"Mio
padre ha lasciato mia madre quando ha scoperto che era una strega…”
"Capisco,
Tom" cercò di consolarmi Horace Lumacorno "Ma
questo non ha nulla a che fare con le Arti Oscure! Non c'è motivo per
cui..."
"Approfondimento,
professore"
Sospirò "Vuoi farmi credere che sono scopi puramente accademici?"
"Assolutamente. Ha imparato a conoscermi durante questi anni. Sa che
non farei del male nemmeno ad una mosca"
Bevve una sorsata di idromele "D'accordo, Tom. Ti firmerò
l'autorizzazione. Ma promettimi che non ci indugierai
troppo"
"Promesso"
Sono nato il 31 dicembre 1926 a Londra, in orfanotrofio. Mia madre morì
poco dopo avermi concepito.
La mia infanzia non fu delle più brillanti: litigavo con gli altri bambini,
provocavo catastrofi, facevo succedere cose...la signora Cole mi puniva...
Sin dalla più tenera età ho cominciato a realizzare che bisognava mantenere
una distanza di sicurezza tra me e il resto del mondo.
Ero diverso dagli altri bambini. E poi lo sono stato dagli altri ragazzi.
Io sono un caso a parte. Sono un essere unico.
La mia adolescenza fu ossessionata dalla ricerca delle Arti Oscure, le
bramavo, le praticavo regolarmente: essendo un ottimo mago, riuscivo a far
svanire facilmente le tracce, laddove fossero evidenti, con dei semplici
incantesimi per la memoria.
All’epoca,
la signora Hepzibah Smith era un'accanita cliente del
signor Burke. Di tanto in tanto infatti, quest'ultimo mi mandava a trovarla
nella speranza di estorcerle qualche spicciolo e, data la sua infatuazione nei
miei confronti, non era un compito molto difficile. Certo, a volte esagerava.
Ma io non lo davo a vedere. Mai.
"Perdonami,
Tom!" ridacchiò "A volte dimentico che sei più giovane di me!"
"Il
tempo non ha lasciato segni sul suo viso, non si preoccupi, Signora Smith"
dissi sorseggiando il mio the.
Mi
guardava ammirata, come se fossi un'attrazione da circo oppure un fiore di
zucca molto prelibato. A volte faceva strane smorfie con la lingua. Ma forse si
rese conto che me n'ero accorto poichè riprese
tristemente "Dev'essere bella la gioventù! Io ne ho solo un ricordo
sbiadito...quante stragi di cuori hai fatto con questo bel visino, eh,
Tom?" mi passò una mano sul volto.
Sorrisi
affabilmente "Non più di quante ne fa lei ogni giorno, signora Smith"
S'infervorò
"Dai, andiamo! Non essere sempre così educato, rispondi sinceramente! A
volte nella vita bisogna osare, sai..."
"Bè,
sono sempre molto occupato con il lavoro"
"Uff!
Lavorolavorolavoro! Io lo dico al signor Burke, che
ti stanchi troppo! Guardati, sei pallido, sei magro, sei...sei..."
"Sto
benissimo, signora Smith" tagliai corto "Sul serio"
Sembrò
rassegnarsi ma poi riattaccò "Tra un po' è il mio compleanno, sai..."
"Auguri,
signora Smith"
"Sarei
così felice se tu potessi farmi un regalo..."
"Che
genere di regalo, signora Smith?"
"Non
so..." fluttuava attorno a me con un boa piumato sulle spalle "Tu che
tipo di regalo mi faresti?"
"Le
regalerei dei fiori, signora Smith" risposi con disinvoltura "Oppure
una collana di perle"
"Oh,
Tom!" esclamò con occhi sognanti "Sei sempre così gentile!" ma
non sembrava del tutto soddisfatta "Non ti viene in mente
nient'altro?"
"Una
scatola di cioccolatini magari"
Sbuffò
"Avanti, Tom! Sei proprio fuori campo! Possibile che non riusciamo a
capirci?" si inginocchiò di fronte a me "Ti hanno mai fatto delle
avances?"
"Mi
perdoni, signora Smith. Ma questo cosa c'entra?"
"E
dai, non fare il finto tonto! Delle avances!" mi prese le gambe e le aprì
con fare meccanico.
Mi
lasciai cadere la tazza di the, ma lei lo prese come un incidente.
"Bene,
vedo che cominciamo ad intenderci" sorrise maliziosa.
"Sono
desolato, signora Smith, ma..."
"Oh,
frena quelle labbra suadenti, Tom!" mi ammonì con un dito mentre con
l'altra mano risaliva su per la gamba...
"Sai,
non credevo che saresti tornato a trovarmi dopo che ti avevo mostrato i miei tesori.
Avevo paura che ti importasse solo di quelli"
"Signora..."
premette le sue labbra truccate contro le mie e non potei fare a meno di
arricciare il naso, mentre lei invece ci prendeva gusto.
Quando
finalmente mi lasciò respirare, ripresi "Signora Smith, questo è un calo
di controllo e responsabilità" le tolsi le mani dai pantaloni "Ne va
del rapporto col signor Burke"
"Non
m'importa un accidente del signor Burke! Se solo ti lasciassi andare,
Tom..."
Sorrisi
"Forse una cioccolata calda saprà sciogliermi"
S'illuminò
"Davvero? Dici sul serio? Hokey! HOKEY! Hai
sentito? Ci serve della cioccolata, qui!"
L'elfa domestica sfrecciò verso
di noi con un vassoio traballante e ci porse due tazze.
"A
Tom Riddle!" annunciò lei, emozionata.
"A Hepzibah Smith" ripetei io.
Fece un
risolino "Chiamami Hep!"
"Va
bene, Hep. Come vuoi"
Rise
ancora "Adesso chiamami HepHep"
"HepHep" le sussurrai all'orecchio "La cioccolata
si fredda" chiuse gli occhi e abbassò la testa. Le poggiai una mano dietro
la nuca e la feci bere tutto d'un sorso.
"Tom..."
teneva ancora gli occhi chiusi "Tom, fa male..."
"Cosa
fa male, HepHep?"
"Tutto.
Dentro. Cosa sta succeden...Tom..."
Intuii
quando i suoi occhi furono chiusi per sempre, destinati a non riaprirsi mai
più. ©
Ecco, forse quest’ultimo
capitolo fa un po’ meno schifo del precedente perché la maggior parte di esso è
stata abbozzata qualche anno fa…comunque sia, ecco qui! Ho completato la
storia! xD So che non è il massimo, ma spero
ugualmente che vi abbia fatto sorridere :)