Anche una nave ha dei
sentimenti
RMS
Titanic, questo è il nome che hanno scelto
per me, per una nave maestosa, lussuosa, imponente, e prestante.
Maestosa
e imponente, perché sono la più grande
nave mai costruita in questi tempi, forgiata con l’acciaio
migliore
dell’Irlanda, dotata di numerosi compartimenti stagni e di
numerose paratie
molto pesanti e potenti, che riescono a sopportare molta pressione.
Lussuosa,
perché sono la più lussuosa delle navi
mai costruite, dotata di molte comodità, piscina, camere
molto grandi e
lussureggianti e quattro suite sul ponte passeggiata.
Prestante,
perché la propulsione è a vapore, il
mio limite di velocità è circa 24 nodi, e poi
perché non sono come la mia
gemella Olympic, quella
è tornata in
porto con la prua distrutta, reduce
da
uno scontro con l’incrociatore Hawke, ed è per
quel motivo che la mia cerimonia
di inaugurazione non si svolse.
Oggi,
14 aprile 1912, a mezzogiorno, inizia il
mio primo viaggio, il viaggio d’inaugurazione.
Attraverserò l’Atlantico
portando con me circa 2228 persone a bordo, è
un’emozione indescrivibile. Potrò
portare tutte queste persone in America, a New York, non ci posso
credere.
Manca poco alla partenza, e i ritardatari si sbrigano a salire a bordo,
con
molta fretta e disordine, per paura di perdersi il viaggio.
Sono
comandato dal Capitano Smith, e progettato
dal celeberrimo Thomas Andrews, anche lui a bordo in occasione di
questo mio
primo viaggio.
Ecco,
è mezzogiorno, tutte le persone imbarcate
salutano i propri cari o amici con dei fazzoletti, non capisco che
bisogno c’è,
tanto il viaggio di ritorno lo faranno comunque.
Partiamo,
stiamo lasciando il porto, e tutti a
terra gridano entusiasti, ma a me non importa, devo raggiungere il mio
obiettivo: New York. Quella è la cosa più
importante.
Sto
viaggiando a tutta velocità, al massimo della
potenza, e i macchinisti si danno un sacco da fare per rispettare gli
ordini
del capitano, mentre, sul ponte e nelle camere, i passeggeri trovano un
modo
per passare il tempo, andando in piscina, giocando a carte, o
schiacciando un
pisolino nel proprio letto.
È
tutto il pomeriggio che viaggio e mi sento
ancora carico e pieno di energie, infatti, viaggio ancora al massimo
della mia
potenza, ventiquattro nodi, ma credo che adesso bisognerebbe
rallentare, infatti,
il cielo si sta oscurando.
È
venuta la sera, e i passeggeri sono tutti al
ristorante della nave, a gustarsi leccornie e cibarie varie, mentre io
mi nutro
solo di carbone, carbone che i macchinisti continuano a inserire nei
forni
senza rallentare il ritmo, senza sosta.
Passo
ancora qualche ora a navigare per l’oceano,
ma il mare è troppo calmo, sembra una tavolata, e non
c’è un minimo di vento.
L’unico rumore che si sente sono le risa dei passeggeri e lo
sbattere di
piccole onde sui miei fianchi. Sento le persone all’interno
che mi definiscono
“La nave dei sogni”, infatti, nessuno
può eguagliarmi, neanche le mie gemelle
ce l’hanno fatta.
Ma
che succede?! Un iceberg è dritto davanti a
noi, come fate a non vederlo… Date l’allarme
idioti!
Ma
perché quelli di vedetta non lo notano, se non
daranno l’avviso in tempo finirò col schiantarmi.
Ecco,
alla fine hanno mandato l’avviso, anche se
in ritardo…
Mi
fermano e invertono la rotta, ora sto cercando
di andare indietro, ma l’elica di tre pale non è
d’aiuto in questa situazione,
siccome è veramente piccola. Giro a destra, ma
ahimè l’iceberg colpisce la
fiancata, provocando uno squarcio lungo 45 metri. L’impatto
non si udì né
percepì a bordo, ma chi si accorse del danno provocato,
andò subito ad avvisare
il capitano, che ordinò di fare una riunione con il
progettista.
Sento
parlottare da un po’ nella cabina di
pilotaggio, e Thomas Andrews sentenzia che lo squarcio è
stato provocato sotto
la linea di galleggiamento… uno shock per me,
perché stavo imbarcando acqua, e
non potevo fermarla, in quel momento mi sentivo impotente, mi sentivo
uno
schifo, e proprio in quel momento speravo che si potesse fare qualcosa.
Ma non
era questa la notizia peggiore. Thomas Andrews informò il
capitano e il
presidente della White Star Line, il signor Ismay, che dopo che
l’acqua avrebbe
raggiunto cinque compartimenti, io sarei affondato.
L’equipaggio fa di tutto
per fermare il flusso d’acqua che si infiltra nello squarcio,
chiudendo le
paratie e togliendo acqua con delle pompe, ma non ci riescono,
così passano
alla sala successiva. L’equipaggio, che sa bene cosa deve
fare, avverte i
passeggeri uno ad uno, entrando nelle apposite camere e intimando loro
di
indossare il giubbotto di salvataggio e dirigersi sul ponte, per salire
sulle
scialuppe di salvataggio, almeno loro avrebbero avuto una speranza di
salvarsi,
al contrario di me.
Comincio
ad inclinarmi, questo vuol dire che l’acqua ha già
inondato cinque
compartimenti. La prua comincia ad abbassarsi, e le prime scialuppe
vengono
immerse in acqua, mezze vuote. A bordo c’è il caos
più totale, e le persone
continuano a spingersi per salvare la pelle, mentre altre scelgono di
tuffarsi
in mare, invece altre aspettano il
loro
turno… per
morire o per salvarsi, solo loro lo sanno.
Altre
scialuppe vengono calate in mare, ancora
una volta mezze vuote. Le persone che giacciono ancora a bordo si fanno
prendere dal panico, e commettono pazzie, buttandosi in mare ad
un’altezza
spropositata, mentre altre, che erano già in acqua, cercano
di salire a bordo
delle scialuppe con la forza. Intanto la poppa continua ad elevarsi,
creando
uno spettacolo magnifico ma anche terrificante, lo scafo si spezza in
due per
la troppa pressione e cado, spazzando via le persone che erano sotto di
me,
stroncando loro la vita, ma anche il loro futuro, e la loro speranza di
vita.
Questo
doveva essere il mo primo viaggio, il mio
viaggio inaugurale, invece qualcuno l’ha trasformato in un
incubo, un incubo
dal quale quasi nessuno si risveglierà. Dovevo raggiungere
New York e portare
2228 persone a bordo, invece, a 500 kilometri dalla costa, io, la nave
dei
sogni, affondo lentamente, trascinandomi dietro molti corpi di uomini,
donne e
bambini. Me li trascinerò giù, nel fondale
dell’oceano, dove nessuno li troverà
mai più.
La
prua si stacca, rimane solo la poppa a
galleggiare sull’acqua, per un minuto interminabile, un
minuto che per qualcuno
può essere fatale, un minuto che per qualcuno può
rappresentare la salvezza.
E
così scendo, immergendomi in quell’acqua
gelida, senza fermarmi.
È
così che doveva andare a finire? Io sono la più
grande nave mai costruita prima, e ora, per colpa di alcuni stupidi
inglesi, affondo
senza alcun ritegno, senza dignità… senza
orgoglio, perché ora di orgoglio non
ne ho più.
Continua
la mia camminata verso il fondo dell’oceano,
e anche la punta più alta della poppa scompare, lasciando al
suo posto un
vortice di risucchio, che distrugge altre vite umane, lasciandole senza
un
futuro, anzi, un futuro ce l’hanno, hanno un futuro come il
mio, un futuro
triste, quello di rimanere per sempre con me, sul fondo
dell’oceano, con la
nave che li ha uccisi, con la nave che ha strappato loro la
vita…
Ed
ora sono qui, sul fondale oceanico, a
rimuginare sulla fine dell’equipaggio, sulla fine delle
persone… sulla mia
fine.
A
bordo c’erano uomini validi, uomini forti,
tenaci, e che non hanno mollato fino alla fine, ma c’erano
anche uomini, uno in
particolare, Ismay, che era un codardo, un uomo superficiale, che
preferiva
vivere al posto di sacrificarsi…
Il
capitano Smith, un uomo coraggioso, che fino
all’ultimo istante mi ha accompagnato in questa tragica
avventura, un uomo
esperto, che ha guidato per tanti anni navi bellissime, tra le quali la
mia
gemella Olympic, ma
questa volta ha
commesso una sciocchezza, una sciocchezza che è costata la
vita di ben più di
1500 persone.
Thomas
Andrews, un altro uomo tenace, lui non era
costretto a stare con me, ma ha preferito soccombere con il suo
progetto finito,
piuttosto che arrivare a New York e fare la bella vita. Un uomo da
stimare, un
uomo da apprezzare per il suo coraggio, e per la sua forza di
volontà, insomma,
un uomo da amare.
Bruce
Ismay, presidente della White Star Line. Un
uomo che non aveva fegato, un vigliacco che preferiva la carriera alla
vita
delle persone a bordo. Ha preferito salvarsi, piuttosto che restare qui
con me,
con noi. D’altronde non posso criticare un uomo pieno di
soldi, non posso e non
voglio. Lui ha scelto la strada più facile, quella di
vivere, e bisogna
rispettare la sua scelta.
E me ne
sto sul fondo dell’Atlantico, ad osservare corpi scendere
giù in profondità per
venirmi incontro, magari vogliono fare un ultimo viaggio in paradiso, e
se me
lo avessero chiesto, non avrei esitato a dire di
sì…
ANGOLO
DI YUZU-CHAN
Salve
a tutti, come avete notato ho scritto una
ff un po’ strana, ma spero che vi piaccia.
Non
voglio rompervi le scatole come al solito
dicendovi di dire la vostra su questa storia, ma voglio solo chiedevi
dei
favori.
Oggi
al telegiornale ho sentito che Alessia e una
sua amica sono state investite da un pirata della strada, e che
Alessia, una
ragazza di 15 anni appena compiuti, purtroppo è deceduta.
Poi
ho sentito anche della giovane mamma di 23
anni, e una marocchina, Laila, che è stata brutalmente
assassinata con 19
coltellate.
Io
vorrei solo chiedervi di fare una preghiera
per loro, anche se piccola, per ricordarle. Di certo so che anche se ve
lo
chiedo non torneranno in vita, ma almeno saranno più felici
nel sapere che
anche delle persone che non conoscono vogliono bene loro, e pregano, in
segno
di rispetto.
Detto
questo spero che l’assassino di Alessia e
di Laila salti fuori, perché è stato veramente un
vigliacco, un ba****do e una persona senza
cuore.
Buona
giornata a tutti,
Ale