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Autore: Tecla Sunrise    22/08/2012    5 recensioni
“Allora” iniziò Lucy, sogghignando “Ho trovato qualcosa da fare per non morire di noia…”
Trevor e Rox si scambiarono un’occhiata spaesata, prima di rivolgere di nuovo la loro attenzione alla Weasley; lo sguardo calcolatore che le videro sfoggiare, però, trasfigurò le loro espressioni in due identici ghigni, marchio di fabbrica dei Malandrini.
La faccia di Lucy voleva dire solo una cosa: divertimento.
I Malandrini ne andavano pazzi.
“Ecco cosa faremo…”
Intanto, a pochi metri e alunni di distanza, il povero Al rideva ad una battuta del suo amico Mark, inconsapevole che quella sarebbe stata una giornata che avrebbe tentato di dimenticare per il resto dei suoi giorni.
***
Quando mi ero svegliato, quella mattina, per colpa di un tuono più rumoroso degli altri, avrei riso in faccia a chiunque mi avesse detto cosa sarebbe successo.
E poi lo avrei fatto internare nel reparto di Igiene Mentale del San Mungo.
***
 Neville impallidì e mimò ‘Tequila’, sconcertato.
 Chi era quello e che fine aveva fatto l’Albus Potter posato, gentile e normodotato?
 Neville si limitò a decidere che non voleva saperlo, prima di vedersi costretto a schivare una Mandragora urlante che Al gli aveva tirato.
 L’ultima cosa che tutti i presenti videro, prima di svenire per le urla delle Mandragore, fu un Albus Potter ghignante con un paio di paraorecchi rosa shocking.
 Il brivido di puro terrore che salì lungo le loro spine dorsali si fermò a metà strada, quando svenirono tutti, lasciando Al padrone incontrastato dei loro cadaveri, della serra numero 3 e strafatto come una pigna.
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, Fred Weasley, Fred Weasley Jr, Hugo Weasley, James Sirius Potter, Lucy Weasley
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
- Questa storia fa parte della serie 'Negatività made in Weasley.'
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La sigaretta magica.

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Note di lettura:
per chi non avesse letto “Se una cosa può andare male, lo farà” storia della quale questa one shot è un missing moment, mi accingo a fare alcune precisazioni.

     
  •   Lucy è una veggente e lei e James, Roxanne, Fred, Naomi Sparks, Jared Jordan, Trevor Walsh e Emily Thomas si fanno chiamare Malandrini.
  •  
  •   In questa storia Lucy è al quinto anno, Al al quarto e Hugo al secondo.
  •  
  •   Hugo è un genio (leggete “POTREBBE ANDARE PEGGIO. POTREBBE PIOVERE”) e può sentire i pensieri delle persone.
  •  
  •   I riferimenti al mondo babbano sono voluti per via di una cosa chiamata “Reparto Acquisizione e Modernizzazione dei Beni di Consumo Babbani”.
  •  
  •   Lucy non è una secchiona sfigata e odia Rose – come potrete notare.
  •  
  •   Zacharias Smith è il professore di Trasfigurazione e il capocasa Tassorosso, Penelope Light insegna incantesimi ed è il capocasa dei Corvonero e CleoTillmann insegna Difesa contro le Arti Oscure ed è la capocasa dei Serpeverde. Neville è, ovviamente, quello dei Grifondoro.
  •  
  •   Madama Terrington appare per la prima volta qui, enjoy her!
  •  
  •   Storia dei non-magici e babbanologia sono materie obbligatorie.
  •  
  •   L’autrice non è responsabile di eventuali danni cerebrali conseguenti alla lettura di questa storia. Io ve l’ho detto!
  •  
  •   I personaggi, se non quelli inventati o caratterizzati da me, non mi appartengono.
  •  
  •   Questa storia non vuole inneggiare all’uso di droghe. La droga è un cazzutissimo mezzo per scappare dalla realtà e distrugge il già atrofizzato cervello che vi ritrovate.
  •  
  •   No drugs.
Buona lettura!
 
 
Quella mattina, ad Hogwarts, il tempo era persino peggiore del solito: una tempesta infuriava fuori dalle mura, lampi e tuoni imperversavano nel cielo grigio di nuvole e la pioggia cadeva con rabbia, facendo da sottofondo agli studenti assonnati.
Lucy Weasley, nel massimo del suo splendore del dopo sbornia, si lasciò cadere di schianto sulla panca della tavolata dei Grifondoro e grugnì, irritata.
Accanto a lei, con una nonchalance invidiabile, sua cugina Roxanne spalmava del burro su un toast e canticchiava, allegra; nessuno avrebbe mai creduto che non meno di cinque ore prima si fosse scolata una bottiglia di Golden Tequila senza esitazione.
“Buongiorno!” trillò una voce dietro alle due ragazze, facendole sobbalzare.
Naomi Sparks, seduta di fronte a Lucy, lanciò uno sguardo assassino al molestatore e si massaggiò le tempie con forza, sperando che il mal di testa scemasse.
Il sorriso di Carlos Cortez diventò un ghigno e abbracciò con forza le due cugine, facendo rovesciare il tè a Lucy.
Questa quasi non se n’accorse, tanto era rincoglionita; Carlos si sedette poi accanto a Roxanne, senza perdere il suo buonumore.
“Notte difficile?” chiese, con tono canzonatorio, sorseggiando un caffè apparso dal nulla.
Roxanne alzò scetticamente un sopracciglio “Tu non eri un Corvonero?”
Carlos scosse la testa, indignato “Vuoi dire che non posso stare con le mie amiche Grifondoro e tormentarle come si deve?”
Naomi sbuffò, acida, e per poco la sua faccia non finì nel piatto di porridge; si diede uno schiaffetto, come se ciò potesse aiutarla a rimanere sveglia “Ricordami perché ti consideri nostro amico.”
Carlos non rispose, preso com’era nel sbracciarsi per salutare una a dir poco strafatta Emily Thomas; la ragazza raggiunse il tavolo quasi volando e i suoi occhi rossi dicevano tutto.
Sorrise, inebetita, e si sedette vicino a Naomi con leggiadria; la Sparks storse il naso, schifata dall’odore che emanava la sua migliore amica, e si allontanò goffamente.
“Ciao” sussurrò Emily, agitando le braccia in cielo.
Loro le lanciarono degli sguardi compassionevoli, prima di tornare al magro tentativo di restare svegli; in quel momento, lo stomaco di Lucy gorgogliò, facendoli girare verso di lei.
Lucy, con orrore, si rese ben presto conto che avrebbe vomitato; s’alzò di corsa dal tavolo, sperando di riuscire a raggiungere il bagno del primo piano, ma purtroppo la fortuna non fu dalla sua parte.
Vomitò tutto sulla divisa severamente abbottonata di Rose, la quale, paralizzata dall’orrore, divenne quasi cianotica quando la cugina finì.
Lucy sarebbe scoppiata a ridere, se non fosse stato per il fatto che a vomitare era stata lei.
Rose, annaspando, sembrò non accorgersi del fragoroso scoppio di risa che invase la Sala e rimase immobile, senza sapere cosa fare.
Gratta e Netta” disse Lucy piano, facendo sparire il suo regalino dalla camicia della cugina con un colpo frettoloso di bacchetta.
Tuttavia scoppiò a ridere anche lei quando vide che la cugina stava per svenire; Rose arrossì dalla rabbia e corse via, imbarazzata come mai prima di quel momento.
“Se mi dici che l’hai fatto apposta ti faccio una statua” disse Freddie, che aveva fissato la scena dalla soglia della Sala Grande.
Lucy rise ancora, mentre la sua pelle da leggermente verdastra tornava al suo colore naturale, e tornò al tavolo, seguita dal cugino.
“Purtroppo no, ma la statua potresti farmela lo stesso”
Freddie sedette accanto a Naomi e si fece pensieroso “Però… considerato che se fossi entrato trenta secondi prima avresti vomitato su di me, direi che la costruzione della statua è rimandata”
Lucy e Rox scoppiarono a ridere, sotto gli occhi disperati di Naomi, che aveva un cerchio in mezzo alla testa e stava per addormentarsi un’altra volta sul porridge.
“Freddie…” fece Emily, candida, interrompendo le risa delle amiche; l’osservò con una faccia da merluzzo scemo e poi rise istericamente “I tuoi capelli ballano il can can!”
Sotto gli sguardi divertiti e compassionevoli dei commensali, Emily prese a ridere così forte che fece girare parecchie teste, comprese quelle di qualche professore, i quali avevano glissato elegantemente sulla scenetta di Lucy e Rose.
Dopodiché la Thomas, tirando indietro la testa con uno scatto, cadde rumorosamente dalla panca; sembrò non accorgersene e continuò a ridere a crepapelle, stesa sul pavimento della Sala Grande.
Freddie vide con la coda dell’occhio dei movimenti sospetti al tavolo dei professori e s’alzò velocemente, raccogliendo Emily dal pavimento.
“Em… non è proprio il caso di fare queste scene” sussurrò, sotto lo sguardo indagatore della professoressa Light.
Emily lo guardò vacuamente per qualche secondo, prima di cacciare un urletto divertito e ricominciare a ridere, se possibile anche con più foga.
Rox sussurrò velocemente “Silencio” verso l’amica, così Freddie, facendo in modo che Emily desse le spalle alla Light, la tirò su con uno scatto secco e la condusse con finta tranquillità fuori dalla porta.
I ragazzi notarono che proprio in quel momento stava entrando Trevor, sogghignante, seguito dallo sguardo omicida di Freddie e quello perso di Emily.
S’avvicinò al tavolo con assoluta noncuranza del mondo circostante e si sedette, prendendo con eleganza il bricco di succo di zucca e riempiendosi il bicchiere.
Roxanne tossicchiò, cercando eloquentemente di attirare la sua attenzione, ma Walsh non sembrava intenzionato a darle corda; la rossa sbuffò, inacidita, e poggiò il toast sul piatto.
Naomi, ormai collassata sul tavolo, non diede segno d’aver notato i tentativi di Roxanne, e Lucy, quasi ripresasi, si era accesa una sigaretta e fissava pensosa il soffitto della Sala Grande, sobbalzando ogni tanto quando un tuono più forte del solito sovrastava il chiacchiericcio degli studenti.
“Trey…” disse Roxanne, fissandolo con aria saputa; interruppe la sua radiografia solo per dare un leggero bacio sulla guancia di Carlos, che tornò al suo tavolo.
“Trevor” ripeté ancora, con più decisione, e finalmente il moro alzò lo sguardo annoiato sulla sua amica “Cos’hai dato ad Emily? Di solito non parte così…”
Trevor, completamente indifferente, nascose l’ombra di un sorriso “Oh… so bene come parte Emily, ci vogliono almeno quattro canne” si fermò, prendendo un sorso di succo, fece schioccare la lingua con soddisfazione e continuò “Ma… diciamo che Garret ci ha dato una… specialità Giamaicana appena importata”
Gli occhi di Roxanne lampeggiarono, ricordando sinistramente quelli di Angelina, ma l’effetto fu rovinato da uno splash appena attutito dai tuoni; lei, Trevor e Lucy si girarono contemporaneamente verso Naomi, che giaceva addormentata con la faccia immersa nel porridge.
Le due ragazze la guardarono con compassione, mentre lo sguardo di Trevor trasudava  divertimento malcelato; Naomi emise una specie di ruggito e, quando si resero conto che stava russando, trattennero a stento le risa.
Trevor sbuffò, sollevò per i capelli il viso di Naomi fuori dal piatto e la pulì con un veloce gratta e netta, prima di schiaffeggiarla leggermente.
Naomi sobbalzò violentemente, facendo venire un mezzo infarto a Lucy, e grugnì, distrutta.
“Credo…” biascicò, con la voce ancora impastata dall’alcool “Credo che dormirò, ora. Dite ai pro…” starnuto“professori che non sto” sbadiglio “…che non sto bene”
S’alzò e caracollò goffamente fuori dalla Sala, seguita dagli sguardi divertiti di più di uno studente sgamato, che si riconosceva nella ragazza in chiaro dopo sbornia.
“Dicevo” continuò dubbiosa Roxanne, beccandosi uno sguardo scocciato dall’amico “che specialità?
Trevor fece spallucce “E’ una droga magica, non è semplice erba babbana… io non l’ho ancora provata, ma vedendo l’effetto che ha su Em, credo che lo farò presto”
Roxanne diventò cianotica e per poco non soffocò “Cos-? Cretino! Le hai fatto provare una droga sconosciuta? Ma… ma sei un cretino!”
Sdegnata al massimo s’alzò di scatto, tirando Lucy per la divisa; la cugina, tuttavia, non diede segno di voler alzarsi e si girò a salutare Al, che camminava in pace col mondo verso il suo tavolo.
Roxanne, sbuffando, lanciò uno sguardo assassino al povero Al, che per poco non cadde nel tentativo di raggiungere in fretta il suo tavolo.
Lucy osservò la scena, contrariata, prima che un sorriso machiavellico le spuntasse in faccia; faceva venire i brividi.
“Rox. Siediti” ordinò, girandosi verso Trevor, che, vedendo la sua espressione, si fece guardingo.
Le idee che Lucy riteneva buone erano notoriamente delle cattive idee.
Rox divenne rossa dallo sdegno e gonfiò le guancie, pronta a dissentire.
“Roxy” la fermò Lucy, facendole un segno “Fidati… non te ne pentirai”
Il tono di Lucy, cospiratore ai limiti del possibile, la fece sedere di scatto, mentre veniva invasa dalla sua celebre curiosità.
“Allora” iniziò Lucy, sogghignando “Ho trovato qualcosa da fare per non morire di noia…”
Trevor e Rox si scambiarono un’occhiata spaesata, prima di rivolgere di nuovo la loro attenzione alla Weasley; lo sguardo calcolatore che le videro sfoggiare, però, trasfigurò le loro espressioni in due identici ghigni, marchio di fabbrica dei Malandrini.
La faccia di Lucy voleva dire solo una cosa: divertimento.
I Malandrini ne andavano pazzi.
“Ecco cosa faremo…”
Intanto, a pochi metri e alunni di distanza, il povero Al rideva ad una battuta del suo amico Mark, inconsapevole che quella sarebbe stata una giornata che avrebbe tentato di dimenticare per il resto dei suoi giorni.

 ***

Quando mi ero svegliato, quella mattina, per colpa di un tuono più rumoroso degli altri, avrei riso in faccia a chiunque mi avesse detto cosa sarebbe successo.
E poi lo avrei fatto internare nel reparto di Igiene Mentale del San Mungo.
Mi ero diretto verso la Sala Grande, come al solito né in anticipo né in ritardo, ripassando mentalmente le ore di lezioni che mi aspettavano in quel funesto Giovedì di pioggia: doppia ora di pozioni con i Corvonero, Trasfigurazione con i Serpeverde, un’ora di Storia dei non-Magici, pranzo e due ore di Erbologia.
Avevo guardato sconsolato la tempesta che infuriava fuori dalle mura di Hogwarts e avevo maledetto con più decisione del solito l’inutile materia del professor Paciock.
Povero Neville, se avesse saputo quanto odiassi Erbologia si sarebbe suicidato.
Quando ero entrato nella Sala Grande, ignaro del destino che mi attendeva, avevo salutato Lucy.
Ecco, Lucy.
Lucinda Francine Weasley era una fucina di idee pericolose a danni di tutti coloro che non fossero Malandrini – anzi, a volte era capitato che anche i suoi migliori amici cadessero prede delle sue macchinazioni – ed era, non meno importante, una veggente.
Un mix esplosivo capace di rendere un normale giovedì di pioggia uno dei giorni più brutti e imbarazzanti della mia intera esistenza.
Lei mi aveva sorriso con gentilezza – puah! Gentilezza… un giorno, giuro, gliela farò pagare –, prima che lo sguardo omicida di Roxanne mi spingesse a raggiungere con più fretta il mio tavolo.
Mi ero seduto accanto a Mark, senza osare guardare di nuovo verso le mie diaboliche cugine; se l’avessi fatto, il sorriso machiavellico sfoggiato da Lucy sarebbe stato solo un nefasto quanto inutile presagio del fatto che il mio destino era irrimediabilmente segnato.
La doppia ora era passata senza problemi, come la calma prima della tempesta, e un brividino di terrore mi era salito lungo la spina dorsale non appena, uscendo dall’aula nei sotterrai, avevo visto mio fratello appoggiato mollemente al muro, chiaramente scocciato.
Avevo tentato di non farmi vedere, spinto da un senso di autoconservazione più forte di me, ma James, dopo aver lanciato un’occhiata attenta alla mandria di studenti, mi aveva individuato con un sorriso sin troppo felice e mi aveva agguantato per la divisa, facendo cenno a Mark e a una Sally con gli occhi a cuoricino di lasciarci soli.
“Albus” aveva esordito, estremamente serio per i suoi standard “Sono innamorato”
E io ero fottuto, anche se in quel momento non l’avevo capito.
D’altronde, come avrei mai potuto immaginare che una confessione d’amore potesse far parte del piano di mia cugina?
Quella ragazza sa essere veramente geniale, a volte; peccato che impieghi tutte le sue energie a cazzeggiare o a rendere la vita di poveri Tassorosso innocenti un calvario.
Avevo alzato scetticamente le sopracciglia, ma non avevo detto niente; James, seppur completamente tocco, era un mostro di dialettica, capace di vendere guanti anti-bruciatura agli eschimesi: io non avevo speranze.
In dieci minuti di vaneggiamenti avevo capito che una biondona tutta curve gli aveva rubato il cuore e avevo sospirato: James si era preso la sua solita sbandata.
“Al!” si era illuminato, dimostrando, ora che ci penso, doti recitative degne di nota “la devi conoscere!”
Ero inorridito alla prospettiva e avevo cercato di svicolare con gentilezza, ma mio fratello non mi aveva neanche fatto parlare e mi aveva trascinato in un aula vuota.
Avevo tentato di ribellarmi, facendogli presente che ero in ritardo per Trasfigurazione e che non era una cosa che Smith accettasse con leggerezza, ma ancora una volta che mie parole erano entrate da un orecchio ed erano uscite dall’altro.
Mi chiesi per quale motivo mio fratello, sangue del mio sangue, fosse completamente rincoglionito, ma tuttora non ho ancora trovato la risposta: dev’essere senz’altro caduto dal seggiolone, da bambino.
Mi ero rassegnato quindi alla inevitabile perdita di moltissimi punti, i quali comunque non avrebbero fatto una grande differenza: come al solito, Tassorosso era l’ultima nella classifica e noi ormai non provavamo neanche più fastidio.
E poi, erano entrati tutti i Malandrini, compresa Emily, la sorella di Mark, che sembrava fuori di sé: ancora non sapevo che lei era lo specchio di come sarei stato io entro breve.
Quindi, dopo che mi scagliarono un incantesimo delle pastoie parecchio potente, guardai con terrore Lucy che si avvicinava con una sigaretta molto sospetta senza poter fare niente.
“Al!” ridacchiava. Lucy ridacchiava. Mi appuntai di ridacchiare a mia volta, appena fossi riuscito a trovare una vendetta degna di questo nome “Volevo che provassi questa sigaretta, ti va?”
Stavo per controbattere, indignato, quando James mi Confuse con un colpo pigro di bacchetta e Freddie disattivò l’incantesimo delle pastoie, se possibile ancora più annoiato.
Ma era una maschera: nel momento prima che non capissi più niente, riuscii a vedere un lampo malandrino negli occhi dei miei parenti.
“Al!” mi risvegliò Lucy, impaziente. La guardai spaesato: che ci facevo lì?
“Sapevo che non avrebbe avuto il coraggio, ragazzi…” s’intromise Jared Jordan, sbuffando “Andiamo, prima che la Tillmann ci frigga”
“No!” s’impose mio fratello “Ha detto che l’avrebbe fatto e lo farà: sei o non sei un Potter, Al?”
Guardai la sua espressione da cucciolo mentre mi difendeva dal suo amico e sorrisi teneramente: non si poteva dire di no quando James tirava fuori quello sguardo carico d’aspettative.
“Certo che sì!” dissi, orgoglioso di vederlo sorridere contento “lo farò!”
Non avevo la più pallida idea di cosa dovessi fare, ma rendere felice il mio fratellone doveva sicuramente valerne la pena.
“Bene!” continuò la Sparks, scocciata “Allora facciamolo!”
Lucy annuì e si girò verso di me, porgendomi una sigaretta fatta a mano; inarcai un sopracciglio, sorpreso “Ma… ma io non fumo!”
“Ecco, che vi dicevo?!” sbottò subito JJ, battendo il piede a terra con impazienza “Non ne ha le palle!”
Storsi il naso e afferrai la sigaretta con decisione.
Lucy sorrise, orgogliosa “Bravo, Al…”
Me la misi in bocca, pronto ad accenderla, quando un odore dolciastro particolarmente buono raggiunse le mie narici.
“Ma… profuma?”
Freddie annuì, con la solita espressione annoiata “Sì, Al, è aromatizzata… allora, ti muovi o no?”
Scoccai uno sguardo inviperito a Freddie e l’accesi con un gesto della mano particolarmente deciso: il primo tiro fu talmente forte che iniziai a tossire come un disperato e gli occhi lacrimarono leggermente.
“E’…” tossii ancora “E’ forte!”
James sorrise “Sì, ma non per i Potter”
Annuii con forza e mi girò leggermente la testa “Non per noi!”
Sentivo la mia voce come se provenisse da un’altra persona e sorrisi senza motivo, guardando di nuovo la sigaretta che tenevo in mano.
“Ma… che marca è?” chiesi, barcollando leggermente verso destra.
“Oh” s’intromise per la prima volta Trevor, ghignando nella mia direzione “E’ speciale… è una sigaretta magica
Scoppiai a ridere “Ah, certo!”
Feci un altro tiro e il fumo invase la mia gola pesantemente, causandomi un lieve capogiro; mi appoggiai su un banco poco dietro di me e feci una panoramica dell’aula con lo sguardo.
Mi sentivo leggero, era una sensazione completamente nuova; anche quando volavo non mi capitava mai, avvertivo sempre la forza di gravità che mi tirava verso terra.
Abbassai lo sguardo, guardando il pavimento, e scoppiai a ridere: quella non era terra!
Presi un altro tiro dalla sigaretta e un’insana felicità m’invase: guardai sorridente mia cugina Lucy e volai ad abbracciarla, mentre questa tentava in tutti i modi di non ridere come me.
“E’ completamente partito” sentii dire a Freddie, che rideva senza ritegno “Questa roba è portentosa!”
“Sììì!” m’intromisi io, evitando di cadere per un pelo “Partito! Per la Lunaaaa!”
Sentii le risate dei presenti e risi a mia volta, leggero come l’aria; le loro risate s’intensificarono e risi a mia volta più forte.
Era un circolo vizioso, più ridevo, più ridevano loro, e di conseguenza anche io, trascinato dal loro divertimento.
Feci un altro tiro e il sapore dolciastro della sigaretta riempì la mia bocca; lo inspirai con soddisfazione e sentii uno strano formicolio ai piedi.
Caddi a terra e, nel tentativo di scoprire cos’avessero i miei piedi, mi accartocciai sulle mie stesse gambe: risi come un coglione e feci un altro profondo tiro, stavolta buttando fuori il fumo dal naso.
Non feci neanche in tempo a capire cosa stesse succedendo che mi si parò davanti James e mi prese la sigaretta dalle mani; non trattenni un grugnito d’avvertimento e poi risi di nuovo, cominciando a piangere come un bambino.
“Abbiamo esagerato”
“James, non fare il guastafeste! Non mi divertivo così da quando abbiamo buttato Em giù dalla torre di Astronomia”
“Rox…”
“Jimmy, ha ragione. Zitto e goditi lo spettacolo”
Spettacolo!
Mi alzai di scatto, barcollai e caddi per terra come un sacco di patate; non mi persi d’animo e mi rialzai con più calma, riuscendo anche a tenermi in piedi.
Guardai con difficoltà le facce esilarate di tutti i presenti, prima di far apparire un gonnellino Hawaiano al posto della divisa con un semplice pensiero.
Meravigliato capii di aver appena fatto un incantesimo senza bacchetta, saltai, ululai e scoppiai a ridere.
Poi, diedi un colpo di bacino al vuoto, mossi i capelli con aria seducente e guardai le ragazze profondamente.
“Haloa!”
I Malandrini collassarono al suolo dalle risate.

 ***

 Saltellavo per un corridoio millenario di Hogwarts, osservando affascinato i movimenti dei quadri, e canticchiavo allegramente, usando come base i campanellini del mio gonnellino che trillavano ad ogni passo.
 Avevo lasciato gli otto deficienti a ridacchiare nell’aula e avevo deciso che Hogwarts, finalmente, avrebbe conosciuto il vero Albus Sssseverrrrrrrrus Potter.
 Risi da solo, e provai a dire il mio secondo nome ma, come nei miei pensieri, allungai le s e le r in modo ridicolo, come se non sapessi più parlare.
 Mi sentivo la bocca completamente impastata e avevo una fame da lupi.
 “Auhhhhh!” ululai contento, spaventando una vecchia signora che dimorava in un quadro e facendole rovesciare tutto il tè sul vestitino di seta.
 Risi e incespicai, candendo come un sacco di patate giù da una rampa di scale che non avevo notato in alcun modo; me la feci tutta rotolando e urlando a squarciagola.
 Arrivato alla fine delle scale dovetti fare tre tentativi per riuscire a rimettermi in piedi e mi resi conto di essere davanti all’aula di Trasfigurazione.
 Perfetto, ero pure in orario!
 Spalancai la porta con forza e irruppi dentro, saltando e facendo una capriola come se fossi in missione segreta; tutti gli sguardi della classe si puntarono su di me, compreso quello dell’irreprensibile professor Smith.
 “Potter…?” chiese spaesato, mentre mi accucciavo dietro ad un banco, strisciando con aria cospiratoria verso la cattedra.
 Smith si riprese alla svelta e, rosso di rabbia, ruggì il mio nome.
 Alzai lo sguardo, interrogativo, e ciò dovette farlo incazzare come una belva.
 “Potter! Esigo una spiegazione! Lei è in ritardo, indossa un gonnellino e sta terrorizzando la classe! Il suo comportamento è…”
 “Shhhh!” feci, incazzato, nella sua direzione e Smith si zittì solo per via del suo profondo smarrimento.
 “Non vede che sono in… in missione?” chiesi, irritato, mentre i Serpeverde scoppiavano a ridere e i Tassorosso mi guardavano sconvolti, rassegnati a perdere qualunque speranza di non arrivare ultimi per la coppa delle Case.
 “Missione?” pigolò Smith, completamente rosso e senza fiato; la sua indignazione si poteva quasi affettare con un coltello tanto era pesante e spessa.
 “Certo! Non devo farmi vedere dal professore!”
 A quel punto i miei compagni risero per non piangere e Smith divenne cianotico.
 “Potter!” ululò, senza più controllo “Fuori da questa classe! Cinquanta punti in meno a Tassorosso e punizione per quattro sere!”
 Non diedi segno di volermi muovere, così Sally, la mia migliore amica innamorata di mio fratello, mi prese quasi di peso e mi trascinò fuori sotto lo sguardo furente di Smith – tra parentesi, il nostro Capocasa –  e quelli esilarati di tutti gli studenti presenti.
 “Al! Dico, sei impazzito?” mi chiese, allucinata, non appena la porta della classe si chiuse dietro di noi.
 La osservai bene e rimasi folgorato: i capelli ricci e biondi le incorniciavano il viso come un nido di ippogrifo, gli occhioni azzurri e innocenti mi guardavano smarriti e le tette reclamavano a gran voce la mia attenzione.
 “Albus Severus!” sbottò, quando capì dove stessi guardando “Smettila immediatamente!”
 Non smisi e allungai una mano per toccargliele; mi beccai uno schiaffo prima che arrivassero a destinazione.
 “Al! Sei pazzo?!” gridò ancora, guardandomi come se fossi un alieno.
 “Sììì…” dissi, tentando di fare una voce da macho “Sono pazzo di te”
 Sally arrossì come un pomodoro e per poco non svenne.
 “Al… ma che diavolo hai? Perché hai gli occhi rossi?” mi chiese, facendosi sospettosa.
 La guardai, intristito e abbattuto “Perché ti piace James? Cos’ha lui che io non ho?! Perché non sei innamorata di me, eh?”
 Le mie parole sembrarono distrarla, perché mi guardò dispiaciuta “No, Al, ma che dici! Tu sei il mio migliore amico, sono cresciuta con te! Non puoi piacermi!”
 Cominciai a piangere e Sally mi strinse maternamente a sé, accarezzandomi i capelli “Al, detto dalla fan più sfegatata di tuo fratello è blasfemia, ma tu sei molto meglio di lui! Sei buono, altruista, intelligente, bello…! Non preoccuparti di quello che penso io”
 Singhiozzai un altro po’, cullato dalle sue dolci parole, poi mi asciugai il naso con una manica e la guardai di nuovo, più felice.
 “Quindi… io sono il tuo preferito?”
 Sally sorrise “Ma certo che sì!”
 Sorrisi a mia volta “Ok… Tosca, che buona quella sigaretta, non pensavo mi sarei sentito così bene”
 Mi sembrò quasi di vederla, Sally, mentre drizzava le antenne e mi guardava con sospetto.
 “Sigaretta…?” esalò, preoccupata “Quale sigaretta?”
 Scrollai le spalle e feci ondeggiare il gonnellino, sentendomi di nuovo leggero come una piuma:
 parlare con Sally mi aveva tolto un peso di dosso.
 “Una sigaretta magica!”
 La bionda davanti a me inorridì e mi prese il viso con le mani “Al, che diavolo…? Allora, sorvolando sul fatto che ti sei fumato una canna, si può sapere dove diavolo l’hai trovata?”
 “Me l’hanno data i Malandrini…”
 L’espressione di Sally s’inacidì come se avesse succhiato un limone e scosse la testa “Dovevo aspettarmelo”  borbottò, prendendomi per un braccio “Immagino avrai fame, giusto?”
 Aggrottai la fronte, sempre più rintontito “E tu come…?”
 Sally sbuffò “Sei in chimica, è ovvio. Andiamo nelle cucine, se non mangi qualcosa diventerai sempre più senza controllo”
 ***

 Avevo mangiato come un porco, spaventando una decina di elfi, per poi essere portato di peso verso la lezione di Storia dei non-magici da una più che scocciata Sally.
 Appena entrai in classe venni fissato con divertimento da tutti e sorrisi a mia volta, facendo oscillare apposta il gonnellino; Sally aveva tentato di togliermelo, ma, dopo che le avevo quasi azzannato la mano, aveva rinunciato.
 Mi sedetti accanto a Mark, che evitò di farmi domande visto che Sally gli aveva spiegato la mia situazione, e mi accasciai sul banco, improvvisamente distrutto.
 Ascoltai annoiato la voce di Madama Terrington, una maganò che si era laureata tra i babbani in storia; di solito le sue lezioni mi affascinavano, ma quel giorno solo una cosa attirò la mia attenzione: i suoi capelli.
 Sconvolto, osservavo i suoi lisci capelli neri che, prima lentamente poi con velocità impressionante, le roteavano attorno e… ballavano il can can.
 “Professoressa!” esclamai, interrompendo la sua passionale spiegazione e attirandomi addosso gli sguardi preoccupati dei Tassorosso.
 “Sì, signor Potter?” mi chiese gentilmente, anche se un po’irritata dall’interruzione.
 “Professoressa” balzai in piedi, scacciando con forza la mano terrorizzata di Sally che mi aveva artigliato il braccio “I suoi capelli ballano il can can”
 La professoressa Terrington rimase senza parole per qualche secondo, il tempo necessario perché mi decidessi a continuare “Capisco possa avere paura, ma non si preoccupi, risolvo subito”
 Poi, sotto lo sguardo lucido di Sally, sull’orlo di una crisi di panico, e quello spaesato della professoressa, sguainai la bacchetta e la puntai sulla professoressa “Diffindo!”
 I lunghi capelli neri della donna caddero a terra, tranciati con un taglio netto, nel silenzio attonito della classe; i miei compagni ci misero qualche secondo per assimilare e scoppiare a ridere, gli stessi secondi che ci vollero alla Terrington per capire cosa avessi fatto.
 Sbiancò, poi arrossì, infine diventò giallognola “P-p-potter… FUORI!”                                          Ancora una volta il compito di trascinarmi fuori toccò a Sally, visto che avevo ricominciato a ridere come un ebete.
 Chiusa la porta mi schiaffeggiò, sbuffò e continuò a trascinarmi nel corridoio.
 “Dove… dove?” biascicai, sentendo un abbiocco incontrastabile invadermi le membra: avevo una voglia assurda di dormire, ma sembrava che mi fosse precluso, per il momento.
 “Andiamo da quei coglioni! Mancano cinque minuti al pranzo, li aspettiamo in Sala Grande”
 Mi lasciai trascinare come un pupazzo fino alla Sala Grande, dove già una fiumana di studenti affamati s’accapigliava per entrare, e venni condotto fino al tavolo di Grifondoro, proprio all’altezza dei posti dei Malandrini.
 Guardai il soffitto, che riportava in presa diretta il temporale che imperversava fuori, e osservai affascinato i fulmini che squarciavano il cielo; ben presto quelle discontinue linee argentate diventarono un unico filo conduttore, che serpeggiava per tutto il soffitto, cadendo verso gli studenti con maestosità inimmaginabile.
 Ogni studente veniva sparaflashato a turni e poi, come posseduto, s’alzava e spariva.
 Ero sbalordito e non riuscivo a comprendere niente di ciò che vedevo; allucinazione o no, mi sembrava di essere finito sul set di un video di Lady Gaga.
 In quel momento una risata fragorosa interruppe le mie turbe psichiche, riportandomi violentemente nella realtà; Hugo, poco lontano da me, nello sconcerto generale, mi fissava e rideva come un’idiota.
 A quel punto, per buona misura, risi anche io.
 Mi presi un altro schiaffo.
 “Al, dacci. Un. Taglio.”
 Sally, immedesimatasi completamente nel ruolo di sergente di ferro, m’infilzò le unghie nel braccio, facendomi gemere dal dolore.
 “Albus?” risatina “Qual buon vento?”
 Osservai con vago interesse mio fratello che tratteneva le risate, prima che Sally lo aggredisse, una buona volta senza arrossire.
 “TU! Idiota, fratello degenere… hai una vaga idea di cosa abbia combinato Al dopo che gli avete fatto fumare la vostra schifezza?” ringhiò con rabbia, facendo retrocedere il mio reverendissimo fratello di qualche passo.
 “Oh, andiamo!” scherzò, riprendendo il suo solito buonumore “Era uno scherzo… sai, per divertirsi!”
 “Che succede?” chiese Lucy, avvicinandosi; rise senza ritegno alla mia vista “Dai, racconta cos’ha fatto!”
 Gli occhi di Sally lampeggiarono pericolosamente “Cos’ha fatto? COS’HA FATTO, DICI? Beh, a parte farci perdere ogni residua speranza per la coppa delle Case, ricevere una punizione di quattro sere con Smith e tagliare i capelli alla Terrington… NIENTE!”
 Lucy ignorò il tono infuriato della mia amica e rise ancora, esilarata “Ha tagliato i capelli alla Terrington?”
 “Forse abbiamo esagerato…” s’intromise Naomi, guardandomi con clinica curiosità “Insomma… era la sua prima canna e gli abbiamo dato un purino di erba magica giamaicana...”
 Sally non ce la fece più e mi abbandonò ai miei cugini, sibilando e borbottando improperi nei loro confronti, indignata.
 “A proposito” chiese JJ, spaparanzato sulla panca a sorseggiare acqua come se fosse un Martini “In cosa è diversa quella magica da quella babbana?”
 “Beh” esordì Trevor, mettendo su un’aria da esperto “tanto per cominciare, come avrete notato, l’effetto dura cinque o sei ore; inoltre è molto più forte di quella babbana e causa allucinazioni continue, tanto realistiche da non distinguerle dalla realtà… tipo la storia dei capelli, no?”
 I malandrini annuirono come un sol uomo, interessatissimi all’argomento; io, intanto, ero ipnotizzato dalla chioma rossa di Hugo, che stava prendendo fuoco.
 Mio cugino, come se avesse sentito i miei pensieri, si tastò allarmato i capelli – immaginai il male, erano diventati un fuocherello di modeste dimensioni – e poi sorrise nella mia direzione, sollevato.
 Mi chiesi perché non facesse niente per spegnerli.
 “Per non parlare del fatto che, alla terza ora di fattanza, le allucinazioni diventano realtà, come abbiamo potuto notare quando i vestiti di Fox sono diventati giallo canarino e ha cominciato a pigolare per via di Emily”
 “Quindi” intervenne Roxanne “è il caso che non ci sia nessuno di noi nei suoi paraggi, nella prossima ora: direi che ci basta Em, no?”
 Mi diressi verso Hugo, deciso a salvarlo da morte certa: insomma, era mio cugino più piccolo! Era mio dovere badare a lui!
 Poi, la campanella suonò.
 Fu il caos.
 Hugo cominciò ad urlare, cercando a tentoni la bacchetta, mentre i suoi amici inorridivano alla vista della sua testa che andava a fuoco: finalmente se n’erano accorti, per dio.
 “AGUAMENTI!” strillò Lucy, nello stesso momento in cui Hugo, bacchetta alla mano, si era scagliato addosso un incantesimo fredda fiamma decisamente più utile.
 Quando le fiamme sparirono gli amici, ormai dimentichi dello spavento, risero senza controllo: Hugo era completamente ed innegabilmente calvo.
 Sbuffò, inacidito, e con un incantesimo non verbale li fece ricrescere, sedando sul nascere possibili prese in giro.
 Dopodiché, scoccò un’occhiata furente a Lucy e la raggiunse a passo di marcia; Lucy gemette, sconsolata.
 “Cara, cara, cara cugina…” sibilò Hugo, inferocito “Si può sapere perché lo avete drogato?”
 M’indicò, arrabbiato, per poi riportare lo sguardo sulla cugina, che nel frattempo si era fatta piccola piccola.
 “Scusa, Hugh… le allucinazioni sono in anticipo… noi volevamo solo farci due risate”
 Hugo sbuffò “E, di grazia, si può sapere perché l’avete fatto con l’erva da loucura?”
 “Ah… non sapevo avesse un nome…”
 Hugo inarcò un sopracciglio “Non. È. Questo. Il. Punto.”
 Poi continuò, esasperato, guardando tutti i Malandrini con superiorità “Si può sapere perché il vostro concetto di divertimento sia così distorto?”
 JJ fece per dare aria alla bocca, come al solito, ma Hugo lo interruppe “No, guarda, non lo voglio sapere. Per quanto divertente, rimediate a sto casino”
 Avevo puntato una biondina davvero anonima che dimostrava l’età di Hugo e mi sembrò che assomigliasse vagamente ad un pavone…
 Hugo seguì il mio sguardo e osservò con sorpresa la ragazza, prima di fare un espressione dura.
 “Portatelo via, sta per avere un’altra allucinazione”
 Venni trascinato di peso fuori da Freddie e mi ridacchiai senza motivo, felice come non mai.
 Mio cugino, dopo avermi portato in braccio sino al parco, mi lasciò cadere senza tante cerimonie; tuttavia, un senso di disagio m’assalì improvvisamente, facendomi sudare freddo.
 Urlai, attirando l’attenzione dei Grifondoro, quando capii che gli innocui fili d’erba s’erano trasformati in lunghi serpenti che mi avvolgevano nelle loro spire, con l’intento di soffocarmi.
 Prima che i Malandrini avessero la prontezza di spirito di fare alcunché – ovviamente, penosi. Penosi, penosi, penoooosi – i serpenti tornarono normale erba, lasciandomi un senso d’inquietudine addosso; inquietudine che s’intensificò non appena vidi crearsi poco lontano da me uno squarcio nel terreno.
 Dalla buca uscirono le mie peggiori paure: mio fratello che mi rinnegava perché Tassorosso, osservato con sconcerto da quello reale, ragni grossi come bolidi, serpenti persino più grossi dei precedenti e un esercito di esserini che mi resi conto essere elfi, i quali mi rinfacciavano di sfruttarli come schiavi.
 Piansi come un bambino e venni abbracciata da Lucy che, preoccupata, si girò verso Trevor “Che facciamo?!”
 Walsh, dispiaciuto, scosse la testa “Non possiamo fare niente! È come una canna normale, ti può prendere male o bene, solo che questa amplifica entrambe le situazioni! Dobbiamo solo aspettare che il trip finisca…”
 Urlai, disperato, quando vidi mia madre morire tra atroci dolori; quella visione, che tuttora mi tortura nei miei incubi peggiori, mi sconvolse.
 Vidi James che, scostata Lucy, mi abbracciava tanto forte da mozzarmi il respiro.
 “Va tutto bene, Al, calmati, va tutto bene. La mamma è viva e quando scoprirà questo casino sarà lei ad uccidermi”
 Mi lascia scappare una risatina isterica che sembrò rassicurarlo “Certo, tu ridi, ma la sua furia s’abbatterà su di me!”
 Risi ancora, come per liberarmi di quelle orribili immagini, e ripresi coscienza di me per qualche secondo: mi sembrò che il mondo tornasse a girare per il verso giusto, ma fu doloroso.
 Le mie paura, preoccupazioni e paturnie m’invasero di nuovo, sbattendomi in faccia una vita che mi stava stretta: scuola, compiti, Quidditch, amici…
 Mi sembrava tutto meno bello del solito, come se avesse perso colore la mia stessa essenza, e pensai a quanto non valesse la pena di sbattersi ed essere gentili con le persone.
 Feci solo in tempo a guardare mio fratello prima di tornare nel trip, ma quello sguardo fu uno dei più significativi della mia vita: lui era lì, Lucy, Roxanne, Lily, Hugo, Rose, Freddie… erano tutti con me, sempre, e mi volevano bene come io ne volevo a loro.
 Riaccolsi il senso d’ottundimento – al quale mi ero quasi abituato – con un’insolita pace nel cuore, come se finalmente fosse tutto al posto giusto.
 Gli uccellini blu a puntini rossi che vidi poco dopo sfrecciare allegramente nel cielo, però, mi spinsero a chiedermi se anche quello fosse giusto.
 Non trovai una risposta soddisfacente e risi come un esaltato, indicando gli uccelli come se fossero una mia creazione.
 Se lo erano, nessuno avrebbe mai più potuto contestare il mio innato buon gusto.
 mai più.
 ***

 Erbologia, quel giorno, si rivelò la lezione più esilarante di tutta la carriera studentesca dei Tassorosso e dei Grifondoro del quarto anno.
 Albus, strafatto e felice come un uovo di Pasqua, ballava tra le piante, faceva il solletico al tranello del diavolo e colorava i capelli del povero Neville con una dedizione commuovente, portando l’insegnante sull’orlo di una crisi di nervi.
 “Albus… no, Albus, che stai…? Metti giù il Giglio di Drago! Ma… ma… Albus, NO! I Bubotuberi no!”
 Albus si limitò a ridacchiare, spruzzando sui suoi compagni pus di Bubotubero come se fosse pioggia.
 Neville si passò stancamente una mano tra i capelli viola e sbuffò, abbattuto.
 “Sono troppo vecchio per quest- ALBUS, NO! Giù le mani dalla Tentacula!”
 “Neville, stai sciallo…”
 “Sc-sciallo?!”
 “Sì, tranzollo…”
 “Albus…”
 “SERENO! Neville, fatti una camomilla! E correggila con della Golden Tequila!”
 Neville impallidì e mimò ‘Tequila’, sconcertato.
 Chi era quello e che fine aveva fatto l’Albus Potter posato, gentile e normodotato?
 Neville si limitò a decidere che non voleva saperlo, prima di vedersi costretto a schivare una Mandragora urlante che Al gli aveva tirato.
 L’ultima cosa che tutti i presenti videro, prima di svenire per le urla delle Mandragore, fu un Albus Potter ghignante con un paio di paraorecchi rosa shocking.
 Il brivido di puro terrore che salì lungo le loro spine dorsali si fermò a metà strada, quando svenirono tutti, lasciando Al padrone incontrastato dei loro cadaveri, della serra numero 3 e strafatto come una pigna.
   ***

 “…comportamento inaccettabile! Signor Potter, aumento le sue sere di punizioni da quattro a quattordici! E spero che queste due settimane giovino a stroncare la sua indole ribelle fin da subito! È scandaloso, scan – da – lo – so, che ad Hogwarts ci si possa comportare in questa maniera indegna! Fili nel suo dormitorio a studiare, e se la vedo in giro…”
 Rabbrividii nel sentire la minaccia della McGranitt, prima che questa mi congedasse con un gesto stizzito della mano.
 Non ero mai stato nell’ufficio della preside.
 Mai, nella mia onorata carriera di studente modello e ligio alle regole, mi ero trovato in una simile situazione: potevo dire addio sin da quel momento ad una possibile nomina a Prefetto.
 Camminai lentamente per i corridoi, barcollando e claudicando come un ubriaco, subendo gli sguardi indignati di tutti i quadri che sorpassavo.
 Avevo un mal di testa che mi stava spaccando in due il cranio e un bisogno di dormire talmente spasmodico che rasentava il parossismo.
 Mi ero risvegliato, dopo un trip travagliato di quattro ore e mezza, nella serra numero 3, circondato da tutti i miei compagni e da Neville, svenuti a loro volta.
 Intontito, ero rimasto basito di fronte alla scena: la pelle di ogni essere vivente che, malauguratamente, si era trovato in quella serra insieme all’altro me, era colorata nei modi più disparati, dal rosso carminio al verde pisello.
 Poi, Neville era rinvenuto.
 Ed erano stati cazzi amari.
 Entrai nella Sala Comune di Tassorosso con cautela, sorvolando sugli sguardi omicidi che mi lanciavano tutti i miei compagni di Casa.
 Sì perché, oltre ai cinquanta punti vaporizzati da Smith, la Mc ne aveva tolti altri cento alla nostra povera Casa, la cui clessidra era già lo zimbello della scuola.
 Mogio, salii le scale del dormitorio e mi rintanai nel letto, chiudendo le tendine del baldacchino con sollievo.
 Era stata la giornata peggiore della mia vita.
 Un pensiero saettò nella mia mente: Lucy e Roxanne legate ad un rogo, immolate come vittime sacrificali da un me vestito da sciamano.
 Peccato che le allucinazioni non si avverassero più.
 Ghignai nella penombra del mio letto.
 Peccato un corno, potrò ucciderle con le mie stesse mani.
 Mi addormentai con un sorriso, sicuro di una cosa: il karma esisteva.
 Con il suo aiuto, avrei reso la vita dei Malandrini un inferno.
 Questo sì, che era un divertimento.
 
 N/A
 Bene. Sappiate che vi capisco, se siete spaventati e volete correre lontani da una pazza come me.
 L’unico intento di questa storia è quello di strappare un sorriso; l’idea parte da una frase di “se una cosa può andare male, lo farà” nella quale Lucy affermava che aver visto Al strafatto fosse stato il momento più divertente della sua intera vita.
 O forse non c’è scritto, ma comunque il succo era che volevo fare uno slice of life della vita dei miei Malandrini divertente, visto che la storia verterà ancora per molto su tematiche più serie.
 Ordunque, ricordando ai gentili lettori che il pulsante delle recensioni non morde – almeno… non sempre ­– mi accingo ad aspettare i vostri pareri!
 Nella one shot ci sono moltissimi riferimenti alla storia portante della serie e spero che, leggendoli e avendo letto la mia storia, vi sentiate orgogliosi di averli beccati; per tutti gli altri: leggete “Se una cosa può andare male, lo farà!”
 Quindi, nascondendomi, vi lascio un saluto ecumenico.
 Alla prossima pazzia!
 Tecla. 
 

  
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