APOLLO E DAFNE
Correva tra i boschi ombrosi il dio della luce.
E i boschi risuonavano di belle risate di fanciulle divine, e insieme un coro di ruscelli, vento e fruscii.
Ma in mezzo all’orchestra di ninfe, il dio non perde il tintinnio della voce che ama.
E fugge la voce, e con lei fugge l’amata.
I suoi occhi paiono non ti scordar di me, la sua pelle tenera come una foglia appena nata, le sue mani son gigli.
Non lo vuole lei il dio bello, e si nasconde dietro la betulla, l’ulivo, il tiglio, ma vorrebbe per sfuggire alle sue mani essere anch’essa fatta di bianca linfa e scorrere via dalle dita.
Quelle dita di dio infine la stringono.
Ma nel petto di Dafne non scorre più sangue.
E Apollo bacia un albero.