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Autore: gattapelosa    08/09/2012    7 recensioni
Il giorno della Mietitura Katniss sta male.
Nessun volontario quindi per l'estrazione di Prim.
Primrose Everdeen è chiamata ai giochi: preclusa ogni possibilità di scelta.
Che i settantaquattresimi Hunger Games abbiano inizio! Che inizino davvero.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Primrose Everdeen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

 



Questa notte non riesco a dormire.

Penso alla mia mamma. Penso a Katniss e alla disperazione provata nel sapermi tributo. Penso a Ranuncolo e a quanto forse senta la mia mancanza.

Penso al ’12, che ho scoperto amarmi.

Mi rigiro freneticamente nel letto, su e giù, su è giù. Non riesco a dormire.

Allora mi alzo, cauta nel buio della stanza. Scivolo oltre la soglia e cammino verso quella che so essere la stanza di Rory.

Non busso, starà dormendo. La stanza è immersa nella penombra, ma scorgo, oltre il letto, la sagoma del mio amico. Non sta dormendo.

Riconoscerei ovunque il risplendere dei suoi occhi chiari.

— Ciao, Prim— saluta, e io mi faccio piccola piccola per la figuraccia.

— Non riesco a dormire.— dico.

— Neanch’io— detto ciò alza un po’ le lenzuola invitandomi nel letto. Ne sono felice: Rory, anche in questa situazione, anche in questo treno, anche ora, non sembra intenzionato a lasciarmi.

Mi accoccolo contro il suo petto, fortunatamente più muscoloso di molti altri ragazzi al Giacimento, rinvigorito da anni di corse tra la casa e il Prato, o grazie ai giochi di resistenza che portavamo avanti qualche tempo fa. Prima della Mietitura. Prima d’essere mandati a morte.

Ce ne rimaniamo così, accoccolati gli uni sugli altri. Presto ci addormentiamo.

Questa notte, sogno Rory attaccarmi nell’arena. Mio padre è lì che grida “corri, Prim, corri!”, ma io mi muovo lenta, lentissima, neanche avessi diecimila pesi a gravarmi sulle spalle. A Rory non serve raggiungermi, però. Con uno dei suoi tiri precisissimi mi scaglia contro un coltello. Cado a terra, quasi rotolando, ma non sono ancora morta. Vedo Katniss da lontano gridare il mio nome, disperata, un’accusa al dolore causatole lasciando che mi estraessero.  

D’improvviso le ghiandaie imitatrici prendono a cantare la melodia dell’albero degli impiccati, canzone un tempo interpretata da Katniss, prima della ferma abolizione di mia madre. Ero piccola, allora, ma ricordo ancora un paio di parole e il ritmo melodico della canzone.

Dopo ore di incubi è Effie a risvegliarmi, col suo trillante “su, su, su! Sarà una grande, grande, grande giornata!” da fuori la porta. Mi rigiro verso destra, dove so non esserci nessuno, e casco miseramente a terra.

Sento risuonare la splendida risata di Rory.

— Bel modo di iniziare la giornata!— dice, sempre ridendo. Per dispetto l’afferro per un piede trascinandolo giù con me, ma calcolo male la distanza e Rory finisce col schiacciarmi completamente. Scoppiamo entrambi a ridere.

Prima di alzarsi, Rory mi lascia un bacio sulla guancia, come fa sempre, e penso “è proprio un bel modo di iniziare la giornata”.

Rory indossa un pigiama. Di solito dorme mezzo nudo, lo so perché dopo la morte di Gale è venuto spesso a casa mia, quando mia madre era troppo occupata con Katniss. Abbiamo dormito insieme più e più volte.

— Bel pigiamino. — dico. Lui scoppia a ridere, di nuovo.

— Posso dire lo stesso di te, paperella!— e non m’irrigidisco certo per l’allusione alla grossa testa da papera sul mio pigiama, quanto piuttosto al ricordo di chi, prima di Rory, avesse avuto occasione di chiamarmi in quel modo.

Katniss. Prima della Mietitura. Katniss.

Senza dire niente m’alzo in piedi e corro nell’altra stanza. Scorgo l’immagine di Rory fissarmi stupito.

So di essere una persona particolarmente emotiva, ma quando si parla di Katniss divento assurdamente triste.

Non sto piangendo, no, questa volta non posso. Nell’arena non avrò tempo per piangere. Questa è un’esercitazione all’arena.

Però ho bisogno del mio silenzio e il battere frenetico di Rory contro la porta non aiuta!

Avrei voluto gridargli di andarsene, ma non posso gridare contro di Rory.

Così lo lascio bussare, per tanto, tanto tempo. Dieci minuti dopo smette, mi sento meglio.

Prendo grossi respiri, nel cercare di dimenticare Katniss, quando sono sicura di poter resistere mi decido ad uscire.

Apro la porta e, inaspettatamente, Rory – che a quanto pare è rimasto tutto il tempo con la schiena appoggiata contro il legno della porta – mi casca addosso.

Scivolo per terra schiacciata dal suo peso, sbattendo non troppo forte la testa contro il pavimento.

— Perché da quando siamo saliti su questo treno non fai altro che cascarmi addosso?— chiedo scherzando.

Lui mi sorride. Ci tiriamo in piedi, spolverandoci i vestiti.

— Mi dispiace per prima.

— Non c’entri niente.— rispondo— è colpa mia. Sai, Katniss mi ha chiamata “paperella”, prima della Mietitura. Mi sono solo ricordata di lei. Non succederà più, non voglio succeda più.

Rory mi sorride, baciandomi una guancia.

Amo quando mi bacia le guance.

— Sai, prima che tu venissi a dormire con me stavo pensando a Gale. — la sua voce si fa triste, malinconica. — e pensavo che certamente mi avrebbe impedito di offrirmi volontario. E pensavo che…che mi avrebbe odiato. Se fosse ancora vivo, dico. Dopo tutto quello che ha fatto per me, io come lo ringrazio? Andando volontariamente a morire.

Gli accarezzo una guancia, poi lo abbraccio. È un abbraccio triste, solitario. Un abbraccio che sa di dolcezza.

Ha bisogno di me quanto io ho bisogno di lui. Finché dura, noi staremo insieme.

Lo cullo un po’, come fosse un bambino, poi però sento il suo stomaco lamentarsi. Sorrido.

— Hai fame?
— Da morire. Il super banchetto di ieri non è servito a niente, dodici anni di fame vanno saziati con dovizia. Ci riusciremo mai, prima di finire dell’arena?
— Io spero di mettere su qualche chilo. Sai, so già che entro un paio di giorni diventerò qualcosa di molto simile a uno scheletro che cammina.

Lui annuisce, sorridente.

Il vagone ristorante è bello quanto era bello il giorno prima. I tavoli imbanditi sono ricchi di leccornie e, incredibilmente, su una sedia sta seduto Haymitch. Meno sbronzo di ieri, per giunta.

Io e Rory ci sediamo al suo stesso tavolo, guardando diffidenti le profonde e inquietanti occhiaie dell’uomo.

Veniamo serviti di tutto punto, facendo piazza pulita. 

Rory intanto guarda Haymitch. Lo fissa per tutta la colazione, concentrato.

So cosa sta pensando: è l’occasione buona per parlare un po’ con lui, senza Effie.

Dopo una quindicina di minuti finalmente si decide a parlare, reticente.

— Allora Haymitch….ehm…cosa ci dici?

Haymitch solleva seccato un sopracciglio, posando sul tavolo il caffè corretto.

— Dico che siete due scriccioli sfortunati.

— Vorremmo uscire dall’Arena, però.— riprende Rory.

— Allora vi auguro buona fortuna.

Né io né Rory sappiamo cosa dire. Ci guardiamo per un paio di secondi, sconcertati.

Sapevano che Haymitch come mentore non è proprio un gran ché, ma speravamo in qualcosa di meglio.

— Non dovresti cercare di farci sopravvivere?— chiedo allora, facendomi però piccola piccola contro la sedia.

Haymitch scoppia a ridere. Mi fa quasi paura. Ride come un animale, affannando rauco.

Allora non mi azzardo a dire più nulla, e la conversazione si chiude qui. Io e Rory abbiamo perso anche la nostra ultima possibilità di sopravvivere.

 

Il Centro Immagine è dove alcuni abitanti di Capitol City ci preparano per la sfilata dei carri.

Me lo immaginavo più sobrio, ad essere onesta, ma cosa c’è poi di sobrio a Capitol City? È tutto un tripudio di colori, dalle case, alle strade, agli abitanti.

Mi hanno separato da Rory, ognuno di noi avrebbe avuto il proprio stilista personale e la propria troup di preparatori. Quelli mi hanno denudata e costretta ad atroci sofferenze.

— Sei quasi pronta — esulta Octavia. — e sei stata bravissima, neanche un lamento piccolo piccolo.

Certo che non mi sono lamentata: sono stati tanto carini con me, così dolci, che non meritavano proprio alcun rimprovero.

Non mi piace il colore della pelle di Octavia, né gli innumerevoli tatuaggi di Venia. Sembrano così poco umani! Spero che il mio stilista non decida di imbruttirmi come loro.

Però devo dire che hanno fatto proprio un bel lavoro. Ora la mia pelle è liscia, i capelli ordinati, le unghie ben fatte, le gambe pulite.

— Grazie — dico — non sono mai stata così bella.

Al che dire loro si sciolgono e prendono ad accarezzarmi e ad adularmi.

— Sei bellissima Prim, bellissima! E anche così dolce che mi viene da piangere!
— Oh Dio, che amore!

— Farai furore alla sfilata, sei troppo carina.

Divento un po’ più rossa. Penso che mi vedano ancora troppo bambina, ancora troppo adorabile. Mi coccolano, mi fanno i complimenti. E io li faccio a loro.

Dopo una ventina di minuti compare in stanza un terzo uomo.

Ha un volto quasi normale, dei capelli rasati castano naturale, una leggera passata di eye-liner a risaltarne le pagliuzze dorate.

Quando lo notano, Venia, Octavia e Flavius prendono a scusarsi per non aver avvertito del lavoro concluso.

— Non preoccupatevi— dice lui— ora però andate, devo parlare con Primrose. 

I tre preparatori, con poche ultime carezze, si allontanano dalla stanza.

L’uomo, che credo sia Cinna, il mio stilista, mi passa un accappatoio e io mi ci accoccolo dentro. Amo le cose soffici!

Cinna mi fa strada per un salotto incredibilmente sobrio: vi sono solo due divani rossi separati da un piccolo tavolino, tre pareti totalmente insignificanti e una quarta vetrata, che da sulla città.

Ci accomodiamo l’uno di fronte all’altro e poi, con un pulsante, Cinna fa comparire il pranzo: pollo guarnito con fette d’arance.

Magari a casa bastasse premere un bottone per mangiare pollo e arance! Anche perché io l’arancia l’ho assaggiata una volta sola ed ero troppo piccola anche solo per ricordarmene il gusto.

Trovo assurdo che da noi bisogna farsi in quattro per qualche fetta di pane e qui invece basti premere un pulsante.

— Come dobbiamo sembrarti spregevoli…— sussurra tra sé e sé Cinna.

— No, solo degli ingenui fortunati.— rispondo.

Lui mi guarda stupito. Non penso che s’aspettasse una risposta. Ha un’aria interrogativa, ma non intendo spiegare a uno di Capitol City quel che penso di gente come lui.

Semplicemente credo che siano troppo fortunati per comprendere la sfortuna di noi altri, troppo abituati al lusso per sapere cosa vuol dire esserne privati. Per loro è quasi peggio terminare l’eye-liner che rimanere a corto di cibo.

Non fosse che non rimangono mai a corto di cibo.

— Non importa— dice Cinna — Allora Primrose…

— Chiamami Prim.— specifico subito.

— Prim. Parliamo della cerimonia di apertura. La mia socia, Portia, è la stilista del tuo compagno, Rory. E al momento abbiamo in mente di farvi mettere dei costumi complementari. Come sai, si usa rispecchiare l’atmosfera del Distretto.

Lo so. In genere il nostro Distretto fa piuttosto ridere, in quanto a costumi. O si indossano delle tute da minatore o ci si cosparge di carbone.

Più che altro non c’è molto da inventarsi per noi altri. Però quello del minatore è sempre stato il meglio. 

— Vedi, io e Portia pensiamo che il costume da minatore sia roba vecchia ormai— quindi sarò un mostro, intesi. — Nessuno si ricorderà di un vestito del genere. Entrambi, poi, riteniamo che sia nostro dovere rendere indimenticabili i tributi del Distretto 12. Perciò, invece di mettere a fuoco il processo di estrazione in sé, abbiamo intenzione di focalizzare il carbone.

Il ché mi mette paura, onestamente.
— E cosa facciamo col carbone? Lo bruciamo— dice Cinna. — quindi avevamo ideato un costume interessante. Un mantello e un copricapo infuocati.

— Indosserò del fuoco?— chiedo.

— Quella era l’idea iniziale, solo che poi siete stati estratti voi due. Forse sarebbe troppo rischioso cercare di farvi passare per esseri letali. Voi non sembrerete mai letali.

— Quindi? Niente fuoco?
E Cinna sorride.

 

Qualche ora dopo indosso quello che sarà il più sensazionale dei vestiti alla cerimonia di apertura.   

È un costume da angelo, bianco, candido, mi da un’aria adorabilmente dolce. Le ali sono piuttosto semplici, niente di sfarzoso o ingombrante, relativamente corte e leggere.

Indosso una coroncina scura, neanche troppo carina, ma indispensabile: Cinna ha intenzione di darle fuoco. Lo stesso intende fare con le mie ali, non interamente, sia chiaro, solo lungo i contorni.

Rory indossa un completo bianco candido e una coroncina molto simile alla mia. Non porta delle vere e proprie ali, quanto piuttosto una sorta di mantello, ai cui contorni verrà, ovviamente, appiccato questa sorta di “fuoco sintetico”.

Gli altri non sembrano prestarci davvero intenzione. A loro non importano i piccoletti del ’12. Non ci considereranno mai dei temibili avversari.

— Siamo sicuri che questo fuoco non brucerà?— chiede Rory, spaventato.

— Mi fido di Cinna, sembra uno a posto, sai?— lui annuisce. Portia l’aveva subito colpito. I nostri stilisti sembrano brave persone, nonostante tutto.

In questo momento prende a suonare la musica d’apertura. Saliamo rapidamente sul carro, mentre a uno a uno i vari tributi prendono a muoversi.

Cinna ci segue con la torcia e, nel momento in cui tocca quasi a noi, dà fuoco al costume. Non brucia. Rory si libera in un sospiro sollevato e io ridacchio un po’ per l’espressione stupita del mio migliore amico.

— Funziona.— esulta Cinna — Ricordate, testa alta. Sorrisi. Vi ameranno!

Penso che Cinna abbia detto altro, dopo, ma non riesco a sentire più granché: siamo fuori, tra le grida euforiche di Capitol City.

Lasciando cadere lo sguardo tra i monitor dell’Anfiteatro, noto quanto splendidi siamo io e Rory. Unici. Inimitabili.

Sentendomi un po’ malferma sul carro cerco di reggermi a Rory, tenendone le mano. Non si è mai visto nella storia, vero, ma quanto potrà mai significare una misera stretta di mano?

Ora sono tutti che ci acclamano, tutti che ci incitano.

— Primrose! Rory! Primrose, Rory!
Sorrido timida alle telecamere, un po’ impacciata, ma soddisfatta.

Stiamo rubando spazio agli altri tributi: le telecamere sembrano inquadrare praticamente solo noi.

Quando la parata ha fine, tocca al discorso, durante il quale percepisco sguardi seccati dai tributi eclissati. Mi intimoriscono quasi, così tengo stretto il braccio di Rory. Lui mi sorride.

Il suo sorriso è così bello da rendere insignificante tutto il resto.

Morirei per quel sorriso.

Per quel sorriso e per tutto il resto. 




Bacheca dell'autrice

Eccomi tornata dopo mesi...di...assenza. Ops. Ho ricevuto un paio di nuove bellissime recensioni e mi sono detta "perché no? Tanto metà capitolo è già stato scritto" e poi spero di ricevere altre nuove incoraggianti recensioni per questo nuovo lavoro...
Okay, è un po' lunghetto e sì, sto andando troppo velocemente, ma la prima parte del libro è caratterizzato dai flashbeck e non so come sostituirli, quindi mi spiccio ad arrivare nell'Arena, dove posso inventare qualcosa di mio. 
Come avete visto alcune cose stanno cambiando. Haymitch non darà una mano a Prim nell'Arena, perché Prim non è Katniss, perché Prim non riuscirà mai a colpirlo per forza e determinazione. Prim è solo l'ennesimo tributo. 
Fortunatamente qualcosa sta andando bene! Prim non fa nemmeno arrabbiare i preparatori, perché è troppo buona. 

E poi ho voluto cambiare un po' il costume. Così, perché ci avevo voglia. 

  
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