Eccomi, direi che sono migliorata almeno
un pochino, un mese invece di altri tre anni non è male, no? XD
Volevo provare a mantenere un ritmo di circa tre settimane ora che sono
rientrata dalle ferie, ma è meglio non promettere per il momento!
Grazie ancora per la pazienza e finalmente il nuovo capitolo!
Buona lettura
Ps. Cercherò di rispondere a tutte le
recensioni al più presto, grazie del tempo che mi avete dedicato
<3
The Heart of Everything
20 - /
Concern of mine
/
“Minerva, mia cara,
potresti lasciarmi solo?” chiese gentilmente Albus, ritraendosi dalla
finestra del suo studio con lentezza.
Con un grazioso cenno della testa la Professoressa McGonagall
acconsentì, bevve rapidamente l’ultimo sorso dalla sua tazza di tè del
mattino e si accomiatò.
Dumbledore si diresse verso la scrivania e la liberò con un gesto pigro
della mano dai resti della colazione condivisa con la professoressa di
Trasfigurazione quindi chiamò un elfo domestico.
“Ti pregherei di comunicare al Professor Snape che la sua presenza è
richiesta nel mio ufficio fra circa un quarto d’ora”.
L’elfo annuì e scomparve.
A quel punto Albus sedette, le dita delle mani incrociate sotto il
mento.
In attesa dell’inevitabile.
Il piccolo Harry si svegliò presto. Aprì gli occhi e la prima cosa che
vide fu il nero e subito si tranquillizzò. Era buffo pensare che a casa
dei suoi zii il nero aveva sempre voluto dire dolore e cantina e
spazzatura da mangiare e notti al freddo a piangere, ma adesso tutto
era diverso, il nero era il colore dell’uomo-Sevreus e svegliarsi
accanto a lui per il piccolo Harry era un sogno che diventava realtà.
Nessuno avrebbe mai voluto dormire con Harry, perché Harry era sporco e
cattivo e brutto, questo dicevano i suoi zii ed invece non era così.
L’uomo-Sevreus l’aveva detto, i suoi zii gli avevano mentito tutto il
tempo e adesso Harry non credeva più loro, non gli avrebbe creduto mai
più perché l’uomo-Sevreus aveva dormito con lui e lo aveva fatto stare
nel suo letto perché Harry non era sporco e cattivo e nemmeno brutto.
Harry era un bambino normale.
Pensarlo lo riempì di una tale gioia che Harry quasi rise a voce alta,
ma si trattenne perché l’uomo-Sevreus stava ancora dormendo ed Harry
non voleva disturbarlo.
Rimase immobile un po’ di tempo poi prese a studiare l’uomo-Sevreus.
Era la prima volta che lo guardava così da vicino senza essere visto.
Ridacchiò pianissimo.
Ricordava bene cosa aveva pensato del suo uomo-Sevreus la prima volta
che lo aveva visto e ricordava bene anche tutta la paura che aveva
avuto, si sentiva un po’ sciocco ora, ma in quei momenti non poteva
sapere ed era davvero terrorizzato perché l’uomo-Sevreus gli era
sembrato alto e nero e minaccioso, con il naso grande come quello di un
grosso pinguino cattivo.
Adesso, a guardarlo bene, non era proprio così.
Senza rendersene conto allungò le manine per toccare il naso
dell’uomo-Sevreus.
Era grosso, sì, ma non pareva più quello di un pinguino visto così da
vicino e non era affatto freddo, sembrava quasi un naso normale, ed
Harry era stato ingiusto anche con i pinguini perché non ne aveva mai
visto uno dal vivo ed in effetti non poteva sapere se quelli con il
naso grosso erano più cattivi degli altri…
“Posso chiedere, di grazia, cosa stai facendo, Harry?”
Harry si era perso il momento in cui l’uomo-Sevreus si era svegliato e
adesso aveva ritratto in fretta le mani.
Si sentiva un po’ in colpa, aveva svegliato l’uomo-Sevreus che era
stato così gentile da farlo dormire nel suo letto.
Quindi chiese scusa subito, ma non scappò dal letto come avrebbe fatto
un tempo.
Harry era piccolo, sì, ma sapeva bene che tante cose erano cambiate,
lui era cambiato.
Si sentiva bene, meglio di quanto avesse mai ricordato ed era… sì, più…
certo nelle cose, più bravo.
Sì, stava diventando bravo e non aveva paura dell’uomo-Sevreus, né
paura di dover andare via perché se diventava bravo nessuno lo avrebbe
mai mandato via.
Sorrise, pensando a come era bello farlo, a come era bello avere un
motivo per farlo.
Rinunciando a capire il bambino-Potter, che prima aveva ‘mappato’ tutto
il suo naso per poi sorridere senza nessun motivo apparente, Snape si
alzò.
Mentre si vestiva s’informò su come il bambino aveva passato la notte e
la risposta fu di suo gradimento.
Attese quindi che il piccolo Potter finisse di prepararsi ed insieme
entrarono in cucina per fare colazione.
Un elfo domestico comparve in quell’istante senza essere stato
chiamato, Severus trovò la cosa insolita, ma tutto fu chiaro quando la
piccola creatura riferì il messaggio di Dumbledore.
Snape annuì e la colazione passò, per il maestro di Pozioni, in un
turbinio di pensieri e supposizioni.
Sirius Black, per una volta nella vita, fu grato dell’onniscienza di
Dumbledore all’interno delle mura di Hogwarts.
Non era dell’umore adatto a farsi annunciare, era andato lì per uno
scopo ben preciso e, come era insito nella sua natura, preferiva
arrivare direttamente al punto.
Pertanto quando il gargoyle all’ingresso dell’ufficio del Preside si
aprì senza la parola d’ordine Sirius se ne compiacque e subito entrò
con Remus.
Quest’ultimo lo aveva seguito fin da Hogsmeade, qualche passo indietro
ed in rigoroso silenzio.
Quel silenzio di rimprovero che Sirius conosceva così bene, ma che per
una volta aveva deciso di ignorare.
La pazienza non era il suo punto di forza, Sirius lo ammetteva sempre
di buon grado, e adesso men che meno. Erano passate settimane e nessuna
notizia dell’unico figlio di James e Lily.
Possibile che proprio Albus, fra tutti, non capisse quanto era
importante per lui poter finalmente compiere il proprio dovere e
prendersi cura del suo figlioccio?
Quanto era stato difficile venire a patti con la propria coscienza e
lottare con il senso di colpa che lo aveva divorato come – e qui
ironicamente rise – un cane affamato divora un osso?
Non sapere cosa ne era stato di quello che rimaneva della sua famiglia,
perché tale l’aveva considerata, era stato un fallimento che lo aveva
condotto quasi alla pazzia, più di tutto quello che i Dementors gli
avevano fatto, eppure era rimasto aggrappato alla speranza di riuscire,
un giorno, ad esaudire la preghiera dei suoi amici, morti in una guerra
giusta, una guerra per la libertà.
E quel singolo pensiero lo aveva aiutato, giorno dopo giorno, in quei
cinque anni di buio completo. Adesso, che il momento era giunto,
nessuno, neppure Dumbledore, sarebbe riuscito a fermarlo.
“Albus”.
“Sirius, ragazzo mio, è un piacere vederti, come ti senti?”
Black esitò, ma lo sguardo severo di Remus lo convinse a mostrare tutta
l’educazione che era possibile raccogliere in quella situazione.
“Molto meglio, grazie”.
Naturalmente i limiti della cortesia dei Black non erano tali da
spingerlo ad indulgere in inutili chiacchiere di circostanza e Sirius
sapeva bene che Dumbledore poteva capirlo, anche se leggeva della
disapprovazione nei suoi occhi azzurri .
Mentre sedeva con palese riluttanza decise quindi di arrivare al dunque
senza ulteriori distrazioni.
“Immagino tu sappia perché sono… siamo – fece un gesto della mano
includendo, suo malgrado, anche Remus – qui, Albus”.
“Naturalmente, mio caro ragazzo, naturalmente” rispose bonariamente il
Preside.
E quindi non aggiunse altro per un tempo abbastanza lungo.
Sirius tentò di dominare la propria impulsività, ma i secondi
rintoccavano nella sua testa, irritandolo.
“E… dunque?” chiese, sperando di non dover estorcere informazioni in
quel modo per tutto il resto della loro, si augurava, breve
conversazione.
Albus sorrise, affabilmente.
“Stiamo aspettando chi potrà rispondere alla tua prossima domanda,
immagino”.
Sirius si posò una mano sulla tempia, al limite della pazienza, mentre
Remus tentava di comunicargli spirito di sopportazione con un discreto
colpo di tosse quando la porta dello studio si aprì, garantendo
l’ingresso a Severus Snape.
“Che cosa ci fa lui qui?” gridò subito Sirius, alzandosi in piedi di
scatto.
Albus lo ignorò in favore del nuovo arrivato.
“Proprio la persona che stavamo aspettando, vieni mio caro ragazzo.
Siediti”.
Nonostante il rancore che aveva provato alla vista del cane rognoso e
del suo amico mannaro Severus sapeva ancora riconoscere la differenza
fra un invito ed un ordine quindi sedette con lo sguardo fisso su
Albus, sperando veementemente di comunicargli tutto il risentimento che
provava per lui in quei momenti.
“Bene, bene – disse Albus, sistemandosi più comodamente. –
Adesso, Sirius, siamo pronti. Puoi porre tutti i tuoi interrogativi a
me e a Severus”.
Prima che l’espressione di puro odio che Sirius aveva sul viso si
trasformasse in una sequela di insulti inascoltabili Remus intervenne
con la domanda più sensata che fu in grado di trovare sul momento.
“Di grazia, Albus, perché mai Severus Snape avrebbe le risposte che
Sirius… che noi… cerchiamo?”
“Ma è molto semplice, ragazzo mio. Siete qui per informarvi sulle
condizioni del piccolo Harry Potter, dico bene? Come certamente saprete
dopo un breve periodo con i suoi più prossimi parenti nel mondo dei
Muggle, il mutamento di alcune circostanze, che è superfluo menzionare
adesso, hanno imposto il mio intervento. Il piccolo Harry è stato
quindi prelevato dalla casa dei suoi zii e condotto qui ad Hogwarts.
All’epoca di questi fatti Sirius stava ancora scontando la sua ingiusta
condanna ad Azkaban e Severus si è gentilmente offerto – e qui Snape
sbuffò ironicamente a voce alta – di occuparsi del bambino. Quindi, se
la domanda che Sirius è ansioso di porre è: ‘Dov’è Harry?’ nel presente
momento nessuno meglio di Severus è in grado di rispondergli”.
Il gelo più completo cadde su di loro, stendendosi come una coltre
mortale di candida neve.
Severus incrociò le braccia sul petto, ma ormai nessuno sguardo o
atteggiamento poteva comunicare il profondo astio che sentiva per Albus
e per la sua semplicistica e reticente spiegazione.
Come poteva, nel giro di qualche imprecisa frase, ridurre a niente
tutte le crudeltà subite dal bambino, tutto il dolore ed il lavoro che
c’era stato dietro ogni singolo attimo di libertà che adesso il piccolo
Potter poteva respirare?
Il tutto, ovviamente, senza fare alcuna menzione delle proprie colpe,
tipico di Dumbledore, certo.
Non sentiva di dovergli rendere le cose facili.
Parlò prima di riflettere.
“Non dimentichi nulla, Albus?”
L’anziano Preside non perse il suo sorriso soddisfatto.
“Oh, giusto ragazzo mio, giusto. Con mio sommo piacere dalla loro
convivenza è nato, fra il Professor Snape ed il piccolo Harry, un
eccellente sodalizio che ha spinto Severus ad inoltrare, con il mio
benestare, domanda di affidamento per il bambino. Naturalmente, ripeto
ancora una volta per chiarezza, all’epoca non eravamo ancora in
possesso delle prove della tua innocenza, Sirius, e questa soluzione
sembrava la migliore per tutti. A mio avviso lo è ancora, in effetti…”
Nemmeno la tolleranza di Remus poteva arrivare a tanto, quando Sirius
si alzò minaccioso, il viso distorto in una maschera di incredulo
furore, Lupin non gli lanciò nessun avvertimento, nessuno sguardo di
invito alla moderazione. Concordava con Black che Dumbledore aveva
definitivamente passato il segno.
Severus intanto sospirò fra sé e sé, immobile nell’attesa dell’epico
scontro che non aveva potuto prevedere durante la colazione passata a
riflettere, ma che aveva fiutato con sicurezza nell’aria entrando nello
studio del Preside.
Dannato Albus!
Aveva raccolto davanti a sé i suoi pedoni per poi restare fermo a
guardarli scannarsi per una decisione che era già stata presa e sulla
quale non si doveva assolutamente tornare.
Era semplicemente impensabile ritenere che Sirius Black potesse essere
in condizioni di occuparsi di un bambino qualsiasi, tantomeno di un
bambino devastato come Harry Potter.
Bastava fare riferimento all’attuale momento temporale pieno di urla e
insulti per rendersi conto che Black non solo non possedeva alcuna
padronanza di sé, ma che era incline ad alzare la voce e forse anche le
mani.
Assolutamente inaccettabile.
Intanto Sirius, fedele al suo momento di completo rifiuto, continuava
ad inveire contro Albus.
“Di tutte le cose assurde e di tutte le tue maledettissime
macchinazioni questa è in assoluto la peggiore! Di tutti quelli che
avevi a disposizione, di tutti, FRA TUTTI: lui! LUI! Non ti rendi conto
del favore che gli stai facendo? Era quello che voleva per vendicarsi,
finalmente! Il figlio di James, nelle sue mani! No, NO, NO!”
Albus lo ascoltava pazientemente, mentre Remus restava immobile, ma dal
suo modo di sedere si evinceva una profonda agitazione che solo il
Preside poteva cogliere appieno.
“ALBUS! TI SBAGLI DI GROSSO SE PENSI CHE LASCERÓ IL FIGLIO DI JAMES E
LILY NELLE MANI DI UNO SPORCO DEATH EATER…”
La paziente attesa di Dumbledore cessò in quell’istante, la sua
espressione si fece dura, i suoi occhi divennero di ghiaccio.
La sua voce restò pacata, ma risuonò come un incantesimo devastante.
“Adesso basta, Sirius. Ci sono cose che nemmeno trasportato dalla
rabbia ti è concesso dire, ricordalo bene. Inoltre tu per primo – e lo
guardò intensamente – sai che nessuno, ripeto nessuno, deve essere
giudicato prima di essere ritenuto colpevole”.
Sirius indicò furiosamente Snape.
“Il suo braccio sinistro è una prova schiacciante che nessuna corte
potrebbe rifiutare…”
“A quanto pare non è così, lo sai bene. Severus è stato sottoposto a
giudizio ed è uscito dalle sale del Wizengamot prosciolto da tutte le
accuse”.
“Dannazione Albus! Non prendiamoci in giro, sappiamo tutti come tu
abbia interceduto in suo favore per i tuoi scopi, ma ti dico che ti
sbagli se pensi che…”
“Per quanto illuminante e coinvolgente sia la discussione alla quale ho
potuto gentilmente prendere parte grazie ad un, direi, tempestivo
invito, Preside, mi trovo costretto a lasciarvi per…”
“TSK!” lo interruppe Sirius, con disprezzo.
“…ottemperare ai miei compiti di insegnante. La mia classe mi attende,
vogliate scusarmi”.
“DOVE CREDI DI…”iniziò subito Sirius, ma la voce di Dumbledore lo fermò.
“Severus, ti chiedo di rimanere, per favore. È giusto che Sirius e
Remus vengano a conoscenza dei fatti…”
“Ah, sì?” disse Snape, alzando un alquanto ironico sopracciglio.
“…al momento strettamente necessari a risolvere questo problema.
Confido nella tua comprensione, Severus, come sempre”.
Maledetto, cento volte maledetto, Albus!
Ma l’avrebbe scontata, un giorno. Forse proprio per mano sua se il
cielo avesse voluto.
L’ironia di quel ricordo non gli sarebbe certo sfuggita anni dopo, ma
al momento Severus regnò sulla propria, silente, furia e sedette
nuovamente.
Per la prima volta da quando era entrato in quelle stanze Sirius gli si
rivolse direttamente.
“Dove diamine pensavi di andare? Albus può dire quello che vuole, tutto
il dannato mondo magico può dire quello che vuole, ma io conosco la
verità, credi che non sappia? Che non abbia udito voci al riguardo?”
“Che tu abbia udito voci, Black, non lo metto in dubbio, pazzo come
sei…”
“Sei un assassino ed io lo so. Ti inginocchiavi ai piedi di
quell’essere disgustoso e lo servivi, lo ammiravi, perché il suo potere
piaceva alla tua anima marcia e nessuno, nessuno smette mai di essere
un… suo seguace. Odiavi James e Lily, hai informato tu il Signore
Oscuro della profezia e sei riuscito a prenderti la tua vendetta su di
loro e adesso, per completare il tuo capolavoro, vuoi tormentare quel
povero bambino, ma io non te lo permetterò mai, MAI! MI HAI SENTITO?”
Senza scomporsi troppo, abituato a non mostrare alcuna emozione proprio
a causa di quell’essere disgustoso che aveva servito, il maestro di
Pozioni replicò lentamente.
“Dimentichi, Black, di essere anche tu un assassino, con la tua, come
definirla, malaugurata idea di consigliare Pettigrew come Secret Keeper
dei Potter. E’ stata l’espressione più alta della tua idiozia a
suggerirtelo oppure in realtà covavi un certo, malsano, risentimento
nei confronti del tuo migliore amico?”
“Maledetto. Lurido. Bastardo! Dov’è Harry? Dove lo tieni? Cosa gli hai
fatto? Esigo di saperlo, sono il suo padrino!”
Snape rimase in perfetto silenzio, rifiutandosi di rispondere.
Albus sospirò e, attirata l’attenzione del suo insegnante, gli fece
cenno di accontentare Sirius.
Con tutta la calma del mondo Snape prese la bacchetta, osservando con
la coda dell’occhio come Sirius si fosse quasi impercettibilmente
ritratto, e castò un incantesimo temporale per controllare che ore
fossero. Non che ne avesse bisogno, ma si compiaceva all’idea di far
spazientire quel cane rabbioso.
“A quest’ora il bambino sta facendo i suoi compiti”.
“Quali compiti? Cosa significa? Lo stai facendo lavorare per te? Albus,
non puoi aver affidato Harry a questo… questo… no, chissà cosa gli ha
fatto, cosa gli ha detto… Snape, ti giuro che se…”
Sufficientemente stanco di quel giochino Severus si alzò.
“Naturalmente, Albus, se mi hai chiamato per una consulenza privata, e
ne immagino il motivo – disse lentamente squadrando Sirius dall’alto in
basso con disprezzo – il verdetto non ti piacerà. E’ evidente
che questo fenomeno da baraccone è nuovamente orientato nel tempo e
nello spazio, forse sa anche tornare alla cuccia da solo senza il suo
fedele spirito guida mannaro, ed anche la memoria a lungo termine non
sembra eccessivamente compromessa per quanto si presenti selettiva e
lacunosa… Il problema riguarda tutte le altre funzioni intellettive,
quelle superiori, delle quali il soggetto è ovviamente privo, ma di
questo non possiamo certo dare la colpa ai poveri Dementors. È
senz’altro un grande rammarico che la loro eccellente opera sia stata
interrotta così presto…”
“TU! Come osi, maledetto! Lurido… Snivellus!” e fece per gettarglisi
contro, un pugno alzato.
Il mezzo sorrisetto sarcastico sparì dai tratti di Snape per lasciare
posto ad un’espressione ben più terribile e pericolosa.
In un attimo Severus ebbe in mano la bacchetta e senza esitazione la
puntò su Black, mormorando suadentemente:
“Desideri forse che ti venga mostrato perché mi considerava il migliore
dei suoi seguaci?”
Albus si alzò a sua volta.
Invisibile, ma presente, il potere magico che sfrigolava attorno al suo
corpo dall’apparenza così fragile avvolse tutti nella stanza.
“Vi consiglio caldamente di riprendere i vostri posti, signori. Adesso”
disse il Preside con voce bassa, ma assolutamente perentoria.
Sirius sedette, ma Snape, nonostante il potere che poteva chiaramente
avvertire, rimase dov’era. Abbassò la bacchetta e fece per andarsene.
Si girò un attimo prima di uscire.
“Fino ad ora ho partecipato a questa farsa dietro tua richiesta, Albus,
anche se sai bene quanto io detesti buttare via il mio poco tempo,
ricordi? Ma adesso mi rifiuto di sottrarmi ulteriormente ai miei
compiti per assistere a questa pessima commedia. Com’è stato possibile
osservare con chiarezza Sirius Black non è in grado di controllarsi,
nelle parole come nei fatti. La sua impulsività, la sua irascibilità,
la sua mancanza di controllo alla minima provocazione verbale, per non
parlare della sua somma idiozia, lo escludono completamente e
definitivamente dall’essere in grado di occuparsi di una qualsiasi
creatura vivente, lui stesso compreso. Pertanto questo ‘allegro
convivio’ è completamente inutile. Non permetterò mai ad un uomo simile
di avvicinarsi al bambino con questa scarsità di autocontrollo e di…
pfui, igiene personale”.
Sirius si rialzò, ma non fece nemmeno un passo verso Snape, sentiva
ancora il potere di Dumbledore attorno a loro e non era così stolto da
sfidarlo, così si limitò a gridargli dietro.
“Porterò questo in tribunale, Snape, sappilo! Non l’avrai vinta, ti
strapperò Harry. Puoi starne certo!”
Severus lo graziò di un ultimo sorrisetto ironico.
“Provaci pure, Black, e buona fortuna”.
Poi si volse verso Albus, la sua espressione s’indurì ulteriormente.
“Ritengo la faccenda conclusa. Potter è, e resterà, una mia
preoccupazione. Mia e di nessun altro”.
E così dicendo se ne andò.
Dumbledore sospirò intensamente.
“Tutto questo era veramente necessario, ragazzo mio?” chiese a Sirius
mentre quest’ultimo sedeva di nuovo, visibilmente furioso.
Con sua grande sorpresa fu Remus a rispondergli e lo fece con un’altra
domanda.
“E’ quello che chiedo a te, Albus. Era necessario? Tenerci all’oscuro,
farci aspettare tutto questo tempo, costringerci a venire a cercare la
verità per poi scoprire che ci hai traditi affidando il bambino a
Snape. Sai che non è mia abitudine giudicare nessuno, ma cosa posso
pensare di te? Sai che Sirius ha aspettato tanto questo momento e…
proprio lui, poi. Non c’era davvero nessun altro?”
“Remus, ti posso assicurare che in questo momento nessuno, nessuno, è
più adatto di Severus e spero che possiate comprendere che non
desideravo arrecarvi dolore, ma la situazione ha richiesto un
intervento urgente e voi, tu, ma soprattutto Sirius, non eravate ancora
qui. Il piccolo Harry aveva bisogno di stabilità e credo sinceramente
che l’abbia trovata con Severus…”
“Basta! Non intendo sentire altro. Contatterò il Ministero della Magia
ed intenterò causa per ottenere l’affidamento di Harry. Andiamo, Remus”
disse Black, alzandosi per andarsene.
“Non c’è davvero nulla che posso dire per farti vedere le cose
diversamente, mio caro ragazzo?” tentò un’ultima volta l’anziano mago.
“Non intendo ascoltarti, Albus. Non ti credo più”.
E senza aggiungere altro se ne andarono.
Snape rientrò nelle proprie stanze per pranzo.
Era alquanto insolito che lo facesse, negli ultimi tempi preferiva
mangiare in classe, dove poteva più facilmente mettersi avanti con il
lavoro per poter poi dedicare più tempo al bambino la sera.
Ma dopo quello che era successo nello studio di Dumbledore aveva
bisogno di un posto confortevole per riflettere con calma.
Il bambino era in cucina, presumibilmente intento nel finire il proprio
pasto, come Snape gli raccomandava spesso di fare. La scatola dei
compiti era ancora sulla piccola scrivania piena di fogli e pergamene
di lettere e sillabe.
Non c’era che dire. Si poteva senza dubbio affermare che Harry Potter
fosse in assoluto il più costante e diligente studente di Severus Snape.
La sua piccola mente era brillante, quel bambino era come una pianta
lasciata troppo tempo al sole che adesso, in presenza della giusta
acqua e di un buon riparo dalla luce diretta, si stava riprendendo con
tutta l’intenzione di diventare assolutamente rigogliosa.
E Snape ne sarebbe stato impercettibilmente estasiato se non fosse
stato per l’insistente pensiero che tutto potesse finire da un attimo
all’altro.
Quel disgustoso cane pulcioso era stato chiaro: sarebbero andati in
tribunale.
L’ultima cosa di cui Snape aveva bisogno era quella di essere coinvolto
in un nuovo processo, in modo da agevolare i membri del Wizengamot che
ancora stavano cercando prove contro di lui.
E, senza dubbio, l’ultima cosa di cui il piccolo Harry aveva bisogno
era tutta la pubblicità che sarebbe seguita all’evento. Il non avere
più una vita già dalla tenera età di sei anni, il dover presenziare di
fronte alla corte, l’agitazione che ne sarebbe seguita, per non parlare
del fatto che a quel punto la sua nuova collocazione sarebbe stata nota
a tutti, soprattutto a chi desiderava ucciderlo o rapirlo.
Era una situazione terribile e come sempre Snape non poteva che dare la
colpa ad Albus e alla sua incapacità di giocare a carte scoperte.
Se avesse introdotto l’argomento per gradi subito dopo la scarcerazione
di quel demente di Black forse non sarebbero arrivati allo scontro
diretto.
Ma Dumbledore si sbagliava enormemente se pensava che Snape non avrebbe
usato tutti i suoi assi nella manica.
Era stata taciuta l’informazione sugli abusi e sui parenti Muggle di
Harry, così come si era glissato sul nome del responsabile.
Snape aveva compreso immediatamente il motivo della reticenza di Albus.
Sicuramente il Preside, dopo tutta la fatica fatta per scagionare
Black, non avrebbe tratto giovamento da una sua nuova condanna per
plurimo omicidio.
Ma se dire tutta la verità avrebbe significato restare con il suo
bambino-Potter, Snape, per una volta, si sarebbe sforzato di dirla.
Al diavolo le conseguenze, al diavolo Albus, al diavolo tutti quanti!
Il bambino-Potter era suo. Suo e di nessun altro, come aveva detto
nello studio di Dumbledore.
Una sua preoccupazione, una preoccupazione che Snape voleva con sé, per
sempre.
Preso da quei pensieri agitati Severus non si accorse che non solo il
bambino aveva finito il suo pranzo, ma che silenziosamente gli si era
avvicinato fino a trovarselo davanti nel momento in cui aveva alzato
gli occhi.
Il bambino-Potter lo osservava curiosamente, pensoso.
Poi, avvicinandosi ancor di più, lo stupì con una richiesta che non
aveva quasi mai avanzato prima.
“Posso toccarti, Maestro Sevreus?”
La sua prima reazione sarebbe stata quella di chiedere ‘Per fare cosa,
Potter?’, ma il suo Harry non meritava certo tutto quel sospetto,
quindi Snape annuì, chinandosi con il viso in avanti, stranamente
convinto che il bambino-Potter volesse in qualche modo portare avanti
gli studi morfologici del suo naso iniziati quella mattina.
Invece tutto quello che il piccolo Harry fece fu tenerlo delicatamente
fermo con le sue piccole manine mentre gli regalava un bacetto sulla
guancia, per poi guardarlo, ridacchiando compiaciuto.
L’espressione di puro stupore che si dipinse sui tratti dell’altrimenti
austero ed inflessibile Professore probabilmente venne interpretata dal
bambino come una richiesta di spiegazioni.
Ed ecco l’infernale torcersi di manine che Snape non vedeva da un po’
di tempo.
“Harry… io… ho visto che il Maestro Sevreus sembrava come quando i
grandi hanno i loro problemi e qualcosa li preoccupa allora ho pensato
di fare questa cosa che ho visto fare qualche volta e funzionava sempre
quando la vedevo fare… forse ho sbagliato a farlo? Non ha funzionato?
Il Maestro Sevreus è ancora preoccupato?”
Quell’animo, quella bontà, come non riconoscerli? Come non sapere che
erano il lascito di Lily?
La stessa dolcezza, il bisogno di confortare chi vedeva in difficoltà,
la stessa bontà, no forse anche di più perché Severus sapeva che,
escludendo sua sorella, Lily Evans aveva avuto una buona famiglia che
l’aveva amata ed accettata. Al piccolo Harry invece erano toccati quei
rifiuti della società, ma nonostante tutto il bene era così radicato
nel suo intero essere da risplendere intensamente anche con un essere
nero come Severus.
Sapendo di dovergli una risposta gli accarezzò la testolina arruffata e
disse:
“Va molto meglio adesso Harry, grazie per il tuo… aiuto”.
Il bambino sorrise e si allontanò per tornare ai propri compiti,
lasciandolo solo con un tale calderone di sentimenti contrastanti in
petto da sembrare una pozione di un Hufflepuff del primo anno.
Quella sera stessa, dopo essersi rifiutato tutto il giorno di toccare
cibo, Sirius sedette nel suo studio. Quando Remus entrò con un vassoio
di tè lo trovò intento a scrivere una lettera. Anche senza vedere il
destinatario Lupin sapeva già.
Sedette a sua volta, stancamente.
Dopo un attimo fece per prendere fiato e parlare, ma la risposta di
Sirius arrivò senza che la domanda venisse neppure formulata.
“No”.
Remus sorrise brevemente.
Poi parlò, come nulla fosse.
“Non credi sia il caso di… aspettare? ” chiese, gentilmente. Sapeva
quanto fosse fragile Sirius in quel momento.
Questa volta Black non gli rispose, ma Remus fece finta di niente.
Aveva sempre funzionato così fra loro.
“Lo so che questa parola, ‘aspettare’, non ti piace e concordo con te
che il comportamento di Albus è stato imperdonabile…”
“Pronuncialo questo ‘ma’, prima che ti si incastri in gola, vecchio
lupo” sbuffò Sirius.
Lupin rise, un po’ più sereno.
“Ma – disse con estrema enfasi – c’è… non so… qualcosa che non capisco
ancora. Dei punti oscuri. Non sarebbe più saggio aspettare di
vederci…chiaro?”
In tutta risposta Sirius chiuse la missiva in fretta, la consegnò al
gufo che attendeva lì vicino e lo guardò volare via nella sera.
“Capisco” disse Remus, alzandosi e andando via.
Continua…
Dementors: Dissennatori;
Peter Pettigrew: Peter Minus;
Secret Keeper: è colui che prendendo parte ad un incantesimo Fidelius
diventa l'unico custode dell'esistenza di chi è sotto
quell'incantesimo, chi si nasconde con l'incantesimo Fidelius non può
essere trovato a meno che colui che ne custodisce il segreto non lo
riveli;
Snivellus: è il soprannome dispregiativo che James Potter aveva
inventato per Severus Snape durante gli anni di scuola.
Non so se effettivamente sia
plausibile che Sirius fosse a conoscenza del fatto che Severus avesse
ascoltato parte della Profezia e che l'avesse riportata a Lord
Voldemort o che Severus sapesse che era stato Sirius a suggerire Peter
Pettigrew come Secret Keeper, ma mi serviva per la trama, perdonatemi
se fosse un'inesattezza.
Nota
grammaticale: per mia decisione personale in
questa fanfic tutti i nomi propri ed alcuni altri di vario genere sono
mantenuti originali, quindi con i termini inglesi, non solo per
rispetto alla signora Rowling che così li ha creati, ma anche perché
non approvo la dilagante malattia del
‛traduzionismo-sempre-e-comunque’. Per correttezza nei confronti di chi
è in disaccordo con me alla fine di ogni capitolo metterò i termini
italiani corrispondenti. Grazie mille.