Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Hiraedd    10/09/2012    3 recensioni
A volte capita che il Capitano Grifondoro si ritrovi tra le mani uno strano enigma chiamato Dorcas Meadowes, che in sei anni gli ha rivolto la parola tre volte al massimo, tutte nel giro dell’ultima settimana.
Può anche capitare che un Serpeverde solitario e innocuo inciampi in una maschera che non nasconde solo un volto, ma un mondo intero. Perchè Benjamin odia Caradoc Dearborn, sia chiaro, e quegli occhi dorati non gli fanno alcun effetto. Forse.
Oppure può succedere che il Caposcuola sia innamorato da anni della sorellina del proprio migliore amico, che ha perso la testa per un Auror di stanza in Polonia, e abbia una fottuta paura che Edgar lo scopra e lo torturi perché no, quelli che fa verso Amelia sono tutto fuorché casti pensieri d’amicizia.
Per fortuna, però, che c’è Hestia Jones, deputato diario segreto degli studenti del settimo anno, che tutto osserva nonostante, a conti fatti, non distolga nemmeno per un secondo lo sguardo dal suo adorato fidanzato, il Prefetto Sturgis Podmore.
*
Siamo ad Hogwarts, è l’autunno 1969 e la guerra è già più vicina di quanto non sembri.
*
Altri personaggi: Gideon Prewett, Kingsley Shacklebolt, Sturgis Podmore, Amelia e Edgar Bones.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Benjy Fenwick, Caradoc Dearborn, Dorcas Meadowes, Fabian Prewett, Hestia Jones
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'oltre il fuoco comincia l'amore'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
NOTE:
Sebbene questo capitolo non sia assolutamente il più importante della storia, ma semplicemente uno dei tanti, è in assoluto quello che preferisco fra tutti quelli che ho scritto. Non solo di questa storia, ma in generale.
Se vi piace, magari battete un colpo. Se non vi piace, battete un colpo lo stesso. Tengo particolarmente a questa storia, e a questo capitolo soprattutto. Vi ripeto, non è particolare, ma è particolarmente mio.
Detto questo, ci vediamo-sentiamo alla fine, quando lo avrete letto e potrete decidere voi cosa pensarne.
Buona lettura.
 
 
 
 
Lascio di rado delle dediche, ma.
 

Dedico questo capitolo d’amicizia a un ragazzo
che se ne è andato quattro anni fa tra dieci giorni
e si è lasciato dietro un sacco di amici.
Un abbraccio, Riki, ovunque tu sia,
 da qualcuno che non ti conosceva come meritavi.
 

 
 
 
 

09. Capitolo 9

 
 
 
 
 
Da quando Caradoc Dearborn, due anni prima, era diventato Capitano della squadra di quidditch, le partite più attese dell’anno non erano più Serpeverde contro Grifondoro.
 
Almeno dalla parte femminile di Hogwarts, la rivalità tra case era stata abbandonata con una gioia e una celerità che avrebbe reso il Cappello Parlante fiero dei messaggi subliminali delle proprie canzoni. Tutto in favore di un aperto favoritismo nei confronti del ragazzo-emblema della casa di Priscilla, che simboleggiava della donna non solo l’intelletto, ma anche la bellezza.
 
-non c’è mai così tanto fermento quando ci prepariamo a giocare noi- borbottò infastidito Fabian Prewett, indicando un gruppetto di giovani tassorosso vestite di giallo e nero, che più che studentesse parevano api, sghignazzanti. Caradoc li aveva appena salutati, all’incrocio tra i due corridoi, per andare ad Aritmanzia insieme a Gideon.
 
-si vede che come Capitano Caradoc ispira più di te- gli rispose divertita Hestia, mano nella mano con Sturgis.
 
-ah, certo, deve essere proprio amore per il quidditch- ribattè a tono Kingsley, in uno scatto irritato che ben poche volte mostrava in pubblico. La popolarità di Caradoc rodeva, chi più chi meno, a tutti.
 
-è vergognoso, comunque- si intromise Amelia raggiungendoli con passo veloce e scoccando alle ragazzette della sua stessa casa uno sguardo a metà tra lo schifato e il furioso –Tosca si sta rivoltando nella tomba, parola mia, e tutta colpa di Dearborn. Si comportano così solo perché non ci hanno mai avuto a che fare. Dodicenni!-.
 
-che ci fai tu qui?- domandò Edgar scoccando uno sguardo stupito alla sorella, che si inserì tra lui e Kingsley come niente fosse. Visti da vicino, Amelia e Kingsley potevano quasi sembrare gli estremi dell’essere umano. Lei, viso eburneo da bambola e grandi occhi grigi, gli arrivava appena al petto. Lui, scuro, con gli occhi nerissimi e la figura statuaria, pareva vegliarla dall’alto, buio come il cielo notturno.
 
-non riesco proprio a capire perché papà e la mamma usino Berserkr per inviare lettere anche a te- si lamentò la sorella sfilando dal mantello la lettera in questione, e infilandogliela tra le mani con poco entusiasmo –secondo te quali concetti non capiscono in “Berserkr è il mio gufo e non quello di Edgar”?-.
 
Hestia sorrise, avendola già sentito fare un discorso simile più di una volta.
 
-non so cosa non capiscano loro, ma so quello che non capisco io. Che fastidio ti da se uso il tuo gufo per scrivere a…-
 
-punto primo, se il gufo è mio ci sarà un motivo- si inalberò Amelia con quel tono che solitamente usava per litigare con il fratello –punto secondo, serve a me come messaggero, tutta la tua corrispondenza mi porta via un sacco di tempo. Punto terzo…-
 
-tempo? Merlino benedetto, ti prego non dirmi che c’entra ancora Paul Vance- esclamò infatti Edgar portandosi le mani alle tempie, strepitando –pensavo che ormai…-
 
-non pensare, Ed, i risultati sono migliori- ribatté a tono la ragazza, guardando il fratello da sotto in su –e poi, non mi risulta siano affari tuoi-.
 
-sei mia sorella-.
 
-appunto, non il tuo braccio, né la tua gamba. Non mi devi controllare- borbottò aggiustandosi la borsa e poi indicando la rampa di scale a cui erano arrivati –io scendo ai sotterranei, ho due ore di Pozioni. Buona vita a tutti, gen…-
 
-Meli, aspetta un attimo!- esclamò ad un tratto Fabian, ricordando all’improvviso che la rete di amicizie di Amelia Bones si districava ugualmente in tutte e quattro le case –ho incontrato la McGrannitt dopo pranzo. Tu parli anche con i serpeverde, potresti far arrivare questo a Warrington? Sono gli orari degli allenamenti della prossima settimana, campo prenotato e tutto il resto-.
 
La ragazza, un po’ alterata, si erse in tutti i suoi centoquaranta sette centimetri di statura.
 
-Fabian Prewett, ti sembro un gufo?-.
 
Fabian soffocò una risata vedendola piantata in mezzo al corridoio con le mani sui fianchi.
 
-in questo momento più che altro assomigli a Molly- scherzò, cercando poi di correggere il tiro all’occhiataccia dell’amica –ma ti giuro, se tu fossi un gufo saresti il più carino mai visto sulla faccia della terra. Vero?-.
 
La gomitata, alla ricerca di approvazione, raggiunse le costole di Kingsley, che si affrettò a sorridere.
 
-il più bello in assoluto- assentì convinto, con un sorriso a cinquantaquattro denti bianchissimi.
 
Amelia tentennò.
 
-dai… ti prego! Pensa, così mi eviti un sacco di insulti e pure una punizione!- la pregò Fabian –se lo fai, per una settimana Kingsley presta il suo gufo a tuo fratello, così Ed non dovrà più usare Berserkr-.
 
-carino che tu mi abbia chiesto il permesso- lo prese in giro il Caposcuola, commosso da tanto rispetto –lo fai abitudinariamente? Intendo promettere al posto mio, ovvio-.
 
-solo con Meli, lei se lo merita. Ci sopporta da una vita e non siamo nemmeno suoi compagni di corso- gli fece notare Fabian portandosi una mano al cuore, in segno di promessa –allora, Meli?-.
 
La ragazza alzò gli occhi al cielo, prese il foglio che l’amico le porgeva e iniziò a scendere le scale senza salutare.
 
-tua sorella è fantastica. Dovremmo farle un monumento, dico davvero- dichiarò convinto Fabian mentre insieme agli amici si dirigeva al parco per trascorrervi un’ora buca –ma davvero si vede ancora con Vance?-.
 
Edgar alzò gli occhi al cielo.
 
-no, vedersi no. Lui è in Polonia, lo hanno trasferito là per un corso Auror specializzato in non mi importa cosa. Però si sentono ancora. Io non ho niente contro di lui, sia chiaro. Ma se tocca mia sorella lo ammazzo- esclamò decisamente alterato il solitamente bonaccione Edgar Bones.
 
Con un sorriso, mentre l’amico continuava a discorrere delle sue sfortune e di quelle che invece sarebbero capitate a Vance se solo si fosse avvicinato ad Amelia, Fabian si voltò verso Kingsley.
 
Il sorriso divertito si accentuò vedendo la paura negli occhi del Caposcuola.
 
-…e poi una cruciatus non ci starebbe affatto male, secondo me, se…-
 
Vide il proprio migliore amico deglutire e farsi pallido sotto la pelle scura, cercando in ogni modo di eludere il suo sguardo. Invitandolo a non preoccuparsi, si portò l’indice alle labbra in una promessa di discrezione.
 
 

*

 
 
-come stanno andando le letture che ti ha dato la McGrannitt?-.
 
La domanda di Hestia, rivolta alla compagna di studi di ormai due pomeriggi alla settimana, spezzò il silenzio quasi totale della biblioteca. Gli unici rumori, prima, erano stati il lieve sfogliare delle pagine dei libri e dai loro respiri quieti.
 
Dorcas alzò lo sguardo dalla propria traduzione di Rune Antiche per puntarlo in quello castano e caldo della ragazza più grande, intenta a guardarla attentamente, la piuma ancora in mano.
 
-beh, io…- sussurrò Dorcas in risposta cercando di turbare il meno possibile il silenzio dell’ambiente –credo bene… si, insomma, bene. Sono solo letture. Non sono molto complicate, in effetti-.
 
Hestia annuì lievemente, senza tuttavia manifestare in alcun modo l’intenzione di riprendere a scrivere il proprio tema di Astronomia.
 
-sicura? Cioè, volevo dire…- esitò un solo attimo, dando in un lieve sorriso –se vuoi, posso aiutarti. Non ne so molto, è vero, ma se c’è qualcosa che non capisci bene forse potrei saperla io, sono un anno più grande e magari…-
 
Il sorriso di Dorcas, da pura gentilezza variò d’intensità.
 
Hestia pensò subito di esserselo immaginato, quel lieve tremolare. Insomma, non è normale misurare il vigore dei sorrisi, ma era come una sensazione. Quasi che prima quello della ragazza fosse solo un sorriso di circostanza, un modo per impiegare in qualche modo le labbra. Poi non più.
 
Forse furono i suoi occhi, lievemente più grandi, o più lucidi, magari.
 
Oppure la curva della bocca, sempre la stessa, certo, ma più intensa. Più vera.
 
Non ci furono più solo le labbra, in quel sorriso. Ci furono gli occhi, e due piccole fossette proprio tra il mento e le guance, e un lieve imbarazzo nello sguardo calato all’improvviso.
 
-grazie, in effetti…-
 
Hestia sorrise in risposta, sentendosi per la prima volta parte di qualcosa di più che un pomeriggio di studio con quella ragazza così particolare.
 
-quello che vuoi, Dorcas- la incoraggiò lieta.
 
Era proprio come conquistarsi la fiducia di un qualche animale selvatico. Doveva essere lenta e misurata, e non doveva spaventarla.
 
-in effetti non riesco a capire una cosa, fino ad ora non è stata ben spiegata. Mi spiego meglio.- esitò la ragazza più piccola con un sospiro –è una cosa difficile da far capire, ho il concetto ben presente in mente ma porre la domanda a parole potrebbe non essere facilissimo-.
 
Hestia ridacchiò appena.
 
-si, capita spesso anche a me una cosa del genere- rispose empaticamente, togliendo a Dorcas una grossa fetta di disagio.
 
La ragazza più giovane, infatti, sorrise un po’ rassicurata.
 
-mi chiedevo soprattutto una cosa. Insomma, con una bacchetta in mano è possibile praticare la Trasfigurazione umana. In linea prettamente teorica intendo, io proprio non saprei farlo, abbiamo iniziato appena una settimana fa a trasfigurarci le sopracciglia a vicenda, con la McGrannitt-.
 
-si- rispose Hestia seguendo il filo del discorso –più è potente il mago in questione, meglio riesce la magia. Un po’ come per tutti gli incantesimi-.
 
-allora, pensavo, se è possibile trasfigurare un porcospino in un coniglio, o un occhio nero in un occhio azzurro, devono essere anche stati inventati incantesimi che permettano di trasfigurare un porcospino in un uomo, o una donna in un coniglio-.
 
-non so dirti di uomini e porcospini- scosse la testa Hes –ma sono sicura che un incantesimo per trasfigurare gli umani in animali esista. Non viene insegnato in questa scuola, magari però fuori da Hogwarts, in qualche accademia come quella degli auror si-.
 
-ok, adesso che abbiamo chiarito questo punto cercherò di farmi capire al meglio. Noi, con la McGrannitt, abbiamo iniziato a trasfigurarci sopracciglia a vicenda. Nel senso, io cambio il colore delle sopracciglia di Ben, e Ben il mio. Si può fare anche autonomamente, vero?-.
 
Hestia ci pensò qualche secondo, poi annuì.
 
-a patto di assumersi il rischio di vedersele scomparire o crescere a dismisura, direi di si- ammise alla fine.
 
-quindi, seguendo questo ragionamento, così come è possibile trasfigurare una seconda persona in animale, ci si può trasfigurare anche da soli- continuò Dorcas.
 
-comporta un notevole grado di rischio, però immagino che si possa- sorrise dandole ragione.
 
-certo, il rischio c’è, ma è comunque meno elevato che provare a diventare Animagus. Quello che voglio dire, è che quando si sente parlare di Animagus, il tutto viene descritto come una pratica molto pericolosa, al punto che chi tenta viene perfino tenuto d’occhio ed è obbligato ad iscriversi, pena pesanti sanzioni, ad un registro apposito-.
 
-è vero, viene descritta come una pratica ad altissimo rischio-.
 
-beh, quello che mi chiedevo è: a che pro tentare una cosa tanto rischiosa quando ci si può trasfigurare da soli? Cioè, se sei un mago tanto potente da riuscire a diventare Animagus, sei sicuramente in grado di trasfigurarti da solo in un animale a tuo piacimento. Tanto più che non puoi decidere, da Animagus, in che animale trasformarti. È quello più vicino alla tua indole, punto. È un rischio, e se poi ti ritrovi a essere, che so io, un pinguino?-.
 
Hestia soffocò un sorriso, trovando però un senso assolutamente logico nella domanda della ragazza davanti a lei.
 
-beh, immagino che a questa domanda possa rispondere solo tu. Non hai forse chiesto tu alla McGrannitt di cercare di diventare Animagus?-.
 
-si, ma io l’ho fatto per amore di conoscenza- scrollò le spalle Dorcas, guadagnandosi uno sguardo stupito da parte della ragazza –tutto il sapere merita di essere appreso*, secondo me. Più che altro, voglio imparare per esserne capace, è una specie di “sete di erudizione”, la mia. Quindi, anche se alla fine dovessi scoprirmi un leone o, che so io, un orso polare, non mi importerebbe più di tanto-.
 
-capisco- annuì Hestia sempre più sorpresa. Vedeva davvero il mondo da una prospettiva diversa, quella ragazza –beh, allora forse anche per quelle altre poche persone è così. O forse lo si fa per comodità: insomma, con una trasfigurazione puoi diventare l’animale che vuoi, o anche una poltrona, in caso ti servisse. Però ti serve una bacchetta. L’incanto degli Animagus, invece, lo si fa una volta sola. Da lì in poi, per quanto ne so io, puoi trasformarti quando e dove vuoi, senza l’ausilio di una bacchetta. In effetti, credo che come tipologia di sortilegio sia molto più simile ad una magia senza bacchetta, o ad una magia accidentale. È qualcosa che non ha bisogno di essere potenziato dal nucleo di una bacchetta, ma che nasce da dentro. Io sono convinta che serva una sorta di predisposizione-.
 
-predisposizione?- chiese Dorcas assottigliando lo sguardo, perplessa.
 
-si, che non basti semplicemente essere potenti. Altrimenti non mi spiego perché maghi grandi e potenti come ad esempio Grindelwald, o Silente, non ci abbiano provato. O magari ci hanno provato, ma non ci sono riusciti. Insomma, fatto sta che sui registri della Gran Bretagna non ci sono, ho fatto ricerche un po’ più approfondite degli altri al terzo anno, quando abbiamo studiato gli Animagus. Su Grindelwald ho cercato nei registri di Germania, Serbia, Bulgaria, Ungheria e Ucraina. E comunque, se Grindelwald fosse un Animagus, decisamente si saprebbe in giro-.
 
Dorcas annuì, soprappensiero.
 
-si, vista così ha un senso. Non ci avevo mai pensato, in realtà- mormorò con un sorriso lontano.
 
Hestia spese qualche secondo a guardarla, e poi scosse la testa.
 
-beh, potente sei potente, Dorcas. Non avevo mai assistito ad un duello come quello che hai avuto con Caradoc, giovedì scorso. È stato davvero mozzafiato, e Caradoc è davvero un mago eccellente. Il fatto che tu sia riuscita a tenergli testa per quasi un quarto d’ora, e che ti abbia battuto quasi unicamente per caso, fa di te un’eccellente strega. Tanto più che sei di un anno più piccola di noi. Da non crederci, davvero-.
 
Dorcas scosse il capo, schermendosi con un lieve sorriso imbarazzato.
 
-beh, sono pessima in altre cose, che compensano quelle in cui vado bene- sussurrò quasi ingenua.
 
Hestia si ricordò all’improvviso di una cosa, e questa volta fu lei a dare in un sorriso imbarazzato.
 
-oh, tra le altre cose credo di doverti delle scuse- mormorò arricciando le labbra in una deliziosa smorfia contrita.
 
-scuse?- domandò Dorcas prendendo il fazzoletto di stoffa che usava per ripulire la piuma dai residui di inchiostro secchi. Era quasi ora di andare a cena, ormai, non avrebbero trascorso ancora molto in biblioteca.
 
-si, io… insomma, venerdì scorso Fabian mi ha detto che il due di ottobre tu hai compiuto gli anni- sussurrò un po’ imbarazzata –è terribile pensare di aver trascorso tutta la mattinata insieme alla Testa di Porco senza essersene accorti. È stata una grave mancanza da parte nostra, mia soprattutto, dovevo essere più attenta e meno invischiata nei miei pensieri. Mi dispiace così tanto! Insomma, è un anniversario importante, sei diventata maggiorenne, e di… quanti, sette?... che eravamo nessuno ha notato nulla. Immagino che Fenwick lo sapesse e…-
 
-davvero, non ti preoccupare- mormorò la Meadowes, deglutendo.
 
-doveva essere una giornata speciale!- si afflisse con un tono dispiaciuto, la Jones, seriamente seccata all’idea di essersi dimostrata una tale superficiale.
 
-non…- Dorcas voltò lo sguardo verso la finestra, poi riprese a parlare –non l’avrei presa bene, Hestia, se voi l’aveste notato. Non è stata una bella giornata e… cioè, si, mi è piaciuta la vostra compagnia, ma come ricorrenza… è stata dolorosa, e avrei preferito non vederla arrivare. Preferirei che il due di ottobre non arrivasse mai più-.
 
Calato il silenzio, Hestia lasciò vagare lo sguardo sul volto di Dorcas, bagnato dalla luce del sole ormai quasi al tramonto.
 
Vedendo l’acceso riflesso di dolore negli occhi della compagna, per un attimo desiderò non avere mai parlato. Emotiva com’era, come odiava essere, Hes dovette bloccare il magone che si ritrovò in gola, sforzandosi di non cedere all’istinto di piangere.
 
-mi dispiace, Dorcas- mormorò alla fine, sfiorando la mano della ragazza con due dita della mano destra –mi dispiace per tutto. E davvero, vorrei che tu capissi che, se vuoi, con me puoi parlarne. So che hai sicuramente persone migliori accanto, che ti conoscono meglio, ma… non lo faccio per prendermi gioco di te-.
 
Ancora silenzio, e quell’assurda sensazione tangibile di aver sbagliato tutto. Un morso alla lingua, per bloccare le lacrime, l’idea certa di aver rovinato ogni cosa. E l’odio, perché sentiva ogni singola emozione rotolarle sulle spalle ed arrivarle al cuore, in un pianto implicito ma non meno potente.
 
Merlino, quanto si odiava. Se Dorcas era un animale selvatico da avvicinare con cautela, lei le era corsa incontro travolgendola e ferendola.
 
Vide la ragazza alzarsi e aspettarla, in piedi, prima di dirigersi verso la porta. Insieme, lei qualche passo indietro, si incamminarono verso la Sala Grande, puntuali per la cena come non lo erano mai state.
 
Ad un certo punto, Dorcas si fermò, così, all’improvviso. Nel bel mezzo di un corridoio vuoto tra il terzo piano e le scale che conducevano al secondo, e per qualche istante rimase ferma.
 
-grazie- mormorò con quel tono di voce roco che metteva soggezione a molti –grazie, davvero-.
 
Era talmente basso, il tono, da essere quasi inudibile anche se a mormorarlo era ad un passo di distanza da lei.
 
Hestia alzò lo sguardo e si accorse che Dorcas la stava fissando, e aveva gli occhi colmi di lacrime e qualcosa che subito non riconobbe. Gratitudine.
 
La Meadowes riprese a camminare, velocemente, quasi a voler ricacciare nel fondo del corridoio quell’attimo di profonda commozione che aveva mostrato. Hestia soffocò un sorriso, celato dietro le due dita con cui si asciugò le guance.
 
Arrivarono davanti al portone della Sala Grande con il passo spedito e le gote asciutte, entrambe, e sulla soglia si fermarono un attimo.
 
-non ti ho mai vista al campo da quidditch, ad assistere una partita- mormorò Hestia quasi a lasciar cadere il discorso.
 
Con una naturalezza impressionante, Dorcas lo afferrò appena prima che cadesse nel vuoto.
 
-non ci sono mai stata, infatti-.
 
Due frasi buttate lì quasi per caso.
 
-perché non venite con noi, tu e Fenwick? Andremo a vedere Caradoc e Sturgis, ovviamente. Non devi tenere per forza per loro, se ti stanno antipatici- disse poi a scanso di equivoci –ma Corvonero non è anche la tua casa? E poi, mi farà piacere avere una compagnia diversa da tre ragazzi che strepitano ad ogni santissimo tiro di pluffa-.
 
Dorcas sorrise di quel suo sorriso discreto, che racchiudeva un mondo in una semplice curva.
 
-ehi, ragazze, è andato bene il vostro pomeriggio di studio?- proruppe la voce naturalmente allegra di Sturgis, che si stava accingendo ad entrare in sala accompagnato da Kingsley e i due Prewett.
 
Hestia guardò ancora un attimo Dorcas, quasi a chiedere una risposta ad entrambe le domande ancora nell’aria.
 
-volentieri- mormorò infatti la Meadowes annuendo con un piccolo cenno del capo, e poi voltarsi verso i nuovi arrivi –si, bene-.
 
-meglio del solito- annuì infatti in coda la Jones, con l’assurda idea di aver appena combinato qualcosa di buono nella vita.
 
-io vado a cena, Ben mi starà aspettando- salutò alla fine Dorcas, dopo qualche altro attimo di silenzio –buona cena-.
 
Con un cenno del capo, come un sol uomo, i quattro ragazzi risposero al saluto. Hestia le concesse un sorriso sentito.
 
-ehi, amore, hai pianto?- le chiese la voce vagamente preoccupata di Sturgis, forse notando gli occhi rossi.
 
-chi, io?- sorrise lei sentendosi piacevolmente circondata dal calore delle braccia del proprio ragazzo. Tagliò via la domanda con una risata e un bacio a fior di labbra –sai che sono troppo emotiva-.
 
-si, sei bellissima- le sussurrò all’orecchio Podmore, tra gli sbuffi dei migliori amici che si ritrovavano alle spalle.
 
Prevedibilmente, le guance di Hestia s’infiammarono all’inverosimile.
 
Gli sbuffi degli amici si trasformarono in risate divertite, perché davvero, Hestia Jones era proprio impagabile.
 
 

*

 
 
A volte succedevano delle cose, nella vita di Caradoc Dearborn, che lui proprio non riusciva a capire. Ci metteva un buon impegno, ci rifletteva parecchio. Ma il punto, quel punto proprio gli sfuggiva.
 
Insomma, un po’ come quando Vitious lo aveva beccato in giro per i corridoi, nella notte di un settimana prima. Lo aveva trovato solo perché, passando accanto ad un’armatura, insonnolito e perso tra i pensieri e gli incubi che nonostante tutto lo tenevano sveglio, aveva scontrato un’alabarda.
 
L’alabarda dell’armatura –non dovrebbero poi essere incantate, quelle cose?- era caduta di un niente, quasi aspettasse quel gomito da quando l’avevano messa lì. Cadendo, era stata bloccata da un muro, e sarebbe quasi stata una fortuna se solo su quel muro non fosse stato appeso il quadro della veditrice di frutta. Ora, mentre la venditrice di frutta era rimasta dormiente a ronfare nella stessa posizione di sempre –una mano nel cesto delle pere, ed una a sorreggersi il mento, con il gomito appoggiato al tavolo ingombro di cibarie-, il fato o chi per lui aveva deciso di far scontrare la picca dell’alabarda contro il cesto di vimini che conteneva le mele.
 
Una mela, a quel punto, era caduta con un tonfo sul pavimento del quadro, e rotolando aveva passato il confine della cornice stuccata, ricadendo così sulla testa del maiale protagonista del quadra attiguo, attraverso la cui cornice la mela di prima era andata a sbucare.
 
Insomma, il maiale, intento a dormire e colpito all’improvviso in testa da una mela, si era sentito in dovere di far udire a tutto il quarto piano di Hogwarts il proprio scontento per essere stato svegliato in modo così brusco nel bel mezzo della notte.
 
Alla fine dei conti, lui era finito in punizione per colpa di un maiale, di una mela e di un alabarda. Se l’alabarda fosse caduta poco più in là, avrebbe colpito forse con la picca il pavimento del quadro, risolvendo il tutto in un niente che avrebbe evitato al Corvonero più di un rimprovero e di un’occhiata delusa da parte del proprio mentore. Se la mela fosse caduta, invece, dall’altro lato nel quadro, si sarebbe ritrovata a rotolare sul prato del quadro delle Muse, che non si sarebbero svegliate e non avrebbero gridato l’allarme, come invece aveva pensato bene di fare il maiale.
 
Si ritrovava quindi spesso, Dearborn, a pensare alle curiose coincidenze che, giorno dopo giorno, scrivono la nostra vita tirando ai dadi con il destino, senza peraltro interpellarci.
 
Insomma, a pensarci mesi dopo, Dearborn si sarebbe detto che era stata una coincidenza, un sincronismo assurdo, a veder bene, quello che lo aveva visto svegliarsi quasi al termine di una notte di fine ottobre, sei giorni prima di una partita, vittima di uno dei suoi soliti incubi.
 
Era una cosa che odiava, svegliarsi appena prima dell’alba. Come a tutti gli altri, anche a Dearborn piaceva l’idea di poltrire tra le lenzuola nei rimasugli del sonno, pensando, preda di un egoismo pazzesco, che anche vendere i propri migliori amici sarebbe stato un giusto prezzo da pagare per avere quei pochi minuti di calma totale.
 
Poi si svegliava del tutto e si sentiva un pochino in colpa, forse, per aver pensato di vendere Sturgis e Hestia per così poco, ma in fondo si sentiva più dispiaciuto all’idea di non essere in grado di passare ancora qualche minuto a letto. D’altronde, gli avrebbero voluto bene anche se si fosse dimostrato egoista, si diceva.
 
-che c’..ai ‘ià in pie…di?- quella mattina in particolare, Sturgis Podmore, che occupava il letto accanto al suo, pareva avere il sonno più leggero del solito.
 
-niente, lascia perdere- mormorò Caradoc rivolgendo un’occhiata distratta a quel cumulo di coperte che in fondo era anche una delle poche persone al mondo che lo sopportava da troppo tempo –continua a dormire, ci vediamo a colazione-.
 
-..ui..zione- sbiascicò il Prefetto rigirandosi e guardandolo da sotto le ciglia scure, con uno sguardo che trasudava poca pietà e molto sonno.
 
-punizione?- chiese scrollando le spalle –starò attento a non farmi beccare-.
 
-o di..i emp…re…- borbottò ancora Sturgis mangiandosi ben più di una lettera. Caradoc, passandogli accanto, gli posò una mano sulla spalla.
 
-dormi bene, Stur, a dopo- gli augurò di tutto cuore perché, se non poteva dormire lui, tanto vale che lo facesse almeno qualcuno, in quel maledetto castello.
 
Uscire dal dormitorio era stato semplice.
 
Esclusa una ragazzina del secondo anno, addormentata sulla poltrona accanto allo scaffale più vicino alla porta, la sala comune era deserta. Oltre le vetrate, e oltre le montagne, il cielo già stava cominciando a schiarirsi. Mancava ancora più di un’ora, comunque, all’alba.
 
Quello che nessuno si sarebbe mai immaginato, in un castello come Hogwarts con regole severe come il coprifuoco con chiusura di ogni via sull’esterno, era l’ora in cui la scuola riprendeva a vivere. Molto prima dell’alba.
 
Mentre alla sera i portoni chiudevano alle nove in punto, come per magia, al mattino erano già aperti da prima delle cinque. Il Capitano della squadra corvonero aveva stimato che aprissero all’incirca tra le quattro e quarantacinque e le cinque, dal momento che le poche volte in cui si svegliava prima delle quattro e mezza trovava perennemente i portoni sprangati.
 
Succedeva spesso, comunque. Si svegliava sempre entro le sette, quasi sempre prima delle sei. Forse li apriva Hagrid, che con il compito di custode e di guardiacaccia poteva essere impegnato anche prima dell’alba a causa dei propri lavori. Oppure era Gazza, sperando una mattina o l’altra di poter sbattere fuori, oltre alla polvere dell’ingresso, anche quel demonio di Pix.
 
Fatto sta, che trovava i portoni puntualmente aperti. E lui, puntualmente, usciva.
 
 

*

 
 

Londra,
22 ottobre 1968

 
Caro Ben,
sarai rimasto sorpreso leggendo il luogo da cui ti scrivo questa mia.
Sono rientrata dall’India quasi una settimana fa, e ho passato qualche giorno a casa in compagnia di mamma e papà.
Sono così abituata a lavarmi nelle polle e nei ruscelli, a svegliarmi a contatto con il pavimento e a rivestirmi nel buio della tenda, che anche il solo fatto di poter posare i piedi su un tappeto persiano è per me un lusso inconcepibile.
Sono così tanti anni che giro per il mondo, che anche la sola idea di chiamare casa la dimora dei nostri genitori basta a scombussolarmi. Da troppo tempo non ho una casa.
Ti starai domandando il motivo del mio improvviso rientro in Inghilterra.
Non ti preoccupare, ti prego, ti conosco e so che subito penserai a motivi di salute. Al contrario di quanto la maggior parte di chi mi conosce –te compreso- possa credere, il mio non è un lavoro più pericoloso del mestiere degli Auror, ma so bene che spiegarlo a parole non è possibile. Dal momento che sono sana come un pesce da più di cinque anni, se si escludono il morso dell’Acromantula in Sabah, le beccate dello struzzo in Congo, i vari scontri con i Troll in diverse parti del globo e quel morso di serpente, lo scorso anno in Sud America, posso assicurarti che il motivo per cui sono stata richiamata a Londra non è sicuramente la salute.
Da ciò che mi ha fatto capire il Signor Swift, che ho incontrato due giorni fa, vorrebbero aggiungere un membro esperto di magizoologia alla nostra squadra di ricerca. In realtà, più che una richiesta, mi sembrava un obbligo. Credo che se io avessi detto che non ero assolutamente d’accordo, mi avrebbero comunque spedito in Algeria con al seguito il nuovo giunto.
In realtà, dall’inizio questa proposta non mi ha entusiasmato granchè. Come bene capirai, da persona eccezionalmente brillante quale in effetti sei, turbare l’equilibrio di una squadra come la nostra con l’aggiunta di un’altra figura, potrebbe dare risultati disastrosi. Poche cose servono per affrontare una vita come quella che conduco io: spirito avventuriero, poche pretese e la compagnia giusta. Condividere questo tipo di vita con persone malaccette o che mal si adattano, potrebbe davvero risultare, semplicemente, troppo.
Ma ora basta parlare di me. A Hogwarts come procede? Mamma continua a parlare dei tuoi G.U.F.O, di quanto è fiera di te per tutte quelle E. Non ci crederai, ma è quasi rimasta delusa constatando che mi avevi già comunicato per lettera i risultati, credo avesse pensato di dovermeli dire lei faccia a faccia.
Cas trascorrerà le vacanze di Natale qui con noi? Cerca di convincerla, e di non farle passare le vacanze natalizie in solitudine ad Hogwarts. Sarebbe bello vedervi entrambi.
La mamma insiste preoccupata affinchè ti chieda –senza che tu sappia che mi ha detto lei di domandartelo- se c’è qualche fiamma in vista che ha rubato il cuore del suo prezioso figlio più piccolo. Stai all’erta Ben, credo voglia farti conoscere la figlia di qualche sua amica. Si capisce, ha perso le speranze con me, quindi ora i suoi adorati nipotini li vuole da te.
Con questa nota dolente finisco di tediarti, sperando che la tua risposta sia questa volta un po’ più lunga della precedente, che raggiungeva si e no il pugno di frasi.
Come ogni volta di saluto e ti abbraccio,

la tua affezionatissima
Jodie.**

 
 
Benjy Fenwick non violava mai le regole. Può darsi che di quando in quando le aggirasse, ma violare, mai.
 
Certo, era fissata un’ora precisa per il coprifuoco. Ma niente era scritto nel regolamento a proposito della sveglia.
 
Dorcas teneva la sveglia per le sette e mezza: prima delle otto meno un quarto non scendeva mai in Sala Grande, a meno che non fosse per qualche strana ricorrenza e, per quanto ne sapeva Benjy, non aveva mai gironzolato per il castello di notte.
 
Fenwick si, qualche volta. Poi non si era più riaddormentato, quindi tecnicamente non era uscito dal dormitorio di notte, ma aveva semplicemente messo la sveglia alle tre in punto.
 
Per i primi tempi si era limitato a girare per i corridoi della scuola, e per le aule in disuso. A volte andava in guferia o, più spesso, sulla torre di Astronomia. Poi, piano piano, si era allargato. Aveva visto dall’alto della torre Hagrid aprire i portoni, alle quattro e cinquanta di un mattino di aprile, l’anno prima, e aveva capito che Hogwarts si svegliava, in generale, molto prima di loro.
 
Nel buio sarebbe stato facile confondersi con le ombre, peccato non avere il coraggio di uscire nell’oscurità. Benjy aspettava sempre le prime luci dell’alba, per uscire all’aria aperta oltre il castello.
 
Di solito, raggiungeva il limitare della foresta proibita, sul retro della Capanna di Hagrid, e lì attendeva seduto su uno dei grossi ceppi per spaccare la legna appena fuori dalla porta. I giri mattutini di Hagrid, ormai li conosceva a memoria, includevano un viaggio al nido di Acromantule all’interno della Foresta Proibita, un giro fino alle rive paludose del lago nero alla ricerca di dugbog addomesticati e una capatina agli alberi degli Asticelli, con rifornimenti di uova di fata fresche.
 
Quando tornava indietro, all’incirca alle sei e quarantacinque, Hagrid lo ritrovava seduto esattamente sul secondo ceppo partendo da destra, almeno una volta a settimana. Lo guardava da sotto le sopracciglia folte, con quello sguardo scuro e le braccia incrociate sul largo petto, poi sospirava e lo faceva entrare.
 
Il fatto era che Benjy Fenwick riceveva, a scadenza più o meno regolare, notizie di sua sorella.
 
Le lettere –che fossero vergate su pregiata pergamena come in quel caso o su un foglio di papiro sporco raffazzonato nel bel mezzo del nulla Egiziano- normalmente contavano almeno due pagine scritte fittamente in quella grafia minuscola e tondeggiante che contraddistingueva ai suoi occhi la sorella maggiore.
 
Non arrivavano mai con la posta del mattino –Ben aveva espressamente chiesto alla sorella di mandarglieli in modi alternativi, dopo aver visto quale effetto poteva fare un avvoltoio che planava sul tavolo di Serpeverde la mattina alle sette e mezza-, ma durante la giornata e, ormai, sempre alla capanna del guardiacaccia Hagrid.
 
Nutrendo lui una passione sviscerale per qualsiasi bestia dal ghigno spaventoso, il guardiacaccia aveva accettato fin da subito di custodire le spesse lettere, a patto di poter per qualche ora occuparsi di quei particolari animali esotici. In cambio, Ben poteva leggere le sue lettere al mattino presto, in casa di Hagrid o fuori al limitare della foresta proibita, senza essere denunciato ai professori a causa dell’infrazione di qualche decina di regole.
 
-lo sai, Fenwick, che da quando ci fai visita tu, a questi bricconi, devo stare attento a quello che ci do da mangiare?- chiese allegramente Hagrid raggiungendo l’albero sotto cui stava seduto Ben.
 
Quella particolare mattina, dato il clima mite e il cielo stranamente sereno, Ben stava accomodato seduto su un tronco tagliato ai piedi di un sicomoro. Vicino al ginocchio destro, una saccoccia di carne sanguinolenta e dall’odore nauseabondo giaceva aperta, di tanto in tanto sfiorata dalla mano destra del Serpeverde.
 
-sono a dieta?- chiese scherzando rivolto al mezzogigante, indicando il grande animale a cui la saccoccia è destinata.
 
-Kettleburn ha paura che sennò ingrassano troppo, e poi non riescono più a volare-.
 
Il giovane rise, ironico.
 
-sono cavalli schelettrici, Hagrid- lo prese in giro indicando il Thestral poco distante che, afferrato il brano di carne, si accingeva a mangiarlo a qualche metro di distanza –e questi sono solo due bocconi in più a settimana-.
 
Il custode grugnì.
 
-bah, ordini del professore- borbottò poi afferrando un secchio di ferro pieno di brandelli di materia non meglio identificata –devo ancora andare da Haragog. Rimani qui, tu, o rientri?-.
 
Ben si guardò attorno e poi scosse la testa.
 
-rimango qui ancora un po’. Tra mezz’ora vado a colazione-
 
 
 
 
 
*   ”tutta la conoscenza merita di essere appresa” oppure “non c’è nulla che non valga la pena conoscere” sono i motti degli abitanti del Siovale, provincia dell’angelo Shemhazai nella serie di libri di Jacqueline Carey denominata Serie di Kushiel o Serie degli Angeline. Libera citazione dei miei libri preferiti, nonché base su cui vivo la mia vita, praticamente. Tutta la conoscenza esclusa la matematica, per conto mio.
 
** esattamente da questa lettera inizierà lo spin-off di questa storia, che si chiamerà “Destinazione…mondo!”. Parlerà della vita di Jodie Fenwick, la sorella maggiore di Benjy, in giro per il globo, nell’Africa più nera o nel bel mezzo della taiga Siberiana, in compagnia di una… persona particolare. Forse non la leggerà nessuno, ma non mi importa un granchè, io scrivo per scrivere, in genere. Ho già iniziato a scriverla, inizierò a pubblicarla subito dopo aver finito questa storia. Comunque avremo modo di conoscere Jodie anche qui, più avanti.
 
 
 
 
 
NOTE 2, LA VENDETTA:
 
eccomi! Innanzitutto grazie mille per le recensioni, fantastiche e tutte lette quasi con le lacrime agli occhi. Io adoro questa storia e questi personaggi, e non può che farmi un immenso piacere vedere che c’è chi li ama quanto me.
Per quanto riguarda i discorsi tra Hestia e Dorcas sugli Animagus e la Trasfigurazione –informazioni sugli Animagus se ne trovano pochissime, per cui più o meno tutto quello che dirò sarà farina del mio sacco-, tutte domande mie, mentre le Asticelli, dugbog eccetera sono parte del mondi di Harry Potter.
Sul capitolo non ho nient’altro da dire, se volete dire qualcosa voi sentitevi liberi di farlo, io non aspetto altro.
Sperando che vi sia piaciuto,
Hir

Ah, una piccola puntualizzazione sulle date. E' verità nota e universalmente rinosciuta che sono una scarpa in tutto ciò che contenga numeri o calcoli. Ogni volta che cerco di calcolare date indietro nel tempo sbaglio clamorosamente, quindi sicuramente ho sbagliato anche questa. Fate finta di non vedere i numeri, sappiate solo che questa storia si svolge l'anno precedente all'arrivo a Hogwarts di James, Lily, Sirius, Lène e compagnia cantante, in caso non si fosse capito. 
 
 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Hiraedd