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Autore: Giada810    08/09/2012    12 recensioni
Henley-on-Thames è una cittadina dell’Oxfordshire, placidamente adagiata sulle rive del Tamigi.
Dopo la guerra Draco Malfoy vi si trasferisce con la figlia Altair, conducendo un’esistenza tranquilla e riservata. Quando la piccola si affeziona a prima vista ad Hermione, trasferitasi da poco nel cottage accanto, tra lei e Draco nasce una strana e amichevole tregua, destinata a sfociare ben presto in qualcosa di più profondo e totalmente inaspettato.
Dal capitolo 1:
“-Granger?- domandò con una nota di disgusto nella voce.
-Malfoy.-
-E cosa ci faresti tu qui?-
-Sono venuta a riprendere il mio gatto.- rispose Hermione, con le sopracciglia aggrottate di chi non capisce cosa ci sia di difficile in una situazione tanto elementare.
-Non qui-qui, ma qui in questo paese.- specificò burbero.
-Non vedo come ti possa interessare.- commentò con distacco.
-Mi interessa nel momento in cui vieni qui per rovinarmi la vita e acquisire prestigio alle mie spalle. Sappi però, Granger, che non ti permetterò di sputtanarmi senza fare niente.- le sibilò, una sottile minaccia sussurrata a bassa voce per impedire ad Altair di sentire.
-Tu vaneggi, Malfoy.- rispose incredula Hermione –Non sono qui per te, anche se il tuo egocentrismo è così degenerato da farti credere il contrario.-“
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Astoria Greengrass | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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Cap. 20
Aspettando Natale
 

 
Dopo essersi sfogato nei giorni precedenti ed aver riversato su città e campagne tutto il proprio ingente carico di pioggia e maltempo, il tempo concesse pietosamente una tregua. In una delle rare giornate di bel tempo che il clima inglese concedeva ai suoi abitanti, il mare luccicava di un blu intenso e rifletteva il cielo, azzurro come il più puro dei lapislazzuli.
Attirati dalla prospettiva di rilassarsi sotto il sole tiepido e di inspirare  a pieni polmoni l’aria salmastra trasportata dal vento freddo e secco, molti abitanti dei vicini paesini dell’entroterra erano saliti in macchina e senza indugi si erano recati a West Wittering, stendendo coperte e teli sulla spiaggia umida e pulita.
Poco lontano dal bagnasciuga, anche Draco ed Hermione avevano sistemato la coperta della ragazza, aggiungendo qualche cuscino soffice, per rendere più comodo l’ozioso riposo del  principino viziato, come Hermione l’aveva amorevolmente soprannominato quella mattina.
Disteso sulla coperta, la schiena sorretta da una pila di cuscini e le dita impegnate e giocherellare con l’anello di famiglia, Draco osservava Altair, rilassato e cullato nel proprio dolce far niente. Accanto a lui, Grattastinchi riposava quieto, acciambellato su se stesso, i grandi occhi gialli e intelligenti che fissavano ostili e minacciosi il paesaggio davanti a sé, quasi sfidandolo ad avvicinarsi più del dovuto.
 
Era così… bagnata, quella grande distesa d’acqua.
 
Poco distante da lui, Altair ed Hermione camminavano avanti e indietro scrutando attentamente un breve tratto di bagnasciuga, tenendosi per mano, alla ricerca delle conchiglie più belle.
Confabulavano tra loro, complici e un poco cospiratorie, ma il vento inghiottiva le loro parole prima che potessero giungere alle orecchie curiose di Draco. Ogni tanto, Hermione si chinava e raccoglieva una conchiglia, per sottoporla all’attento e insindacabile giudizio di Altair, che annuiva soddisfatta o, più spesso, scuoteva il capo scontenta.
Divertita da tanta puntigliosità, Hermione ributtava la conchiglia in mare.
Perso nelle proprie riflessioni, Draco si accorse che due occhi scuri stavano ricambiando il suo sguardo solo quando Hermione agitò una mano davanti a sé. Draco si riscosse e la guardò con intensità, sentendo qualcosa nascere in lui e crescere prepotente alla vista di Hermione che si comportava in modo così materno con Altair.
Il confronto sorse immediato e spontaneo, nonostante si fosse ripromesso più volte di non cadere in quella trappola.
Astoria non avrebbe mai sporcato le proprie scarpe alla moda solo per cercare conchiglie sulla spiaggia, e questo indipendentemente da quanto amasse sua figlia. Non che non avesse mai trascorso del tempo con Altair o non avesse mai giocato con lei, ma preferiva coinvolgerla in giochi più signorili, adatti ad una piccola principessa.
Hermione, al contrario, aveva sorriso alla richiesta di Altair di cercare delle conchiglie e, quando lui aveva sospirato rassegnato, si era offerta di prestarsi come compagna di giochi della bambina.
Ancora una volta, vedendole ridere insieme, Draco si domandò chi delle due si divertisse di più.
Pochi metri più in là, con la mano piccola e morbida di Altair ancora stretta nella propria, Hermione mosse una mano, in un chiaro invito a raggiungerla. Per tutta risposta, Draco sollevò un sopracciglio e storse la bocca, come per domandarle se davvero, dopo averlo conosciuto, fosse convinta che si sarebbe messo a raccogliere conchiglie su una spiaggia, circondato da babbani.
 
Non era, questo, chiedere troppo anche al suo spirito di padre premuroso?
 
Hermione si picchiò la mano sulla fronte, ammonendo se stessa per quella domanda sciocca, poi rimase a guardarlo, seria e rapita dai riflessi quasi bianchi che gli occhi di Draco avevano assunto, illuminati dal riflesso accecante del sole che si rispecchiava sul mare.
Era assolutamente splendido, avvolto nel completo nero che enfatizzava il biondo pallido dei capelli lisci e sottili, i lineamenti del volto rilassati e morbidi, gli occhi accesi e luminosi di felicità.
Rimasero a fissarsi con intensità, dimenticandosi del mondo circostante, indifferenti al pianto di un bambino capriccioso, all’abbaiare di un cane giocoso o al rumore dolce del mare, impegnati solo a parlarsi.
Perché, sì, gli occhi potevano parlare.
E gli occhi di Draco le parlarono di sentimenti difficili da dichiarare, di ringraziamenti difficili da ammettere, di persone da affrontare. Le parlarono di piumoni caldi, di crostate di fragole un po’ bruciate ma inconfondibili, di conchiglie da raccogliere e da conservare. Le promisero notti d’amore, addobbi di Natale da comprare, spiagge su cui camminare a piedi nudi all’alba.
Le dissero tanto quegli occhi, ma soprattutto le dissero che l’amavano.
Un urlo eccitato di Altair ed Hermione si sentì trascinata indietro dalla presa energica della bambina, che era scappata ridendo da un’onda impetuosa che aveva minacciato di bagnarle le scarpette di vernice.
Ecco, gli occhi di Draco le avevano parlato anche di Altair.
 
 
Quando accanto a sé sentì Grattastinchi, da lui ormai ribattezzato  astuta palla di pelo, fare le fusa estasiato, Draco abbassò gli occhi e si accorse di aver affondato la mano nel pelo fulvo, muovendo pigramente le dita in una carezza conciliante.
Fu quasi tentato dall’idea di ritrarre la mano e fingere di non aver mai ceduto ad un comportamento tanto sdolcinato come fare le coccole ad un gatto dal muso schiacciato, ma poi si accorse che nessuno l’avrebbe mai notato.
Sdraiata a pancia in su, la testa posata sulle sue gambe e i capelli più scompigliati che mai, Hermione dormiva tranquilla dopo il lauto pasto al sacco che si erano procurati quella mattina presso una trattoria italiana nei dintorni.
Vedendola così rilassata, la tentazione di infastidirla fu irresistibile. Allungò una mano verso di lei e disegnò con la punta del dito il profilo del suo viso, soffermandosi sulla punta del naso e sul labbro inferiore, dischiuso come nell’attesa di un bacio. Fu profondamente tentato di accogliere quella sua inconscia richiesta e regalarle un bacio che, anche se non esplicitamente richiesto, lei avrebbe comunque apprezzato, ma non era certo di riuscire a muoversi senza svegliarla.
Inoltre, i cuscini su cui si era adagiato avevano appena assunto la perfetta conformazione della sua schiena e del suo collo, sostenendolo in modo eccellente. Sarebbe stata una vera scortesia rinunciare ad una comodità così… comoda.
Si accontentò, così, di attorcigliare una ciocca di capelli intorno al dito e a guardarla più attentamente, lasciando vagare gli occhi sul resto del corpo, soffermandosi all’altezza del torace.
Lì, palesemente comoda e avvolta dal piacevole calore del corpo della strega, Altair dormiva profondamente, la guancia posata sul seno di Hermione e la mano chiusa a pugno intorno ad un lembo della sua sciarpa, il corpicino magro avvolto tra le braccia della ragazza.
Draco rimase colpito da quell’immagine così affettuosa, tenera e materna.
Visti da occhi esterni, sarebbero potuti sembrare una famiglia.
O forse lo erano già?
 
***
 
Hermione era indecisa.
Altair era entusiasta.
Draco era perplesso.
-Allora?-
-Sììì!-
-No.-
-Perché?-
-Perché no.-
-Molto maturo da parte tua.-
-È troppo Grifondoro.-
Per nulla intaccata da quella grave accusa, la pallina di vetro tra le mani di Hermione sembrò brillare con più ardore alla luce delle lampadine a basso consumo energetico che risplendevano sul soffitto del grande magazzino in cui li aveva condotti Hermione.
Con il proprio completo scuro e i capelli lisci e scompigliati dal vento salmastro di West Wittering, in mezzo a tanti comuni babbani vestiti con jeans e maglioni, Draco era magnificamente fuori posto. Quanto ad Altair, deliziosa nel suo corto abitino di velluto e raso color prugna, nessuno avrebbe potuto dubitare che fosse sua figlia.
Chinandosi in avanti e portando il nasino a pochi centimetri dalla sfera, la bambina esaminò da vicino il piccolo addobbo natalizio di vetro rosso. -Secondo me è bellissima.-, sentenziò infine.
Hermione scoccò uno sguardo vittorioso a Draco, che al contrario guardò la figlia risentito, profondamente ferito da quel tradimento.
-Sei una traditrice.- l’apostrofò, tirandole un codino e facendola ridere. Poi, rassegnato, decise di collaborare alla scelta degli addobbi natalizi.
-Oltre a quelle palline lì, prendi anche…- scrutò attentamente l’espositore, dedicando solo un fugace sguardo truce ad un piccolo Babbo Natale con la gobba, poi porse ad Hermione l’unico addobbo che avesse superato l’esame -…queste.-
Sul palmo della sua mano, un delicato decoro natalizio a forma di fiocco di neve luccicò, brillante come il diamante più puro, camuffando abilmente la propria natura di cristallo di vetro.
Di classe.
Draco non avrebbe potuto scegliere nulla di diverso.
-Belli!-
-Sì, approvati!- Hermione prese due scatole di cristalli, le scaricò assieme a quelle scelte prima tra le braccia di Draco e gli scoccò un bacio sulla guancia. Poi prese Altair per mano, che ridacchiava tenendo una mano davanti alla bocca, e la condusse verso un nuovo reparto.
Draco rimase fermo sul posto, a guardarle zigzagare da uno scaffale ad un altro, prendere tra le mani un addobbo, esaminarlo e poi rimetterlo dov’era prima, alla ricerca di quello perfetto. Sentì un rumore di passi e poi uno sbuffo accanto a sé.
-Anche tua moglie ha deciso di cambiare gli addobbi, eh, amico?-
Draco si voltò e squadrò attentamente l’uomo che gli si era fermato accanto, un tipo rubicondo e grassoccio, che indossava un orribile maglione di lana rossa decorato da renne blu.
 
Assolutamente ripugnante.
 
In una mano stringeva il manico di un cestino per la spesa traboccante di scatole e scatoline, festoni, lucine e nastri da pacco, mentre accanto a sé aveva posato a terra un abete di plastica.
-La mia li cambia un anno sì e l’altro pure.- rise da solo, indifferente allo sguardo perplesso di Draco e alla sua poca partecipazione alla conversazione –Ma che ci posso fare, lei è contenta così!-
-Bill! BILL!- una voce forte e imperiosa risuonò nell’aria, attirando l’attenzione di molte persone incuriosite –Dai muoviti! Dobbiamo andare a prendere la ghirlanda per la nostra porta! E tua madre vuole anche un puntale nuovo per l’albero e poi…-
Il povero Bill, rassegnato, sospirò, scuotendo la testa divertito senza prestare attenzione a ciò che la moglie stava ancora dicendo, certo che l’avrebbe ripetuto almeno altre dieci volte prima di raggiungere le casse.
-Beh, buon Natale, amico!-
Regalò a Draco una cameratesca pacca sulla spalla e si allontanò verso una corsia poco lontana, nei cui meandri era appena scomparsa la moglie.
Draco rimase ancora qualche istante radicato nello stesso punto, le sopracciglia aggrottate nel tentativo di assimilare l’assurdità di ciò che era appena successo, poi si guardò intorno e individuò la chioma ribelle di Hermione, che spuntava oltre una vasta esposizione di finti abeti sintetici.
La raggiunse e le si affiancò, passandole un braccio intorno alle spalle e sospingendola poi verso un’altra corsia, al seguito di Altair che guardava curiosa tutta la merce natalizia esposta in quel posto, grande come non ne aveva mai visti, specialmente mai così addobbati a festa.
-Un tipo mi ha chiesto se sei mia moglie.-
Hermione lo osservò, sconcertata e curiosa.
-E indossava un orribile maglione con sopra delle renne.-
Hermione sorrise.
-Sembrava che avessero fatto un frontale con una macchina. Assomigliavano alla McGrannit.-
Hermione gli comunicò di non aver apprezzato la battuta con una un’energica gomitata nelle costole.
-E poi mi ha fatto gli auguri di Natale e mi ha dato una pacca sulla spalla.-
Le spalle delle strega iniziarono a sussultare.
-Una pacca sulla spalla! A me!- replicò, sconcertato da tanto ardire.
Chi mai si sarebbe preso una libertà simile? Certo solo un babbano, che non sapeva minimamente con chi avesse a che fare.
-E mi ha chiamato “amico”!- esclamò indignato.
Sussultando nel tentativo di non scoppiare a ridere in faccia a Draco, che certo non avrebbe apprezzato, Hermione gli passò un braccio intorno alla vita e posò la testa sul suo petto, approfittando del fatto che lui fosse più alto di lei di dieci centimetri abbondanti.
-Allora, abbiamo queste.- Draco indicò con un cenno le scatole che teneva sotto braccio –Cos’altro ci manca?-
Hermione rimase sconvolta nel sentirlo parlare in quel modo. Quel “ci” era giunto totalmente inaspettato alle sue orecchie, perché implicava un livello di coinvolgimento, di familiarità, di condivisione ancor più profondo di quanto fosse necessario per trascorrere una notte insieme.
Attenendosi prettamente ai fatti e analizzando la situazione in modo logico e pragmatico come aveva sempre fatto, Hermione riconobbe che di notti insieme ne avevano passate ben due e che la seconda avesse portato con sé implicazioni decisamente importanti, ma il senso di insicurezza che l’aveva accompagnata anche durante la relazione con Ron non riusciva a staccarlesi di dosso.
Quel “ci” stava ad indicare che avrebbero strascorso il Natale insieme o era semplicemente stato messo lì perché erano insieme in quel momento, nell’attimo in cui dovevano materialmente prendere gli addobbi e metterli in un cestino, se mai ne avessero trovato uno?
-Pronto?- Draco le schioccò due dita davanti al viso, per risvegliarla da quello stato di trance in cui sembrava caduta, gli occhi fissi su una bella esposizione di stelle di Natale –Sei sveglia o questa canzone ti ha bruciato le cellule del cervello?-
Hermione scosse la testa, assorta nei propri pensieri e nelle proprie riflessioni, valutando attentamente quali e quante implicazioni potesse avere quella piccola particella.
Evidentemente infastidito per essere messo in secondo piano, Draco abbandonò le scatole sul primo ripiano semivuoto che ebbe a portata di mano, passò una mano dietro la testa di Hermione e l’attirò contro di sé, mentre l’altra mano andava a posarsi possessiva e impudica sul suo sedere.
Hermione lo allontanò bruscamente da sé, fumando di indignazione e con gli occhi sgranati davanti a tanta sfacciataggine. Per quanto potesse essersi rivelata intraprendente nell’intimità che avevano condiviso, non lo sarebbe stata altrettanto in un luogo pubblico.
-Cosa ti è venuto in mente?- gli sibilò ad un centimetro dalla faccia, con tutto l’intenzione di mostrarsi minacciosa e pronta ad attaccare. Draco sogghignò contento di aver ottenuto finalmente la sua attenzione, lanciò un breve sguardo ad Altair, per controllare che non stesse distruggendo l’intero negozio, e diede ad Hermione un rapido bacio sulla bocca, staccandosi subito e prendendola sottobraccio, pilotandola verso il cestone dei peluche in cui la bambina stava frugando, estasiata.
-Tu mi stavi ignorando.- le fece notare, con tutta la serietà di chi è convinto che la propria risposta sia una giustificazione più che sufficiente.
-Io stavo pensando.-
-Ma non a me, quindi mi stavi ignorando.-
-Sei un bambino capriccioso, te l’hanno mai detto?-
-Solo tu, parecchie volte.-
-Perché è vero!-
-Balle.- la liquidò con un gesto della mano –Dunque, dicevo, prima che la tua disattenzione rendesse necessario tutto questo spreco di fiato, che altro  ci  manca?- scandì con attenzione le parole dell’ultima domanda, per essere certo che Hermione le comprendesse appieno e non lo costringesse a ripetere tutto un’altra volta.
 
E Merlino solo sapeva quanto Draco odiasse ripetersi.
 
Ma, a giudicare dalla risposta che ricevette, sarebbe stato necessario ripetere quella semplice domanda per l’ennesima volta. Hermione, infatti, l’aveva ignorato del tutto, rispondendo alla sua domanda con un’altra domanda.
-Ti va di passare Natale con me e i miei?-
Hermione aveva buttato fuori la propria proposta in un unico fiato, attaccando le parole le une alle altre e mordendosi quasi la lingua per la fretta con cui aveva parlato, poi era rimasta a guadare Draco in attesa di una risposta.
Era giunta alla conclusione che Draco non era affatto il tipo di uomo che parla a vanvera solo per dare aria alle corde vocali, quindi nemmeno quel minuscolo e irrilevante  ci  poteva essere considerato un errore, un’errata ed infelice combinazione di movimenti della lingua ed emissione di fiato.
No, quel  ci  voleva certamente dire qualcos’altro.
Ma cos’altro? Hermione, almeno considerando lo sguardo sorpreso con cui l’uomo aveva accolto quella proposta improvvisa, non era più tanto certa che la propria fosse stata l’intuizione corretta.
-Lo so che è un po’ eccessivo invitarti a pranzo dai miei a Natale. Ed è anche vero che sono comuni babbani che vivono in una casa babbana. Però mi sarebbe piaciuto passare il Natale con te ed Altair, ma non posso nemmeno lasciarli da soli, visto che li vado già a trovare poco durante l’anno per via delle mie ricerche.- si riavviò i capelli, nervosa, riprendendo fiato prima di iniziare nuovamente  a parlare, incespicando nelle parole per la  fretta che aveva di spiegare –Poi i miei hanno una casa fantastica, con un abete enorme in giardino e sono sicura che ad Altair piacerebbe un sacco.-
Una coppia triste, la cui crisi si leggeva sui loro visi tirati e nel modo rigido e distaccato con cui camminavano l’uno accanto all’altra senza mai toccarsi, rivolse un identico sguardo perfido e soddisfatto ad Hermione e Draco, probabilmente compiaciuti all’idea di non essere gli unici per cui il Natale si prospettava carico di discussioni.
Hermione, incurante di quegli sguardi cattivi e dell’occhiata ancor più truce che Draco aveva loro rivolto di rimando, continuò a gesticolare, agitata e in imbarazzo.
 
Merlino, cosa diavolo le era saltato in mente?
 
-Poi capisco che anche Narcissa non possa stare da sola a Natale. Sono proprio una stupida, non ci avevo pensato. Cioè, avevo pensato che festeggiasse con tuo padre, mi ero.. maledizione, mi ero dimenticata che tuo padre è…- si morse un labbro, gli occhi sgaranti, zittendosi prima di toccare apertamente un argomento che per loro poteva rivelarsi troppo spinoso e irto di ostacoli.
-Scusa, ho detto una stupidata.- mormorò mesta, profondamente dispiaciuta per quella sequela stupida e vuota di parole, ognuna delle quali era stata un passo in più verso il baratro che aveva creato con le proprie stesse mani.
O parole, in quello specifico caso.
Era stata affrettata e indelicata e nella sua stupidità aveva anche toccato un discorso che poteva rivelarsi come una bomba ad orologeria, pronta ad esplodere incurante di tutto e tutti.
Miseriaccia, dopo dieci anni dal suo primo bacio era ancora un disastro nei rapporti di coppia, tanto più che Draco Malfoy era un esemplare anomalo di quella strana specie che erano gli uomini.
-Vado alle casse, tu vai pure da Altair. Ci vediamo domani. O dopodomani. O quando vuoi, insomma. Sarai molto impegnato, immagino, magari ci si vede direttamente dopo Natale.- abbozzò un sorriso, poi corse verso la cassa più vicina.
Draco rimase immobile, frastornato da tutte quelle parole che l’avevano investito con l’irruenza di un cavallone in una giornata di mare mosso. Come spesso accadeva davanti agli sproloqui senza capo né coda di Hermione, Draco non era nemmeno riuscito a reagire, troppo impegnato a capire il senso di quel discorso intricato.
Una mano piccola scivolò nella sua.
-Papi, perché Hermione è scappata via di corsa?-
Draco abbassò lo sguardo su Altair, sorridendo di tanta ingenuità. La risposta era così semplice.
-Perché è pazza.-
Di me, aggiunse compiaciuto fra sé e sé.
 
*
 
Dopo essere andata a comprare anche gli ultimi regali che mancavano all’appello, Hermione rientrò a casa, stanca e spossata e, soprattutto, arrabbiata con se stessa per il pasticcio che aveva combinato con Draco.
D’accordo invitarlo dai suoi per Natale. Poteva essere considerato affrettato e fuori luogo, considerando il poco tempo da cui si frequentavano, ma non era nulla che delle scuse e una risata non potessero sistemare.
D’accordo anche essersi dimenticata, anche solo per un attimo, di Narcissa. Era stato un momento di confusione che chiunque avrebbe potuto perdonare.
D’accordo anche aver dimenticato, nell’impeto di coraggio di cui si era armata per proporre la propria idea, che Lucius Malfoy era in prigione.
Ma, per le mutande di Merlino, come diavolo le era saltato in mente di dirlo ad alta voce?
Quale strana malattia aveva contratto, da essere così grave da spingerla a mettere da parte ogni buon senso e farle dimenticare che l’argomento  padre  con Draco poteva risultare più pericoloso di una pozione di Neville lasciata incustodita?
Lasciò cadere i sacchetti sul divano.
Era.
Abbandonò scarpe e cappotto all’ingresso.
Una.
Salì le scale trascinando i piedi, aprendo la porta della propria camera da letto con un sospiro sconfortato.
Stupida.
-Non ho mai  conosciuto  una donna che parlasse quanto te.-
Con uno strillo spaventato e vagamente isterico, se ne rese conto solo più tardi, Hermione sobbalzò per la sorpresa e si aggrappò allo stipite della porta per non cadere.
 
Lei era una stupida, ma lui era un’idiota.
 
Perfettamente a proprio agio, Draco l’spettava disteso sul letto, le braccia incrociate dietro la nuca e le caviglie sormontate, in una posa che faceva tendere il pullover sul petto asciutto e ne disegnava la sagoma.
-Forse perché non  esiste  una persona che parli quanto te.- considerò pensosamente, fra sé e sé –Sei logorroica, questo è quanto.- la informò, senza preoccuparsi del fatto che quel’aggettivo potesse non risultare, alle orecchie della strega, un complimento lusinghiero.
-“Sarai molto impegnato”?- ripeté le parole che lei stessa aveva pronunciato poche ore prima ed Hermione si accorse solo in quel momento di quanto potessero suonare infantili e… -Cosa stavi insinuando?-
Insinuanti, appunto.
-Cosa, precisamente, credi che io abbia da fare i questi giorni? Andare dai miei amici Purosangue, quelli che non mi parlano più perché ho fatto in modo che sapessero che sto con te? Oppure credevi che andassi dai genitori di Astoria, che mi hanno raccomandato di fare una doccia ad Altair con il disinfettante, prima di portarla a casa loro la prossima volta? Oppure, non so, pensi che debba andare a puttane?-
Il tono di Draco si alzò sull’ultima parola, palesemente furioso per la sottile e strisciante insinuazione che lei gli aveva lanciato. Un’insinuazione che non era nemmeno nata come tale, ma che avrebbe potuto prestarsi a mille e più interpretazioni.
Draco si mise a sedere sulla sponda del letto, pettinandosi i capelli all’indietro con le mani e prendendo un respiro profondo.
-Sei una pazza, sappilo.-
Hermione annuì, mortificata dal proprio atteggiamento infantile e stupido.
-Me ne sono accorta. Scusami.-
Draco la guardò come…
Hermione non avrebbe saputo dirlo. La guardò in quel modo in cui guardava solo lei, curioso e gentile, dolce e profondo, canzonatorio e innamorato. Con la testa le fece cenno di avvicinarsi e, appena fu abbastanza vicina, le mise le mani sui fianchi e la guidò fino a farla sedere sulle proprie gambe.
-Mia madre questo Natale non può esserci. Il nostro avvocato ha ottenuto il permesso per far ricoverare mio padre al San Mungo, almeno fino a quando non starà meglio. Poi tornerà ad Azkaban.- sospirò.
Nonostante i sentimenti ostili che la legavano a Lucius Malfoy, Hermione si sentì trafitta da quel sospiro dispiaciuto e sofferente che scaturì dal petto di Draco. Gli accarezzò il viso e gli diede un bacio lieve sulla guancia, cercando di trasmettergli tutto il proprio appoggio.
-Dovresti andare anche tu.- gli suggerì, ma lui scosse il capo.
-Oh, no. I miei sono sempre stati piuttosto sdolcinati tra loro e io non desidero assistere alle smancerie dei miei genitori. Grazie, no.- decretò, storcendo la bocca disgustato al solo pensiero –Per rispondere al tuo sproloquio di oggi, quindi, sì, a me e ad Altair farebbe molto piacere festeggiare il Natale con i tuoi genitori babbani, nella loro casa babbana, in un quartiere babbano, in…-
Hermione lo bloccò, premendogli due dita sulle labbra.
-Ho capito, hai sviluppato una passione per i babbani.-
-Oh, sì. Non immagini quanto.- le mormorò sfiorandole il collo con le labbra, infilando le mani sotto il maglione e arrivando a slacciarle il gancetto di chiusura del reggiseno. Hermione strinse il suo mento tra le dita e lo costrinse ad alzarlo verso di lei.
-Io sono una strega.- affermò con orgoglio.
-Oh, lo so. Lo so, cara la mia sapientona Grifondoro.-
Soddisfatta di quell’ammissione, Hermione tornò a baciarlo con delicatezza, esitando in superficie, giocando con le sue labbra, in una lunga e sensuale domanda di scuse.
-Tornando alle tue basse insinuazioni di oggi pomeriggio…- Draco le sfilò il maglione e il reggiseno già slacciato, osservando lascivo il seno nudo di Hermione e accarezzandone le punte –Vediamo se riesci a farti perdonare.-
La risata soffocata di Hermione venne coperta dal cigolio del letto e dal fruscio delle lenzuola.
 
***
 
-Ho letto la tua ricerca.-
Philipp Granger, un uomo di mezza età dall’aspetto socievole e paterno, con piccoli occhi scuri come l’ebano cerchiati da leggeri occhiali dalla montatura dorata, sedeva in poltrona, quella comodissima poltrona che aveva eletto a proprio scranno regalo per i momenti di pace e tranquillità familiare.
Gli occhi dell’uomo indugiarono sulla figlia, accoccolata ad una estremità del divano con le ginocchia strette al petto e i piedi nudi come una bambina, che lo guardava con aspettativa, attendendo con trepidazione il suo giudizio.
-Io non capisco nulla del tuo mondo, ma devo dire che le tue teorie, da quel poco che ho capito..- lasciò il discorso in sospeso, creando, forse un po’ sadicamente, un’atmosfera di suspense –sono davvero affascinanti.-
Hermione sorrise raggiante, dando un bacio sulla guancia al padre e tornando poi al proprio posto, attendendo pazientemente la madre che, poco dopo, entrò con un vassoio su cui faceva mostra di sé un elegante servizio da the composto da tazza, piattini e teiera decorati da motivi floreali sui toni del verde menta.
La signora Granger era una donna minuta, il cui viso magro era controbilanciato da una chioma folta, riccia e ribelle identica a quella che Hermione aveva ereditato da lei, con l’unica differenza che ormai i capelli della padrona di casa si erano ingrigiti sulle tempie.
Jean si sedette compostamente sulla poltrona posta di fronte al marito, sul lato opposto del caminetto, e versò il the in tre tazze ascoltando il chiacchiericcio di marito e figlia.
-Allora, Hermione- esordì quando la ragazza ebbe terminato di spiegare al padre la controversa questione riguardante chi fosse il reale inventore dei tappeti volanti –a Natale pensi di venire a pranzo da noi?-
Hermione annuì, allontanando la tazza dalle labbra.
-Naturalmente.-
-Oh, bene.- Jean sembrò oltremodo contenta di quella notizia, una scintilla di compiacimento negli occhi color nocciola –Nel pomeriggio potremmo far visita a Marla.-
Hermione annuì, nonostante un lieve pizzicore dietro la nuca le facesse presagire che non ci si potesse aspettare nulla di buono da quello sguardo cospiratore che sua madre le stava puntando addosso, esaminando i suoi capelli stretti in una treccia morbida con la stessa diagnostica attenzione con cui avrebbe esaminato una carie particolarmente brutta nella bocca di uno dei suoi pazienti.
Male, molto molto male.
-Marla, che cara donna, mi ha detto che anche Stan sarà a casa per le feste. Potrebbe essere una buona occasione per rivedervi e parlare un po’. È tanto che non lo vedi, sbaglio? Dall’estate del tuo ultimo anno a Hogwarts, sbaglio? È molto cambiato, sai?-
Beccata.
Hermione sorseggiò lentamente il the ad occhi chiusi, cercando di recuperare, da qualche nascosto anfratto del proprio animo, la pazienza necessaria per permettere alla madre di terminare un lungo e pomposo elogio delle qualità di Stan, un ragazzo in cui Hermione, francamente, non riteneva ci fosse nulla da elogiare.
Mentre Hermione assaporava i residui di zucchero che si erano accumulati sul fondo della tazza ed erano scivolati fino alle sua labbra con le ultime gocce di the, Jean si lanciò in un’appassionata ed entusiasta celebrazione dei successi di Stan presso la facoltà di legge dell’Università di Oxford.
-Sarebbe bello che passaste un po’ di tempo insieme a Natale, non trovi?-
Hermione abbozzò un sorriso di circostanze, mentre suo padre, il volto nascosto dietro un giornale di sport tenuto al contrario, scuoteva la testa sconsolato.
Pettinato, ordinato, educato, senza piercing o tatuaggi, con la passione per il tennis e il nuoto e una sfavillante media universitaria, Stan era il tipico bravo ragazzo che piace tanto alle mamme e Jean Granger, in questo, non faceva eccezione.
-Ecco, mamma- esordì cautamente Hermione, ben consapevole che andare contro i piani di sua madre e opporsi a quelle che lei riteneva sagge decisioni non era mai facile –per quanto riguarda Natale…-
-C’è qualche problema?-
I naso aquilino di Jean aveva già fiutato, nel tono titubante della figlia, che qualcosa non sarebbe andato esattamente secondo i suoi piani. Hermione scosse la testa, agitando i capelli intorno al viso pulito dai lineamenti dolci.
-No, assolutamente. Però, ecco…-
Jean la guardò confusa, mentre il padre le fece un cenno incoraggiante, invitandola ad andare avanti. Hermione si sistemò nervosamente i capelli dietro le orecchie, stropicciando poi il polsino della maglia a maniche lunghe che indossava.
 
Come si faceva a dire ai propri genitori che si vorrebbe invitare a pranzo per Natale il proprio fidanzato e la figlia avuta da un precedente matrimonio, naufragato rovinosamente perché era stato combinato dai genitori dalle tradizioni retrograde e leggermente ristrette?
 
Proprio in quel preciso modo.
-Mamma, papà, mi piacerebbe invitare  a pranzo da noi anche il mio fidanzato e sua figlia.-
Per un attimo, Hermione temette che tutto il coraggio raccolto fosse andato perduto, vanificato dal modo affrettato in cui aveva parlato, attaccando le parole le une alle altre, facendo di tutta una frase un’unica, lunga e indistinta parola.
Poi, notando la mascella serrata della madre e la vena sulla sua tempia che pulsava rovinosamente, Hermione capì che il messaggio era stato recepito più che chiaramente.
-Il tuo fidanzato?- domandò con difficoltà, articolando con fatica la parla incriminata.
-Ehm, sì. Non fidanzato ufficiale, ovviamente.- puntualizzò Hermione –Il mio ragazzo, l’uomo con cui esco.- balbettò a disagio, accorgendosi di non sapere esattamente come definire il proprio rapporto con Draco, soprattutto davanti ai suoi genitori.
-Come mai non ne sapevo nulla?-
Hermione si trattenne a stento dal rispondere alla madre che, forse, il tono ostile con cui stava affrontando l’argomento avrebbe potuto darle un indizio sul motivo per cui non ne aveva parlato prima.
Jean aveva sempre avuto una mentalità rigida: era una brava donna, dedita alla famiglia e al lavoro, orgogliosa della figlia e dei progressi brillanti che aveva fatto nel nuovo mondo di cui aveva scoperto di far parte, ma aveva sempre serbato la speranza, nemmeno troppo celata, di vederla sposata con un ragazzo normale, in modo che la sua vita futura si svolgesse più vicino a lei di quanto non fosse avvenuto negli anni precedenti.
Le magie improvvise di Hermione, quando era ancora piccola, le avevano fatto capire quanto fosse importante che imparasse a gestire i suoi poteri, ma vederla crescere lontana dalla casa in cui era nata era stata una sofferenza.
-Non è molto che ci frequentiamo. L’ho incontrato a luglio dopo tanti anni, veniva a scuola con me ad Hogwarts, ma è solo da un mesetto che usciamo insieme come.. beh, come una coppia.-
-Veniva a scuola con te?- Hermione annuì con foga, le guancie in fiamme per l’imbarazzo di dover affrontare un argomento tanto personale con i propri genitori, entrambi seduti di fronte a lei come un distaccamento moderno dell’Inquisizione spagnola –E chi sarebbe quest’uomo?-
Il tono di Jean era molto più che vagamente ostile, era dichiaratamente battagliero.
-Draco Malfoy.-
Una ruga di diffidenza affiorò sulla fronte della madre di Hermione, ma la ragazza, sfortunatamente, non se ne accorse.
Incrociando lo sguardo interrogativo di suo padre, Hermione decise di spiegare meglio cosa fosse successo negli ultimi sei mesi, tralasciando ovviamente quello che era accaduto dopo la festa di Altair contro il muro del corridoio, sorvolando strategicamente sul ritorno improvviso e inopportuno di Astoria e anche sulla loro riappacificazione appassionata in un luogo pubblico.
Parlò per diversi minuti, raccontando quanto fosse cambiato, come potesse sembrare un uomo rude al primo impatto ma incredibilmente dolce e pieno di piccole attenzioni con le persone a cui teneva di più.
Terminato il proprio discorso su quanto Draco fosse diventato importante per lei negli ultimi mesi, lasciando in ombra il ruolo che aveva avuto in guerra, Hermione sorrise radiosa e speranzosa al padre, che ricambiò con un sorriso contento, certo che l’uomo che la faceva sorridere a quel modo non potesse essere meno che degno di starle accanto.
Nemmeno ai tempi del suo rosso amico l’aveva mai vista così.
Quando lo sguardo di Hermione, ora molto meno impacciata di quanto non fosse stata prima, si posò sulla madre, la prima cosa che notò fu la piega amara e piena di disapprovazione delle sue labbra arricciate.
-Hermione- scandì attentamente, come se parlare e porle quella domanda che già aleggiava nell’aria, le costasse un enorme sforzo –ti prego, ti prego, dimmi che non è lo stesso Draco Malfoy che penso io.-
Hermione la guardò confusa, con sguardo vacuo.
-Dimmi che non è quello che abbiamo incontrato a Diagon Alley prima del tuo secondo anno, che non è quello che ti ha preso in giro per anni, che non è quello che hanno processato e che è stato scagionato per i soldi con cui ha corrotto la giuria.-
-Non è stato assolto perché ha corrotto qualcuno!- la replica veemente di Hermione si sovrappose alle ultime parole della madre –È stato scagionato perché era innocente, perché non c’erano prove contro di lui…-
-Solo perché non c’erano prove, non significa affatto che fosse innocente!- insistette Jean, colma di preoccupazione al pensiero di vedere la propria unica figlia al fianco di un criminale, di un avanzo di galera che con tutta probabilità stava approfittando del suo buon cuore per qualche losco fine.
-Ci sono tanti modi per eliminare o nascondere le prove. E anche per eliminare i testimoni, a dire il vero.- precisò spietata.
-Draco non è un criminale!- Hermione balzò in piedi, le braccia rigide lungo i fianchi e le mani contratte in pugni di tensione, di rabbia verso la madre che si ostinava a non voler ascoltare le sue ragioni –Ha sbagliato, ma era solo un ragazzo, aveva solo diciotto anni, era ingenuo, con la testa piena di quello che la sua famiglia gli aveva insegnato.-
-Diciotto anni sono più che sufficienti per essere responsabili delle proprie azioni, tu più di tutti dovresti saperlo.- la rimproverò, puntandole un dito accusatore in mezzo al petto, che si alzava e abbassava frenetico al ritmo del respiro affannato della giovane strega.
-Infatti lo so.- protestò con sicurezza, poi incrociò le braccia sotto il seno e la guardò con occhi lucidi –So che ha sbagliato e non l’ho dimenticato.  Affatto.  Ma ho deciso di dargli una seconda possibilità, ho deciso di concedermi una seconda possibilità. So riconoscere una persona pentita e cambiata quando la vedo.-
-Sei giovane, Hermione.- Jean roteò gli occhi, spazientita davanti alla cocciutaggine della figlia -Non puoi pensare di avere abbastanza esperienza per conoscere la mente delle persone.-
-Pensi che sia una stupida?- domandò oltraggiata la ragazza, alzando la voce e il mento in atteggiamento inconscio di sfida.
-Penso che tu ti sia fatta intortare come una quindicenne da un paio di pettorali e di occhi azzurri.-
Hermione aprì la bocca, sbalordita dalla bassa considerazione che sua madre, stando a quanto aveva appena detto, aveva di lei. Tuttavia, non ci fu bisogno di parlare, poiché una voce bassa ma decisa si intromise nella loro discussione, placandone i toni accesi.
-Ora basta, Jean.- gli occhi scuri di Philipp, penetranti e duri come l’ebano più pregiato, misero a tacere la moglie, che lo guardò ferita da quel tradimento –Hermione è grande, anche se per noi resterà sempre la nostra bambina. Forse non è ancora una donna adulta, ma è saggia ed è intelligente.-
L’uomo si voltò verso Hermione, che si era rimessa a sedere, stanca, la testa reclinata contro la morbida spalliera imbottita del divano.
-Non mi piace quello che ha fatto questo tizio in passato. Ho letto i giornali, ho letto  tutti  i giornali magici che tu mi hai consigliato, e ho tratto le mie conclusioni.- levando il palmo della mano verso la ragazza, il padre la mise a tacere, sorridendo lievemente nel vedere la nuova replica già dipinta sul suo viso –Ma se tu sei convinta che sia cambiato, che meriti la tua fiducia e che sia diventato un uomo migliore, degno di stare al tuo fianco, per me questo è sufficiente. Mi fido di te.-
Philipp levò lo sguardo deciso sulla moglie, sfidandolo a contraddirlo. Era un uomo pacifico e parlava poco, ma era anche un uomo di polso, fiero di portare i pantaloni in quella graziosa villetta della periferia di Londra.
-Ha anche una figlia, a quanto hai detto.- bofonchiò con stizza Jean, arrendendosi e incrociando le braccia nell’accettare la maggioranza che si era dichiaratamente schierata contro di lei.
-Sì, si chiama Altair.- rispose Hermione con freddezza -È una bambina deliziosa.-soggiunse con un sorriso perfido, accorgendosi solo marginalmente di aver assunto la stessa posa di sfida che adottava sempre Draco quando voleva aver ragione su qualcosa ad ogni costo.
Jean sbuffò scettica, poi si diresse in cucina bofonchiando tra sé e sé a proposito dei biscotti che aveva comperato apposta per quel pomeriggio. Philipp scosse la testa, rassegnato e in parte divertito per la cocciutaggine della moglie, poi si chinò verso la figlia e le prese una mano.
Il sorriso della sua bambina riscaldava il cuore.
-E dimmi, com’è questo Draco?-
Hermione ci pensò un po’ su, indecisa su quali parole usare per descrivere al meglio il carattere spigoloso di Draco. Poi ebbe un’illuminazione.
-Bello.-
Perché, sì, Draco era bello.
Fuori, certo, ma anche dentro, di una bellezza che pochi riuscivano a vedere, di una bellezza che a pochi era concesso scorgere, di una bellezza che pochi, purtroppo, si davano la pena di cercare.
 
***
 
25 dicembre.
 
Sulla soglia del cottage azzurro di Hermione e con la mano già tesa verso la maniglia della porta, Draco si sentì trattenere dalla piccola mano di Altair che stringeva nella propria, quando la bambina fece resistenza. Abbassando lo sguardo, la vide tormentarsi per l’ennesima volta una delle mollettine che le aveva appuntato in testa, imprigionando un paio di ciocche dispettose ai lati del visino della figlia.
-Altair, che succede?- le domandò, accucciandosi davanti a lei e dandole un bacio sulla fronte.
-E…- iniziò preoccupata e ansiosa, poi si insinuò tra le braccia del padre e si fece coccolare, affondando le mani tra i capelli dell’uomo mentre lui le dava tanti baci leggeri sulla nuca.
-Allora, mi dici che succede?- l’incoraggiò, alzandosi in piedi e tenendola in braccio, i piedi che dondolavano contro il proprio cappotto pulito. Non si lamentò.
-E se il papà e la mamma di Hermione sono antipatici? E se ci trattano male? E se non gli piaccio? E se…-
-Sono sicuro che saranno molto simpatici.- affermò con sicurezza Draco, annuendo con convinzione, quasi stesse parlando di un amico di vecchia data -E poi è impossibile che tu non piaccia a qualcuno. Sei la bambina più bella del mondo.-
-Sì, me lo ha detto anche la mamma. E anche Hermione.- arricciò le labbra, concentrata su un pensiero difficile –E se lo ha detto Hermione, allora vuol dire che è vero, vero, papi?-
Draco rise e annuì, bofonchiando qualcosa a proposito del fatto che mai, assolutamente mai,  Hermione-sapientina-Granger  avrebbe potuto sbagliare.
Con colpi decisi e poco delicati, Draco bussò alla porta di casa, udendo in risposta solo un urlo che li invitava ad entrare, attutito dalla distanza e proveniente, immaginò, dal piano superiore della villetta.
Sospingendo davanti a sé la bambina, ancora pensierosa ma palesemente sollevata dalla rassicurazione paterna, Draco entrò in casa e si guardò attorno, osservando soddisfatto il lavoro che lui, Altair ed Hermione avevano fatto il giorno precedente.
 
 
Hermione aveva raccomandato loro di vestirsi comodi, perché ci sarebbe stato da lavorare parecchio, quel giorno. Il loro obiettivo era semplice: addobbare la villetta di Hermione nel modo migliore possibile.
Così, precisamente alle otto di mattina, Draco, ancora mezzo addormentato e con profonde occhiaie scure sotto gli occhi appannati di sonno, si era presentato a casa di Hermione, accompagnato da un’Altair saltellante e particolarmente pimpante per essere una bambina che si era svegliata quasi due ore prima del consueto.
Appena un secondo dopo che il dito di Draco aveva premuto il campanello, Hermione aveva aperto la porta di casa, già perfettamente attiva ed efficiente, i capelli trattenuti da un elastico rosso, indossando solo una camicia a quadri con le maniche arrotolate e un paio di pratici jeans sbiaditi, gli stessi che aveva già indossato per i lavori in giardino.
-Siamo pronti!-
All’affermazione decisa di Altair aveva fatto eco un grugnito indistinto e primitivo da parte di Draco, che aveva seguito in casa la figlia e alla prima occasione si era lasciato cadere sul divano, coprendosi gli occhi con un braccio e pregando affinché qualcuno, fosse anche Potter in persona, fermasse quelle due pazze che erano sua figlia e la sua fidanzata.
Nessuno, però, sembrò avere pietà di lui e le sue preghiere rimasero inascoltate.
Prima avevano addobbato l’abete sintetico in salotto, appendendo e togliendo e spostando le palline fino a quando le due pazze, così le aveva soprannominate, non erano state soddisfatte.
Poi avevano appeso la ghirlanda sulla porta, e almeno quella era stata un’operazione rapida ed indolore.
Dopo la ghirlanda, era stato il turno degli addobbi in giardino, compito che comprendeva sia appendere dei festoni alla staccionata, sia decorare con luci e cristalli di vetro l’albero che era cresciuto in un angolo del giardino.
Dopo pranzo, consumato in fretta perché  “Non c’è tempo per battere la fiacca”, Altair aveva chiesto ad Hermione se poteva aiutarla ad impacchettare i regali di Natale per i suoi amici, “quelli antipatici”, come aveva precisato la bambina riferendosi a ciò che Draco le aveva detto tempo prima riguardo a Potter e alla moglie.
Quello, per il giovane mago, era stato il momento più bello della giornata.
Sua figlia era per lui fonte di grandi soddisfazioni.
La speranza di poter tornare presto a casa per recuperare le ore di sonno perso, si era infranta quando Draco aveva capito che Hermione adorava il Natale e non era certo il tipo di persona che risparmiava in regali.
Così aveva dovuto collaborare nell’impacchettare un set di manutenzione per manici di scopa per Potter…
“Harry ha una vera devozione per la sua scopa.”
…una camicia in raffinato chiffon blu per la moglie di Potter…
“Ginny adora quel colore, le starà d’incanto.”
...degli orecchini fatti con tappi di burro birra per Lunatica Lovegood…
“I suoi vecchi si sono rotti mentre cercava tracce dei Nargilli in Patagonia meridionale.”
…e poi un maglione per suo padre e dei guanti e una sciarpa per sua madre…
“I miei hanno sempre voluto che i regali di Natale fossero anche utili.”
… e poi un’infinità di regali per parenti e amici che Draco proprio non ricordava. Il suo cervello aveva reagito al sonno andando in standby come un comune televisore babbano, riducendosi ad attaccare meccanicamente un fiocco su ogni pacchetto, stando ben attento, come gli ricordava Altair ogni tre minuti, ad abbinare il colore del fiocco con quello della carta e del nastro.
A conti fatti, quella giornata era stata un vero incubo.
Fortunatamente, almeno la nottata si era rivelata decisamente piacevole e piena di belle sorprese.
 
 
-HERMIONE!-
La voce di Hermione, proveniente dal piano superiore, echeggiò sulle scale.
–Mi sto vestendo, adesso arrivo!-
Soddisfatta della risposta, Altair si sedette sul divano, facendo dondolare ritmicamente i piedi e fissando le scarpette di vernice nera con attenzione, canticchiando tra sé e sé la canzoncina del cartone che aveva visto la sera precedente, prima di andare a letto.
Draco rimase in piedi, ticchettando con le scarpe sul pavimento per pochi minuti, prima che la sua curiosità avesse la meglio sulla sua, di per sé inesistente, pazienza.
-Altair, rimani un attimo qui, mentre io vado a vedere cosa combina Hermione?- la bambina annuì –Brava, amore.- Draco le diede un bacio sulla nuca, poi si guardò attorno, alla ricerca del proprio nemico. Ghignò, quando l’ebbe individuato addormentato nella propria cesta.
Con passo lesto e silenzioso, si avvicinò a Grattastinchi e lo sollevò dal suo confortevole giaciglio, depositandolo poi in braccio alla figlia.
-Gioca con Grattastinchi, io torno subito!-
Mentre scompariva rapidamente su per le scale, salendo i gradini a due a due, Draco fu quasi certo di aver visto il gatto fissarlo con sguardo vendicativo, mentre la bambina gli tirava la coda e le orecchie.
 
Al primo piano, Draco sbirciò attraverso la fessura luminosa della porta lasciata socchiusa.
Di spalle, Hermione scrutava l’interno del proprio armadio, le mani sui fianchi nudi e la testa inclinata, il collo lasciato scoperto dai capelli raccolti, indossando solo un completo intimo di pizzo nero.
Draco aprì con una leggera spinta la porta della camera ed entrò senza bussare, annunciandosi con un lungo e sommesso fischio di apprezzamento. Hermione si voltò verso di lui e arrossì, chinando appena il capo e spostando nervosamente il peso da un piede all’altro, a disagio sotto gli occhi di Draco che studiavano attentamente il suo corpo con evidente approvazione.
Con passo lento e strascicato, dell’uomo che crede di avere l’intero mondo ai propri piedi e se ne infischia altamente del fatto che non sia così, Draco la raggiunse, le passò le mani intorno alla vita, accarezzando la schiena di Hermione con i palmi aperti, come per percepirla il più possibile.
La spinse con forza contro di sé e la baciò con ingordigia trattenuta, leccandole le labbra ed esitando ai bordi, distraendola con la propria insopportabile esitazione mentre le sue mani andavano a posarsi, possessive, sulle sue natiche, spingendola contro il proprio bacino.
Un pensiero indefinito affiorò nella mente di Hermione, ricordandole che era Natale, che dovevano andare a pranzo dai suoi genitori e che al piano inferiore li stava aspettando Altair. Tuttavia, come sempre, il corpo di Draco e la sua bocca e le sue mani erano troppo invitanti, irresistibili.
Accarezzandogli il collo, uno dei suoi punti più sensibili, Hermione affondò con prepotenza la lingua nella bocca di Draco, bevendone i sospiri estasiati che gli strappava ad ogni carezza lieve al di sotto dell’attaccatura dei capelli.
Lo baciò a lungo, fino a quando sentì le mani di Draco sfiorarle con lascivia il bordo decorato degli slip, poco al di sotto dell’ombelico, solleticandola con malizia.
-Fermo.- lo ammonì, aprendo gli occhi e scontrandosi con l’espressione da allegra canaglia che Draco si era stampato in viso, forse convinto di poterla convincere a cedere a lui e ai desideri –Merlino, quanto lo desiderava- del proprio corpo.
-E buon Natale.- soggiunse.
-Anche a te, sapientina.- Hermione gli fece una smorfia, poi gli voltò le spalle e tornò a scrutare nei meandri del proprio guardaroba e Draco la imitò, il mento appoggiato alla sua spalla e le braccia incrociate sulla sua pancia –Oh, quasi dimenticavo… Bel completino.- si complimentò, accarezzando le mutandine che le coprivano il pube senza celare alcunché e facendola avvampare di vergogna.
-Oh, non fare la puritana con me. Ho visto di cosa sei capace quando siamo soli.- le ricordò, con un’espressione beata in viso –L’hai scelto apposta perché stai tentando di sedurmi?-
-Non ho affatto bisogno di questi mezzucci per sedurti.- affermò con spavalderia –Piuttosto che dire sciocchezze, cosa mi consigli?- domandò, alludendo alla vasta gamma di abiti che le ante aperte dell’armadio mettevano in mostra. Draco vi scrutò dentro attentamente, poi allungò un braccio e ne estrasse lo stesso abito che Hermione aveva indossato alla cena per il compleanno di Altair.
-Questo.- disse risoluto, passandolo ad Hermione –Ti sta molto bene e inoltre…- abbassò la voce e si avvicinò ancor più al suo orecchio, biascicando con voce impastata di desiderio –Spero di potertelo sfilare come la scorsa volta.-
A passo veloce si diresse alla porta, rallentando il passò quando udì la risposta di Hermione.
-Volentieri.-
Al di sopra della spalla, Draco le regalò uno sguardo carico di promesse, poi le sorrise e si avviò al piano inferiore.
 
 
 
Buonasera!
Grazie a tutte per le recensioni che, nonostante l’epico ritardo, avete lasciato al capitolo precedente.
Ho avuto un’idea improvvisa che inizialmente non doveva essere inclusa nella storia, che quindi si allungherà di un capitolo. A conti fatti, ne mancano 2 (più un epilogo? Non lo so, vedremo.).
Commentate numerose!! Un abbraccio
Giada
 
PS. Sono in periodo di esami, ne avrò uno questa settimana, quindi l’aggiornamento potrebbe ritardare. EFP è importante per me, ma devo dare la priorità all’università. Spero mi capiate. baci

 
  
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