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Autore: Trick    03/09/2012    8 recensioni
«Tu trovami un uomo su questo pianeta che non impazzirebbe ai tuoi piedi» pronunciò con impeto. «Tu trovamelo, Hannah, e ti giuro che lo accompagnerò personalmente a farsi internare al San Mungo».
Non esiste amore più giusto o spontaneo di quello fatto fra i fili d'erba.
Prima classificata al contest "A voi la scelta!" indetto da ferao e giudicato da A g n e.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hannah Abbott, Neville Paciock | Coppie: Hannah/Neville
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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Inutile nota dell'autrice che però fa figo e professionale: Era da un bel po' che volevo scrivere una seconda one-shot su Neville Longbottom e Hannah Abbott ed è piuttosto frustrante che l'ispirazione arrivi sempre quando sono in ferie. Bel problema. O sono in ferie io, senza computer, o è in ferie lei, con il computer. Il moderno complesso di Edipo, insomma.
Ho note di una qualche utilità da dire? Non lo so, adesso ci guardo. Sì, le ho.
Ho scelto per la prima volta di adottare il cognome originale di Neville, Longbottom. Questo perché è giusto così ed è più figo, ma essendo io un'italiana media con mediocri capacità anglofone tutti gli altri nomi sono tristemente rimasti invariati rispetto alla traduzione della Salani. Eh, che gioia.
Ora che ci penso, non avevo nessuna nota utile.
Chiedo scusa per la perdita di tempo.
Altre note forse un pelo meno inutili: Prima classificata al contest
A voi la scelta! indetto da ferao e giudicato da A g n e. ♥ Sì, stavolta ci sta un cuoricino idiota.




*

Dedicata a tutte le ragazze grassocce,
perché il magro non è la parte più buona del prosciutto.
Dedicata a chi non ha avuto la prima volta perfetta,
ma ha imparato in fretta con tutte le altre.
Dedicata a chi sogna di incontrare il ragazzo perfetto,
ma che vorrà sposare quello normale.


Fili d'erba


Era rimasto a Hogwarts fino a tarda ora per terminare la correzione di una ventina di temi sulla corretta concimazione del terriccio per le Mandragole, ma la giornata era stata stancante e priva di pause e lui si era addormentato sulla scrivania ben prima delle dieci di sera.
Incuriosita dal suo ritardo, Hannah aveva cercato invano di chiamarlo attraverso il camino dell'ufficio. Rassegnata, aveva infine afferrato una grossa manciata di Polvere Volante ed era comparsa al centro della stanza, con le mani sui fianchi rotondi e un po' di fuliggine sul naso. Stava per domandargli per quale diavolo di motivo non avesse risposto a nessuno dei suoi richiami, quando si era accorta che Neville si era addormentato con la piuma ancora stretta in una mano e la faccia sorretta dall'altro braccio.
Aveva trattenuto a stento una risata divertita ed era rimasta a guardarlo così per qualche istante. Un ciuffo di capelli chiari gli era sceso davanti agli occhi chiusi e ad ogni suo respiro si sollevava un poco. Augusta aveva ragione: erano davvero troppo lunghi, ma Hannah sapeva perfettamente per quale motivo il marito si ostinasse a sfoggiare quella chioma disordinata attorno alla faccia. Se lei gli avesse proposto di tagliarsi i capelli, Neville lo avrebbe fatto. Era proprio questo che le impediva di chiederglielo.
Si avvicinò alla sua scrivania, tentando di fare meno rumore possibile, si chinò appena su di lui e gli spostò il ciuffo dal viso. Neville storse il naso nel sonno e Hannah sorrise di nuovo.
«Neville...» gli sussurrò delicata all'orecchio. «Neville, svegliati...».
Lui brontolò qualche incomprensibile parola, lasciò cadere la piuma e si appoggiò alla scrivania. Dormiva molto più profondamente di quanto Hannah non avesse pensato.
«Neville?» chiese lei con impeto, scuotendogli le spalle. «Santa pace, Neville, sono le dieci passate...».

*

«Hannah, sono le dieci passate. Che ci fai sveglia? È tardissimo».
Hannah sobbalzò e si voltò di scatto, allarmata. La luce della propria bacchetta illuminò il ragazzo accanto a lei. Neville era seduto su un pouf, con i capelli chiari scompigliati attorno alla fronte e una vecchia T-shirt sformata. Aveva l'aria di essersi appena svegliato, ma Hannah sapeva che anche lui non dormiva molto in quei tempi.
«Susan parla nel sonno. Tu?».
Neville la scrutò intensamente e lei ebbe la sgradevole impressione che sapesse perfettamente che stava mentendo.
«Seamus russa quanto un Troll» sospirò infine, massaggiandosi debolmente le palpebre.
La sua voce era così sconsolata e deprimente che Hannah rimase immobile qualche istante, incerta sul da farsi, prima di avvicinarsi a lui e sedersi al suo fianco. Lui sollevò il capo e la fissò attraverso le mani, tentando con tutte le forze di sorriderle.
Solo quando gli fu accanto, Hannah riuscì a scorgere la malconcia fasciatura che si allargava lungo la sua mandibola sinistra. Un improvvisa sensazione di vergogna la fece avvampare. Allungò le dita come per sfiorargli il viso, ma le ritrasse velocemente e chinò imbarazzata lo sguardo.
«Mi dispiace...» mormorò.
«Non è colpa tua».
«Sì, lo è» ribatté con veemenza lei, mordendosi le labbra. «Se io fossi stata più forte, tu non saresti stato costretto a prendere il mio posto».
«Meglio così» la interruppe brutalmente lui, afferrandole con decisione un polso. «Hannah, ti prego. Preferisco essere colpito da Tiger e Goyle cento volte, piuttosto che vedere te colpire qualcuno una volta soltanto».
Hannah guardò le sue mani rovinate e scosse la testa.
«Quella ferita è vecchia di settimane, ormai, e non accenna a voler guarire».
«È Magia Oscura. Non guarirà».
«Santa pace! No di certo, se non te la lasci medicare» ribatté lei con piglio improvvisamente autorevole.
Neville rimase a fissarla mentre s'affrettava ad attraversare la Stanza delle Necessità e ritornava con una scatola da scarpe e un piccolo lume ben teso davanti a sé. Appoggiò entrambi ai piedi del pouf, aprì la scatola e iniziò ad estrarne bende di garza pulite e un paio di piccole ampolle piene di un liquido marroncino. Poi si mise sulle ginocchia e gli fece cenno di abbassarsi. Neville sedette a gambe incrociate sul pavimento davanti a lei.
«Hannah, è inutile. Ci ho già provato».
«Hai provato con il Dittamo?» domandò professionalmente lei, mentre si avvicinava al suo viso e iniziava lentamente a staccare la garza.
«Sì».
La tenacia di Hannah parve vacillare e per qualche secondo rimase a fissarlo con sguardo triste e colpevole. Poi gli rivolse un mezzo sorriso e scosse la testa.
«Allora ci riproviamo».
Neville non ebbe il cuore di contraddirla e le permise di tentare invano di medicare quella grossa ferita. Non si sarebbe rimarginata prima di parecchi anni.

*

«Neville, svegliati».
L'uomo emise un grugnito di disappunto e alzò appena il capo dalle braccia. Dischiuse una palpebra e fissò l'ombra della moglie con sguardo addormentato. Tolse gli occhiali, si stropicciò la faccia come un ragazzino e si lasciò scivolare contro la poltrona.
«Hannah... devo essermi addormentato».
«Ma non mi dire!» ridacchiò lei bonariamente, scompigliandogli i capelli. «Sono quasi le dieci e mezza».
«Le dieci e...? Oh, Godric, scusami».
Nonostante avesse arrotolato le maniche della camicia fino ai gomiti, Hannah aveva già contato almeno una mezza dozzina di nuove macchie di terriccio. Represse uno sbuffo rassegnato e iniziò a massaggiare con un gesto automatico le spalle del marito.
«Hai i nervi tesi, Neville» commentò d'un tratto. «Che ti è successo?».
Neville fece un respiro profondo, chiuse gli occhi e fece un sorriso distante.
«Oliver ha di nuovo cercato di insegnarmi a volare» spiegò tetro, alzando un palmo per mostrarle un paio di graffi recenti. «Non sarò mai pronto per la prossima Coppa del Mondo di Quidditch».
Hannah rise di cuore e si chinò per lasciargli un bacio affettuoso sulla guancia. La sua leggera barbetta incolta gli solleticava la pelle.
«Ti sei fatto male?».
«Solo all'onore, tesoro».
Lei scoppiò a ridere con fragore, si sporse verso di lui e lo strinse fra le braccia. L'odore leggero del suo profumo gli fece desiderare di poter restare attaccata a lui per sempre.
Non era raro che passeggiando per Diagon Alley Neville venisse accerchiato da qualche strega. La fama del ragazzo che aveva estratto dal Cappello Parlante la spada di Grifondoro e aveva ucciso il terrificante serpente di Lord Voldemort lo precedeva ben più rapidamente di quanto lui non potesse raggiungerla. Neville sottolineava spesso il fatto che se non avesse fatto ciò che aveva fatto, nessuna di quelle donne avrebbe mai nutrito alcun desiderio di fermarlo per la strada. Hannah dubitava di ogni sua singola parola e continuava a pensare che il marito continuasse largamente a sottovalutarsi. Non negava di essere di parte, ma il ragazzino grassottello e imbranato che Neville era stato era piuttosto lontano nel tempo... ora era il professore di Erbologia di Hogwarts, uno degli esperti del settore più acclamati degli ultimi anni e avrebbe giurato che da quanto si era lasciato crescere i capelli e aveva smetto di radersi quotidianamente molte più streghe si voltassero a guardarlo. Aveva il fascino del mago trasandato e perso nella propria passione, la gentilezza naturale di un fanciullo unita alla fierezza con la quale rappresentava la casa di Grifondoro.
«Hannah? A che stai pensando?».
«Pensavo che sei bello».
Lui aggrottò un sopracciglio, confuso ma divertito.
«Come?».
Hannah gli spostò i capelli indietro. I profondi segni impressi dal fuoco che era divampato dal Cappello Parlante si allungavano in grottesche linee rosse dalla tempia fino allo zigomo. I Guaritori avevano tentato ogni cosa fosse in loro conoscenza per guarire l'ustione provocata da Lord Voldemort, ma si erano purtroppo ritrovati davanti ad una magia troppo potente ed oscura. Così come i segni della vecchia cicatrice inflittagli al settimo anno dalle maledizioni di Tiger e Goyle, nemmeno quella era mai stata del tutto cancellata. La vista nell'occhio sinistro non era più stata la stessa e in molti al San Mungo lo avevano già avvertito circa la possibilità di perdere del tutto la capacità di usarlo. A Neville sembrava importare quel tanto che bastava per ripulirsi di tanto in tento la lente del monocolo che era costretto ad utilizzare.
«Sei bello».
«Io?» esclamò lui con un sorriso, alzandosi in piedi e voltandosi verso di lei. Le passò una mano attorno alla vita e la attirò a sé. Poi ridacchiò e le passò l'indice sulla punta del naso, cercando di toglierle la fuliggine di dosso.
Hannah si appoggiò con le mani al suo petto e iniziò a sistemargli il colletto della camicia.
«Già. Sono stata molto fortunata».

*

«Sei stata molto fortunata».
La voce di Neville risuonò ovattata come se le stesse parlando da decine di metri di distanza. Hannah si portò una mano alla tempia, incapace di capire a cosa fosse dovuta la strana sensazione di caldo che gli stava scivolando fra le dita. Cercò di riorganizzare i propri pensieri, ma continuava a provare un forte senso di nausea. Voleva vomitare, desiderava ardentemente vomitare...
«Hannah, mi senti?».
Fu troppo. Si gettò a lato e diede di stomaco. Neville fu lesto a sorreggerla e a scostargli i capelli dal viso, ma lei era troppo impegnata a tossire e sputare quello sgradevole sapore amaro dalla bocca per accorgersene. Lo sentì parlare di nuovo, ma continuava a non capire da dove la sua voce stesse provenendo.
«Bevi un po' d'acqua».
Si ritrovò con una coppa fredda fra le mani e se la avvicinò tremante al viso. Prese una prima lunga sorsata e dovette soffocare l'impulso a vomitare di nuovo. Poco a poco la discesa dell'acqua fresca lungo il suo esofago si fece più sopportabile e le pulsazioni che stavano torturando la sua testa parvero diminuire. Si sentì cacciare un fazzoletto fra le dita e si ripulì lentamente il viso.
«N-N-Neville...?».
«Sono qui. Madama Chips e tutti i Guaritori sono troppo indaffarati con i feriti più gravi per darti un'occhiata. Beh, immagino sia un'ottima cosa... cioè, non il fatto che tu abbia bisogno di un'occhiata, naturalmente... e neanche per il fatto che ci siano feriti più gravi di te... oh, certo, non che io pensi che non stai male anche tu, cioè, ecco, quello che volevo dire è che...».
«Vuoi dire che sto bene» borbottò Hannah, cercando di alzarsi in posizione eretta. In una differente occasione avrebbe perfino riso. «Grazie. Cos'è successo?».
«A occhio e croce, abbiamo vinto la guerra».
Lei scosse appena la testa riccioluta.
«No... volevo sapere cos'è successo alla tua faccia».
«Oh, questo... niente di grave. Madama Chips non mi sta inseguendo con un letto d'ospedale appresso, quindi direi che non sto per morire». La guardò passarsi le mani sul volto, distrutta, e aggiunse in fretta: «Aspetta, appoggia questo sulla testa. Fermerà il sangue».
Gli permise di voltargli la testa e premergli uno straccio umido sopra l'orecchio sinistro.
«Sono... sono svenuta?».
«Credo di sì... non so, ti ho trovato sulla riva del Lago e...» si bloccò improvvisamente e Hannah vide un lampo confuso attraversargli gli occhi. «Ecco, credevo... ma grazie al cielo eri solo svenuta».
«Ero con Susan» ricordò d'un tratto. Neville continuava a tamponarle la ferita. «Scappavamo da Dolohov. Lui... era troppo forte per entrambe e... il professor Lupin!» esclamò, voltandosi verso di lui e stringendogli un polso. «È arrivato il professor Lupin! Ci ha aiutate a scappare! Ci ha salvate!».
Un'ombra scura attraversò il viso di Neville. Per un attimo infinito, Hannah ebbe la sensazione di parlare con un vecchio spettro. Pochi istanti dopo, stava già trattenendo il fiato e sebbene non avesse ancora intuito completamente cosa significasse il silenzio del ragazzo, qualcosa in lei aveva già capito ben più di quanto non credeva di sopportare.
«No...» sussurrò debolmente. «No, non può essere, lui era in gamba, non--».
«Sì, era in gamba» tagliò corto Neville, annuendo brevemente. «Dovresti riposare, Hannah. Sei molto stanca».
«Quanti altri, Neville?».
«Hannah...».
«Quanti?».
«Una cinquantina».
Vide le lacrime riempire i suoi occhi chiari e intrappolarsi fra le ciglia. La vide chinare la testa e appoggiarla al suo petto, le sue dita si strinsero attorno alla stoffa sporca e logora della sua camicia, e per quanto le costole gli facessero un male cane, Neville non la fermò. Le passò le braccia attorno alle spalle e la strinse timidamente, mentre i suoi corti riccioli biondi gli solleticavano appena la zona sotto il naso. Non si accorse nemmeno di aver iniziato a sua volta a piangere.

*

L'appartamento sopra il Paiolo Magico era molto più grande e confortevole di quanto la maggior parte della comunità magica pensasse. Occupava l'intero piano superiore dell'edificio e l'unica sua grande scomodità era il grosso trave di legno che la attraversava per l'intera lunghezza contro il quale Neville sbatteva sovente la fronte. Si sarebbero potuti aggiungere un altro paio di sgradevoli disturbi notturni da parte degli ospiti del Paiolo Magico che avevano le camere al piano di sotto, se solo Hannah non fosse stata tanto abile a far rispettare la propria autorità.
Neville si scrollò un po' di fuliggine dalle spalle e lanciò il mantello su una sedia con un grande sbadiglio. Poi si diresse verso il bagno, iniziando a slacciarsi distrattamente i bottoni della camicia.
Hannah si avvicinò al piccola cucina di legno con l'intenzione di bere un bicchiere d'acqua fresca, quando la sua attenzione venne risvegliata dal numero del Settimanale delle Streghe abbandonato sul tavolo del salotto. Il gufo lo aveva consegnato già da due giorni, ma era stata troppo impegnata al Paiolo per ricordarsene. Era un'abbonata, ma non particolarmente fanatica di pettegolezzi: ciò che le interessano davvero di quel periodico erano le ricette culinarie.
Si appoggiò al tavolo e iniziò distrattamente a sfogliare la rivista. Si ritrovò improvvisamente davanti agli occhi la faccia intimorita di Harry Potter, 24 anni, Auror e marito modello e fece una smorfia divertita. Harry detestava comparire sui giornali e l'espressione con la quale veniva immortalato sembrava sempre quella di un ragazzino di undici anni messo in punizione. Talvolta cercava di immaginare cosa potessero pensare tutti coloro che non avevano avuto la fortuna di conoscerlo. Cosa avrebbero pensato della faccia pulita e timida con cui si mostrava alla stampa? Si era ritrovata a riderne a crepapelle con Ginny innumerevoli volte.
«Voi-Sapete-Chi deve essere stato davvero un incapace per essersi fatto mettere i piedi in testa da uno con questa faccia!» aveva esclamato Ginny qualche tempo prima, riferendosi ad una foto particolarmente tremenda di Harry.
«Tu dici? Pensa che questa mattina Neville si è quasi reciso la gola mentre si faceva la barba» aveva aggiunto con le lacrime agli occhi Hannah, sporgendosi dall'altra parte del bancone del Paiolo. «Santa pace, il ragazzo che ha ammazzo il gigantesco serpente di Tu-Sai-Chi con una spada non riesce a radersi senza rischiare di dissanguarsi sul pavimento del bagno!».
Era divertente minimizzare l'eroismo dei rispettivi mariti. Ed entrambe sapevano che non c'era né malizia né cattiveria nelle loro battute; c'era solo la consapevolezza di contare molto più di tutta quelle gente che li applaudiva e stringeva loro la mano con aria invasata. C'era la meravigliosa certezza di essere di più, di conoscerli di più. Hannah non si era mai innamorata della versione che i giornali avevano dipinto di Neville: il ragazzo che aveva estratto la spada di Grifondoro, l'indomabile leader dell'Esercito di Silente, il temerario discendente di una delle più eroiche famiglie Purosangue... quel mago non esisteva. Lei aveva sposato Neville, non Sir Lancillotto Longbottom.
Una grossa scritta dorata troneggiava sopra la fotografia di Harry: I dieci mariti perfetti del nuovo Millennio.
Rise di gusto nel trovare Arthur Weasley al decimo posto. E Kingsley Shackebolt all'ottavo, il radiocronista di Radio Strega Network e un paio di altri maghi famosi che Hannah conosceva solo per sentito dire... Ron Weasley era al quarto posto e al pensiero delle obiezioni che avrebbe sicuramente avanzato Hermione scoppiò in una seconda calda risata. Neville era al secondo posto, subito dopo il Ragazzo Che È Sopravvissuto.
Neville Longbottom, 24 anni, recitava l'articolo, è stato più volte additato come uno dei più emergenti maghi del nuovo secolo. È diventato famoso per aver estratto la rarissima spada di Godric Grifondoro dal Cappello Parlante durante la temibile Battaglia di Hogwarts (e ricordiamo, cari lettori, che solo un vero Grifondoro avrebbe potuto farlo, quindi davvero tanto di cappello a questo straordinario eroe!). Figlio di due fra i più famosi Auror del loro tempo, Neville è sempre stato un esempio di virtuosismo e coraggio. Di lui hanno parlato molte ragazze con i quali ha frequentato Hogwarts, prima di prenderne le redini come unico, grande capo dell'Esercito di Silente. Orla Quirke, ex-studentessa di Corvonero di due anni più giovane del nostro ambito partito, ha ammesso che già da adolescente Neville riscuoteva parecchio successo fra i gentili cuori delle streghette di Hogwarts.
Gli occhi di Hannah rischiarono di scapparle dalle orbite. Nella sua mente si affacciò l'immagine di un bambinetto grassoccio e imbranato che faceva esplodere calderoni, cadeva dalle scope e finiva sempre per subire qualche imbarazzante scherzo da parte degli altri compagni. Quando si trovava davanti a una ragazza, Neville balbettava a tal punto che diventava quasi difficile capire cosa stesse dicendo.
Si era appena coperta la bocca con la mano per soffocare un'altra risata quando udì un fragoroso scoppio provenire dal bagno. Si voltò allarmata e si avvicinò di corsa alla porta chiusa.
«Santa pace! Neville!?».
Riconobbe lo scroscio dell'acqua, ma le parve troppo forte. Avvertì un'improvvisa ondata di freddo ai piedi e abbassò lo sguardo. Dalla fessura fra il pavimento e la porta si stava allargando una grossa pozza cristallina. Poi Neville uscì trafelato dal bagno e se la richiuse alle spalle. Indossava solo le mutande e la camicia del pigiama era abbottonata solo a metà e gli scivolava sulle spalle, lasciando scoperto il petto e la pancia. Era fradicio e sembrava vagamente spaventato.
«Neville!» esclamò Hannah. «Che diavolo--?».
«Il rubinetto ha cercato di mangiarmi» spiegò rapidamente Neville, fissandola con l'espressione intimorita di un bambino beccato con le mani sporche di marmellata. «Ho cercato di fermarlo, ma quello ha davvero cercato di mangiarmi. Non credo di poter affrontare una creatura tanto famelica...».
Hannah lo fissò in religioso silenzio per qualche secondo, poi iniziò a ridere. Rise fino alle lacrime, e si ritrovò quasi piegata in due sul pavimento bagnato, con le braccia strette al ventre e del tutto incapace di fermare quel degenerante scoppio di ilarità.
«Hannah, il nostro bagno sta cercando di affogarci» le ripeté Neville con veemenza. «Non c'è niente da ridere».
«Oh, santa pace...» soffiò lei, asciugandosi una lacrima e rialzandosi. Estrasse la bacchetta da una tasca del vestito e gli fece cenno di lasciarla entrare.
Lui si spostò lentamente e le rivolse un'occhiata preoccupata.
«Stai attenta».
Hannah iniziò a ridere ancora una volta.
«Per tutte le raganelle di Tosca Tassorosso! Come possono non averti messo al primo posto?».
«Al primo posto di cosa?».
L'unica risposta che ottenne fu un lesto occhiolino della moglie, prima che questa si infilasse nel bagno con la bacchetta sguainata. Neville la sentì fare una discreta imitazione di una voce virile e baritonale:
«In guardia, fellone di un rubinetto! Come osi spaventare il mio marito ingiustamente da secondo posto?».
«Va bene, Hannah, non ti chiederò se ti senti bene...» la informò lui con tono allarmato.

*

«Non ti chiederò se ti senti bene».
Hannah trasalì. Credeva che a quell'ora tarda non avrebbe avuto alcuna possibilità di incontrare qualcuno in giro per i corridoi di Hogwarts. Aveva anche creduto di aver scelto il posto adatto, perché il corridoio che conduceva alle serre era sempre piuttosto illuminato e di norma i Prefetti che facevano la ronda pensavano che nessun studente intenzionato a combinare qualche pasticcio potesse passare di lì. Si era sbagliata. Neville Longbottom era di fronte a lei e teneva la testa bassa. Sarebbe comunque stato impossibile per lui celare il rossore sulle guance rotonde.
Lei chinò a sua volta il viso e si asciugò in fretta le lacrime con la manica della divisa. Venne assalita dal desiderio di gridargli di sparire, di andarsene da un'altra parte, di cercarsi un altro corridoio solitario in cui soffocare i suoi problemi, perché i suoi erano problemi grossi, dannatamente grossi, e non aveva bisogno che la gente continuasse a fingere di capirla.
«Cosa fai fuori dal tuo dormitorio?» chiese invece, tradendo una punta di insofferenza nella voce.
Lui se ne accorse e si grattò la nuca, evidentemente a disagio.
«E-ecco... io... ho perso il mio rospo. T-tutto qui».
«Qui non l'ho visto».
«Già. Beh... buona notte».
«Sì, 'notte».
Si avviò di qualche passo lungo il corridoio e Hannah iniziò a scacciarsi via dal petto il fastidio che l'intromissione di Neville le aveva recato, quando lui si fermò di colpo e si voltò per fissarla. Nei suoi occhi c'era di nuovo quella luce seria e profonda e la timidezza che lo aveva colto pochi secondi prima sembrò abbandonarlo per qualche istante.
«La gente non sa cosa dirti perché non sa cosa vuol dire».
Hannah alzò di colpo la testa e aggrottò le sopracciglia.
«Come?».
Lui sembrò sforzarsi di trovare le parole. Quando parlò, la sua voce risuonò titubante. Non timida, solo titubante, e nonostante tutto Hannah si domandò di cosa avesse timore.
«So cosa vuol dire non avere i genitori» sputò con un sorriso mesto e un gesto rassegnato delle mani. «Loro... loro erano Auror. Erano in gamba. Mia nonna dice che lo erano».
Parlava come se nella sua gola fosse incastrato un grosso groppo. Hannah non avrebbe saputo spiegare cosa la stessa spingendo a indicargli l'angolo nel quale si era accucciata. Non era ciò che aveva detto, né il fatto che l'avesse detto... era nella sua voce. C'era qualcosa nelle sua voce che la sua testa voleva continuare a sentire. Solo anni dopo si era resa conto che l'unica cosa di cui aveva bisogno in quei giorni era l'unica cosa che Neville poteva offrirle: comprensione.
Lui accolse il suo semplice invito e le si sedette accanto nella luce traballante delle torce. Incrociò le dita fra loro e rimase a guardare un punto indistinto nel muro davanti a loro.
«Cosa volevi dire? Prima, intendo. Quando hai detto quella frase sulla gente» parlò infine Hannah.
Neville le rivolse un sorriso triste.
«Non devi prendertela con nessuno di loro. Loro non... non possono dirti nulla di quello che avresti bisogno di sentirti dire».
«E di che cos'è che ho bisogno?».
«Non ne ho idea» rispose con incredibile franchezza Neville. «È per questo che nessuno può dirti niente».
Hannah soppesò vagamente le sue parole.
«Come sono morti i tuoi genitori?».
«Morti? Oh, no, non sono morti...» le disse con voce tetra. «Sono rinchiusi al San Mungo da... sempre».
«Ma sono vivi».
«Loro non sanno chi sono. Non mi riconoscono».
Lei aprì appena le labbra e cercò di immaginarsi cosa potesse significare vivere con due genitori insani di mente e incapaci di riconoscere il proprio figlio. Fece riaffiorare il ricordo di sua madre dalla propria memoria – non che fosse difficile – e quello ben più annebbiato del padre e tentò di figurarsi sola in una stanza bianca del San Mungo, davanti a due persone stese su un letto che avrebbero dovuto essere i suoi genitori, suo padre e suo madre. Cercò di immaginare cosa potesse aver provato Neville, ma non aveva la più pallida idea di non potersi avvicinare nemmeno lontanamente alla realtà.
«Con chi hai vissuto?».
«Con mia nonna» esalò lui con rassegnazione. «È una donna in gamba, ma... non è facile».
«Vivere con lei?».
Lui scosse la testa.
«Vivere con lo spettro di ciò che è stato mio padre. Sentirsi ripetere in continuazione quale grande mago è stato o quali epiche imprese ha compiuto... era un gran mago, mio padre. Anche mia madre lo era. Erano in gamba. Lo sono sempre stati tutti, nella mia famiglia...».
Hannah si chiese come potesse trovare tanto semplice parlare con un ragazzo di cui conosceva solo il nome quando non era stata in grado di parlare con i suoi compagni di casa. Aveva evitato Susan dacché era tornata a Hogwarts, aveva a malapena risposto alle sue lettere... ed ora era lì, seduta in un angolo di un corridoio in compagnia di uno sconosciuto a cui stava lentamente aprendo il cuore. Che malocchio era mai quello?
«Mio padre è morto quando ero molto piccola. Era uno Spezzaincantesimi... era il mio eroe» si lasciò andare ad un sorriso nostalgico. «Mi portava sempre un sacco di regali dai posti in cui era stato. Isola di Pasqua, Norvegia, Indonesia... viaggiava molto e spesso stava lontano da casa per molto tempo, ma ogni volta tornava con qualcosa per me e mia madre e mi raccontava un sacco di storie incredibili sui posti che aveva visto».
«Com'è morto?».
«Vaiolo di drago» commentò schietta Hannah, fissandolo le palme delle mani. «Un pessimo nemico per qualcuno che viaggia così tanto. E ora... ora mia madre... mia madre...».
Le lacrime le offuscarono la vista e il pianto iniziò a risalirle inesorabilmente la gola. Le labbra le tremavano per il feroce tentativo di stroncare sul nascere quei rinnovati singhiozzi, ma la disperazione e il soffocamento furono presto più forti di lei. Gettò il volto fra le mani e riprese a piangere con forza.
Il braccio di Neville esitò solo qualche secondo prima di passarle attorno alle spalle. Lei si strinse le gambe al petto e l'orlo della gonna le scese fino a scoprire il bordo bianco delle mutandine. Neville non aveva mai visto biancheria intima femminile, ma era così impegnato ad asciugarle le lacrime che non se ne accorse nemmeno.

*

Quando Hannah entrò in camera da letto era trascorsa già un'oretta abbondante e Neville si era già addormentato. Suppose che avesse cercato di aspettarla sveglio, perché la luce era accesa e un grosso tomo di Tilden Toots sulle piante primitive giaceva aperto sul suo petto. Hannah sfilò lo scialle dalle spalle, lo ripiegò con cura e si coricò al suo fianco. Lo sentì mormorare nel sonno.
«Mmh... bagno?».
«Era solo un tubo un po' birichino» gli disse lei, voltandosi su un fianco e allungando un dito per accarezzargli il profilo del suo viso. «Non ti darà più fastidio».
«Hannah Longbottom, sei la donna più coraggiosa che abbia mai incontrato» scherzò, aprendo gli occhi e ruotando la testa sul cuscino. «E probabilmente pure la più bella».
Lei arricciò le labbra come una ragazzina e si avvicinò a lui.
«Scommetto che lo dici a tutte le ragazze che incontri».
«Solo a quelle che si rivelano più brave di me con l'impianto idraulico».
Hannah ridacchiò e appoggiò la testa nell'incavo della sua spalla. La mano che non era ripiegata sotto la pancia iniziò a scivolare distrattamente sul suo petto, graffiandolo ogni tanto con le unghie corte e giocherellando con la stoffa azzurra del pigiama.
«Sai, Neville, stavo pensando a quello di cui abbiamo parlato l'altra sera...».
Lui parve confuso.
«Di Ginny e della gravidanza e di quanto deve essere faticoso e folle crescere dei ragazzini che ti scappano ogni secondo e fanno magie fuori controllo...» lo aiutò lei.
«Oh» si limitò a dire lui.
«Beh... ecco, magari... non è così tanto folle. No?».
Gli occhi di Neville si spalancarono dal terrore. Scattò a sedere come una molla e guardò la moglie come se si fosse appena trasformata in un mostro con tre teste.
«Sei incinta?».
«No!» esclamò lei, sferrandogli un leggero pugno sulla coscia. «Santa pace, torna qui giù. Stavo solo pensando che--».
«Sì, credo di aver capito a cosa stavi pensando...» pigolò lui. «Credevo avessimo deciso che nessuno dei due è pronto per avere dei bambini. Voglio dire... hai visto Ginny recentemente? È impazzita. Fra non molto ci ritroveremo Harry davanti alla porta del Paiolo con una valigia in mano».
«Neville!».
«Dico sul serio. Fare i genitori è una cosa seria. Bisogna sapere molte cose per fare i genitori. Bisogna sapere come scaldare il latte, quali calzoncini è meglio comprare in vista dell'inverno, come stringere un pannolino... o qual è l'età più adatta per avvertirlo sui pericoli dell'alcol introdotto di nascosto a Hogwarts, e pure perché non è una buona idea stringere amicizie con degli irlandesi dinamitardi... e per quale motivo deve restare lontano dalle ragazze almeno fino ai diciassette anni... trentacinque, se è una ragazza lei stessa... e... beh, ecco...».
Le labbra di Hannah si aprirono in un sorriso estremamente divertito. I suoi occhi si strinsero guardini mentre ascoltava quel fiume di parole.
«Tu hai paura» commentò infine. «Non sono nemmeno incinta e tu hai già paura».
Neville sospirò rassegnato.
«Gran bel direttore della casa di Grifondoro, vero?».
«Vero. Prega Tosca Tassorosso affinché la nostra progenie assomigli a me» lo schernì lei con un sopracciglio inarcato. Si alzò un po' per riuscire a guardarlo negli occhi e appoggiò il mento alla mano destra.
«Lo spero. Sei così bella, Hannah».

*

«Sei così... bella».
Hannah cacciò un acuto grido di sorpresa e si voltò di scatto. La scatolina piena di spilli appoggiata sul tavolino accanto alla specchiera si rovesciò sul pavimento. Neville ne osservò il contenuto rotolare verso i suoi piedi e una vampata di calore gli colorì le guance. Si passò una mano fra i capelli con fare imbarazzato.
Era un gesto che Hannah gli vedeva fare in continuazione. Era come se lo aiutasse a ritrovare la calma e il coraggio. Si era chiesta spesso se Neville fosse consapevole di quanto ogni volta mettesse in mostra la cicatrice che cercava di celare con i capelli. Si era più volte ripetuta che probabilmente non ne aveva né la minima idea né la minima intenzione.
«Mi hai quasi fatto venire un infarto» lo ammonì con un sorriso fugace, mentre si affrettava a cercare il proprio soprabito fra le pile di abiti da sposa con cui Madama McClan e Augusta Longbottom avevano stipato il camerino di prova. «Come hai fatto a entrare?».
«Mia nonna era distratta nella contemplazione di un'orribile borsetta di piume di struzzo».
«Ti ucciderà non appena metterai il naso fuori di qui, lo sai?».
«Per te sono disposto a correre il rischio di essere spedito a letto senza cena» dichiarò con tono baldanzoso. Le strappò una risatina leggera. «Chi ti ha convinto a infilarti...?».
«...in questo vestito?».
«Stavo per dire in quella bomboniera, ma se davvero sei convinta che sia un vestito, non oserò aggiungere altro».
Hannah si bloccò improvvisamente, portò entrambe le mani ai fianchi e lo guardò con aria drammaticamente minacciosa. Neville la vide mordicchiarsi le labbra prima di scoppiare a ridere senza alcun freno. Lui iniziò a ridere con lei, incapace di credere che si fosse lasciata convincere da quella pazza di sua nonna.
«Questo non è il mio vestito» gli disse prima di svanire ancora in una nuvole di pizzi candidi. «Non può essere il mio vestito. Non posso sposarmi con questa cosa addosso».
«Perché? L'avvoltoio di mia nonna sarebbe un accessorio delizioso».
Neville cercò di farsi strada fra gli scatolini e gli abiti da sposa ammucchiati per raggiungerla. Nella parte del camerino più distante dalla porta il tetto si abbassava notevolmente e dopo pochi istanti fu costretto a chinare la testa. Quando la ebbe raggiunta, le appoggiò le mani sulle spalle e si sporse per posarle un bacio veloce e gentile sulla guancia sinistra. Hannah parve persa in un pensiero poco piacevole.
«Cosa c'è che non va?» le soffiò in un orecchio.
Lei incrociò le braccia al petto e fece un gesto sbrigativo con la mano.
«Scusami... sono solo molto stanca. E stressata».
«Riprovaci» le disse, baciandole più volte la tempia. «Sono sicuro che riuscirai a fregarmi, prima o poi».
Con un sospiro spossato, Hannah si girò per fronteggiarlo, con le braccia ancora serratamente ferme al petto. Teneva il capo basso e si umettava nervosa le labbra. Neville le accarezzò il viso e la studiò con quell'esagerato vestito bianco addosso. Non dubitava che avrebbe preferito un modello semplice e pratico, ma temeva che l'ossessiva influenza di sua nonna potesse indurla ad assecondare qualcuno dei suoi capricci. Non si era sbagliato e ne era piuttosto rattristato: quell'abito da sposa non portava nessun segno delle scelte di Hannah.
Nonostante ciò, più la guardava più Neville si convinceva si non aver mai visto una strega altrettanto bella. Ma ora lei stava nuovamente affrontando la propria immagine riflessa nello specchio, con la sola differenza che Neville era dietro di lei, con le mani appoggiate sui suoi fianchi e uno sguardo di amorevole adorazione piuttosto ebete stampato in faccia.
«Mi metterò un sacco».
Neville sbatté un paio di volte le palpebre e scosse il capo.
«Cosa?».
«Un sacco. Il giorno del matrimonio indosserò un sacco».
«Oh, bene. Io cercherò una padella e la userò come cravatta».
«Santa pace, Neville! Guardami» sussurrò tristemente lei, senza distogliere l'attenzione dall'immagine riflessa. «Guarda» ripeté, spalancando le braccia e aggrottando le bionde sopracciglia. «Guarda, guarda, guarda. Quale abito potrebbe mai contenermi? Un sacco, santa pace, ecco cosa! Un sacco!».
Hannah non era magra. Non lo era mai stata e nessuno avrebbe mai pensato che un giorno lo sarebbe diventata. Era di statura piuttosto minuta e il suo girovita era da annoverare fra quelli considerati abbondanti; le sue braccia erano rotondette, i suoi fianchi pronunciati e tanto lo era il sedere. Lo aveva sempre saputo – come non accorgersene quando la propria migliore amica sembra una copertina del Settimanale delle Streghe? - ma fino a quel momento non si era mai davvero resa conto di quanto fosse grassa.
Neville inclinò il collo e la squadrò per diversi secondi di silenzio. Se avesse dovuto rispondere d'istinto, senza la possibilità di valutare quanto effettivamente fosse retorica la domanda di Hannah, avrebbe detto che non capiva la natura del suo problema. Nel suo piccolo, lui la trovava meravigliosa.
Hannah non era magra. Le clavicole non sporgevano per niente in avanti e lasciavano che gli scolli degli abiti le scivolassero sulla carne in pieghe morbide e vellutate; la linea dei suoi fianchi, delle sue cosce e delle sue gambe formava delle curve sinuose e sensuali fino ai piccoli piedi; le sue guance erano tonde e colorate, le sue labbra rosee e piene come il bocciolo di un tulipano e i corti ricciolini biondi la facevano assomigliare ad un'adorabile fatina del boschi.
«Un fiore» annuì dopo un attimo di riflessione con sorriso affettuoso. «Perfino un prato intero pieno di fiori, se preferisci».
Il volto di Hannah si storse in un'espressione di adorabile confusione e Neville ridacchiò fra sé, posando la fronte nell'incavo tenero della sua spalla e inspirando l'aroma fruttato del suo profumo.
«Un'infinita distesa fiorita» continuò. «Una collina verdeggiante, un campo di grano, una fila di papaveri rossi, una nuvola bianca o una montagna di panna montata. Indossa quello che preferisci... resteresti comunque più bella del mondo intero».
Lei si umettò il labbro inferiore e si girò. Per qualche istante sembrò concentrata nei propri pensieri. Neville la vide brillare con un grande sorriso e sorrise con lei.
«È una cosa bellissima da dire» sussurrò lei, alzando una mano per carezzargli con dolcezza la mandibola. «Romantica... cavalleresca... e rubata a Celestina Warbeck».
«Come?» esclamò sconvolto Neville, spalancando la bocca. Poi roteò gli occhi con uno sbuffo. «Dannazione, come fai a saperlo? Tu detesti Celestina Warbeck».
«Altrettanto non si può dire di tua nonna» ribadì con un sorriso genuino. «Ma grazie comunque».
Sembrava così radiosa da fargli dimenticare l'imbarazzo per la gaffe commessa. Eppure c'era qualcosa che sobbalzava nel suo stomaco, qualcosa che sembrava pronto a sprizzargli fuori dall'ombelico da un istante all'altro. Voleva dirle qualcosa – qualsiasi cosa – ogni cosa purché fosse felice. Le passò le mani attorno alla vita e iniziò a litigare con la zip del vestito che indossava.
«Neville...?».
Le abbassò le voluminose spalline di tulle e le scoprì il petto. Portava un reggiseno con un bordino di pizzo bianco appena accennato. Neville trovava la sua semplicità dannatamente perfetta. Si abbassò un poco e la aiutò a liberarsi da quel groviglio di stoffa e trine. Ci mancò poco che scivolassero entrambi sul pavimento, ma una volta gettato l'abito lontano Neville rimase in ginocchio davanti a lei. La vide spostare istintivamente un braccio per coprire il seno e una fitta di eccitazione gli attraversò la colonna vertebrale.
«Tu trovami un uomo su questo pianeta che non impazzirebbe ai tuoi piedi» pronunciò con impeto. «Tu trovamelo, Hannah, e ti giuro che lo accompagnerò personalmente a farsi internare al San Mungo».
Le gote della giovane si tinsero di un accesso rossore. Strinse le labbra con profondo imbarazzo, incapace di celare il sorriso innamorato che le era comparso in volto. Ridacchiò nel dorso della mano sinistra e allungò l'altra a scompigliare con affetto i capelli di Neville.
«Perché mai dovrei cercarlo?» mormorò appena. «Ho già trovato quello perfetto».
Neville le restituì un sorriso altrettanto imbarazzato e scosse il capo.
«Io non sono perfetto».

*

«È stato... perfetto?».
Hannah sollevò il bordo del lenzuolo fino a coprirsi metà del volto. La sua camera da letto era quasi del tutto immersa nell'oscurità e i profili dei loro corpi erano solo accennati dalla luce dalla luna piena, ma aveva il timore che Neville potesse vederla nuda. Una parte della sua testa comprendeva quanto fosse assurda quell'idea, ma la vergogna continuava a soffocare ogni suo gesto. Sembrava essersi infilata perfino nella sua gola, serrando ogni parola di senso compiuto. Emise un vago mugugno senza alcun senso.
Rimasero immobili nel letto per un'altra decina di infiniti e imbarazzanti minuti, poi Neville fece un sospiro rassegnato, si massaggiò spossato la tempia destra e borbottò:
«Che Salazar mi porti. Estraggo spade leggendarie da un cappello, ammazzo mostri giganti, ma poi non riesco a...» mosse enfaticamente la mano a mezz'aria. «Fare questo».
Fu forse il pigolio con cui aveva esalato l'ultima parola, la sua ironia inaspettata e titubante o il semplice sollievo perché finalmente uno dei due aveva trovato il coraggio di dire qualcosa, ma Hannah scoppiò d'improvviso in una risata irrefrenabile. Si voltò su un fianco e si acciambellò, cercando invano di placare l'euforia. Le sue risa sembravano ormai isteriche.
«Hannah?».
«È stato tremendo!» esclamò con le lacrime agli occhi e coprendo la faccia con entrambe le mani. «Santa pace, Neville, è stato tremendo!».
«Eh, ma che meraviglia!» continuò a prendersi in giro lui, aumentando ancora di più il divertimento di Hannah. «È proprio quello che ogni ragazzo sogna di sentirsi dire quando perde la verginità».
Incapace di trattenersi oltre, lei ululò ferocemente e colpì con un pugno il cuscino. Neville si grattò la nuca e iniziò a lasciarsi trascinare dalla sua insana vivacità. All'iniziò ridacchiò con notevole nervosismo, poi si aprì in una risata ancor più fragorosa di quella di Hannah. Risero a lungo, e ad ogni secondo sembrava che l'imbarazzo che li aveva attanagliati nell'ultima mezz'ora si allontanasse sempre di più. Era un'allegria profondamente liberatoria.
«Santa pace...» riuscì a scandire lei quando si fu calmata. «Erano secoli che non ridevo tanto...».
«Grazie, Hannah. La tua capacità di mettere a proprio agio le persone è esemplare».
«Non è colpa mia! Tu non sei nemmeno riuscito a slacciarmi il reggiseno!».
«Che arnese demoniaco...» si lamentò lui con un sorriso sfinito. «Lo vendono insieme alle istruzioni per l'uso, immagino».
Scossa da nuove risate, Hannah si girò di nuovo e si appoggiò di istinto nell'incavo della sua spalla. Neville rimase spiazzato per qualche secondo, ma poi si ritrovò a intrecciare i suoi riccioli fra le dita senza nemmeno accorgersene.
«Tu mi hai frustato la pancia con l'elastico delle mutande mentre cercavi di sfilarmele» aggiunse poi.
«E mi sono perfino fatta male».
«Con l'elastico delle mie mutande?».
«Che arnese demoniaco».
Solo dopo parecchie altre risate Neville fu di nuovo in grado di parlare.
«Stai bene?».
Hannah parve ponderare a lungo la questione.
«Sì» rispose con estrema sincerità. «Adesso sto benissimo».
«Anch'io».
«È stata la prima volta più terribile a cui abbia mai preso parte.».
«Santa pace, anch'io» ridacchiò lei. «Sono felice sia stata anche l'ultima. Credi sia così per tutti?».
«No» rispose Neville con rapida schiettezza. «No, Hannah, in una scala di schifo da uno a dieci noi abbiamo fatto undici».
Ridendo ancora, lei si allungò e gli baciò appena le labbra.
«Credo di essere innamorata di te» disse d'improvviso.
«Credi?» tentennò Neville, irrigidendosi al suo fianco.
«Credo...» annuì lei con un sorriso spaesato. «Pensi sia possibile?».
«...amarmi?».
«Non saperlo davvero. Non capirci un tubo».
La baciò con premura e lei ebbe l'impressione che la titubanza del loro imbarazzante primo bacio fosse svanita con le loro risate.
«Mi dispiace, ma ci capisco meno di te, Hannah».
«Tu credi di amarmi?».
«Credo di sì».
Hannah socchiuse le palpebre e rimase ad ascoltare il ritmo veloce del suo cuore per parecchi secondi. Non aveva la più pallida idea di cosa si supponeva avrebbero dovuto fare, né di cosa sarebbe dovuto capitare, ma l'impressione che ci fosse qualcosa di perfetto in qualunque cosa stessero facendo aveva ormai preso dominio all'interno della sua mente.
Avvertì la vivida certezza che andava bene così, esattamente come stava andando. Probabilmente non aveva avuto una prima volta epocale (ancora non sapeva che ne avrebbe riso con Neville per i successivi decenni), ma si sarebbe presto rifatta con una seconda, una terza e una quarta. Avrebbero avuto infinite giornate da trascorrere insieme, avrebbero potuto uscire a cena in un modesto ristorantino di provincia, fare passeggiate lungo le spiagge di Brighton, mangiare Api Frizzole a Mielandia e avrebbero deciso insieme dove trascorrere le vacanze. Lui l'avrebbe presentata a sua nonna e probabilmente Hannah non le sarebbe andata a genio, ma era certa che sarebbe riuscita a tenerle testa. Era una sensazione strana – un po' come rivivere la vita di un'altra persona in un battito di ciglia – ma le rimase addosso più di qualsiasi altra cosa reale. Per un momento credette di volare e si accorse in fretta che era tutto nel suo stomaco. Avrebbe trascorso la vita con Neville e sebbene non avesse la più pallida idea di come potesse esserne tanto certa, non aveva nemmeno la più pallida idea di quanto si fosse avvicinata alla realtà.
«Neville?».
«Cosa c'è?».
Nell'ombra il sorriso di Hannah si trasformò in una smorfia birbante.
«Vuoi che ti insegni come slacciarmi il reggiseno?».









   
 
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