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Autore: Ali_Nott    30/08/2012    4 recensioni
Dal primo capitolo:
"Un rumore secco e sonoro mi provocò quasi un infarto. Saltai indietro mentre avevo messo una mano sul petto, andando perfino a sbattere contro una ragazza che stava passando di lì. Posai gli occhi sulla mano appoggiata sul mio armadietto ormai chiuso, risalendo con lo sguardo fino ad incrociare due occhi chiari che, ormai, conoscevo fin troppo bene.
«Ehi, Moran, ben tornata a scuola» E il solito strafottente ghigno fece capolinea sul suo volto."
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Capitolo III
 

Erano passati sicuramente una manciata di minuti, mentre io continuavo a stare immobile davanti alla porta d’ingresso di casa Carter.
Dopo il “piacevole” incontro di quella mattina con il preside ero direttamente tornata in classe con i due fogli ripiegati su sé stessi un paio di volte e infilati poi nella tasca posteriore dei miei jeans scuri.
Nella mia mente continuavo imperterrita a ripetermi che quello non era il momento per riflettere su cosa fare, eppure non facevo altro che pensare a come affrontare la situazione.
Punto primo: il dovermi addossare la responsabilità delle selezioni e dover essere io stessa a scegliere con un nuovo coach, di cui a malapena conoscevo il nome, chi sarebbe stato nella squadra quest’anno, mi rendeva nervosa; era un qualcosa che non mi sarei aspettato di dover mai fare, un compito che decisamente non faceva per me.
Punto secondo: perché proprio io? Ok, ho sempre fatto parte della squadra fin dal primo anno e si, i miei tempi erano notevoli, ma bastava davvero solo questo per assicurarsi un posto?
Punto terzo, il più fastidioso: Adrian Carter.
Di due cose era assolutamente certa riguardante quest’ultima parte. Mai e poi mai avrei chiesto aiuto a quel ragazzo per i provini – e se il preside credeva davvero che ciò sarebbe successo si sbagliava di grosso – e che lui volesse entrare in squadra solo per farmi un dispetto. Aveva già il basket, perché anche il nuoto? Non poteva semplicemente accontentarsi e starsene nel suo mondo, mentre io me ne restavo tranquilla nel mio?
Per un attimo ero anche partita con l’idea di non accettarlo a prescindere, positiva o cattiva che fosse stata la sua prova, ma era troppo crudele e meschino per il mio carattere.
Questo, ovviamente, non significava che non gli avrei riservato una bella strigliata, degna di mia madre.
Ecco perché in quel momento mi trovavo lì, per uccidere Adrian Carter… e consegnargli il foglio con i nominativi destinato a lui, come mi aveva chiesto il preside.
Appena finite le lezioni mi ero precipitata al suo armadietto ad aspettarlo con l’intenzione di darglielo subito, ma di lui non avevo visto nemmeno l’ombra. Così, con altrettanta fretta, ero andata nella sua classe, ormai completamente vuota. Avevo chiesto aiuto ad un certo Peter che conoscevo solo perché mi era capitato di vedere spesso in compagnia di Mr. Me la tiro da morire, ottenendo una lunga occhiata in cambio e la notizia che Adrian fosse già andato via.
Fantastico, avrei anche dovuto aspettare i comodi suoi.
Da idiota quale ero, però, invece di tornarmene anche io a casa, ero riandata incontro al ragazzo di poco prima, implorandolo – letteralmente – di dirmi dove precisamente abitasse il suo amichetto. Bastarono appena due minuti di preghiera per ottenere la via e il numero civico. Strano, pensavo davvero che, alla fine, lui non avrebbe ceduto e io sarei rimasta appesa.
Anche se ancora titubante, alla fine posai il dito sul campanello, sperando di andarmene il prima possibile da lì.
Quando la porta davanti a me si aprì dovetti usare tutte le mie forze per non ritrovarmi con la bocca aperta tanto da arrivare a toccare il pavimento.
Adrian Carter stava davanti a me, le braccia alzate verso  l’alto mentre cercava goffamente di togliersi una maglietta blu a maniche corte, il viso coperto dalla stoffa e il petto completamente scoperto. «Jennifer, finalmente! Faccio una doccia e son…» Ma le parole gli morirono sulle labbra non appena si accorse di chi realmente avesse davanti. Restò in silenzio per qualche secondo, continuando a guardarmi sorpreso per la visita inattesa, mentre io me ne restavo ferma senza la minima capacità di far uscire nemmeno un suono dalla mia bocca.
Ma che diavolo stavo facendo? Era Carter, per l’amor di Dio! Non potevo davvero mettermi a sbavare per lui dopo essermelo ritrovato a petto nudo davanti!
Deglutii rumorosamente, mentre sul volto di lui un sorriso iniziava a farsi strada dopo essersi sicuramente reso conto di quanto in imbarazzo mi sentissi in quel momento. «Ehi, Moran, non mi aspettavo di incontrarti ancora oggi. Due volte in un giorno solo, direi che è un record, non ti starai mica innamorando di me?»
Le sue parole mi arrivarono come una secchiata d’acqua gelida in pieno viso, riportandomi improvvisamente alla realtà e facendo scomparire anche l’alone di rossore che aveva preso possesso delle mie guance. «Non dire cavolate! Il preside mi ha detto di consegnarti questo» estrassi dalla tasca posteriore il foglio ancora ripiegato in quattro e lo porsi poi ad Adrian. «Il tuo coach è diventato anche il mio da quest’anno, allenerà anche la squadra di nuoto, quelli sono i nominativi dei ragazzi a cui tu e lui dovrete far fare dei provini e poi decidere chi è dentro la squadra di basket, ti è tutto chiaro o il tuo cervello fa fatica a capire anche questo?»
«E sentiamo, perché me lo avresti consegnato tu questo foglio? E con così tanta fretta poi.» Ignorò la mia frecciatina e, con un gesto che in qualunque modo poteva essere definito, eccetto che delicato, afferrò il foglio dalla mia mano senza nemmeno prendersi la briga di leggerlo.
«Chiedilo al preside, mi ha detto lui di consegnartelo.» Lo fissai per qualche secondo, incrociando le braccia al petto, mettendomi istintivamente sulla difensiva. Ormai era diventato un gesto automatico farlo ogni volta che lui mi fosse stato accanto.
Iniziò a girarsi il foglio tra le mani mettendoselo poi nella tasca dei pantaloni che, grazie al cielo, ancora aveva addosso, prima di riprendere a parlare senza la minima traccia di ironia nella voce. «Beh, in questo caso, grazie.»
Per la seconda volta dovetti trattenermi per non ritrovarmi con la bocca spalancata.
Adrian Carter che ringraziava, ma che storia era mai questa?!
Ancora un po’ sorpresa, mi limitai semplicemente ad un cenno della testa, prima di girarmi e andarmene.
Improvvisamente però, un ricordo tornò alla mente, e la rabbia andò a sostituirsi con lo stupore di poco prima. Di scatto mi voltai nuovamente verso di lui che, intanto, stava già richiudendo la porta d’ingresso. Gli fui davanti con un unico grande passo, riuscendo ad evitare all’ultimo secondo con un piede che si richiudesse dentro, sparendo dalla mia visuale. Me lo ritrovai davanti, ancora senza la maglietta, mentre mi guardava confuso.
«Perché vuoi entrare nella squadra di nuoto quest’anno?» lo dissi tutto d’un fiato, senza però dargli nemmeno modo di rispondere perché in un baleno ero già tornata all’attacco. «Tu lo fai apposta, ammettilo! Ti diverti a farmi impazzire provocandomi in continuazione! Sei riuscito ad integrarti subito a scuola, sei circondato da amici, per non parlare di tutte le ragazze che pagherebbero per entrare anche solo dieci minuti nel tuo letto, sei capitano della squadra di basket, eppure no, non ti basta!» Avevo anche iniziato a puntargli l’indice contro il petto, colpendolo ripetutamente sulla pelle calda ma mai nello stesso punto. «Quello è il mio mondo, non il tuo, e io non ti voglio.» Cercai di incanalare tutta la mia rabbia nell’ultima frase, sperando che capisse davvero quanto la notizia mi avesse infastidita. Abbassai il braccio che ancora tenevo alzato, interrompendo l’unico contatto fisico che fino a quel momento avevamo avuto, mentre con un paio di respiri dopo la scenata iniziai a calmarmi.
Poi, accadde tutto velocemente.
Afferrò con forza il mio polso tanto da farmi male e mi attirò a sé schiacciandomi completamente contro di lui, tanto da riuscire a sentire il calore emanato dal suo corpo , il viso tanto, troppo, vicino al suo: questione di un paio di centimetri e i nostri nasi si sarebbero toccati tranquillamente. Mi sentii improvvisamente avvampare, a disagio per quell’eccessiva vicinanza a lui e, il suo alito caldo che odorava di fumo misto a quella che sembrava liquirizia, che mi arrivava dritto in faccia, sicuramente non mi sarebbe stato d’aiuto.
Non sapevo cosa fare, né tanto meno cosa dire. La sostanza grigia nella mia testa aveva improvvisamente deciso di battere in ritirata e farsi un sonnellino. Alla fine però, fu lui a rompere quel tremendo silenzio, continuando a fissarmi dritto negli occhi, un lampo di irritazione forse, si fece largo tra il verde.
Perché mai avrebbe dovuto comportarsi così? Ero io a dover essere arrabbiata, non viceversa!
«Credi davvero che l’abbia fatto per farti un dispetto?» il tono che aveva usato per dire quella frase mi lasciò completamente pietrificata. Stavolta, fu lui a non darmi nemmeno il tempo per rispondere – anche se, per come mi sentivo in quel momento, non sarei riuscita a spiccicare nemmeno una parola – che riprese a parlare. «Oppure la tua è solo paura? Eh Moran? Ammettilo, tu hai paura che ti venga tolta l’unica cosa in cui tutti dicono tu sia la migliore: il nuoto. E il fatto che potrei essere io a farlo ti fa solo più paura, tanto da non volermi nemmeno in squadra.»
Colpita e affondata.
Se il suo intento era quello di ferirmi nel poco orgoglio di cui madre natura mi aveva dotata, beh, ci era riuscito alla perfezione.
Il nuoto era praticamente l’unica cosa di cui andavo fiera nella mia vita.
Mi è sempre piaciuto fin dall’età di quattro anni, quando i miei genitori un pomeriggio portarono me e James in una piscina e io, non sapendo che il livello dell’acqua sarebbe stato tanto alto da non permettermi di toccare il fondo, mi tuffai dal bordo senza pensarci su due volte, bevendo Dio sa solo quanta acqua in meno due cinque secondi, prima di essere recuperata dalle possenti braccia di mio padre. Quell’episodio non mi aveva affatto spaventata, anzi, due minuti dopo avevo iniziato a ridere come una matta sotto l’occhio vigile della mia famiglia, dopo di che avevo espressamente detto di voler imparare a nuotare perché, ovviamente, nonostante tutto non avevo alcuna voglia di ripetere l’episodio.
Erano ormai passati più di dieci anni, e io continuavo a coltivare quella che era diventata la mia vita, determinata sempre a migliorarmi, non permettendo mai a nessuno di ostacolarmi nemmeno col pensiero.
Se possibile, Adrian, aumentò ancor di più la presa e io, istintivamente, strattonavo il braccio per cercare di liberarmene. In tutta risposta però, si avvicinò ancora di più al mio viso, sussurrandomi all’orecchio un «Rispondimi, Alinuccia» appena udibile, prima di tornare alla posizione di pochi secondi prima.
Alinuccia.
Cavolo se odiavo quel soprannome tanto idiota quanto il ragazzo che lo aveva inventato, e Adrian lo sapeva bene: fin dalla prima volta che mi aveva chiamata in quel modo due anni prima io avevo mostrato il mio disappunto e si, per disappunto intendo proprio urlargli contro.
Alzai la mano libera per potergli dare uno schiaffo in pieno viso e riuscire finalmente a fuggire da lì, ma, nonostante lui non avesse mai staccato il suo sguardo dal mio, riuscì a bloccarmi con l’altra mano. Ma che diavolo di riflessi aveva? Cacchio, se davvero giocare a basket aveva questi vantaggi avrei dovuto iniziare anche io!
Non so come e nemmeno quando specificatamente, ma ad un tratto cercai di arretrare, ritrovandomi poi con la schiena poggiata all’uscio della porta ancora aperta e il corpo di Adrian che mi premeva contro.
Caldo. Improvvisamente faceva dannatamente caldo.
 «Non provarci più, chiaro? Anche perché le tipe violente mi sono sempre interessate, e non vorrei che tu arrivassi ai livelli delle altre ragazze, pagando per passare anche solo dieci minuti nel mio letto.» E sorrise. Un finto sorriso innocente, come se avesse parlato del tempo che c’era fuori.
«Ma che cazzo…?»
Una voce femminile che mai in vita mia avevo sentito ruppe improvvisamente la nostra bolla, e Adrian scattò immediatamente indietro come una molla, liberando finalmente i miei polsi che a turno, iniziai a massaggiare.
«Jennifer» La voce di Adrian fu appena un sussurro, ma che giunse forte e chiaro alle mie orecchie. Alzai lo sguardo verso la nuova arrivata che, intanto, già mi stava fissando e… Che cazzo! Ma chi era, la sorella gemella di Megan Fox per caso?!
Occhi di un celeste chiarissimo, carnagione bianca in netto contrasto con i capelli nerissimi che le ricadevano delicatamente ad onde sulle spalle, labbra carnose e rosse e le tette… Che taglia avrebbe portato? Una quarta abbondante, forse? Cavolo se erano grandi!
Deglutii rumorosamente prima di schiarirmi la voce, mentre la ragazza si ostinava ancora a fissarmi e Adrian se ne restava imbambolato.
Stanca, in imbarazzo e arrabbiata, fui la prima a rompere il silenzio «Jennifer, è stato un piacere. A mai più, spero.» Le rivolsi un finto sorriso amichevole, che lei ricambiò con altrettanta veracità e, senza nemmeno voltarmi verso Adrian, mi allontanai da entrambi, combattendo contro l’istinto di girarmi e vedere cosa stessero facendo: ci mancava solo essere beccata mentre li spiavo e, almeno per oggi, avevo già avuto troppi momenti imbarazzanti per i miei gusti che anzi, mi sarebbero bastati anche per un’intera settimana. 


Salve a tutti :)
Si, ho postato il capitolo con qualche giorno di anticipo, ma solo perché settimana prossima ho due esami e quindi per studiare metterò da parte il computer fino a venerdì, dove sicuramente poi la sera di quello stesso giorno pubblicherò anche il quarto capitolo.
Vi dico solo che ci manca ancora un po' prima di vedere qualche capitolo scritto dalla parte di Adrian e che qualcosa a breve potrebbe cambiare e... basta, ho anticipato già troppo.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!

Ringrazio anche stavolta le quattro persone che hanno messo la storia tra i preferiti, le due che l'hanno messa tra quelle da ricordare e infine le otto che l'hanno messa tra le seguite, grazie davvero a tutti!
Ali_Nott

 
   
 
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