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Autore: ArchiviandoSogni_    29/08/2012    9 recensioni
Lui, lei e l'altro.
Roberto e Cristina si conoscono dall'età di tre e cinque anni e diventano, fin da subito, amici per la pelle.
La loro amicizia si fortifica anno dopo anno, ma - per una serie di sfortunati eventi- il destino ha deciso di mandarli in capo al mondo, dividendoli per sempre.
Lei a Milano, Lui a New York: la loro bellissima amicizia sembra affievolirsi ogni giorno di più. Dopo chiamate disperate, videochiamate malinconiche e visite ormai sempre più rade; il destino torna in campo per concendere ai due migliori amici, una seconda possibilità.
E se l'amicizia non fosse più l'unico sentimento che li lega?
E se, nel frattempo, dopo sette anni di distanza, comparisse il simpaticissimo e protettivo Luca al fianco della nostra incasinata protagonista?
Una storia d'amore moderna, frizzante e malinconica al punto giusto; che porta con sé il retrogusto dolceamaro della vita.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo due

Cap 2

 

Se telefonando…

 

 

Non era possibile!

Avevo appena ripiegato una fila lunghissima e quasi interminabile di canotte, quando la stronza di turno – magra, pomposa, truccata da circo e che se la tirava più di un elastico - cominciò a rovistare bellamente tra la stoffa ripiegata, come un bambino nella propria cesta dei giochi.

Ma dico, sei cogliona?

Io mi faccio il mazzo e tu arrivi  - fresca fresca -  e in mezzo secondo, scombussoli metà scaffale?

Aaaah, meglio cambiare aria.

Con sguardo truce e bocca sigillata, per evitare licenziamenti lampo, mi diressi alle casse mentre Stefania finiva di imbustare l’acquisto di una ragazzina.

Weee, bella Crì! Sei infervorata, stamattina?”

“Ma che cazzo è?! Oggi tutte a me, porca di quella miseria! Prima la vecchietta sclerotica che doveva comperare un top per sua nipote e inizia poi ad insultarmi, perché vendiamo cose ignobili e denunciabili. Senza contare la prima donna di poco fa, che ha mandato a puttane il mio lavoro in mezzo secondo. Ma bene, oggi ho proprio voglia di fare chiusura il prima possibile!”

La sentii ridere, prima di fiondarsi nei cestoni davanti alla cassa, per sistemare degli accessori.

“Tesoro, che ci vuoi fare. Tutti bravi a comprare e a pensare che siamo pagate per i loro comodi.  Insomma, il rispetto lo vendono solamente al 3x2 al supermercato? Mah, no words.”

Rabbrividii per quel breve accenno di inglese, e Ste se ne accorse subito.

Scuuusami, Crì!”

Feci spallucce, simulando un sorriso che diede l’effetto sperato.

“Si è fatto sentire questa settimana?”

“No, ma non mi interessa.”

Lei abbassò lo sguardo concentrandosi su degli occhiali da sole, tornando poi a sorridermi furbescamente.

“Certo, come no. Luca come sta?”

Sospirai di sollievo per il cambio di argomento. Santa Stefania!

“Tutto bene, te con Leo?”

“Al solito: prima litighiamo come pazzi e poi facciamo fuochi e fiamma a letto. E, voglio dire, chi si lamenta!”

Ridemmo insieme delle nostre vite frenetiche, prima che una nuova ondata di clienti ci riportasse ai nostri posti di combattimento.

 

Quando staccai dal lavoro, era ormai pomeriggio inoltrato.

Mi persi tra i vari negozi del centro lungo il tragitto per tornare a casa, ma mentre vedevo scorrere davanti ai miei occhi milioni di colori, tessuti e abiti diversi, la mia mente era da tutt’altra parte.

Purtroppo esistevano giorni come quello: in cui tutto era superfluo ed il flusso dei pensieri era troppo assordante ed ingombrante per poter semplicemente far finta di niente. Allora la mia mente si perdeva in ricordi, emozioni, sensazioni passate; ma anche nel futuro, nei desideri mai realizzati e in ambizioni impossibili.

Ero diventata una persona malinconia, molto riflessiva che le bastava un nonnulla per capitolare e ruzzolare a terra.

Non era necessariamente tutta colpa di Roberto… Non capivo nemmeno, perché stessi pensando a lui in quel momento!

Sbuffai e dopo aver comperato un paio di smalti colorati, mi diressi spedita verso casa.

Mentre mi chiudevo la porta dietro le spalle, sentii il cellulare squillare insistentemente.

Sbuffai di nuovo e dopo aver depositato a terra la borsa e mini sacchetto di Kiko, mi accasciai sul divano.

“Pronto?”

“Buonasera, signorina Moro. Si ricorda  - per caso, eh - di avere una madre?”

Sorrisi. “Mamma! Certo che mi ricordo.. Spiritosona! Scusami, se non mi sono fatta sentire ultimamente, ma il lavoro, lo studio e Luca: assorbono tutte le mie energie. Allora? Che si racconta da quelle parti?”

Da quando mi ero trasferita, il rapporto con mia madre sembrava addirittura migliorato.

Fin da quando ero molto piccola, avevo imparato ad amare quella donna un po’ burbera, con le braccia muscolose dovute ad anni e anni di lavori in fabbrica e quello sguardo dolce che quasi stonava con la sua persona.

Mia madre era un mito per me; da sempre.  Non l’avevo mai vista abbattuta o demoralizzata per qualcosa.

Mancavano soldi? Allora sotto con gli straordinari!

Mia figlia voleva una barbie? Perfetto: quel mese non sarei andata dall’estetista.

Solo con il tempo iniziai davvero a capire tutti i sacrifici e le rinunce che lei aveva compiuto solo per farmi crescere come tutte le mie coetanee.

Non avrei mai potuto ricompensarla per tutto quello che mi aveva donato, ma lei si sentiva ripagata dai miei risultati negli studi.

Nonostante il trasferimento di tre anni prima, ero riuscita a trovare il giusto ritmo per prendere comunque dei bei voti anche in un istituto diverso da quello in cui avevo studiato per quattro anni.

Quando mia madre scoprì che avevo ottenuto uno dei voti più alti in tutto l’istituto all’esame di stato, scoppiò letteralmente a ridere di gusto, organizzando una festa di paese che ancora ricordavo con nostalgia.

Non avevamo nulla, ma l’amore ci aveva riempito la vita.

“Il solito. Giacomo, il figlio di Luigi il Panettiere, è stato beccato ancora a spacciare davanti alla caserma. Ma io dico, carissimo figliuolo, ti devi proprio fregare con le tue stesse mani? Certo che al giorno d’oggi, pur di diventare “famosi”, i ragazzi si inventano di tutto. Sì, lo so, lo so Scricciola, ormai questi avvenimenti sconvolgenti per un piccolo paese come il nostro, a te non toccano più di tanto. Lì a Milano sarà anche peggio. Te, tesoro?”

Sospirai, reprimendo un moto di nostalgia. “Sì, mamma. Solita vita.”

“E perché ti sento un po’ giù di morale?”

Bingo. Per questo evitavo di chiamare spesso mia madre, mi conosceva talmente bene, che bastava un sospiro, una parola sbagliata o un tono poco gioioso, a farle capire il mio stato d’animo.

“Roberto…” Sussurrai, come se solo quel nome fosse l’unico artefice del mio turbamento interiore.

In realtà, era proprio così.

“Non si è fatto sentire, vero? Che strano, però! Ieri sera mi ha chiamata ed era la seconda chiamata in tre giorni. Solitamente ci sentiamo qualche volta al mese e mi fa tremendamente piacere sentirlo, lo sai. Ma non credevo che voi due non vi sentiste.

E’ successo qualcosa che io non so?”

Questa sì che era bella! Quel coglione – sì, esatto – del mio ‘migliore’ amico, chiamava più mia madre che me!

Com’era possibile?

“Ah, perfetto! Ora, oltre a evitarmi palesemente, mi sostituisce anche con mia mamma… Che pezzo di merda!”

“Cristina, il linguaggio!”

Deglutii imbarazzata. Nonostante avessi vent’anni suonati,  mamma continuava a sgridarmi come se avessi ancora quattordici. Era bello, però; mi sentivo amata anche con quegli ammonimenti che, di dolce, avevano ben poco.

“Scusa, mamma. Sono isterica e depressa in questi giorni. Settimana scorsa abbiamo ‘festeggiato’ diciassette anni di amicizia e lui si è degnato di mandarmi un sms striminzito e di circostanza. Né una telefonata, né una mail… Non so, ormai sono tre anni che più passano i giorni, e più lo sento lontano anni luce da me.

Sentii il sospiro di mia mamma attraverso il cordless e in qualche modo la immaginai seduta al tavolino d’ingresso, con il grembiule tra le mani e la cornetta incastrata tra la spalla e la sua guancia.

“Si cresce, bambina mia. Ormai siete grandi e i sentimenti cambiano… Forse dovete parlare seriamente di cosa avete bisogno. A volte quello che desidera una persona, è diverso da quello che si aspetta di ricevere.  Molto spesso si vuole di più.”

Parole che mi sembravano bellissime, ma sbagliate per me e Roberto. Eravamo amici, semplici amici. Non volevo niente di più da lui… Volevo semplicemente il rapporto che avevamo prima: dove si giocava, si scherzava e ci si sosteneva a vicenda.

“Non so, non credo di aver mai voluto niente di più da lui.”

“Non ho certamente affermato il contrario.”

Scossi la testa, troppo confusa per capire quel discorso così poco concreto.

Salutai così mia madre, promettendo di chiamarla più spesso e non a cadenze secolari.

Mi diressi così in bagno e mi feci una bella doccia rigenerante.

Il caldo da sempre confonde e destabilizza, facendoti perdere la lucidità necessaria per affrontare la vita.

Io, però, amavo il caldo e l’estate. Amavo anche l’inverno, la cioccolata calda ed il camino.

Amavo vivere, quella era la verità. Ero così attaccata alla vita, che provavo ogni giorno a renderla migliore e perfetta.

Ma gli anni stavano passando, io stavo crescendo e mi sentivo sempre più lontana da quella ragazzina con il sorriso indelebile sulle labbra e la risata scoppiettante per ogni cosa.

La nuova Cristina, però, mi piaceva. Era un’agglomerazione di tutto quello che avevo vissuto e tutto ciò che, in fondo, volevo ancora essere.

Avevo messo da parte la mia passione per la fotografia, per concentrarmi sullo studio e diventare un medico. Io? Un medico? Sì, ancora non ne ero convinta, ma presto lo sarei stata.

Qualche settimana e avrei passato il test di medicina, riservandomi un futuro più stabile e roseo del passato.

Volevo ripagare mia madre di tutte le fatiche fatte, per avermi cresciuto come tutte le mie amiche con entrambi i genitori.

Volevo essere finalmente felice e ce l’avrei fatta.

Uscii così dalla doccia e mentre iniziai a frizionarmi i capelli con l’asciugamano, sentii la suoneria del mio cellulare provenire dalla camera da letto.

Attraversai così la porta del mio bagno e mi gettai sul letto.

“Pronto?”

Nessuno mi rispose e subito dopo la chiamata venne interrotta.

Strabuzzai gli occhi e guardai il numero che mi aveva appena chiamato.

Roberto?

Ma oltre ad essere cretino ora era anche infantile?

Con stizza, mi alzai a sedere, premendo il tasto di chiamata.

Ora sì che mi sarei sfogata per bene.

Una voce trafelata e ansante rispose prima di far partire la segreteria telefonica.

Pr-roonto? Sono occupato, ti richiamo domani maaamma!”

Inutile dire, che il mio umore peggiorò inesorabilmente.

“Se sei così impegnato, caro mio, evita di chiamare la gente prima di trombare. CIAO!”

Gettai il cellulare sul letto e mi tolsi l’asciugamano dal corpo, cercando i vestiti nell’armadio.

Perfetto! Quell’ammasso di ignoranza, ora mi mostrava anche le sue doti canore durante le sue prestazioni. Santo cielo! Si era davvero rincoglionito ed io certamente non volevo perdere altro tempo con una persona che non riconoscevo più.

Quel bambino del ritratto sul mio comodino, non esisteva più; dovevo ammetterlo a me stessa prima di stare ancora più male.

Il telefono tornò a squillare, lasciandomi interdetta ed indecisa sul da farsi.

Alla fine, decisi di rispondere, pronta per troncare definitivamente il nostro rapporto.

“Che cazzo vuoi?”

Sentii il chiudersi di una porta ed un sospiro sommerso. “Ciao, Cris…”

“Ciao, Roberto! E’ un piacere sentire ancora la tua voce; pensavo fossi morto dopo l’orgasmo!” Troppo acida, ma se lo meritava: e che cavolo!

Sospirò ancora  e lo immaginai appoggiato di schiena alla famosa porta, mentre osservava il soffitto.

Lo faceva sempre in passato quando era pensieroso, chissà se soleva ancora farlo.

Scusami, Crì: davvero! Avevo il cellulare nei jeans e mi è partita la chiamata.. Come stai?”

“Roberto, non dobbiamo per forza fare conversazione. Salutami la fanciulla e ci risentiremo più avanti.”

Non ero più così sicura delle mie azioni. 

E poi cosa diamine dovevo dirgli?

Hey, ciao! La nostra amicizia non funziona più come prima; è meglio finirla qui! Stammi bene, eh!

Non era giusto, per niente. Non se gli avevo voluto un mondo di bene… Quell’argomento, così indelicato, doveva essere trattato di persona, non per telefono a 6458 km di distanza.

Dio, era così lontano…

“Cos’hai, Cristina? Non è da te una risposta simile. Mi spiace averti risposto così prima… Non avrei mai creduto fossi tu il destinatario di quella chiamata. Ora che siamo in linea, vorrei sentirti un po’. Ultimamente ho pochissimo tempo per chiamare anche mia mamma e vorrei sentirti più spesso.”

Bugiardo. Aveva avuto il tempo di chiamare due volte mia madre nella stessa settimana e sicuramente aveva sentito la sua ancor di più.

Mi stava mentendo, ne ero certa, anche se non potevo provarlo in alcun modo.

Sentivo sottopelle che non era la verità, che mi stava tenendo buona con una motivazione plausibile, impossibile da contestare.

Un lacrima amara rigò la mia guancia e chiusi gli occhi per non vedermi riflessa nell’armadio di fronte al letto.

Forse era meglio se non mi avesse richiamato; se mi avesse continuato ad evitare come stava facendo da mesi.

Faceva male da morire sentirsi così inutili; così stupidi. Mi ero costruita un’amicizia che forse aveva smesso di esistere da troppo tempo.

Capisco, anche io sono incasinata ultimamente. Scusa, devo andare a preparare la cena, prima che torni Luca! Sai come sono gli uomini, no?”

Lo sentii ridacchiare, prima di rispondermi. “Certo, Crì! Corri dal tuo bello, a presto.”

“Ciao…”

Lo sussurrai appena, ma chiusi la chiamata prima di sentire la sua risposta.

Ero frastornata, mentre cercavo di infilare una canotta e dei pantaloncini.

Mi sentivo vuota, inutile: come se il mondo mi fosse definitivamente crollato addosso.

Non ebbi la forza di rialzarmi.

Mi rannicchiai semplicemente sul letto, guardando fuori il sole che si nascondeva tra gli alberi secolari della mia via.

Poco dopo, una mano mi strinse un fianco, trascinandomi contro un petto caldo, che ormai conoscevo a memoria.

Hey, ciao…”

Luca mi sorrise, trascinandomi sopra di sé.

“Buona sera, piccola. Stai male?”

Appoggiai il mento contro il suo torace, accennando un sorriso. “Sono sempre la solita.. Dono sempre tutta me stessa a delle teste di minchia!”

Luca roteò gli occhi, accarezzandomi poi il viso, trascinandomi più vicino al suo sguardo.

“E chi lo dice che questo sia un difetto? Io amo il tuo modo di donarti agli altri, senza avere per forza avere riscontri o tornaconti personali. Tu sei così, Crì: doni tutta te stessa al mondo ed è difficile non volerti bene. Se poi esistono degli stronzi che se ne approfittano, non per questo tu devi smettere di essere te stessa. In fondo, c’è sempre chi ti ama per come sei… Ad esempio, uno a caso, eh: io!

Mi baciò la fronte, strappandomi un sorriso beato.

Come avrei fatto senza di lui?

“Sei un lecchino del cavolo…”

Sorrise sulle mie labbra, prima di baciarmi con dolcezza.

Sapeva di caffè e menta, ormai lo conoscevo a memoria.

Prima di tornare a casa, era solito andare a prendere un caffè con i colleghi, come piccolo festeggiamento, dopo una giornata massacrante al negozio. E dopo il suo caffè, adorava mischiare il suo sapore con le Brooklyn, sue chewing gum  preferite da secoli.

Sentire il suo sapore, la morbidezza della sua lingua in contrasto con la ricrescita della barba che mi graffiava il viso: era ciò che amavo di più. Come la sensazione di benessere che ti pervade quando varchi la soglia di casa, dopo una giornata di lavoro lunga e pesante.

Questo era Luca per me: casa, vita, amore. Era tutto ciò che avevo ricercato per anni e che avevo trovato così inaspettatamente, quando avevo smesso di cercare.

“Che ne dici di dormire da me stanotte? Prenotiamo una pizza e guardiamo un film, così non devi cucinare e possiamo rilassarci insieme..” Un bacio sulle guancia.”..sotto la doccia..”Un bacio sotto il mento. ” nudi…” Un morso sul labbro “fino all’arrivo della pizza. Ci stai?”

E come avrei potuto rifiutare?

“Sei un ricattatore.” Sbuffai, alzandomi dal letto, iniziando a frugare nell’armadio.

“Lo so, che a voi donne piace essere ricattate o per meglio dire dominate.

Mi voltai verso il letto, guardandolo shockata e rossa in viso.

Ma sei cretino?”

Lui semplicemente mosse la mano, come per scacciare una mosca.

“È colpa di quella merda di libro che hai lasciato a casa mia. Cinquanta segaioli di grigio.. Ma dai! E voi donne sbavate per un tizio simile? Non sono meglio io, scusa?”

Mi voltai di nuovo verso i vestiti e roteai gli occhi, sorridendo.

Era sempre il solito.

“Non fare l’egocentrico, Christian Grey ha fascino ed è pure ricco.”

“E certo! Saremo anche in continua evoluzione, ma alla fine si va a finire sempre lì: l’uomo ricco, bello, dotato di macchine sportive, ma sterile quanto un guanto in lattice! Ma dov’è finito il principe azzurro con il suo amato destriero bianco?

Scoppiai a ridere, prendendo il borsone ed infilandoci il pigiama e il cambio per il giorno dopo.

Lo vidi avvicinarsi a me, gattonando sul letto come un bimbo.

“Ridi, ridi: io non ci vengo più a sorbirmi film romantici e strappalacrime quando hai il ciclo! Altro che principe azzurro, devo comprarmi un frustino in pelle! Che colore preferisce, signorina Steele?”

Gli diedi una gomitata, facendolo ricadere sul letto.

Era proprio un cretino!

Ma la finisci? Guarda che rimango a dormire qui e ti lascio passare una notte in bianco, con tanto di Christian Grey a molestarti nel sonno.

Lui si risollevò velocemente, catapultandomi sul letto sotto di lui.

I suoi capelli mi solleticavano la fronte e il suo sorriso mi abbagliava.

“Preferirei essere molestato da te, lo sai. Non è che leggi quei libri perché sei insoddisfatta della tua vita sessuale? No, perché.. Sai, basta dirlo, io mi offro volontario.”

Mi baciò il collo, facendomi sciogliere all’istante.

Stare insieme una persona da tanto tempo, comporta diverse cose: come sentirsi profondamente capiti quando nessun’altro sembra riuscire a ragionare come te, ma anche sentirsi terribilmente scoperti, perché conosceva alla perfezione ogni tuo punto debole, ogni tua fissazione o, semplicemente, cosa adoravi ricevere quando eri distrutta dal ciclo e incazzata con il mondo circostante.

“Va che stronzo che sei.”

Lui ritornò a guardarmi, fingendo stizza. “Sì, certo: come se ti facesse schifo quello che ti sto facendo.”

E tornò sul mio collo con le labbra, le sue mani strette sul mio seno e la fronte sopra la mia.

Le sue carezze erano sempre inebrianti, anche se conoscevo a memoria il calore della sua pelle contro la mia, sempre un po’ più fredda.

Nonostante avesse le mani piene di calli e con le unghie rovinate dagli anni di lavoro, trovavo il suo modo di toccarmi leggero e morbido. Mi trattava come seta, e forse per lui, lo ero davvero.

“Hai chiamato Roberto, vero?”

Mi bloccai, mentre gli accarezzavo la pancia sotto la maglietta e mi ritrovai ad immergermi in uno sguardo duro e leggermente triste.

“Sì e l’ho beccato mentre trombava allegramente e senza pudore.”

Luca aggrottò le sopracciglia, facendo una smorfia divertita.

“E’ normale trombare allegramente e senza pudore, Crì. Sei gelosa di lui?”

Gli diedi un colpetto sulla spalla, decisamente contrariata. “Ma sei fuori? Ovvio che NO! Solo che poteva evitare di rispondere in quel modo o inventare palle su palle, come sta facendo da un po’. Lasciamo perdere, dai. Non voglio parlarne e poi stiamo facendo altro, no?

Lui mi guardò per qualche secondo in un modo strano, quasi come se mi stesse scrutando dentro l’anima, ma poi tornò a sorridermi come al solito, baciandomi la punta del naso.

“Ok, Signorina Rottenmeier, però continuiamo a casa mia che ora prenotiamo le pizze e mi vado a fare una doccia. Puzzo come un’animale.”

Annuii, ma prima che lui mi liberasse dal suo peso e dal suo dolce abbraccio, seppellì la testa fra i miei capelli, respirandone il profumo.

“Ti amo, Cris, lo sai?”

Sorrisi ancora, perché nonostante me lo dicesse da tre anni, era sempre più bello sentirselo dire con lo stesso tono eccitato e commosso della prima volta.

“Anch’io, Luca. Anch’io.”

 

 

____________________

 

Eccomi qua con il nuovo capitolo!
La storia procede come avevo pensato e ci stiamo addentrando nella vita di Cristina. Una vita essenzialmente normale, con qualche difficoltà.
È finalmente comparso il nuovo Roberto del presente, un po’ cresciuto e decisamente diverso da quello che vi ho presentato all’inizio. Pian piano, scopriremo cosa è successo, ma ora concentriamoci solo su quello che abbiamo in mano :)

Un’altra cosa fondamentale di questo capitolo, è ovviamente il rapporto di Cris con Luca.

Molte di voi hanno detto già di non sopportarlo, ma vi assicuro che è di una dolcezza unica e non è il solito ragazzo insulso, senza palle e da lasciare in tronco per correre dal migliore amico figo di turno. No, la storia è un po’ diversa e cercherò di seguire il più possibile la mia idea originale.

Spero di avervi fatto cosa gradita con questo aggiornamento e spero di leggervi ancora più numerose nel prossimo.

Grazie di tutto, soprattutto a chi spende tempo a leggere e chi – ancora di più - spende tempo a recensire con parole sempre troppo belle per me.

Vi abbraccio tutte e vi aspetto nel mio gruppo!

 

A presto <3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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