandoci nello ‘scafo’ dell’enorme nave.
Non l’avremmo più rivista, e neanche Kim.
La strinsi a me, chiudendo gli occhi, con l’immagine di mia madre che ancora ci salutava.
Addio mamma.

P.O.V. GENERALE(?)


-Non potete farlo, dannazione! Dovete farli entrare, e subito. Non sappiamo tra quanto ci sarà il maremoto!- Il biondo era fuori di se, e stava urlando contro ad una delle guardie in modo che tutti potessero sentire.
Niall era sempre stato così: dolce e premuroso. Ma odiava le ingiustizie, e quella lo era.
Nessuno di loro era voluto salire su quella nave. Che senso aveva, salvarsi ma non avere i propri cari con se?
Harry stava in disparte, e singhiozzava, seduto su una delle poltrone della sala.
Aveva perso tutta la sua famiglia. Si sarebbero salvati? Non erano poveri, avrebbero potuto trovare del denaro. Sua sorella, suo padre e sua madre. Oh, sua madre, l’avrebbe più rivista?
Perché i manager li avevano costretti a farlo? Continuavano a chiederselo.
Avrebbero tutti preferito morire, piuttosto che perdere i propri familiari.
Tutti e cinque la pensavano allo stesso modo: non era possibile dare una possibilità solo ai più ricchi, non era giusto. E la loro vita, adesso, pareva insensata: tutta la gente comune là fuori, e loro lì in salvo. E perché, poi? Perché erano dei cantanti e potevano permetterselo. RIDICOLO!
Zayn sbattè forte entrambe le mani sul tavolo di metallo scuro che li divideva dalle guardie.
-APRITE QUELLE CAZZO DI PORTE, ADESSO- Gridò, al limite della sopportazione. La mascella contratta in una smorfia di dolore, rabbia e frustrazione, i muscoli contratti.
-Hanno ragione!- Disse qualcuno tra le persone lì presenti. –Non è giusto! Fateli entrare!-
Si levarono una serie di lamenti da parte delle centinaia di persone lì presenti, che cominciavano già a ribellarsi: perché si, persone per bene ce ne erano eccome, così come persistevano stronzi ricconi che pensavano solo a se stessi.
Zayn, preso da un’altra ondata di rabbia, sbattè nuovamente un pugno sul tavolo. –FATE ENTRARE QUELLE CAZZO DI PERSONE, BRUTTI STRONZI.-
Il rumore di una pistola appena caricata e l’urlo di una delle guardie fece zittire tutti.
-STATE ZITTI. LE PORTE NON SI APRIRANNO, E SE QUALCUN ALTRO OSASSE FIATARE,- puntò la pistola sulla fronte del ragazzo, che non si mosse di un millimetro, sostenendo da dietro le sue ciglia folte lo sguardo con il militare. –non farà una bella fine.-
Zayn avrebbe voluto rispondere che non glie ne fregava niente, che se l’avesse ucciso gli avrebbe solo fatto un piacere, ma venne prontamente fermato da Liam, uno dei suoi più grandi amici.
Gli posò una mano sulla spalla, parlando piano. Gli occhi erano lucidi, e il volto spossato, mentre con la mano libera stringeva quella della ragazza che amava.
-Vieni via, amico.- Gli disse, cercando di bloccare il tremolio nella voce.
Danielle gli strinse la mano, con lo sguardo puntato verso il basso, e Liam dovette passarle un braccio attorno alle spalle per sentirla vicino. Non sapeva come rassicurarla, ma almeno erano insieme.
Zayn diede le spalle all’uomo, guardando i due e ringraziando mentalmente l’amico con lo sguardo, per averlo fatto, almeno un minimo calmare.
Tornò a sedersi accanto a Harry senza mai abbassare lo sguardo, con gli occhi che pizzicavano.
Nella poltrona di fronte, c’era Louis: aveva la testa inclinata davanti, e non era possibile vederne il volto.
Stava parlando, o meglio sussurrando ad Eleanor, seduta sulle sue gambe, mentre il ragazzo le carezzava le spalle, stringendola. Lei tremava, singhiozzava, aveva il volto posato nell’incavo del collo di lui, che evidentemente cercava di rassicurarla con scarsi risultati: anche lui aveva le lacrime agli occhi.
 
Si era stabilita, così, una certa ‘calma’. La gente non sbraitava più, ma si limitava a nascondersi nelle varie cabine private o a stare in silenzio.
Nessuno di quelli che erano stati i ‘One Direction’ poteva crederci. Avevano perso tutto. Solo Liam e Louis, almeno, avevano con se le ragazze che amavano. Ma tutto il resto… amici, famiglia, non li avrebbero più rivisti. Loro sette (comprese le ragazze) erano tutto ciò che avevano.
Fino al momento in cui le grida di una ragazza, seguite dal pianto di una bambina, ruppero l’atmosfera che si era creata; nella sala principale, ormai, non c’era quasi nessuno. Ma le persone che la occuparono si zittirono subito e si voltarono ad osservare la scena, chi spaventato, chi disturbato.
-Non toccatela, è solo una bambina!-
Zayn alzò lo sguardo verso la ragazza che aveva appena parlato: era magra, ma non troppo come la società voleva far passare per giusto, abbastanza alta e snella. Il suo viso era puntato alle sue spalle, dove cercava invano di afferrare una bambina sui cinque anni che piangeva.
Una guardia la stava tirando, mentre la piccola metteva resistenza.
A quella scena, tutti si immobilizzavano: perché stavano facendo male a quella ragazza? E perché stavano trascinando sua sorella come se fosse un’impunita?
La ragazza alzò lo sguardo, forse per capire dove fosse, e i suoi occhi incontrarono quelli del moro.
Fu inspiegabile come una scia d’attrazione fece combaciare proprio i loro sguardi, uno verde acqua e l’altro quasi nero. Inspiegabile come quel ‘contatto’ colpì Zayn, che si senti in dovere di difenderla.
La trovò così fragile, così bella. I suoi capelli mossi le ricadevano sul viso, ma lei non riusciva a distogliere il contatto con gli occhi del ragazzo. Erano come una calamita, una piacevole sensazione di calore in quegli attimi così freddi e bui. Poi si riscosse.
Diede una gomitata sulle costole della guardia con tutta la forza che aveva –ed era debole, potevano notarlo tutti- cercando di riprendersi la bambina.
-Vi ho detto di..-
-STA FERMA!-
Una botta dritta alla testa, che la fece cadere direttamente al suolo.
I ragazzi spalancarono gli occhi: perché la gente non reagiva, e si limitava a passare di lì o a guardare?
Zayn non poteva sopportare di vedere una ragazza trattata in quel modo, non poteva sopportare di vederci lei. Una sensazione strana, visto che neanche la conosceva.
Si alzò dalla sua poltrona, e camminò velocemente verso di loro.
-Lasciatela stare.- Li intimò, guardandoli. Le altre guardie non erano così brutali, solo in tre o quattro erano così, e quella povera ragazza aveva trovato proprio la peggiore.
Il militare lo ignorò tranquillamente, parlando col suo superiore.
-Non hanno pagato, si sono intrufolate qui mentre le porte si chiudevano, signore.-
Il suo superiore, un uomo dai capelli bianchi che era appena entrato in sala, le guardò. –Non possiamo biasimarle.-
Intanto Niall e gli altri si erano alzati e avevano affiancato l’amico. –Ormai sono entrate, lasciatele stare.- continuò l’uomo.
-Ma signore.-
Il generale si allontanò, ignorandolo.
Zayn spostò lo sguardo sul militare, avvicinandosi e chinandosi  davanti alle due nuove arrivate. –Lo ha sentito.- Lo intimò con lo sguardo, finché quello non se ne andò, rivolgendogli un occhiata che non prometteva nulla di buono.


Yho, man.(Spoiler, gente!!)

Ma buonaseeeera!
Ho subito aggiornato, visto?
Parto col ringraziare infinitamente le tre persone che hanno recensito il prologo.
Grazie, grazie, grazie!
Poi, un grande grazie anche a chi ha messo questa storia tra le seguite, chi l'ha messa tra le ricordate e che l'ha messa tra le preferite. Mi fate davvero contenta.
Sarei davvero, davvero felice se recensiste, voglio sapere cosa ne pensate!
Devo ammettere che mi sono commossa, mentre scrivevo la parte della morte della madre. Avevo le lacrime agli occhi, ma guardiamo il lato positivo: Jane e Kim sono vive, e sono in salvo.
Ma dovranno sorpassare dolori enormi, così come quei cinque meravigliosi ragazzi con cui stringerà amicizia. 
Non sono carini Eleanor e Louis, e Liam e Danielle? 

E poi beh...Zayn... mi è piaciuto descrivere come il loro sguardi si siano cercati sin dal primo momento. 
Mi si è stretto il cuore a parlare di Harry in quel modo, così triste e solo, e anche Niall non è da meno. Lui vuole essere forte, per se stesso e per i suoi amici. 
Maa -ed ecco lo
spoiler, gente- troveranno presto entrambi l'amour! 
Bene, ho detto troppo.

Recensite, fatemi felice!

Un bacio grande,

LoVeMJ
  
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