Capitolo
III
Albafica?
si chiese Iedike. Un nome insolito di certo, anzi, mai udito prima di
allora;
eppure suonava bene.
-Se
mi è premesso, monsieur Van Dijk, cosa vi ha portato a
Frydenjord?- chiese la
fanciulla, lanciando un’occhiata sconsolata alla seggiola.
L’anziano
Jens prese un’altra tazza, sbeccata come quelle che erano
già sul tavolo, e
versò alla giovane dell’acquavite.
–Ché altrimenti vi ammalate.- disse, mentre
la contessina accettava la chicchera con un sorriso.
Albafica
osservò l’insolita scena e quando la giovane
iniziò a sorseggiare il liquore,
rispose. –Affari, si potrebbe dire, che mi hanno portato in
zona e una visita a
questo vecchio amico di mio padre.- disse, sperando che tale risposta
bastasse
alla giovane nobildonna, che invece alzò un sopracciglio.
-Dunque
vostro padre è amico di Jens?- domandò
Friederieke. Che strano, Jens non aveva
mai accennato ad un amico olandese, anche se, ascoltando i pettegolezzi
nelle
cucine, aveva scoperto che per anni l’uomo aveva vissuto
all’estero; eppure mai
qualche “amico” s’era recato a far visita
all’uomo, che escludendo la moglie
Maria, la nutrice di Iedike, che s’era riunita al Signore
quattro anni prima, e
il vecchio padre Peder, aveva vissuto in solitudine per anni.
-Sì,
vecchi amici, signorina Iedike.- intervenne l’anziano
stalliere, correndo in
aiuto di Albafica, che lo ringraziò con un impercettibile
movimento degl’occhi.
–Dovreste essere più discreta, sapete?- la
riprese, bonario.
La
ragazza, sorprendendo il cavaliere d’oro, fece la linguaccia
all’anziano. –Io
sono discreta, Jens, dovreste saperlo. La discrezione fatta a persona.
Oh,
signor Van Dijk non fate caso a noi due, siamo vecchi amici.- disse
Iedike,
regalando una carezza al muso di Cane, che scodinzolava continuando a
fissarlo negl’occhi.
Il
giovane guerriero si sentì a disagio davanti a
quegl’occhi azzurri, che lo
stavano evidentemente studiando e non solo per la sua effimera
bellezza. Poteva
quella fanciulla aver compreso qualcosa? No, si disse, dandosi dello
sciocco,
semplicemente
-Capisco.-
si limitò a commentare, preferendo vedere dove la contessa
volesse andare a
parare, ma quella tacque e guardò fuori dalla finestra,
dando loro le spalle.
-Se
continua così, non so quando potrò tornare a
casa…- sussurrò la ragazza.
Jens
si alzò e ravvivò il fuoco nel camino.
–Non sareste dovuta venire con questo
tempaccio.- disse, prendendo una pentola di coccio e ponendola sul
gancio,
prima di versarci dentro la zuppa di verdure e cotiche mandatagli dalla
sorella.
-C’è
sempre un tempaccio qua.- Iedike
parve
adombrarsi –Sempre.
Albafica
si fece subito attento, appoggiando le mani sul tavolo ed incrociando
le
caviglie. Dunque non erano solo impressioni del vecchio Jens…
-Già…
un tempaccio noioso, come le prediche del nostro caro pastore.-
ridacchiò
l’anziano –Sarà lui che fa piovere? Sono
ormai dieci mesi, da quando è arrivato
il nuovo predicatore…- e lanciò
un’occhiata carica di significato al cavaliere
d’oro.
-Forse
il povero pastore attira la pioggia.- disse la nobildonna, voltandosi e
sorridendo, un’ombra scura negl’occhi chiari che
invece esprimeva appieno la
sua inquietudine.
-Un
uomo di Dio che attira la pioggia… magari è un
dono del Signore.- suggerì il
ragazzo, con un sorriso divertito.
Iedike
abbassò lo sguardo sulle mani, prima di rispondere.
–Non saprei, potrebbe
essere.
Lasciarono
cadere la conversazione, ognuno pensieroso per i fatti propri,
finché Jens non
offrì loro un secondo giro di grappa, per stemperare la
tensione.
Cane
si accucciò davanti alla porta e iniziò a
sonnecchiare.
Tornare
nel salottino e non trovarci la contessina Friederieke non era una cosa
così
insolita: la signorina Bernstein era ormai abituata alle fughe della
ragazza,
che fin da bambina era stata solita scappare dalla sua sorveglianza nei
modi
più strani, una volta, addirittura, si era calata da una
finestra e aveva usato
una vecchia quercia come scala.
Con
un gemito stizzito, alla vista della pioggia che aveva iniziato a
scrosciare,
era corsa –anzi, si era elegantemente affrettata- verso la
biblioteca, quando
aveva incrociato il conte Ludvig.
Il
giovane uomo era fradicio e camminava a grandi passi verso le sue
stanze, i
capelli castani che aderivano al volto per la pioggia, così
come i calzoni da
cavallerizzo.
-Oh,
conte Frydendahl!- esclamò la donna, cercando di non
arrossire, fermandolo. Il
giovane uomo le riservò uno sguardo benevolo, intuendo,
dalla fretta e
l’agitazione della severa istitutrice, che di certo sua
sorella minore aveva
combinato una delle sue marachelle.
-Signorina
Bernstein, quanta agitazione! Calmatevi e respirate…- le
suggerì garbatamente.
-Conte,
come posso calmarmi? Vostra sorella…- pigolò la
donna, affannata. Ogni fuga
della sua allieva era una sconfitta inaccettabile, una vittoria
dell’inciviltà
e della rozzezza sulla civiltà e la raffinata cultura di cui
si sentiva
paladina in quella terra di sempliciotti.
-Mia
sorella ha pensato bene di scappare. Lo immaginavo. State tranquilla,
non può
essere andata lontano con questo tempo tanto brutto. Di certo
è al villaggio o
dal vecchio Jens. Vi faccio preparare una carrozza, se volete,
così potrete
andarla a prendere.- disse il giovane conte.
La
signorina Bernstein annuì, di fronte a cotanta bellezza e
leggiadria, le labbra
dischiuse e lo sguardo completamente catturato dall’uomo che,
senza smettere di
sorridere, si chinò verso di lei, sussurrandole qualcosa
all’orecchio.
Ludvig
Frydendahl tornò sui suoi passi dirigendosi verso le stalle,
mentre la
precettrice rimaneva ferma nel mezzo del corridoio, come incantata.
La
carrozza percorse le strade fangose velocemente, la signorina Bernstein
guardava fuori dal finestrino, immobile, lo sguardo vacuo. Si sentiva
sempre
strana uscendo dal castello, come se uno strano torpore le fosse
penetrato
nelle ossa.
Quando
infine la carrozza si fermò, dovette impiegare qualche
secondo per riprendersi
e ricordarsi il perché di quel viaggio.
Il
rumore inconfondibile delle ruote di un landò distrasse gli
ospiti di Jens
Andersen, che conversavano amabilmente –cercando di scrutare
l’una nell’animo
dell’altro e viceversa- sul viaggio di Albafica.
Friederieke
si augurava che non fosse stato troppo spossante né troppo
noioso, “la
Danimarca è un paese molto bello, io non mi annoierei mai di
viaggiarvi in
lungo ed in largo” e, con fare disinvolto, gli chiese dove
alloggiasse.
Albafica
proferì il nome della locanda e Iedike annuì
semplicemente e fu proprio allora
che la carrozza e il nitrire dei cavalli li interruppero.
-Chissà
chi è…- disse Jens, alzandosi per andare a
vedere, ma la mano piccola e curata
della sua giovane ospite lo bloccò, posandosi su quella
grande e callosa del
vecchio.
-Lo
so io chi é. Non vi disturbate Jens, la mia carceriera
può tranquillamente
prendersi un po’ d’acqua.- disse la contessina,
storcendo la bocca –Albafica non
poté non stupirsi nuovamente per come quella giovane se ne
infischiasse dell’etichetta.
Subito
dopo qualcuno bussò alla porta e Iedike aprì.
Un
uomo magro e alto, con grandi baffi biondi, si levò il
tricorno in segno di
saluto e disse qualcosa alla giovane donna, che annuì e
rispose, prima di
voltarsi. Il padrone di casa le porse il mantello di lana scura e
ruvida, che
Iedike si drappeggiò addosso prima di fare una riverenza in
beneficio del
cavaliere.
-Arrivederci
contessa Frydendahl.- la salutò Albafica
-Spero
di rivedervi presto, monsieur Van Dijk.- e così dicendo si
congedò.
Corse
fino alla carrozza e s’infilò dentro, cercando di
bagnarsi il meno possibile e
preparandosi alla sgridata che certamente la signorina Bernstein le
avrebbe
dato per le condizioni degli abiti.
Ed
infatti,
appena si accomodò e lo sportello venne chiuso, la rigida
donna tedesca la
guardò come se fosse stata il peggiore dei birboni.
-Ma…
signorina Friederieke! Come vi siete conciata! Guardate i vostri abiti!
Oh,
quante volte vi ho detto che non è un comportamento da
signora il vostro? Volete
rimanere nubile per sempre? Volete davvero che nessun uomo vi trovi
attraente o
adatta al matrimonio? Volete dare un tale cruccio al vostro povero
padre!-
esclamò la donna, concitatamente.
Iedike
assunse l’aria più contrita che le
riuscì e quasi fu capace di farsi sfuggire
una lacrimuccia e la signorina Bernstein subito si calmò.
–Oh no, contessa, non
dovete piangere!
-Mi
sento così male, signorina Bernstein… non vorrei
mai deludere il mio caro
padre! Come potrei farlo? È sempre tanto buon con
me…- singhiozzò –Ma il povero
Jens, che mi è così caro… dovete
capire, è anziano e solo e la cara, cara Maria
è venuta a mancare… non può provvedere
a sé stesso e sua sorella mi aveva
chiesto di portargli la cena, ma è venuto a
piovere…
-Avete
un cuore d’oro, ma dovete ricordare l’etichetta.-
le suggerì l’istitutrice,
addolcendosi davanti alla sua perfetta interpretazione
e alla carità che la sua protetta aveva
elargito, degna di certo della miglior nobildonna, proveniente di
sicuro dalla
profonda sensibilità della contessina nei confronti del
marito della donna che
le aveva dato il seno.
-Lo
so, lo so, ho sbagliato e me ne dolgo ma…- e ad Iedike venne
un’illuminazione
che forse le sarebbe costata qualche smanceria, ma che avrebbe di
sicuro
calmato la donna e portato un piacevole diversivo nella sua monotona
vita –Be’,
dovete sapere che un altro motivo mi ha trattenuta: il caro Jens aveva
un
ospite.
-Un
ospite?- chiese curiosamente la donna. Mai nessuno, ad esclusione del
povero
padre Peder, ormai deceduto e della signorina Friederieke, visitava il
vecchio
Andersen.
-Sì,
un ospite. Un magnifico giovane straniero… un signore
davvero distinto, sapete?
Si tratterrà qualche giorno…- Iedike
gettò l’esca e attese che la signorina
Bernstein abboccasse.
-Povera
ragazza.- disse Jens, chiudendo la porta dietro alla contessina, che
era uscita
correndo nonostante lo scomodo panier –La signorina Bernstein
è l’ottusità
fatta a persona, ha la testa troppo piena di smancerie da
donna… ah, mai vista
una vera Frydendahl che passasse il tempo a ricamare o suonare.-
sospirò l’uomo,
tornando a sedersi.
-Non
lo metto in dubbio… quella fanciulla quindi viene spesso a
farvi visita?-
chiese Albafica. Poteva quella
nobile
così particolare rivelarsi un intralcio?
Jens
fece una carezza a Cane, che aveva alzato il muso sfregandolo contro la
sua
gamba storpia.
-Mia
moglie Maria, diciassette anni fa, rimase incinta. Eravamo entrambe
molto
anziani e non pensavamo di poter avere figli, ma Dio voleva farci
questo dono,
diceva sempre. Sapete, lei era molto credente… nello stesso
periodo la contessa
Amalie, la madre di Iedike, rimase incinta del secondogenito del
conte... Mia
moglie perse il bambino nel parto ma aveva il latte e le venne chiesto
di allattare
la piccola contessina. La madre della signorina era, pace
all’anima sua, un po’
scioccarella, non si è mai presa molta cura dei figli,
quindi ci pensavano mia
moglie e mia sorella. E la contessa Maria, la zia della signorina
Iedike, un'altra
bella testolina. Comunque, quella ragazzina l’abbiamo
praticamente cresciuta
noi, quindi la vedo più spesso di quanto non faccia sua
padre; il povero conte
non prese bene la morte della moglie e non è stato
più né meno presente come
padre di altri aristocratici.- raccontò Jens, allungando la
mano alla
bottiglia, il viso incartapecorito segnato da un’ombra di
sofferenza. –Per tornare
alla vostra domanda –scusate questo vecchio sentimentale-
è qua un giorno sì e
l’altro pure… una volta si calò da una
finestra del primo piano con una corda
trovata chissà dove per venire a trovare Maria, durante la
sua malattia.
Albafica
sorrise conciliante. –I sentimenti non sono mai
negativi… e mi è parso che la
contessa la sapesse lunga su ciò che accade qua a Frydenjord.
-Oh,
se la sa lunga. È una sveglia, la signorina
Iedike… e, se proprio posso dirvi
tutto, è stata lei a spingermi a scrivere quella lettera al
Patriarca.- ammise
l’anziano, guardandolo dritto negli occhi.
Piscis
poteva leggervi un gran affetto, in quello sguardo grigio e mutevole
come il
mare in tempesta. -In che senso?
-Nel
senso che la signorina mi riferisce sempre di strani
presentimenti… da quando è
arrivato padre Hans. E ogni tanto mi pare stanca, svuotata. Qualunque
cosa succeda
a questa gente non m’importa, nessuno a parte padre Peder ha
alzato un dito per
mia moglie, ma per lei quella bambina era il figlio che Dio le ha
strappato
dalle braccia appena nato… e non posso permettere che Hades
se la porti via.-
affermò l’anziano, negli occhi una determinazione
disarmante.
Bene, come abbiamo letto: Alba è figo, Jens è teneroso e Iedike trama qualcosa... e la signorina Rotten-ops, Bernstein si rimbecillisce quando vede Ludvig Frydendahl... bella situazione, vero? Ora cosa succederà?
Non ve lo dico, tié u.u
Al prossimo capitolo.