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Autore: Josie5    11/09/2012    5 recensioni
Una punizione divina. Per Evelyne Gray, la ragazza del giornalino scolastico o la presidentessa, come ci tiene a dire lei, Max Parker è una punizione divina.
Evelyne è infatti convinta che il karma o Dio, o qualunque cosa sia, stia cercando di punirla con lui.
Punirla perché, a causa di problemi economici, comincia a sfruttare il fatto di essere così ben voluta dai professori per passare le soluzioni dei test ad alcuni suoi compagni di scuola; il tutto in cambio di soldi.
Evelyne non è orgogliosa di se stessa, ma per quasi due anni continua a tradire la fiducia che le è stata concessa.
Quando decide di smettere non tiene conto del fatto che Clark, il suo ultimo "cliente", sia uno dei migliori amici di Parker; non tiene conto del fatto che Parker stia preparando la sua vendetta fredda.
Max ed Evelyne non si sono mai parlati, ma si conoscono molto bene per via del giornalino di lei e di un certo articolo. E Max Parker, il capitano della squadra di basket della scuola, bello e popolare, non può di certo essere umiliato senza conseguenze. Non dopo quello che ha fatto Evelyne.
(Revisione in corso: 3/31)
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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2. Fregata



Ero fregata.

- Eve, calmati, - mi ripeté di nuovo Francy alzando gli occhi al cielo. Lei non capiva davvero tutta l'ansia che mi prendeva in situazioni del genere.

- Non trovo la relazione! - Mi lamentai ancora.

- Copia la mia ho detto.

Lei al mio posto se la sarebbe risa mangiando tranquillamente la sua colazione.

- Oppure potrei dirlo al prof e forse… - Proposi mordendomi a sangue l'interno della guancia.

Scosse la testa continuando a trangugiare la ciambella.

- Okay che di solito te la perdonano, ma di sicuro oggi non sarai l'unica a non averla fatta e quindi "dimenticata"; per questo la D non te la cava nessuno, - spiegò per la seconda volta quella mattina.

Continuai a mordermi la guancia.

Francy aprì la cartella passandomi il foglio con la sua relazione.

- Usa un po' questa e quello che ti ricordi della tua. - Mi sorrise e diede un sorso al caffè. - E smettila di morderti a sangue e bevi del normale caffè!

Le sorrisi e seguii il suo consiglio. Bevvi un po' di caffè e tirai fuori il foglio cominciando a scrivere velocemente.

- Comunque, - iniziò allegra. - Ieri prima che ci interrompesse lo schiavetto avevamo iniziato a parlare di qualcosa di veramente interessante...

- Ah, sì! - Borbottai con il tappo della penna in bocca. - La foto del mese. Chi è il malcapitato che è caduto nella nostra trappola?

- Beh. - Mi lanciò uno sguardo complice e cospiratore. - Parker c'entra, ma non proprio direttamente. - Ridacchiò, molto teatralmente.

- Una cheerleader con Max? - Proposi un'immagine abbastanza realistica mentre cominciavo a descrivere il processo dell'esperimento di biologia.

Verso negativo. - Non ci sarebbe niente di sconvolgente in una foto del genere.

- Quindi? - Chiesi mentre già il polso cominciava a farmi male: la mia stupida abitudine di appoggiare la penna sull'anulare portava a quelle fitte quando scrivevo velocemente.

- Ho beccato il suo amico Billy, - confessò con noncuranza.

Mi bloccai. - Billy Hans? Non vorrei che pensassero che li perseguitiamo a questo punto... Al massimo la foto potremmo pubblicarla tra un paio di mesi, - proposi, fingendomi preoccupata.

Francy annuì lentamente, osservandomi di sottecchi.

- O forse no... - Sorrisi, mostrando il mio reale divertimento.

Francy rise, riconoscendomi e decisamente più d'accordo con quella seconda risposta.

- Manca molto? - Chiese dopo un altro bel paio di morsi alla ciambella glassata.

Storsi la bocca; non mi ero fermata un secondo, ma era una relazione più lunga e complicata del solito e stavo cercando di ricordarmi tutto per mirare alla mia solita A.

- Conclusioni.

- Io parlavo del caffè, Eve. Dovresti sapere quale sono le priorità.

Sorseggiò la bibita sorridendo di buon umore. Avrei scommesso che stesse pensando ancora alla foto.

Guardai il mio bicchiere ancora quasi del tutto pieno.

- Quanto manca invece per l'inizio delle lezioni?

- Più di 10 minuti. - Guardò con fare distratto lo schermo del cellulare.

- Tra un po' si va dal tuo amato Jack allora, - commentai ironica trattenendo però un sorriso.

Lei non rispose limitandosi semplicemente ad arrossire. Nel frattempo terminai con un unico sorso la bevanda che avevo di fronte.

Jack era stata la cotta di Francy per i due anni in cui l'avevo conosciuta. Sapevamo solo il suo nome e solo per via del cartellino luccicante sopra la sua camicia da lavoro.

Jack lavorava nel bar della scuola, proprio nei pressi del parcheggio e dal lato opposta rispetto al cancello del recinto scolastico. Quasi ogni giorno ci ritrovavamo lì e si chiacchierava aspettando l'inizio delle lezioni. Quando potevo prendevo un caffè anch'io, quando era invece il momento di stringer la cinghia mi limitavo a parlare mentre Francy mangiava.

Jack era biondo, occhi azzurri, dai lineamenti comuni ma belli; nessun tatuaggio o piercing sporcava la sua semplice bellezza. La tipologia di ragazzo che non avrei mai detto potesse piacerle.

- Finito, - proclamai calcando sull'ultimo punto.

- Oh bene!

La guardai mentre quasi fremeva dalla voglia di alzarsi. - Se vuoi ti do i miei soldi e vai a pagare anche per me. - Ridacchiai in segno di intesa.

Lei mi ignorò mettendo al sicuro dentro lo zaino la sua relazione. La imitai per poi alzarmi dal tavolo.

Eravamo come al solito nella zona dei divanetti, in una stanza adiacente a quella con la cassa e il cibo (la prima si poteva vedere solo sforzandosi un po' dalla nostra postazione, in particolare da dove si metteva sempre Francy).

Camminammo verso l'altra stanza passando sotto il piccolo arco che separava i due ambienti.

Jack leggeva tranquillo un giornale, senza fare niente in particolare.

Io tirai fuori un dollaro e lo porsi tranquilla sul bancone. Francy alternava il peso da una gamba all'altra. Sembrava star saltellando per il nervoso, in un modo che sembrava gridare: “Guardami! Guardami!”.

Jack si ridestò e riconoscendoci salutò: - oh, salve, ragazze. - Sorrise con quel fare da bagnino californiano che faceva sempre sciogliere Francy. Sentii infatti mentre la morettina al mio fianco si crogiolava nel suo brodo.

Pagai, sistemando i ciuffi di capelli che mi erano sfuggiti dalla perenna coda di cavallo. Fece scattare la cassa e poi il suo sguardo si posò su Francy.

Lei lo anticipò allegra: - Caffè e ciambella: il solito.

Lui annuì prendendo i soldi che lei gli porgeva. Sorrise sempre con lo stesso cipiglio congedandoci.

Uscimmo, io calma sapendo che non avrei avuto problemi durante l'ora di biologia, Francy con le guance ancora leggermente colorite.

Ogni giorno quella storia si ripeteva. Non accadeva mai nulla di particolare, ma quel semplice scambio di parole e attenzioni la riempiva di gioia. Io non potevo ben capire cosa le passasse per la testa e il perché di quella felicità, ma evitavo di commentare perché ero ben consapevole che quel mio distacco fosse dovuto al semplice fatto che io ero quel che più di lontano potesse esistere dall'amore. Ci credevo, quello sì, ma non faceva per me e ci avevo già provato con scarsi risultati.

- La foto com'è? - Chiesi mentre entravamo nel parcheggio scolastico.

Le ultime postazioni libere si stavano riempiendo. Tanti studenti tendevano ad arrivare all'ultimo e quasi il parcheggio si ingorgava nell'ora di punta di chi voleva dormire, ma evitare di fare ritardo.

- Beh...- Rise, riprendendosi dal silenzio che l'avvolgeva ogni volta dopo aver visto Jack. - Niente di così sconvolgente alla fine...

- Parla! - La rimbeccai, alzando gli occhi al cielo.

Francy aveva la cattiva abitudine di girare intorno a un discorso più e più volte prima di parlare chiaro.

- Foto di Billy con un bikini rosa e mutande abbinate. Non ti scandalizzare, porta tutto sopra jeans e maglietta... E niente, vestito così mentre corre dietro a sua sorella.

La guardai un po' sconvolta. - Okay, sono stata zitta l'anno scorso e non ti ho chiesto come avessi fatto a beccare Parker nello spogliatoio, ma... questa? - Risi.

Scoppiò a ridere anche lei. - Sembro una stalker maniaca, vero?

Annuii totalmente d'accordo.

Intanto avevamo oltrepassato un altro paio di macchine, facendo lo slalom tra il traffico di mezzi e persone. Stavamo per entrare dal cancello nel piccolo cortile scolastico che anticipava l'entrata della scuola.

- Ti giuro che stavo passando per caso da quelle parti, non sapevo nemmeno che lui vivesse lì. Tornavo dal Mall, sento gridare, mi guardo attorno e lo vedo mentre corre dietro a sua sorella urlando per il giardino. A quel punto non ho resistito, me lo stava praticamente chiedendo lui...

La guardai perplessa. - Facciamo finta che sia tutto normale. Ma per il giardino? Non ti ha vista così in piena luce? Conoscendoti non ti immagino molto discreta.

Francy alzò le spalle spensierata. - Mi sa proprio di sì, ma amen. - Mi fece l'occhiolino e passammo oltre al cancello scolastico.

Scossi la testa, fissandola però divertita. - A lui e al suo amico verranno manie di persecuzione se continuiamo così. Tra questa e quella dell'anno scorso almeno Billy lo danno per gay. - Scoppiai a ridere, tremendamente divertita.

Davanti a me però Francy non partecipò alla risata e anzi, concentrata su qualcosa alle mie spalle, non mi guardò nemmeno e rallentò il passo, quasi immobilizzandosi.

Capii che pasticcio avessi appena combinato e mi girai di scatto.

Come nella peggiore delle commedie, trovai alle mie spalle nientemeno che Billy Hans, Max Parker e persino Seth Clark, insieme al loro omogeneo gruppetto di amici. Erano tutti appoggiati contro il muro della recinzione scolastica che avevamo appena sorpassato, a portata di orecchio.

Il cortile che anticipava l'ampia scalinata scolastica e poi la stesa entrata nel nostro edificio era circondato da vecchie e alte mura di mattoni rossi che permettevano l'accesso solo da un grande cancello che veniva poi chiuso la sera da Joe. Data l'architettura di quella struttura e l'altezza stessa delle mura, fino all'ultimo non si era in grado di vedere chi potesse eventualmente esserci ai lati dell'entrata.

Era appunto accaduto quello. Il gruppo della squadra di basket della scuola si era posizionato lì, quasi in agguato, a chiacchierare in quella posizione privilegiata che permetteva a tutti loro di vedere bene chi entrasse e allo stesso tempo di non essere visti fino all'ultimo.

Billy aveva ovviamente sentito se non tutto almeno la mia ultima frase; mi guardò sorpreso, forse capendo in quel momento quello a cui mi stavo riferendo: cioè che era stato fotografato di nuovo. Non mi era mai successo che qualcuno scoprisse di star per essere pubblicato prima di vedere la foto direttamente sull'articolo e non sapevo come il biondo avrebbe potuto reagire.

Prima di girarmi e continuare velocemente il mio percorso verso scuola, vidi Parker, che forse mi stava guardando per la seconda volta da quando ero in quel liceo, lanciarmi uno sguardo di fuoco.

Lui non aveva avuto bisogno di tempo in più per capire quello a cui ci riferivamo Francy ed io.

Appena entrammo dentro l'edificio, prima di dividerci io per storia e lei per ginnastica, Francy smise di trattenersi e scoppiò a ridere, quasi piegandosi in due in mezzo al corridoio.

La vergogna intanto mi colorava leggermente le orecchie di un simpatico color rosso e una parte della mia testa stava cercando di convincersi che non fosse successa poi nulla di grave.

- Ma che tempismo! - Si limitò a commentare tra le risate.

La mandai a quel paese con un verso e provai a sistemarmi la coda, rendendola in realtà solo più disordinata.

Lei si calmò dopo qualche secondo, continuando però ad avere stampata in viso la risata.

- La faccia di Hans era impagabile però: “Eh? Io? Gay?", - imitò la voce del biondo.

Guardai verso l'entrata assicurandomi questa volta che i diretti interessati non fossero in avvicinamento, ma tra il via e vai di studenti non notavo nessuno di loro.

- La faccia di Parker era ben diversa invece. Se gli sguardi potessero uccidere...

Lei con un gesto delle mani minimizzò la reazione del capitano della squadra di basket. - Ma figurati... Scommetto però che si arrabbierà di più per questa offesa al suo amato che per la storia dell'anno scorso. Preparati a un paio di sguardi di fuoco in poi, poi se ne dimenticha tempo un giorno. - Mi diede una pacca sulla spalla come al solito per poi lasciarmi con un: - ci vediamo a biologia!

Feci un cenno di risposta mentre suonava la prima campanella che avvisava del prossimo inizio delle lezioni. Mi affrettai quindi anch'io ad andare in classe.

- Guai, guai, guai! Guai... - Canticchiò con un ritmo inventato Seth, mentre mi sorpassava per entrare dentro l'aula di storia di cui condividevamo l'ora.

Lo guardai accigliata e lo seguii dentro.

La prof Gardiner mi sorrise appena entrata. - Ottimo compito come al solito, Gray.

Sorrisi già distratta dalla scena che si era svolta in giardino.

Dopo tutto la giornata sarebbe anche andata bene.


 


 

- Nick! - Quasi urlai arpionandolo da dietro. Lui sobbalzò facendo scivolare dalla testa il cappuccio azzurro della felpa.

- Oh, Evelyne... - Mi guardò e dopo avermi riconosciuta una smorfia gli spuntò in volto.

- Hai tempo questo pomeriggio? - Gli chiesi sorridendo e ignorando la sua reazione. - Abbiamo una foto papabile per questo mese e Francy e io pensavamo di metterci un po' avanti con il lavoro...

Mancava poco più di una settimana alla data prevista per la pubblicazione e, soprattutto dopo quel che era accaduto in mattinata, era probabile che la cosa migliore fosse provvedere il prima possibile alla stampa, in modo da evitare imprevisti o “guai” come aveva detto Clark.

Lui si fece per un po' pensieroso. - Va bene, però alle 5 me ne devo andare: ho il corso di nuoto.

Annuii. - Più che altro è per organizzare.

- Luke… - Cominciò.

- Sì! Non lo trovo. Sai dove si è cacciato?

- Ammalato, - spiegò conciso come al solito. Con le mani tormentava la cartellina da disegno che si portava sempre dietro.

- Ah… - Arricciai le labbra sistemandomi dietro alle orecchie un ciuffo che era sfuggito alla coda. - Gli spiegherai poi tu quello che diciamo?

Lui annuì, non del tutto convinto e sembrava sempre più non vedere l'ora di andarsene.

Sorrisi, anche se perplessa e con un cenno della mano lo congedai. Lui corse finalmente via.

Pur non capendo, non persi molto tempo a meditare sul mio compagno del giornalino e seguii anch'io la stessa strada di Nick, ma con molta più calma.

Poco dopo entrai nella mensa, una grande stanza rettangolare gremita di gente e tavolate di lunghezze e dimensioni diverse. In qualche modo l'intero edificio scolastico riusciva a trovare posto in quella enorme superficie.

Mirai subito al cibo e, dopo aver preso il minimo indispensabile, pagai e raggiunsi Francy nel nostro solito e piccolo tavolo vicino alle finestre. Diedi una leggera occhiata fuori, al solito canestro che si intravedeva tra gli alberi che circondavano il campo esterno.

La nostra scuola era letteralmente fissata col basket ed era praticamente l'unico sport ad essere praticato con successo. Spesso si arrivava anche tra i primi nei tornei del distretto nazionale. Dunque erano in molti a voler giocare e solo i migliori potevano ottenere un posto in panchina o addirittura arrivare tra i titolari della squadra. Anche per quello gli appartenenti alla rosa erano così popolari e giravano con una certa ostentazione per i corridoi della scuola, mostrando con orgoglio le loro felpe rosse.

Tra questi si distingueva inevitabilmente Max Parker che ricopriva il ruolo di capitano dall'anno precedente. Il suo viso più carino della norma, l'altezza, il fisico allenato e l'affabilità che lo contraddistinguevano, contribuivano poi a gonfiare quella figura che gli si era creata attorno. Ovviamente però non era dio sceso in terra e l'avevo già lungamente etichettato come l'essere frivolo, donnaiolo e stupido che era.

- Ho detto a Nick di questo pomeriggio, - esordì sedendomi al tavolo e scuotendomi da quei pensieri. - Se ne deve andare per le 5 comunque. Tu?

Diede un morso al suo trancio di pizza. - Idem. Mia madre dice già che sto fuori troppo tempo.

Aprii la bottiglietta d'acqua. - Io rimarrò al massimo un po' di più così sistemo quella pagina e il mio articolo e poi sono libera.

- Schiavetto di Parker in avvicinamento, - borbottò dopo qualche secondo di silenzio, mentre bevevo un sorso d'acqua.

In effetti il morettino si stava avvicinando a passi un po' incerti.

- Sì? - Chiesi accigliata quando arrivò di fronte al nostro tavolo.

Si stropicciò i capelli prima di parlare. - Seth dice che non vuole rovinarsi la reputazione per venire a parlarti e ti ringrazia dicendo che è andata bene. - Finì con un'occhiata perplessa trovando strano il messaggio che doveva riferire.

Clark che manteneva davvero la promessa del silenzio e che non diceva nulla a Nicholas era quasi commovente.
 


 

- Hai dimenticato le chiavi?! - Francy si portò le mani ai fianchi guardandomi con rimprovero.

Nick mi fece un sorriso di comprensione come a dirmi che a lui succedeva spesso.

- Tranquilla! Joe dovrebbe esserci ancora, gliele vado a chiedere subito! - Mi congedai con un sorriso di scuse prima che Francy potesse urlarmi qualcosa contro.

Ero sicura che il bidello fosse ancora a scuola, avrebbe dovuto chiudere lui l'edificio, il problema principale era trovarlo.

Girai l'angolo e salii per le scale che portavano fuori dalla zona dei laboratori scolastici.

- Quei dannati alunni...

Seguendo il borbottio però non fu poi così difficile.

- Gray! Cosa ci fai ancora qua?! - Il bidello cominciò come al solito ad agitare la scopa in mia direzione. Se non avesse odiato tutti indiscriminatamente mi sarei sentita particolarmente minacciata. Ero convinta poi che un giorno avrebbe cavato un occhio a qualcuno con quell'affare.

- Potrebbe darmi le chiavi della 108? - Chiesi, mantenendomi pur sempre educata e cordiale anche con lui.

Joe si lamentò a gran voce degli alunni, dei pomeriggi, della preside, insomma, il solito, ma cercai di ignorarlo il più possibile.

- Le devi riportare al massimo per le 6, a quell'ora se ne devono andare anche quelli della squadra di basket e chiudo tutto, - riuscì a concludere infine a tono di minaccia.

“Riporta le chiavi o ti uccido con le schegge del mio manico di scopa!”, non avrei trovato strano sentirglielo dire.

Annuii. - Me ne vado proprio a quell'ora.

Mi ignorò tornandosene a spazzare lo stesso angolo di prima.

Rifeci la strada all'indietro e quando vidi i due che mi aspettavano cominciai a sventolare le chiavi. - Abbiate fede, abbiate fede! - Urlai scherzando.

Aprii la porta e i due entrarono seguendomi.

- Quindi, - cominciò Nick. – Adesso che siamo qua dentro, posso sapere chi è stato fotografato?

In effetti ci eravamo rifiutate di dirgli qualunque cosa fino a quel momento e potei capire la sua impazienza.

Francy sorpassò la prima scrivania andando in fondo alla stanza. Mantenne il silenzio e io la assecondai. Soltanto quando ebbe sistemato la sua macchina fotografica si girò con un sorriso enorme e rispose.

- Billy Hans!

Nick sgranò gli occhi e gli occhiali glieli ingrandirono ulteriormente. - Ancora?!

- No, non è “ancora”! L'altra volta si erano tutti concentrati su Max, non mi sembrava giusto nei confronti del suo amico quindi ho dovuto rimediare, - si giustificò con un sorriso fin troppo ampio per essere sincero. Si sedette sulla sedia e cominciò a dondolarsi.

Nick scosse la testa, dopo un attimo di esitazione. - Luke non sarà d'accordo.

- Ma tu? - Chiesi avvicinandomi e cominciando a dargli di gomito. - Faremo come sempre a maggioranza… E tu cosa ne pensi, Nikky?

Lui deglutì vedendo che anche Francy iniziava ad avvicinarsi. Entrambe avevamo stampato in volto uno sguardo da cuccioli.

- Però così non vale...

Cinque minuti dopo stavo già inviando un messaggio a Luke con il cellulare di Nick. Lui, al mio fianco, guardava a terra con fare colpevole e dispiaciuto. La posa era così drammatica che mi fece ridere.


 

Foto del mese decisa: Billy Hans in costume da bagno rosa! La maggioranza ha deciso a favore ancora una volta, caro. De-mo-cra-zi-a. Love you :D
Evelyne, ovviamente

Guarisci!


 

Francy diede la sua solita pacca consolatoria a Nick. - No, non ti uccide. Al massimo smette di parlarti.

La frase sembrò sortire l'effetto opposto e Nick si agitò.

Alzai gli occhi al cielo. - Nick, non dice sul serio; Francy, smettila di spaventarlo. Comunque forza, manca meno di mezz'ora e dovete andare; al lavoro!

Mi sedetti al mio posto con finta aria professionale. Francy tossicchiò in modo ironico, mentre Nick tirava fuori un foglio quasi seguendo sul serio il mio atteggiamento.

- Luke mi sembra che avesse già finito le interviste, poi quando torna le consegna; Francy ha finito; io finisco quando ve ne andate; e toi Nick? - Chiesi alla fine, sfoggiando una delle cinque parole di francese che sapevo.

Si passò una mano per i ciuffi neri. - Non so cosa fare…

- Te l'avevo detto! - Esclamò Francy alzandosi dalla sedia. - Ho vinto la scommessa, Eve: l'avevo detto che ti evitava per questo. Sgancia gli M&M!

Nick la guardò con la solita aria preoccupata. - Scommettete su di me?

Cambiai in fretta argomento, giocherellando con il mouse che avevo davanti. - Non hai idee? Allora oggi ci penso e domani ti porto qualcosa, okay? - Proposi subito, non trovando in quel momento qualcosa di meglio da dire.

Lui annuì, un po' dubbioso. - Se abbiamo finito, io andrei allora… - Si alzò, aspettando per vedere se qualcuno lo fermava; nessuno ebbe però niente da ridire e dopo un cenno di mano uscì dalla stanza.

Francy si alzò in piedi, avvicinandosi al mio computer. - Buon vecchio Nikky, - fischiettò mentre tirava fuori il suo cavo e lo collegava al mio computer.

Cominciò a trafficare e io la lasciai fare, cominciando a girare lentamente sulla mia sedia.

Dopo pochi secondi e un “voilà”, sullo schermo si poteva ammirare Billy che correva per il suo giardino come da descrizione.

- Che foto artistiche, - commentai solo, ridendo.

Lei mi imitò. - Non avevo la Canon quindi non è venuta molto bene, ma ho preso un cellulare con una bella lente e per qualcosa lo devo usare! - Ammiccò.

Sorrisi in risposta. - Ok, se vuoi puoi anche andare. Lascia la foto qua, prometto di non fare casino e sistemo gli articoli: così dopo Luke non potrà lamentarsi che siamo sempre in ritardo.

Luke nel gruppo era decisamente il più ansioso. Si preoccupava per tutto, per noi, per gli articoli, per quello che avrebbe detto la gente. Era dunque un bene che non fosse stato presente quel giorno, altrimenti pubblicare la foto di Billy sarebbe stata molto più dura

Francy annuì, mi diede un leggero bacio sulla guancia per poi scappare.

Mi stiracchiai, allungandomi sulla scrivania. Feci scrocchiare le dita, come sempre prima di scrivere, e cominciai a inventarmi una didascalia il più possibile simpatica.

Minuti dopo, soddisfatta del lavoro, passai a una leggera censura della faccia, sicuramente più efficace di quella che avevo usato per Parker l'anno precedente, e infine cliccai sulla piccola immagine della stampante.

Mentre aspettavo che si avviasse, cominciai a pensare a qualche piccola idea per l'articolo di Nick, a cui era ormai tradizione che trovassi sempre io l'argomento; meditai anche su come finire il mio a cui mancava più della metà di quello a cui avevo pensato.

Terminai con ciascuno dei piccoli compiti che mi restavano che l'orologio segnava davvero le 6 di sera.

Estrassi dunque il foglio stampato, consapevole di dovermene andare in poco tempo e, dopo averlo piegato in due parti, me lo infilai in tasca. Si trattava solo di una bozza da far valutare agli altri il giorno dopo.

Finii così tutto e afferrai la tracolla, poi uscii dall'aula.

Inserii la chiave nella porta della 108 e, con la solita fatica, cercai di chiuderla. La porta del giornalino della scuola era infatti particolare: si apriva senza il minimo sforzo, si chiudeva solo con determinati “trucchi”. Con il ginocchio cominciai a spingere forte la porta contro la parete e finalmente riuscii a girare la chiave.

Un giorno si sarebbe rotta dentro e Joe mi avrebbe probabilmente ficcato la scopa in un occhio, come epilogo della sua carriera da bidello.

Tornai verso la scrivania dell'uomo e la trovai vuota. Avrei quasi giurato di sentire le sue urla da qualche parte della scuola, contro non sapevo quale alunno, ma ero consapevole che fosse solo divertente suggestione. Alzai le spalle sistemando da me la chiave tra le altre: quelle del laboratorio si trovavano tutte in un'unica cassettina appesa al muro, in teoria sempre chiusa per impedire che gli alunni ne approfittassero, in pratica sempre accessibile a chiunque. Joe era fortunato per il semplice fatto che nessuno avesse ancora pensato a combinare pasticci con una di quelle aule.

Soddisfatta, come si può essere solo dopo una giornata in cui hai affrontato ogni tuo problema, uscii dall'edificio andando incontro all'aria che sapeva già di inverno.

Sentii varie urla nel parcheggio, oltre le mura rossa e nel buio della notte. Tra quelle distinguevo risate, offese e battute.

Oltrepassato il cancello, girai lo sguardo verso la squadra di basket che era in effetti uscita da poco dalla palestra. In quel momento c'erano gli ultimi quattro ragazzi che già con un piede dentro la macchina si lanciavano insulti.

Rallentai il passo, puntando alla mia di macchina, in fondo al parcheggio e sotto un albero che la proteggeva sempre dal sole e ogni tanto anche dalla grandine.

Tirai fuori le chiavi dalla tracolla e canticchiando cominciai a farle roteare intorno all'indice. Sentii intanto le ultime macchina sgommare, allontanandosi insieme alle voci dei proprietari.

Diedi la solita pacca di saluto al tettuccio della mia compagna fedele: la macchina gialla che avevo ereditato da zia Lizzy quando, trasferitasi a New York, aveva cominciato a vivere con i mezzi di trasporto ben più comodi e sotto alcuni aspetti, che riguardavano il traffico mattutino e serale, meno caotici.

Mentre ero presa da quei pensieri, all'improvviso qualcosa mi tirò indietro per la cinghia della tracolla. Sobbalzai, girandomi di scatto e terrorizzata; per istinto portai le mani sulla tracolla, come a difenderne il contenuto, in realtà ben misero.

- Eh?! - Fu l'unica cosa che riuscii a dire, capendo chi fosse l' “aggressore”.

Lui mi ignorò bellamente e con poca delicatezza mi spinse contro la portiera della macchina, come a intimarmi di starmene ferma e zitta.

- Ma cosa fai?! - Urlai irritata, portando la mano verso il polso di Parker per fargli mollare la mia tracolla. - Se il tuo obiettivo era essere scambiato per un ladro o un molestatore: bravo, ci sei riuscito!

Quella era la prima volta che ci parlavamo e sapevo già che non ci saremmo trattati bene.

Lui mollò la presa altamente infastidito, forse dal mio tocco, forse dal mio tono.

- No, - cominciò, per poi andare subito al punto. - Sono qua perché non voglio che Billy faccia la stessa fine dell'anno scorso. Dammi immediatamente la foto, - disse con un timbro di voce caldo che stonava particolarmente con la faccia contratta in un'espressione di rabbia.

Ammutolii sorpresa. - Foto? - Non sapevo nemmeno io se stessi cercando di fare sul serio la finta tonta o se lo shock per essermi vista piombare addosso Parker, che non mi aveva mai nemmeno rivolto la parola, fosse bastato a non farmi capire.

Si portò una mano sulla viso, infastidito o stanco o semplicemente entrambe le cose. - So perfettamente che hai fatto una foto a Billy in… Costume. - Esitò un attimo sull'ultima parola, perdendo in buona parte il tono arrabbiato.

- Ah... - Sbuffai e tornai rapidamente in me; mi chinai a prendere le chiavi che mi erano cadute prima per lo spavento. - Capito e no. Ho già fatto tutto e non mi tiro indietro. - Convinta di ignorarlo definitivamente, gli diedi le spalle, aprendo lo sportello della macchina. Io non facevo mica differenze tra alunno e alunno.

Questa volta fu lui a sbuffare, ma non scocciato: divertito.

Mi girai a guardarlo non capendo il cambio di umore e lo vidi trafficare nello zaino nero. Osservai interrogativa prima la busta che estrasse, poi lui.

- Cos'è? - Chiese ironico, dando voce ai miei pensieri.

Annuii, guardandolo sospettosa. Non sapevo se dargli corda o saltare subito in macchina e correre via. Il mio istinto gridava a favore della seconda soluzione, ma lasciai la presa dalla portiera, decidendo di ascoltare.

- Ti faccio vedere. - Sorrise, spostandosi di lato e appoggiandosi con una spalla alla mia macchina. - Pensavo di esporla così: professori, - iniziò, cambiando di nuovo il tono da tremendamente divertito a serio. - Voi tutti conoscete Evelyne Gray. Tutti voi sapete che è una ragazza affidabile, brava a scuola, volenterosa, tutto! Praticamente perfetta: in una sola parola! Beh, vi sbagliate e vi posso provare che l'apparenza non coincide con la realtà. - Sulle labbra gli si dipinse un sorriso canzonatorio.

Lo guardai a bocca aperta, sconvolta. - Ma cosa stai dicendo? - Chiesi. Avevo un tremendo sospetto.

Si passò una mano tra i capelli, in modo spensierato. - Fammi finire, Gray! Allora dicevo: vi posso provare con delle foto, con un testimone, anche se anonimo, che la Gray fa certi servizi ad alcuni alunni, a pagamento... Prima che possiate farvi strani idee, vi dico che la Gray, in cambio di soldi, grazie alla Fiducia che voi le date, si intrufola ogni tanto nell'aula insegnanti e... copia, tranquillamente, le domande delle verifiche e le passe poi a dei suoi compagni in cambio di soldi. - Mi osservò soddisfatto. - Sconvolgente, vero?

Gelai sul posto.

Smise di appoggiarsi alla macchina e, girando la busta, mi fece vedere le foto: io che trafficavo nel cassetto dei professori e, sempre io, che passavo il foglio a Seth mentre lui in cambio mi dava i soldi. La prima l'aveva fatta probabilmente da fuori e la seconda dalla classe vicino al parchetto dei fumatori.

Ero stata un'ingenua a non controllare meglio di non essere osservata. Un'ingenua in quello. In tutto.

- Che ne dici, abbastanza convincente? - Insistette, sorridendomi come un amico intimo e non come se stesse in realtà compiendo un vero e proprio ricatto.

Mi morsi le labbra a sangue, vergognandomi sia per essere stata beccata così facilmente, sia perché la consapevolezza di quello che di solito facevo mi ripiombò addosso.

- Quindi? - Chiese per me; avevo la gola secca e non riuscivo a parlare. - Se non mi dai la foto, addio reputazione. - Ammiccò, facendo per rimettere la busta nello zaino.

Senza nemmeno pensare, mi lanciai verso di lui, con le mani tese verso la busta plastificata.

Dopo un attimo di sorpresa, reagì in fretta, tirando indietro il braccio sopra la sua testa.

Rise seriamente divertito. - Questa non me l'aspettavo! - Ammise, tornando velocemente a un'espressione più composta. - Ma sei contro un giocatore di basket, ricordatelo, Gray, - mi canzonò.

Con gli occhi lucidi per la rabbia, mi tirai indietro, infilai la mano nella tasca e gli porsi il foglio. - Tieni, - dissi solo, con un tono di puro rancore. La foto l'avevo solo stampata, per farla vedere il giorno dopo a colazione a Francy, e mi ero dimenticata di salvarla sul computer, era sempre la mia migliore amica a ricordarmelo.

Parker prese il foglio, lo aprì e cominciò a leggere la didascalia con interesse. Sbuffò dopo pochi secondi, infilandosi il foglio in tasca.

- L'hai salvata sul computer? - Chiese senza più usare i toni di presa in giro di prima. Era serio. Il tutto era tremendamente serio e preoccupante, tremendamente serio e preoccupante per me.

Scossi la testa, guardando per terra. - Usata direttamente sulla pagina di Words...

Fece un ultimo sorriso soddisfatto. - Oh bene. Domani preparati alla tua fine allora. - Sollevò la borsa della squadra di basket e si girò.

Sobbalzai, rimanendo pietrificata sul posto. - Eh?! Ti ho dato la foto! - Quasi urlai.

Senza nemmeno girarsi fece un gesto vago con la mano alle sue spalle. - Ho detto “se non mi dai la foto, addio reputazione”. Non “se mi dai la foto, ti salvo la reputazione”. Attenta al vero significato delle parole, Gray. Sei una giornalista dopo tutto.

Mi appoggiai alla portiera per sostenermi e non crollare a terra; la testa mi girava.

- Parker! - urlai, sperando che il bidello non mi sentisse. - Per favore! Non puoi farlo!

Mi ignorò tranquillo, continuando a camminare; da una tasca tirò fuori il cellulare e cominciò a digitare un messaggio.

- Parker! - Gridai più e più volte; mi passai una mano per i capelli disperata.

Avrei dovuto immaginarlo che sarebbe finita così.

Perché mi ero fidata?! Di Clark, poi! E perché mi ero dovuto infilare da sola in tutto quello? Perché mi ero distrutta da sola? E cos'avrei fatto se fossi stata espulsa? Cosa ne sarebbe stato di tutto il mio futuro? Del mio sogno?

- Parker! Tutto!

Lo vidi fermarsi, dopo aver rallentato leggermente, forse solo sorpreso dal cambiamento nelle mie parole.

- Tutto quello che vuoi, ma ti prego, non farlo... - Dissi forte, ma senza urlare, la voce un po' rotta.

Si girò.

Fregata.

Ero stata completamente fregata da quell'idiota del capitano della squadra di basket.

Fregata.

- Tutto? - Chiese, rimanendo però impassibile.

Deglutii, mordendomi le labbra. Esitai un attimo. - Sì. - Annuii.

Lui incredibilmente sembrò pensarci. Abbassò il cellulare e alzò le sopracciglia; sorrise e il suo volto si illuminò a distanza di una luce poco raccomandabile.

- Sai cosa, Gray? Ci sto, - disse, rimettendo l'Iphone in tasca e ricominciando a camminare verso la sua macchina.

La mano mi scivolò dalla portiera e caddi a terra, sul cemento freddo.

Se mi avesse chiesto soldi sarei stata davvero nei guai.

Fregata.

Ero decisamente fregata.

Qualsiasi cosa avesse poi chiesto.

   
 
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