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Autore: flors99    04/09/2012    27 recensioni
- Sono incinta. – specificò a quel punto Hermione, dissipando ogni suo dubbio e facendola strozzare con la sua stessa saliva.
Ginny spalancò gli occhi, incapace di credere che quello non fosse uno scherzo.
- Cos… eh?! C-come? Quando? Ma… ma… tu... – borbottò, pronunciando frasi sconnesse per quasi un minuto intero. – Non… non è divertente, Hermione. – disse alla fine, con la gola che bruciava per lo sforzo di parlare.
- Già. – mormorò Hermione, in un ansito di tristezza. – A chi lo dici. […]
- Ma… – la giovane Weasley cercò di mettere ordine nella sua testa, ancora sconcertata dalle parole della strega più grande. – Io… cioè tu… con chi…cioè… è Ron? – domandò, allucinata. – Io non sapevo neanche che vi frequentaste! Perché non mi hai detto niente? […]
- Ronnonèilpadre. – chiarì Hermione, pronunciando quelle parole nel modo più veloce possibile, scacciando dalla sua testa i cattivi pensieri.
- Che?
- Ronnonèilpadre! – ribadì, più in fretta di prima.
- Hermione, non capisco… cosa stai dicendo… - mormorò la giovane Weasley, non consapevole di quali parole usare.
Via il dente, via il dolore.
- Ho detto che Ron non è il padre! – esclamò tutto d’un fiato.
Via il dente, via il dolore. Sì, un cavolo!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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I giorni volavano via, così velocemente che Hermione, quando si svegliava, non capiva se stesse vivendo la stessa alzata del giorno addietro o se effettivamente fossero passate 24 ore. I minuti sull’orologio andavano avanti senza sosta e i secondi si susseguivano secondo la loro regolare natura; la sabbia di una clessidra immaginaria giungeva sempre più spesso alla fine per poi essere rovesciata di nuovo.
 
Ron la evitava.
 
Era strano come i giorni passassero ugualmente anche senza la presenza di quel viso dolce al suo fianco: Hermione non sapeva se ritenere la cosa più inquietante o confortante. Ogni volta che entrava in Sala Comune, in Sala Grande o addirittura in aula, poteva chiaramente notare Ron irrigidirsi e dopo qualche minuto, accampata una qualsiasi scusa con dei borbottii appena udibili, volatilizzarsi in fretta e furia.
 
Il più lontano possibile da lei.
 
E quelle parole, quelle bellissime e allo stesso tempo dolorose parole, erano come fuoco nella sua mente.
 
Quando ho capito di essere innamorato di te,
 
Per quanto tempo aveva voluto sentire quelle parole uscire dalle labbra di Ron? Quanto tempo aveva aspettato che lui si accorgesse dei suoi sentimenti? Perché soltanto ora aveva udito quella frase, ora che non aveva più senso, ora che le sue emozioni erano cambiate?
 
Ho cominciato a vedere il mondo a colori,
 
E non aveva forse anche lei cominciato a vedere tutto il mondo più colorato, tutte le cose più luminose, quando aveva compreso finalmente con chiarezza la bellezza di quella piccola creatura che cresceva con lei, in lei, dentro di lei?
 
Non voglio più tornare nel grigio.
 
E non aveva forse anche lei visto tutto più grigio, più nero, come il più infinito degli oblii, quando aveva creduto di aver perso quella vita che cresceva lentamente dentro di lei, quando aveva temuto che la cosa più bella le fosse stata tolta, ingiustamente?
Comprendere il suo dolore peggiorava solo le cose.
 
Le parole di Ron erano un orribile macigno.
 
E quel macigno Hermione lo sentiva nel petto in tutta la sua pesantezza, ingombrante e terribile: non si spostava mai, non si muoveva di un millimetro. Ed ogni volta che per sbaglio i suoi occhi incrociavano quelli azzurri dell’amico, il macigno si trasformava in lava incandescente che la bruciava da dentro.
I giorni passavano in fretta, volavano via.
Ma il macigno restava sempre lì.
La ragazza sembrava aver perso la ritrovata vitalità, le sue parole erano sempre più rare da sentire, a tal punto che molte sarebbero state le persone che avrebbero potuto tranquillamente affermare di non ricordare neanche più quale fosse il suo timbro di voce.
Hermione stava risparmiando le forze.
 
Per portare nel cuore il dolore di quel macigno.
 
Neanche dai suoi amati libri, dai quali aveva sempre attinto una serena pace per poter affrontare la giornata, riusciva a ricavare ciò che davvero le serviva. La Biblioteca non era più un luogo protetto, sicuro, le sembrava semplicemente un’altra stanza, impregnata di troppo silenzio e solitudine.
 
Anche se lei, in realtà, non era mai sola.
 
Più passava il tempo, più sentiva il suo corpo cambiare, il suo piccolo cucciolo crescere, l’unica persona che in quel frangente le dava la forza per poter resistere e andare avanti, nonostante tutto.
Era anche un’altra, a dir la verità, la cosa che la consolava leggermente e cioè il fatto di non dover più avere a che fare con le occhiate piene di disprezzo e cattiveria negli occhi di Draco: non che i loro rapporti fossero migliorati di molto, ma adesso, quando i suoi occhi incontravano quelli grigi, non vi leggeva nulla che la facesse soffrire come prima. Guardava gli occhi di Draco e non vedeva altro che uno sguardo profondo, nel quale lei galleggiava, senza più annegare. Ogni qualvolta che s’incontravano nei corridoi, gli insulti sparivano, le loro labbra sembravano improvvisamente prive di parole, la barriera dei pregiudizi in apparenza sembrava essersi dissolta, anche se in profondità nessuno osava andare a verificare. Le loro schermaglie erano solo un ricordo, anche se talvolta qualche battuta di scherno fuoriusciva dalla bocca di Hermione o da quella di Draco, per mantenere le apparenze più che altro, piuttosto che per ferire il loro interlocutore.
Sembrava che ci fosse un tacito accordo tra il Serpeverde e la Grifondoro.
 
Mantenere le apparenze, come se non fosse successo nulla.
 
Anche se era successo tutto.
 
Dopo quella conversazione nel bagno non si erano più davvero parlati, a parte qualche parola rubata in Biblioteca o in un posto dove non ci fossero orecchie indiscrete.
 
Non si erano promessi niente, se non il tacito accordo di non promettersi niente.
 
Per il momento, si ripeteva continuamente Hermione, per il momento era tutto ciò che poteva ricevere da lui.
La Caposcuola continuò a far scorrere la piuma sulla sua pergamena, nonostante avesse ormai superato il massimo della scrittura già da un bel po’. La Grifondoro, infatti, era lanciata nello studio, nonostante ormai le lezioni stessero terminando e i compiti assegnati fossero per le vacanze natalizie; pur sapendo questo, Hermione non aveva esitato un attimo ad immergersi nei compiti, perché aveva bisogno di tenere la sua testa occupata, di concentrarsi su qualcosa, perché a mente libera, con i pensieri svincolati da ogni obbligo e con la possibilità di andare dove volessero, credeva che sarebbe impazzita. Ecco perché, quasi come una forsennata, dopo essersi isolata in biblioteca, per ore e ore si era dedicata solo allo studio, col vano tentativo di non pensare a niente, nemmeno a se stessa.Fu proprio quando era totalmente immersa nello studio di una particolare pozione, proprio quando finalmente nella sua testa non c’era spazio né per Draco, per Ron e nessun altro, che la sua bolla d’isolamento si ruppe al suono di una voce.
Hermione sobbalzò spaventata: nello scatto rovesciò tutto l’inchiostro e la piuma rovinò a terra, disperdendosi nella Biblioteca. Per puro miracolo riuscì a salvare i libri e le pergamene dal macchiarsi di nero indelebile.
- Scusa, non… non volevo spaventarti. – mormorò Ron di fronte a lei.
Hermione tentò di calmare il battito cardiaco, senza troppo successo. Ad occhi spalancati, come se stesse guardando un film horror, osservava il suo migliore amico, senza muovere un singolo muscolo. Dire che fosse sorpresa era un eufemismo: nei sette anni che aveva passato lì ad Hogwarts, non aveva mai, ma proprio mai, visto Ron che andava in Biblioteca. Anzi, era più che sicura che il rosso non sapesse neanche dove si trovava quella parte del Castello. Se inoltre si aggiungeva anche il fatto che da quel fatidico giorno non si erano più rivolti la parola, a parte qualche monosillabo, e che Ronald la evitava sistematicamente, facendo in modo di non rimanere solo con lei neanche per sbaglio, la sua presenza in Biblioteca era qualcosa di talmente inverosimile da lasciare la ragazza senza parole. Per questo, in quel momento, osservando l’amico, Hermione credette di star sognando o più probabilmente che fosse un’allucinazione dovuta al troppo stress o allo studio prolungato.
- Ehm… Ciao. – mormorò Ron, vedendo la sua espressione scioccata.
 
Che strana allucinazione, pensò la ragazza. Parla!
 
- Tutto… bene, Hermione? – quando la voce del rosso attraversò di nuovo le sue orecchie, la Grifondoro si riscosse come da un sogno. Le sembrava impossibile che Ron potesse essere davvero lì, davanti a lei, con un’espressione a metà tra il tranquillo e il preoccupato, con i suoi occhi azzurri aperti e più puri che mai, che la fissavano con lo sguardo dell’oceano.
 
Era un sogno così bello…
 
- S-sì. – soffiò, flebilmente, a voce così bassa che non fu neanche tanto sicura che Ron l’avesse sentita.
Il rosso abbassò lo sguardo, improvvisamente imbarazzato, poi dopo qualche esitazione si sedette sulla sedia di fronte alla ragazza, poggiando le mani sul tavolo di lavoro, torturandosele.
- Sì, ehm…ciao? – ripeté il ragazzo, a corto di parole.
- Ciao. – sfiatò Hermione, lasciandosi andare contro lo schienale della sedia, continuando a fissare Ron come se fosse un miraggio, o chissà quale miracolo.
- Uhm…bene.
- Bene.
La piega ridicola della loro conversazione fece increspare le labbra della giovane Grifondoro in un debole sorriso, che sparì completamente non appena notò qualcosa mutare nell’espressione del suo migliore amico.
- Senti, io… – Ron si passò una mano tra i capelli imbarazzato. – Non so bene cosa voglio dirti, a dir la verità. So… di…averti evitato, anche se… avevi bisogno di aiuto… Ti chiedo scusa, davvero.
Prima che la ragazza potesse interromperlo, per dirgli che non aveva proprio niente di cui scusarsi e che capiva il suo bisogno di prendersi del tempo, Ron parlò di nuovo.
- Il fatto è che… non riuscivo a …a starti accanto! Ogni volta che…che ti vedo, non riesco a non… – il giovane Weasley s’interruppe, chiudendo la mano destra in un pugno, cercando di trattenersi dal morderselo.
La mente di Hermione a quelle parole s’inondò di una commozione tale, da non farla neanche ragionare. Di nuovo quelle tre maledette frasi vorticavano impazzite nella sua testa, facendole perdere la ragione e la razionalità.
 
Quando mi sono innamorato di te
 
Non si meritava una persona così buona come Ron, non si meritava di averlo lì accanto, dopo quello che aveva fatto.
 
Ho cominciato a vedere il mondo a colori
 
Non doveva scusarsi, era lei che gli aveva fatto del male, era lei che aveva taciuto la verità, era lei e soltanto lei che lo aveva macchiato con l’inganno e la bugia.
 
E non voglio più tornare nel grigio
 
- So di non essermi comportato bene, Hermione, ma…
 
Basta, Ron, basta.
 
- No, Ron, smettila! – gridò improvvisamente la ragazza alzandosi dalla sedia, ignorando la regola di “non alzare la voce in Biblioteca”. Se Ron fu sorpreso della sua reazione non lo diede a vedere, ma si limitò a fissarla con gli stessi occhi, senza che nessuna emozione li attraversasse.
- Non… scusarti, Ron! Non farlo, per favore!
L’espressione di Hermione era mutata all’improvviso. Se prima era qualcosa a metà tra l’imbambolato e la placidità, adesso era piena di fervore e di commozione.
- Non devi chiedermi scusa, Ron, capito? Capito?
 
Non poteva accettare che lui chiedesse scusa dopo quello che lei gli aveva fatto.
 
- Hermione, ma… – l’amico tentò di ribattere qualcosa, confuso dal repentino cambiamento d’umore della ragazza.
- No! No, dannazione, no! Io ti ho fatto del male, io…
 
Dopo la ferita che lei gli aveva inferto.
 
- … sono… sono una persona orribile, tu…
 
Mostro. Sei un mostro, Hermione.
 
- Hermione, no! Tu non sei…
- Smettila, Ron! – esclamò con le lacrime agli occhi e la voce intrisa di una disperazione così grande che il rosso si spaventò, non poco. – Io non… non merito le tue scuse, ok? Sono un mostro, ti ho fatto solo soffrire!
 
Sei solo un mostro, Hermione.
 
Ron si alzò dalla sedia, fino a ritrovarsi di fronte a lei. A quello sfogo improvviso, cominciò seriamente a preoccuparsi, quando capì che la ragazza non accennava a calmarsi.
- Non devi starmi vicino… – continuò la ragazza, senza che neanche lei sapesse più cosa stesse dicendo. Poggiò le mani sul petto di Ron, come per allontanarlo, ma non lo mosse di un millimetro. – Io ti faccio del male, se mi stai vicino, ti… faccio…male! – farfugliò, singhiozzando. Stavolta le sue mani fecero più pressione e con la forza della disperazione riuscì a smuovere Ron e a farlo indietreggiare leggermente.
Il rosso le afferrò le mani per bloccarla, esitando appena.
- Hermione, calmati! – esclamò, scombussolato da quella disperazione intrisa negli occhi della Grifondoro.
- No, no, no. – ripeté come una mantra ininterrottamente. – No, non dire niente, niente, Ron, niente!
- Hermione!
- No! – le lacrime cominciarono a fuoriuscire, senza sosta. – Dovresti odiarmi. Devi odiarmi, per il tuo bene. – un singhiozzo la scosse, senza che riuscisse a serrarlo tra le sue labbra. La ragazza cercò di districare le mani da quelle di Ron, ma dopo qualche vano tentativo ci rinunciò, tentando di allontanarlo facendo forza con le braccia.
- Hermione, smettila! Non…
- Va via, Ron. Ti farò soltanto soffrire, proprio come…

Proprio come Ginny.

Davvero non capisci, Granger? Non ti rendi conto del male che le hai fatto? L’hai fatta a pezzi e non te ne sei neanche accorta.

S’interruppe, ingoiando il groppo che le si era formato in gola e che la fece tremare da capo a piedi, mentre quelle orribili parole le rimbombavano in testa. Non aveva ancora affrontato l’argomento con Ginny, ma si ripromise di farlo al più presto, sperando seriamente che la realtà non fosse così terrificante e che avesse ancora la possibilità di rimediare.
- Ti farò solo soffrire. – ripetè Hermione in un soffio. – Sono orribile, sono…sono…
- Basta, Hermione! Basta! – La interruppe alla fine il ragazzo prendendole il viso tra le mani. – Non sei un mostro, ok? Non dirlo neanche per scherzo, chiaro?
Ron soffocò le deboli proteste di Hermione asciugandole le lacrime e guardandola dritta negli occhi. Strinse di più le sue mani, per impedire che lo spingessero via, nonostante sapesse che lei non ne avrebbe avuto più la forza, né fisica, né mentale.
- Sono io, Hermione, sono qui! Io ci sono, Hermione… sono qui con te, se... se vuoi. – mormorò infine, mentre la ragazza, ormai in preda alle lacrime, faceva uscire a fiotti quelle tenere perle, limpide come l’acqua. I suoi singhiozzi risuonarono nel silenzio della Biblioteca e dopo qualche indugio, Ron l’abbracciò, infondendole calore.
- Sono, qui, Herm. Sono qui… – ripeté, nel suo orecchio, accarezzandole i capelli, mentre Hermione si aggrappava a lui, come se fosse l’unica boa in mezzo al mare durante una tempesta.
- Scusa, Ron, scusami ti prego, non volevo ferirti, ti giuro che…
- Shhh… – il ragazzo interruppe il suo discorso sconnesso, tenendola stretta a sé, nel calore e nell’affetto di quell’abbraccio che Hermione aveva creduto di non ricevere più.
Continuò ad abbracciarla anche quando ormai le lacrime della Grifondoro, si esaurirono, bagnandogli completamente il maglione, di cui non si curò minimamente.
La tenne stretta, stringendola forte, fortissimo, come se fosse una bambina da proteggere.
Continuò a stringerla finché una lacrima, quella maledetta lacrima, imprigionata nelle sue ciglia, non scese anche dai suoi occhi azzurri.
 

 
             
  
I candidi fiocchi che scendevano, ghiacciando i giardini di Hogwarts, erano uno dei più begli spettacoli a cui si avesse la fortuna di assistere. Non c’era occhio che non si soffermasse almeno per un istante nella contemplazione di quella meraviglia, sbirciando di tanto in tanto dalle grandi vetrate della scuola. Era invece più raro che qualcuno avesse il coraggio di addentrarsi in quel freddo che ghiacciava le vene, perlomeno non senza tre o quattro maglie, sciarpa, cappello e guanti.
Per questo quando Daphne intravide da lontano una figura familiare, sbuffò sonoramente, chiedendosi cosa Merlino ci facesse lui lì: era più che sicura che sarebbe potuta rimanere in pace fuori da Hogwarts, con il vento che soffiava e la neve che cadeva facendo congelare tutti quanti. Tranne lei, ovviamente.
Invece a quanto pare avrebbe dovuto ricredersi.
Continuò a tenere gli occhi fissi su di lui e soltanto quando il ragazzo le si sedette accanto, distolse lo sguardo, puntandolo sotto di lei.
- Non ti ho visto oggi in Sala Grande. E neanche ieri. – le disse, pacatamente. – Anzi, sono giorni che non mangi niente.
Daphne alzò le spalle, senza guardarlo.
- Pansy dice che ti sei messa a dieta per il ballo di Natale.
- Mmh. – Daphne scrollò di nuovo le spalle, cominciando a disegnare cerchi con le dita sulla neve.
- Astoria dice che semplicemente hai voglia di stare un po’ da sola.
- Mmh. – la Serpeverde increspò lievemente le labbra in un sorriso, sentendo nominare sua sorella.
- Blaise è convinto che tu abbia una qualche forma rara di malattia che colpisce lo stomaco e t’impedisce di mangiare qualsiasi cosa.
- Mmh. – il sorriso si contrasse in una smorfia, mentre la ragazza si chiedeva come la mente di Blaise potesse partorire idiozie simili.
- Ma se ti conosco bene, credo di sapere cosa ti stia succedendo, specialmente dopo quello che mi ha raccontato Blaise. – concluse Draco, fissandola con i suoi occhi grigi.
- Cosa ti ha raccontato quell’idiota di Zabini? – chiese improvvisamente guardinga.
- Riguardo a quello che è successo nell’ufficio della McGrani…
- COSA?
Draco non fu per niente sorpreso dalla sua reazione; aveva immaginato il suo scatto d’ira, per cui non batté ciglio e non mosse un muscolo di fronte alla profonda indignazione dipinta sul volto della bionda.
- Sì, me lo ha raccontato. – prima che la Serpeverde potesse replicare, continuò a parlare. – Soprattutto di quello che è successo per non farvi scoprire da Gazza.
Quelle ultime parole ebbero l’incredibile effetto di colorare le gote di Daphne di rosso scarlatto, dandole un’espressione dolcissima. La Serpeverde si strinse le ginocchia con le braccia, pregando in tutte le lingue del mondo che quell’innaturale rossore si diradasse e scomparisse.
- E allora? – chiese Daphne, tentando di sviare il discorso. – Che ci fai qui? Volevi dirmi qualcosa? – la sua tattica aggressiva di solito funzionava egregiamente con tutti quanti. Le era utilissima per allontanare le persone da sé, che, conoscendo la sua irritabilità, al primo cenno di rabbia si allontanavano spaventati.
Funzionava sempre. Con tutti.
 
Tranne che con Draco.
 
Con lui perdeva completamente senso. Non serviva a niente mettersi temporaneamente una maschera, per non far vedere le proprie emozioni.
 
Perché lui, tra le maschere, vi era nato.
 
Daphne continuò a fissarlo dritto negli occhi, la rabbia mischiata a un malcelato rancore che non sapeva bene come giustificare. Ma anche la guerra tra gli sguardi la vinceva lui.
 
Sempre.
 
- No. – rispose infine Draco, senza distogliere lo sguardo da lei. – Io non devo dirti niente, Daphne. Sei tu che devi parlare, io sono solo qui per ascoltarti.
Se quelle parole la colpirono, non lo diede a vedere: provò a sostenere il suo sguardo ancora per qualche secondo, ma poi ci rinunciò, guardando da un’altra parte. Gli occhi di Draco, quando erano privi di maschere, erano insostenibili. Neanche Daphne, la Serpeverde per eccellenza, la più fiera e orgogliosa della sua casa, era in grado di tener testa a quello sguardo plumbeo così chiaro e intenso da farle vorticare la mente. Nonostante questo, Daphne non cedette: serrò le labbra, decisa a non raccontargli ciò che gli frullava per la testa in quel periodo, e incrociò le braccia, sapendo che prima o poi sarebbe stato Draco a cedere, perché avrebbe perso la pazienza di fronte al suo silenzio ostinato.
La voce del suo migliore amico la sorprese nuovamente.
- Prenditi il tempo che vuoi. Io ti aspetto. – mormorò Draco stendendosi sulla neve, incrociando le braccia dietro le testa e chiudendo gli occhi, con la serenità che Daphne aveva visto soltanto nei bambini.
Per la prima volta nella sua vita, Draco Malfoy le parve davvero un bambino. Si perse nell’osservare i tratti spigolosi del suo viso, mentre si chiedeva come potesse non percepire neanche un briciolo di freddo, con la schiena a contatto con la neve gelida.
Sembrava così a suo agio tra quei fiocchi ghiacciati, le palpebre socchiuse e le ciglia che vibravano leggermente; osservò con un sorriso il suo bel viso, la curva dritta del naso, le labbra che teneramente si piegavano in una smorfia, ogniqualvolta che un candido fiocco di neve si posava su di esse. Forse fu quella visione onirica a farla cedere.
O forse aveva ceduto molto prima. Probabilmente quando le aveva parlato. Draco Malfoy non era un ragazzo che sproloquiava più di tanto, perdendosi in chissà quali discorsi complicati; era chiaro, coinciso, le parole che pronunciava erano stilettate al cuore.
 
Io non devo dirti niente, Daphne. Sei tu che devi parlare, io sono qui solo per ascoltarti.
 
Probabilmente era stata la fiducia che le aveva dato con quel semplice gesto.
 
Prenditi il tempo che vuoi.
 
Non aveva minimamente sospettato che lei avrebbe potuto lasciarlo lì solo, andandosene via.
 
Io ti aspetto.
 
Ma se Daphne volesse essere fino in fondo sincera si ritroverebbe a confessare che le sue difese erano state completamente distrutte quando Draco aveva chiuso gli occhi, lasciandosi tra la neve. L’assoluta spontaneità e la fiducia con cui si era abbandonato, per lei, l’avevano fatta capitolare del tutto.
Con un sospiro, strinse la presa sulle ginocchia, appoggiandovi sopra il mento.
- Non so cosa mi sia preso in questi giorni. – confessò infine Daphne con sincerità, dopo parecchio tempo, trascorso nel silenzio più totale.
Draco non si mosse, ma il guizzo che ebbero le sue palpebre le fecero intendere che la stava ascoltando. Con lo sguardo perso in chissà quali pensieri, Daphne schiuse le labbra, lasciando che l’aria fredda le ghiacciasse il palato, prima che tutto ciò che si era tenuta dentro in quel periodo fosse rovesciato fuori come una cascata.
- E’ successo così all’improvviso, quella sera! – esclamò, decisa a sfogarsi una volta per tutte. – Prima era tutto tranquillo, avevo tutto sotto controllo e poi… e poi tutto è cambiato, ogni cosa non era più al suo posto… Non…sapevo… non sapevo cosa fare e poi Blaise… Io non lo so, cavolo! Mi sembra così assurdo, non ho davvero mai pensato di poter provare qualcosa per quello stupido babbuino! Ero seriamente convinta di odiarlo, ma… ma… non so cosa mi sia successo, io…
Mentre tentava di articolare un discorso logico, si voltò verso il suo migliore amico e con sorpresa si accorse che aveva aperto gli occhi, fissando un punto indefinito, perso in qualche oblio, nero e profondo.
- Ma poi capisci che hai sbagliato tutto quanto. – concluse Draco per lei, mormorando quelle parole con uno strano suono di voce.
Daphne lo fissò, con uno sguardo confuso sul volto, senza però proferire parola.
- Non è giusto, però! – riprese la Serpeverde dopo qualche secondo, decidendo di lasciar perdere quella strana sfumatura di voce nel tono di Draco, per affrontare l’argomento in un momento successivo. – Non è giusto che quell’insensibile babbuino mi entri nella testa e me la scombini, in qualunque modo voglia! – il babbuino, altri non era che Blaise. Daphne gli aveva affibbiato quel soprannome tanto tempo prima, quando aveva capito che la parola sensibilità non esisteva nel suo vocabolario.
A quel punto Draco si rialzò dalla posizione supina, sistemandosi placidamente vicino a lei. Aveva i capelli pieni di neve, ma non provò a scrollarseli di dosso: la visione dell’amico così trasandato la fece sorridere inconsapevolmente, prima che i suoi occhi tornassero seri.
- Ah, tanto per essere chiari, se provi a riferire a quel cretino qualcosa di questa nostra conversazione, giuro su Salazar che ti cavo gli occhi. – lo avvertì minacciosamente.
- Come se non lo sapessi. – le rispose, alzando gli occhi al cielo. – Pensi di tornare a rivolgergli la parola prima o poi?
- Certo che no! Non se prima non mi chiede scusa!
- Per cosa, esattamente?
- Per… per… farmi sentire … così!
- Daphne… – la richiamò Draco, roteando gli occhi. – … è di Blaise che stiamo parlando. Non è in grado di distinguere la rabbia dalla tristezza, figuriamoci comprendere le tue disfunzionalità ormonali.
- Già. – mugugnò la ragazza qualche secondo dopo. – Quello stupido insensibile.
Improvvisamente il pensiero che Blaise non avesse minimamente compreso cosa le stesse succedendo le fece quasi venire le lacrime agli occhi, per la frustrazione. Sapeva quanto Blaise fosse più un’ameba che un essere umano quando si parlava di sentimenti, ma probabilmente era anche vero che lui non si sforzava neanche di riuscire a comprenderla, per il semplice motivo che non gli importava.
Draco dovette percepire il suo cambiamento d’umore, perché le si accostò maggiormente, sfiorandole con delicatezza il braccio.
- Perché devo sentirmi così? – mormorò. – Non è giusto. – ripeté.  
- È vero, non è giusto. – convenne lui. – Pensi di avere tutto sotto controllo, finché non arriva qualcuno che ti toglie ogni sicurezza.
Di nuovo quel tono, quella sfumatura inquietante a colorargli la voce, mischiata ad uno sguardo terribile.
Per la seconda volta, Daphne lo guardò confusa: non sembrava che stesse parlando davvero con lei, ma che stesse tirando fuori quelle parole dalla parte più interna di sé, quella che nessuno aveva la possibilità di vedere.
- Draco, cosa…
- Ne vale la pena, Daphne? Saresti disposta a rimettere tutto in gioco, per Blaise? – la conversazione si stava dirigendo su strade pericolose, e nonostante Draco sembrasse essersene accorto, non cedette un millimetro dalla sua posizione.
L’amica lo fissò accigliata per qualche secondo, senza aprire bocca.
- Stai cercando di dirmi qualcosa, Draco? – chiese, sospettosa. – Stai parlando di me o di te? – ribatté puntando i suoi occhi verdi in quelli del ragazzo.
Lo vide stringere i pugni e serrare le labbra per un istante.
- Cos’è successo? Mi nascondi qualcosa? – continuò.
Il ragazzo imitò la sua posizione, portandosi le ginocchia al petto.
Daphne vide di nuovo le sue mani tremare.
- Sarò padre.
La ragazza strabuzzò gli occhi, credendo di aver capito male o che quella frase mormorata a malapena fosse soltanto il frutto della sua fervida immaginazione. Scartò a priori l’ipotesi dello scherzo, senza neanche prenderla in considerazione: Draco non avrebbe mai e poi mai scherzato su un argomento simile, meno che mai con un tale tono.
- Co-cosa? – si trovò ad ansimare inconsapevolmente.
- Sarò padre. – ripeté. Il tono cupo aveva lasciato il posto a un timbro più forte, aspro e quasi terrificante. – Ma non sono pronto. – confessò, un attimo dopo, abbassando improvvisamente lo sguardo. – Non sarò mai pronto per…
Daphne, dopo i primi attimi di smarrimento, scosse la testa, improvvisamente in preda al panico.
- Draco… – lo interruppe esitando, incapace di impedire ai suoi occhi di spalancarsi. - …ma com’è possibile? – chiese, sapendo quando potesse risultare stupida la sua domanda.
- Merlino, Daphne, ma cosa vuoi, un disegno?! Come dovrebbe essere possibile?
- Ma non in quel senso! – replicò la Serpeverde con veemenza, non potendo impedirsi, suo malgrado, di arrossire. – Nel senso che tu… sei sempre così… meticoloso, ecco… e attento.
- Non lo sono stato. – borbottò. – E ora ne pago le conseguenze, ma… non sono pronto per affrontarle!
 
Per un attimo lo vide fragile come una farfalla d'inverno.
 
In quei pochi attimi, in quegli istanti rubati, Draco Malfoy, sotto gli occhi di Daphne, diventò più vulnerabile che mai, pieno di una fragilità che non aveva mai mostrato neanche durante la tenera età.
- Draco. – lo richiamò la ragazza, ancora smarrita, poggiandogli una mano sulla spalla.  – Ma… quando…
- Quasi quattro mesi… – disse più a se stesso che a lei. – Quasi quattro mesi e io… io ancora non riesco a rendermene conto, per Salazar!
La ragazza tentò di ripercorrere quel tempo passato cercando un possibile indizio, e l’unico che trovò le sembrò il più plausibile di tutti e allo stesso tempo il più improbabile. Era qualcosa di talmente impossibile che si rifiutò di accettarlo in un primo istante, ma poi fu costretta a capitolare di fronte ai fatti.
 
Devo parlarti, Malfoy. 
 
Io non ho niente da dirti.
 
Draco… credo che stia male.
 
L’ultima volta non sembrava stesse tanto bene. Tu ne sai qualcosa, Draco?
 
Non nominatela mai più.
 
 
- La… la Granger! E-ecco perché era venuta a cercarti quel giorno! Lei…tu…porco Salazar! Ma… lei… stava male, ecco perché… lei…
- Come… fai a saperlo?
- Lei! O santissimo Merlino, Salazar e…e Silente! Ma…porco paiolo… tu… lei… ma...
L’unica cosa che riuscì a interrompere quella raffica d’imprecazioni, fu la voce di Draco, leggermente più alta.
- Daphne, smettila!
La ragazza, come se si fosse risvegliata all’improvviso, lo fissò a occhi spalancati.
- Tu… tu… Sei… Oh. – il turbine di parole cessò con quella singola sillaba, anche se la bionda continuò a fissarlo per quello che parve un’infinità.
Draco sospirò.
- Lascia perdere. Non mi va di parlarne.
- Ma…Quando l’hai saputo? – non riuscì a trattenersi dal chiedergli.
- Due settimane fa, giorno più, giorno meno… – concluse alzando le spalle, come se fosse indifferente.
- E…
- Non ne voglio parlare, Daphne, non adesso!
La sua reazione la spaventò leggermente: gli occhi erano ridotti a due fessure, le mani ancora tremavano convulsamente, il corpo teso fino allo spasmo e quella dannata maschera che adesso stava costruendo anche con lei.
 
No, Draco.
 
Lei non accettava di vedere la sua maschera.
 
Malfoy.
 
Lei non accettava di avere Malfoy davanti a sé. Non lo aveva accettato in passato e non lo avrebbe accettato neanche adesso. E quindi colpì. Nel punto in cui sapeva che la maschera avrebbe ceduto.
- Provi qualcosa per la Granger?
Draco saettò gli occhi verso di lei, colto di sorpresa.
- Lei è una di quelle persone per cui vale la pena rischiare? – insistette, riprendendo la domanda che lui le aveva fatto poco prima.
Il ragazzo assottigliò lo sguardo, ma prima che potesse rispondere Daphne lo precedette.
- Deve valerne la pena per te! E per nessun altro.
 
Per te. Non per Malfoy.
 
- No, credo di no. – rispose infine il ragazzo, con sincerità. – Ma ti pare? Io e… ma no. – scosse la testa, facendo una smorfia disgustata. – Come se potessimo anche solo provare ad andare d’accordo, poi. Ogni volta che parliamo finiamo per insultarci e io…riesco sempre a ferirla, in un modo o nell’altro. Non facciamo altro che… attaccarci a vicenda.
- Beh… – borbottò Daphne. – …mi sa che fate anche altro, visto che la Granger è incinta…
- E poi, per Salazar, è insopportabile! Non tiene mai a freno quella dannata lingua: non vuole essere giudicata, ma sputa un sacco di sentenze su cose che non conosce e che non può conoscere!
- Anche tu lo fai, Draco.
- È la persona più irritante di questo mondo! Non sta mai zitta, s’immischia in tutto quanto e vuole sempre avere l’ultima parola!
- Mi sembra che tu la conosca bene.
- E’ una psicopatica! Crede di poter tenere testa a me! È orgogliosa, testarda e non ammette mai di aver sbagliato!
- E’ come te, in pratica.
- Mi fa venire voglia di strozzarla! – concluse Draco, con uno sbuffo dopo essersi sfogato come mai prima d’ora.
- Draco, Draco… Sai quante volte io ho avuto voglia di strozzarti?
- Mmh. – mugugnò il ragazzo, con una smorfia. – Tu perché difendi la Granger? – chiese qualche minuto dopo.
- Ma figurati. – sbottò Daphne. – Non la sto affatto difendendo e non lo farei mai. – precisò, con uno sguardo obliquo. – Penso semplicemente che anche tu sia così, dal fuori almeno, con questo carattere di merda. Ma… – si affrettò da aggiungere, vedendolo accigliarsi. – … dentro sei molto di più. Forse anche lei ha qualcosa di speciale da mostrarti, non pensi? – concluse, alzandosi e scrollandosi di dosso la neve. Non lo guardò negli occhi dopo la sua ultima frase, non era affatto abituata a questo genere di conversazioni, meno che mai a fargli un complimento.
Il ragazzo la seguì, ma al contrario di Daphne non tentò nemmeno di darsi una sistemata, sembrava completamente a suo agio, pieno di quei piccoli granelli bianchi. Le sue labbra erano contratte in un piccolo broncio pensieroso, ma quando Draco tornò a posare lo sguardo su di lei, si distesero in un sorriso che raramente aveva avuto la fortuna di comparire.
 
Grazie.
 
Non glielo disse a parole, non sarebbe stato da lui, usò semplicemente gli occhi e sapeva che in ogni caso Daphne avrebbe capito.
La ragazza alzò le sopracciglia, soddisfatta della sua gratitudine e lo prese sotto braccio, sia per averlo più vicino, sia per ripararsi un po’ da quel freddo pungente.
 - Non hai nient’altro da dirmi, Daphne? – sussurrò Draco al suo orecchio, con voce roca.
- Su cosa?
- Su questo. Su di me, sul fatto che ho sbagliato, che ho combinato una grandissima cazzata…
Daphne ridacchiò, prendendosi qualche secondo prima di rispondere.
- Sicuramente sarai un padre molto figo! 
 
 

 
 
- Non so cosa mettermi per la festa!
- Non so come truccarmi!
- Non so come trovare un accompagnatore!
- Non so come intrufolare bottiglie di Whisky Incendiario!
- Non so se sia meglio…
Per un motivo o per un altro, tutti per lo più futili, l’argomento di discussione più gettonato nel dormitorio dei Grifondoro era, appunto, il ballo.
Ginny roteò gli occhi, non sopportando più il chiacchiericcio delle sue compagne di stanza e si diresse verso la Sala Comune, sperando di trovare qualche compagnia più piacevole. Si sedette placidamente sul divano, aspettando che Hermione ritornasse da quell’angolo della Biblioteca nella quale si era rintanata per rimanere da sola, per poterle chiedere se avesse intenzione di partecipare alla festa o meno.
Un Harry completamente zuppo fece il suo ingresso nel dormitorio, con la divisa da Quidditch ormai irrimediabilmente fradicia e gran parte dei capelli scuri appiccicati alla fronte. Ginny fu tentata di scoppiare a ridere vedendo il suo aspetto trasandato, ma riuscì a trattenersi. Notò con sorpresa e con piacere che Hermione lo stava seguendo e non poté che sorridere, vedendo che il viso della riccia non era più smunto come quello dei giorni precedenti. Quando poi si accorse di Ron, l’ultimo entrante, si chiese se la freschezza sul viso di Hermione, non fosse dovuta al fratello. Erano giorni che non li vedeva tutti e tre insieme, come ai vecchi tempi; se da una parte la cosa le fece davvero piacere, dall’altra la confuse.
- Ciao, Ginny! – la salutò Harry, raggiungendola e schioccandole un dolce bacio sulla guancia.
La giovane Weasley arrossì, facendo finta di volerlo tenere lontano.
- Sei tutto bagnato, Harry!
- Appunto, mi sto asciugando.
Si strofinò giocosamente contro il suo braccio, facendola scoppiare a ridere. Ginny adorava quando Harry si comportava in quel modo, spensierato come un bambino. Dopo tutto quello che aveva passato, vederlo sorridere così spontaneamente poteva soltanto renderla felice.
- È meglio che vi sbrighiate, ragazzi, è già tardi per la cena. – comunicò Hermione, prendendo la parola, come non faceva da tanto.
 - Sì, giusto, vado a sistemarmi. – convenne Harry, che, dopo queste parole sparì nella sua stanza
- Vado ad asciugarmi anch’io, aspettatemi per andare a cena! – chiarì Ron, prima di seguire Harry. Lo sguardo del fratello la lasciò Ginny a bocca aperta: non aveva mai visto il suo sguardo così luminoso, ma non pronunciò neanche una singola sillaba, smettendo di respirare per svariati secondi.
- Hermione, finalmente sei riemersa dallo studio! – esclamò invece, voltandosi verso la Caposcuola.
L’amica, constatò Ginny con confusione, arrossì come un pomodoro.
- Ehm…già.
La giovane Weasley aggrottò le sopracciglia, senza aggiungere altro.
- Tu ci vai alla festa? – chiese, cambiando argomento.
La più grande delle due ragazze, sempre con confusione da parte di Ginny, arrossì ancora di più.
- Ehm… perché me lo chiedi? – chiese improvvisamente insicura.
- Silente qualche giorno fa ha detto che probabilmente sarà un ballo, quindi… insomma… volevo sapere se… Tu puoi ballare nelle tue condizioni? – domandò con un’aria talmente ingenua che Hermione scoppiò a ridere.
- Sì, certo che posso, Ginny! E comunque… penso… che…
- No, aspetta, prima che tu dica di no, esamina tutte le opzioni!
- Ma…
- E’ l’ultima festa che puoi fare, insomma… prima… va beh, dai, hai capito e poi…
- Ginny…
- Hai bisogno di divertirti e di…
- Io…
- Di staccare la testa e…
- Si dice staccare la spina.
- Sì, quello che è… Però, Hermione non puoi non venire, noi…
- Penso… che verrò, Ginny. – borbottò, interrompendo il suo sproloquiare.
- Ah! – esclamò la rossa, presa alla sprovvista. – Davvero?
- Sì. – le labbra di Hermione si aprirono in un leggero sorriso e se già quello era sufficiente per confondere Ginny, la colpì ancora di più il fatto che fosse vero. Si chiese cosa potesse essere successo alla sua amica che, da un giorno all’altro, aveva abbandonato l’aria stanca che la seguiva sempre come un’ombra per lasciare il posto a un’espressione serena e tranquilla.
- Meno male. – le rispose, lasciando perdere i suoi dubbi. – Ho  già ordinato i vestiti. – ammise la rossa.
- I… vestiti?
- Sì! – rispose, eccitata. – Vieni con me!
Non appena giunsero nella camera di Ginny (fortunatamente le sue compagne di stanza erano già scese per la cena), Hermione alzò gli occhi al cielo per il disordine, mentre l’altra tirava fuori un baule o lo apriva.
- Li ho presi a Hogsmeade la settimana scorsa. Se non ti piace puoi sempre cambiarlo…
Hermione aggrottò le sopracciglia.
- Ma… come facevi a sapere che mi serviva un vestito?
Ginny la fissò strabuzzando gli occhi.
- Mi è bastato guardare il tuo baule. – chiarì, come se avesse detto una sciocchezza.
Beh, in effetti, Hermione non poteva vantare chissà quale capo di vestiario all’interno del suo armadio.
- E come facevi a sapere che sarei venuta?
- Sapevo che sarei riuscita convincerti. – rispose semplicemente Ginny, alzando le spalle. – detto questo, tirò fuori dal suo prezioso baule un abito molto semplice, nero, col taglio alla greca, lungo fino al ginocchio. Sapeva che Hermione non avrebbe mai indossato nulla di troppo vistoso o elegante, per cui aveva scelto qualcosa che fosse il più semplice possibile, sperando le piacesse.
Hermione, come imbambolata, lo fissò per istanti interminabili.
Ginny aveva azzeccato alla perfezione i suoi gusti!
- Ti piace?
- E’ stupendo, grazie! – l’abbracciò di slancio, rischiando di farle perdere l’equilibrio.
- Uh…Eh…prego.
- E il tuo? – chiese Hermione qualche istante dopo.
- Il mio sarà una sorpresa!
- Dai, voglio vederlo!
- Scordatelo, sarà una sorpresa ho detto!
Hermione ridacchiò, sinceramente divertita. Era bello avere una conversazione di tal genere con Ginny. Non che i vestiti o la moda le fossero mai interessate più di tanto, non aveva mai avuto il tempo né la voglia di perdersi in simili frivolezze, ma la sua adolescenza non vantava certo di momenti spensierati e leggeri come questo; la minaccia di Voldemort, finché non si era estinta, aveva monopolizzato gran parte della sua vita, rubandole gli anni che sarebbero dovuti essere i più belli. La gravidanza, poi, aveva fatto il resto, mettendo la parola fine a una giovinezza che a malapena era cominciata. Era bello sentirsi normale, di tanto in tanto, come una ragazzina di diciassette anni.
- Posso chiederti una cosa? – la voce di Ginny la fece riemergere dalle sue riflessioni.
- Certo che puoi.
- Che ti è successo oggi? Hai incontrato Malfoy e lui ti ha rivolto una parola gentile? – chiese, leggermente sarcastica, ma neanche più di tanto, dato che sapeva che a Hermione bastava davvero una parola gentile da parte di quel deficiente per illuminarsi.
La riccia parve incupirsi.
- No. Però…
La rossa la guardò, chiaramente sorpresa dalla sua esitazione, chiedendosene il perché.
- Ho parlato con Ron e ci siamo chiariti.
Ginny si voltò di scatto verso di lei. Era per questo che Hermione era più serena? Era per questo motivo che i suoi occhi sempre cupi e terribilmente vuoti erano dolci e sorridenti? Per Ron?
- Inoltre… beh, lui ha detto che ne aveva già parlato con Harry, quindi… per non insospettirlo… e perché… uhm…
- Hermione. – la richiamò Ginny con il chiaro intento di farla arrivare al sodo.
- Ron mi ha chiesto di andare al ballo con lui e gli ho detto di sì.
Hermione non sapeva come avrebbe potuto prendere Ginny quella notizia: le aveva chiesto di stare lontano da Ron, di mettere dei confini, e, accettando l’invito, era sicura di non averlo fatto. Se avesse anche solo immaginato la reazione della giovane Weasley forse avrebbe rifiutato l’invito di Ron.
Il vestito che la ragazza teneva tra le mani le scivolò dalle dita, improvvisamente irrigidite, ricadendo poi inerme nel baule. La luce che aveva illuminato i suoi occhi azzurri fino a pochi secondi prima si spense come una lampadina e il sorriso scomparve completamente dal suo volto.
Hermione si odiò quando vide l’effetto che aveva avuto su di lei quella semplice frase.
Arrivò a detestarsi ancora di più quando ricordò le parole di Draco.
 
Davvero non capisci, mezzosangue? Non ti rendi conto del male che le hai fatto?
 
Vide Ginny stringere le nocche, mentre chiudeva il baule e vi appoggiava sopra le mani per sorreggersi.
 
Le mani le tremavano.
 
- Ginny…
Appena la chiamò, la giovane Weasley scosse la testa, voltandola poi nella direzione opposta alla sua, senza più guardarla.
Quando riportò gli occhi su di lei, Hermione stentò a riconoscerla.
- Vai al ballo con Ron? – chiese con voce incolore.
- Sì. – confermò, avvertendo il malessere farsi strada nel suo cuore. – Ma… come amici, lui è come un fratello, lo sai… – si affrettò ad aggiungere.
L’espressione di Ginny mutò nuovamente.
- Cazzate! Dimmi tutto quello che vuoi, Hermione, ma per favore non venirmi a raccontare cazzate! – esclamò improvvisamente con gli occhi lucidi.
- Ginny, aspetta, fammi spiegare. Io…
- No, Hermione. – la interruppe immediatamente. – Non dirmi che Ron è come un fratello per te! Non. Farlo! – prima che la Caposcuola potesse ribattere, Ginny continuò. – Oggi, dopo settimane ti ho visto sorridere, Herm! Sorridere! Se Ron è solo un amico per te, com’è possibile che ti faccia illuminare lo sguardo con un solo gesto? Com’è possibile che sia l’unica persona capace di farti ridere, quando in realtà vorresti solo piangere?
La riccia, confusa, si accigliò.
- Forse tu non te ne rendi conto, Herm, ma io sì! Tu provi qualcosa per Ron! O forse no, ma sicuramente non è un amico per te! E se tu non riesci a riconoscere i tuoi sentimenti per mio fratello, allora… allora lascialo… lascialo stare. – concluse in un sussurro, per poi schiarirsi la voce e riprendere la parola. – Erano mesi, mesi, che Ron voleva chiederti di andare con lui alla festa e sai perché? Perché è innamorato di te!
Dai suoi occhi azzurri cominciarono a spuntare lacrime salate.
- Per favore, non…
 
Non dirmi queste cose, ti prego.
 
- Non andrò al ballo con Ron, ma per favore, non dire che… – Hermione tentò di calmarla e di calmarsi, mentre una groppo alla gola le impediva di continuare.
Ginny la guardò come se avesse detto una stupidaggine.
- Non capisci, Hermione? Io non mi riferisco al ballo! Io… – si passò una mano sul viso, cercando di nascondere le lacrime. – …Mi riferisco al fatto che lui non ti vede come una semplice amica o come una sorella! Quello che cerco di dirti è che più stai vicino a lui, più gli fai male!
Male…Quanti significati poteva assumere quella parola?
Hermione per la prima volta nella sua vita vide Ginny piangere.
Quelle lacrime, facevano ancora più male del solito. Perché erano lacrime nate da due occhi così determinati, che piuttosto che farle sgorgare, avrebbero preferito bruciare di dolore.
 
Erano rare quelle lacrime.
 
E bruciavano ancora di più.
- Per favore, Hermione… – sussurrò, mentre ormai le lacrime scendevano sul suo viso candido come un torrente in piena. – Dopo questo ballo, lascialo stare. Lascialo andare. Forse è come dici tu, non provi per Ron quello che provi per Malfoy, ma questo non ti autorizza a illuderlo.
- Ginny, io non voglio illuderlo! Credimi, non ho mai avuto l’intenzione di…
- Lo fai, Hermione. – la interruppe bruscamente. – Forse non vuoi, ma lo fai. Talmente bene che non te ne accorgi neanche. – le lacrime le bloccarono il respiro e scivolarono a terra, mentre la presa sul baule si faceva più salda. – Non… non voglio più scegliere, Hermione! Non voglio più scegliere... Non….Non costringermi ancora a farlo. Perché… non so se avrei ancora la forza per scegliere te. – concluse, mentre i singhiozzi le scuotevano il petto.
 
L’hai costretta a scegliere tra te e la sua famiglia. Hai idea di quello che deve aver provato a mantenere un segreto così grande, a pagare le conseguenze di un tuo errore?
 
- Lo so che sto dicendo delle cose orribili, Hermione. – sussurrò, con voce spezzata. – Lo so, e vorrei non dovertele dire, perché tu sei come una sorella per me e ti voglio un bene dell’anima! Ma… Ron è mio fratello. Ron… lui… Quando è venuto a cercarmi, dopo che aveva scoperto della tua gravidanza, stava piangendo! Io non avevo mai visto Ron piangere, Herm! Mai! Era… distrutto, io…tu non sai cos’ho provato a vederlo in quello stato, sapendo che gli avevo mentito per tutto questo tempo!
 
L’hai messa in una posizione orribile. Ha dovuto mentire a Lenticchia, allo Sfregiato, e ha dovuto farlo per te, per una bugia che non è sua.
 
Davvero non capisci, mezzosangue? Non ti rendi conto del male che le hai fatto?
 
- Non l’ho mai visto felice come stasera, Hermione! Sono contenta che abbia capito, che ti abbia perdonato, come credo abbia fatto, visto che ti ha chiesto di andare al ballo con lui, sono contenta, sul serio. Ma credo…credo che…lui lo sa che sei innamorata di Malfoy? – la freddò, con uno sguardo furente di rabbia e allo stesso tempo pieno di debolezza.
- Non… non abbiamo parlato di Malfoy. – riuscì a malapena a bisbigliare la Caposcuola.
- Ron continua a sperare, Hermione, e tu gli permetti di farlo. Lui non… – Ginny sospirò, a un passo dallo scoppiare a piangere nuovamente. – Non lo distruggere, Hermione, non… non di nuovo. Non voglio che soffra ancora…
Solo quando Ginny scivolò a terra, contro il muro della sua stanza, Hermione riuscì a guardarla negli occhi.
 
Hai preso il tuo fardello di bugie e lo hai affidato a qualcun altro, e vuoi sapere qual è la cosa peggiore? Non te ne sei accorta.

L’hai fatta a pezzi e neanche te ne sei resa conto. 
 
Possibile che non si fosse accorta di come la sua bugia stesse distruggendo la sua migliore amica?
 
Ma che razza di persona sono?
 
Voglio solo farti presente la realtà dei fatti, che credo che tu in tutti questi mesi abbia dato per scontato.
 
- Non ce la faccio più, Herm, mi dispiace. Non voglio più mentire a nessuno… a Harry… – Ginny mormorò quelle parole a voce bassissima, passandosi nuovamente una mano sul viso, cercando di non mostrare troppo la sua debolezza. Finalmente dopo mesi, tutto quello che provava era stato rigettato fuori come un vulcano, e se da una parte questo la fece sentire debole, dall’altra la fece sentire leggera come mai prima d’ora.
- Scusa. – udì. – So che non serviranno a niente le mie parole, ma ti chiedo scusa. – ripeté Hermione. – Perdonami, se puoi.
Hermione s’inginocchiò accanto a lei, sentendosi una persona di gran lunga più orribile di quanto avesse mai immaginato. Non si sentì meglio quando con gesti impacciati tentò di abbracciarla, né quando le asciugò le lacrime dal viso con delle carezze. Si sentì meglio solo quando Ginny la guardò negli occhi e oltre al dolore e alla delusione vi lesse qualcosa di simile al perdono, che anche stavolta non si meritava.
 
Non voglio più mentire neanch'io, Ginny.
 
- Lo sai perché cadiamo, Ginny? – chiese con le lacrime che minacciavano di uscire anche dai suoi occhi. – Per imparare a rimetterci in piedi.
La fissò dritta negli occhi, in quell’oceano sempre calmo e piatto che ora era attraversato da una vera e propria tempesta. La terribile e cupa ombra nera che aveva intravisto nel suo sguardo qualche giorno prima si era nuovamente palesata nel suo sguardo e sembrava scrutarle l’anima, con minuziosa attenzione.
- Questa bugia è durata anche troppo, Ginny. – sussurrò. La giovane Weasley, notando il suo repentino cambiamento di tono, si chiese cosa avesse in mente, dando poi voce ai suoi pensieri.
- Cosa vuoi fare? – bisbigliò.
- Vieni, alzati.
Hermione strinse forte la sua mano e non la lasciò andare neanche quando attraversarono le scale che portavano alla Sala Comune.
 
Non ti lascerò andare mai più, te lo prometto.
 
Hermione scorse la chioma corvina di Harry, seduto di fronte al fuocherello, i capelli ancora leggermente umidi. Alzò gli angoli della bocca, il cuore che le batteva nel petto pieno di timore e speranza, mentre continuava a camminare; lanciò un’occhiata a Ginny, che, avendo capito le sue intenzioni, aveva accennato un sorriso sul viso pallido.
Quando riportò lo sguardo su Harry però, gli occhi scuri di Hermione si adombrarono, così come quelli di Ginny. Con orrore si accorsero che Harry non era solo. Per niente.
Una Lavanda Brown con un’aria innocente e fintamente sorpresa gli stava parlando, mentre il viso di Harry si contraeva in una strana espressione.
Prima che entrambe potessero anche solo pensare a quello che stava succedendo, Lavanda sorrise al ragazzo, salutandolo successivamente con un’espressione dispiaciuta.
Non ebbe bisogno Hermione di ragionare più di tanto per immaginarsi di che cosa avesse parlato con Harry, soprattutto dopo quello che le aveva riferito Ginny. La mano della rossa nella sua divenne fredda come il ghiaccio, entrambi i loro corpo si irrigidirono come statue di sale.
Lavanda, intanto, probabilmente accorgendosi di essere osservata, alzò lo sguardo su Hermione, paralizzata dalla paura e dalla rabbia. La Brown le sorrise, un ghigno quanto mai perfido e crudele, prima di raggiungerla e arrivarle davanti; non le disse niente, neanche una parola. Si limitò a sorriderle di nuovo, quel sorriso che Hermione avrebbe voluto cancellare dalla sua faccia a forza d'incantesimi.
- Sei una persona disgustosa, Brown. – soffiò la riccia, a un soffio dal suo viso.
- Cosa posso farci? Ognuno ha i suoi difetti. – convenne, senza alcuna vergogna.
- Sei sola, Brown, e tale resterai, se continui a comportarti in questo modo.
La bionda scoppiò a ridere alle sue parole, come se avesse detto qualcosa di profondamente divertente.
- Anche tu, Granger, presto lo sarai anche tu. – le sussurrò all’orecchio, facendole venire i brividi. Lavanda non le diede il tempo di rispondere, perché si allontanò, superandola e dirigendosi dalla parte opposta.
- Hermione. – sussurrò Ginny, tremando. – Lo sa. Harry non…
- Tranquilla. – la interruppe. – T-tranquilla. – ripeté, balbettando, mentre il terrore la intontiva per la sua intensità. – Andiamo da lui.
I piedi sembravano sempre più pesanti, man mano che si avvicinavano, i passi più rumorosi, il macigno sempre più insostenibile. Quando arrivarono davanti a lui, Hermione fu la prima che ebbe il coraggio di prender parola.
- Harry, devo parlarti di una cosa importante.
La mano di Ginny tremò nuovamente, stretta in quella di Hermione.
Il Grifondoro alzò lo sguardo su di loro, con le sopracciglia aggrottate e un’espressione accigliata. Quando parlò entrambe le ragazze trasalirono.
- Del fatto che sei incinta?

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice

Eccomi qui!
Stavolta sono puntuale! Sono fiera di me, spero solo che poi non ritarderò troppo come è successo l’ultima volta! Forse vi chiederete perché io sia così puntuale, e perché ho postato il capitolo così presto…ebbene perché…Sono felice! Davvero sono contenta e sapete perché?
Perché la mia storia ha raggiunto i 99 preferiti! 99!!!!!!! Non è che mi dareste una mano ad arrivare a 100? Vi prego, ditemi di sì…XD
Adesso passiamo a cose più importanti, come commentare il capitolo!
…Vi ho lasciato col fiato sospeso? No, via… Chi vuoi che sia rimasto a bocca aperta leggendo il finale? Nessuno! XD
D’accordo lanciatemi tutto quello che volete: pomodori, uova, insalata, carne. Suvvia, dai, ci vuole un po’ di suspance nella vita no? Hei! Mi fischiano le orecchie…qualcuno mi sta maledicendo?
Comunque andiamo per punti!
1. Lo so che rimando sempre questa benedetta festa, ma…..che devo dire? I miei personaggi fanno tutto da soli! Ad esempio la parte con Draco e Daphne non era prevista, così come nemmeno la parte finale tra Hermione e Ginny, però….Mi è uscita così! I personaggi non sono i miei burattini, sembra che prendano vita sotto le mie mani e io mi lascio condurre, perché mi sembra la scelta più giusta.
2. Ron e Hermione si sono chiariti (più o meno) e come aveva detto qualcuno tra i recensori, Ron è una persona buona e se davvero era innamorato di Hermione non poteva non perdonarla…
3. Sapete una cosa? Questo capitolo mi piacerebbe anche, ma… Il fatto che io non ci abbia mai messo Draco e Hermione insieme, non so…me lo fa piacere di meno…(lo so, è un discorso strano XD) Più che altro in questo capitolo vengono messi in evidenza i rapporti d’amicizia tra i vari personaggi, ho voluto approfondirli, perché non voglio che vengano dati per scontato…
4. Per quanto riguarda la parte finale (per cui spero che non mi ucciderete) ci tengo a precisare che NON volevo che succedesse una cosa simile, quindi prendetevela con i personaggi ù.ù
5. Ringrazio tutti coloro che hanno inserito la mia storia tra i preferiti/le seguite/le ricordate e chi legge in silenzio.
Ma un GRAZIE enorme, gigantesco, a tutte quelle persone che hanno recensito almeno una volta questa storia, e quelle 13 splendide ragazze che hanno commentato lo scorso capitolo: Harry Potterish, Stella94, Black_Yumi, Slitherin_Ss, UraniaSloanus, MadamaBumb, Draco the best, Notteinfinita, cranium, Virus14, Lierin_, Amore_al_cuore e tonks17 E grazie anche a LadyFuraniera per aver recensito il primo capitolo. Grazie, ragazze.
Grazie perché chiunque abbia lasciato almeno una recensione a questa storia mi ha reso felice.
Al prossimo capitolo carissimi lettori!
flors99
  
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