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Autore: Kat_Mel    04/09/2012    6 recensioni
Salve a tutti gente, sono tornata, con una nuova storia, che secondo me la rende diversa dalle altre. Quest'anno si festeggia il centenario dell'affondamento della maestosa e bellissima nave RMS Titanic, e vorrei rendere omaggio a questo capolavoro di ingegneria del 1912
Genere: Generale, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Anche una nave ha dei sentimenti

 

RMS Titanic, questo è il nome che hanno scelto per me, per una nave maestosa, lussuosa, imponente, e prestante.

Maestosa e imponente, perché sono la più grande nave mai costruita in questi tempi, forgiata con l’acciaio migliore dell’Irlanda, dotata di numerosi compartimenti stagni e di numerose paratie molto pesanti e potenti, che riescono a sopportare molta pressione.

Lussuosa, perché sono la più lussuosa delle navi mai costruite, dotata di molte comodità, piscina, camere molto grandi e lussureggianti e quattro suite sul ponte passeggiata.

Prestante, perché la propulsione è a vapore, il mio limite di velocità è circa 24 nodi, e poi perché non sono come la mia gemella Olympic, quella è tornata in porto con la prua distrutta, reduce  da uno scontro con l’incrociatore Hawke, ed è per quel motivo che la mia cerimonia di inaugurazione non si svolse.

Oggi, 14 aprile 1912, a mezzogiorno, inizia il mio primo viaggio, il viaggio d’inaugurazione. Attraverserò l’Atlantico portando con me circa 2228 persone a bordo, è un’emozione indescrivibile. Potrò portare tutte queste persone in America, a New York, non ci posso credere. Manca poco alla partenza, e i ritardatari si sbrigano a salire a bordo, con molta fretta e disordine, per paura di perdersi il viaggio.

Sono comandato dal Capitano Smith, e progettato dal celeberrimo Thomas Andrews, anche lui a bordo in occasione di questo mio primo viaggio.

Ecco, è mezzogiorno, tutte le persone imbarcate salutano i propri cari o amici con dei fazzoletti, non capisco che bisogno c’è, tanto il viaggio di ritorno lo faranno comunque.

Partiamo, stiamo lasciando il porto, e tutti a terra gridano entusiasti, ma a me non importa, devo raggiungere il mio obiettivo: New York. Quella è la cosa più importante.

Sto viaggiando a tutta velocità, al massimo della potenza, e i macchinisti si danno un sacco da fare per rispettare gli ordini del capitano, mentre, sul ponte e nelle camere, i passeggeri trovano un modo per passare il tempo, andando in piscina, giocando a carte, o schiacciando un pisolino nel proprio letto.

È tutto il pomeriggio che viaggio e mi sento ancora carico e pieno di energie, infatti, viaggio ancora al massimo della mia potenza, ventiquattro nodi, ma credo che adesso bisognerebbe rallentare, infatti, il cielo si sta oscurando.

È venuta la sera, e i passeggeri sono tutti al ristorante della nave, a gustarsi leccornie e cibarie varie, mentre io mi nutro solo di carbone, carbone che i macchinisti continuano a inserire nei forni senza rallentare il ritmo, senza sosta.

Passo ancora qualche ora a navigare per l’oceano, ma il mare è troppo calmo, sembra una tavolata, e non c’è un minimo di vento. L’unico rumore che si sente sono le risa dei passeggeri e lo sbattere di piccole onde sui miei fianchi. Sento le persone all’interno che mi definiscono “La nave dei sogni”, infatti, nessuno può eguagliarmi, neanche le mie gemelle ce l’hanno fatta.

Ma che succede?! Un iceberg è dritto davanti a noi, come fate a non vederlo… Date l’allarme idioti!

Ma perché quelli di vedetta non lo notano, se non daranno l’avviso in tempo finirò col schiantarmi.

Ecco, alla fine hanno mandato l’avviso, anche se in ritardo…

Mi fermano e invertono la rotta, ora sto cercando di andare indietro, ma l’elica di tre pale non è d’aiuto in questa situazione, siccome è veramente piccola. Giro a destra, ma ahimè l’iceberg colpisce la fiancata, provocando uno squarcio lungo 45 metri. L’impatto non si udì né percepì a bordo, ma chi si accorse del danno provocato, andò subito ad avvisare il capitano, che ordinò di fare una riunione con il progettista.

Sento parlottare da un po’ nella cabina di pilotaggio, e Thomas Andrews sentenzia che lo squarcio è stato provocato sotto la linea di galleggiamento… uno shock per me, perché stavo imbarcando acqua, e non potevo fermarla, in quel momento mi sentivo impotente, mi sentivo uno schifo, e proprio in quel momento speravo che si potesse fare qualcosa. Ma non era questa la notizia peggiore. Thomas Andrews informò il capitano e il presidente della White Star Line, il signor Ismay, che dopo che l’acqua avrebbe raggiunto cinque compartimenti, io sarei affondato. L’equipaggio fa di tutto per fermare il flusso d’acqua che si infiltra nello squarcio, chiudendo le paratie e togliendo acqua con delle pompe, ma non ci riescono, così passano alla sala successiva. L’equipaggio, che sa bene cosa deve fare, avverte i passeggeri uno ad uno, entrando nelle apposite camere e intimando loro di indossare il giubbotto di salvataggio e dirigersi sul ponte, per salire sulle scialuppe di salvataggio, almeno loro avrebbero avuto una speranza di salvarsi, al contrario di me.

Comincio ad inclinarmi, questo vuol dire che l’acqua ha già inondato cinque compartimenti. La prua comincia ad abbassarsi, e le prime scialuppe vengono immerse in acqua, mezze vuote. A bordo c’è il caos più totale, e le persone continuano a spingersi per salvare la pelle, mentre altre scelgono di tuffarsi in mare, invece altre aspettano il loro turno… per morire o per salvarsi, solo loro lo sanno.

Altre scialuppe vengono calate in mare, ancora una volta mezze vuote. Le persone che giacciono ancora a bordo si fanno prendere dal panico, e commettono pazzie, buttandosi in mare ad un’altezza spropositata, mentre altre, che erano già in acqua, cercano di salire a bordo delle scialuppe con la forza. Intanto la poppa continua ad elevarsi, creando uno spettacolo magnifico ma anche terrificante, lo scafo si spezza in due per la troppa pressione e cado, spazzando via le persone che erano sotto di me, stroncando loro la vita, ma anche il loro futuro, e la loro speranza di vita.

Questo doveva essere il mo primo viaggio, il mio viaggio inaugurale, invece qualcuno l’ha trasformato in un incubo, un incubo dal quale quasi nessuno si risveglierà. Dovevo raggiungere New York e portare 2228 persone a bordo, invece, a 500 kilometri dalla costa, io, la nave dei sogni, affondo lentamente, trascinandomi dietro molti corpi di uomini, donne e bambini. Me li trascinerò giù, nel fondale dell’oceano, dove nessuno li troverà mai più.

La prua si stacca, rimane solo la poppa a galleggiare sull’acqua, per un minuto interminabile, un minuto che per qualcuno può essere fatale, un minuto che per qualcuno può rappresentare la salvezza.

E così scendo, immergendomi in quell’acqua gelida, senza fermarmi.

È così che doveva andare a finire? Io sono la più grande nave mai costruita prima, e ora, per colpa di alcuni stupidi inglesi, affondo senza alcun ritegno, senza dignità… senza orgoglio, perché ora di orgoglio non ne ho più.

Continua la mia camminata verso il fondo dell’oceano, e anche la punta più alta della poppa scompare, lasciando al suo posto un vortice di risucchio, che distrugge altre vite umane, lasciandole senza un futuro, anzi, un futuro ce l’hanno, hanno un futuro come il mio, un futuro triste, quello di rimanere per sempre con me, sul fondo dell’oceano, con la nave che li ha uccisi, con la nave che ha strappato loro la vita…

Ed ora sono qui, sul fondale oceanico, a rimuginare sulla fine dell’equipaggio, sulla fine delle persone… sulla mia fine.

A bordo c’erano uomini validi, uomini forti, tenaci, e che non hanno mollato fino alla fine, ma c’erano anche uomini, uno in particolare, Ismay, che era un codardo, un uomo superficiale, che preferiva vivere al posto di sacrificarsi…

Il capitano Smith, un uomo coraggioso, che fino all’ultimo istante mi ha accompagnato in questa tragica avventura, un uomo esperto, che ha guidato per tanti anni navi bellissime, tra le quali la mia gemella Olympic,  ma questa volta ha commesso una sciocchezza, una sciocchezza che è costata la vita di ben più di 1500 persone.

Thomas Andrews, un altro uomo tenace, lui non era costretto a stare con me, ma ha preferito soccombere con il suo progetto finito, piuttosto che arrivare a New York e fare la bella vita. Un uomo da stimare, un uomo da apprezzare per il suo coraggio, e per la sua forza di volontà, insomma, un uomo da amare.

Bruce Ismay, presidente della White Star Line. Un uomo che non aveva fegato, un vigliacco che preferiva la carriera alla vita delle persone a bordo. Ha preferito salvarsi, piuttosto che restare qui con me, con noi. D’altronde non posso criticare un uomo pieno di soldi, non posso e non voglio. Lui ha scelto la strada più facile, quella di vivere, e bisogna rispettare la sua scelta.

 E me ne sto sul fondo dell’Atlantico, ad osservare corpi scendere giù in profondità per venirmi incontro, magari vogliono fare un ultimo viaggio in paradiso, e se me lo avessero chiesto, non avrei esitato a dire di sì…

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO DI YUZU-CHAN

 

Salve a tutti, come avete notato ho scritto una ff un po’ strana, ma spero che vi piaccia.

Non voglio rompervi le scatole come al solito dicendovi di dire la vostra su questa storia, ma voglio solo chiedevi dei favori.

Oggi al telegiornale ho sentito che Alessia e una sua amica sono state investite da un pirata della strada, e che Alessia, una ragazza di 15 anni appena compiuti, purtroppo è deceduta.

Poi ho sentito anche della giovane mamma di 23 anni, e una marocchina, Laila, che è stata brutalmente assassinata con 19 coltellate.

Io vorrei solo chiedervi di fare una preghiera per loro, anche se piccola, per ricordarle. Di certo so che anche se ve lo chiedo non torneranno in vita, ma almeno saranno più felici nel sapere che anche delle persone che non conoscono vogliono bene loro, e pregano, in segno di rispetto.

Detto questo spero che l’assassino di Alessia e di Laila salti fuori, perché è stato veramente un vigliacco, un ba****do e una persona senza cuore.

Buona giornata a tutti,

Ale

 

 

   
 
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