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Autore: Elizabeth_Tempest    11/09/2012    5 recensioni
Nella Danimarca settecentesca, il destino di una testarda contessa e di un misterioso giovane venuto da lontano s'intrecceranno.
"Friederieke guardava fuori dalla finestra, annoiata, rigirandosi pigramente il lavoro tra le mani; il cucito non l’aveva mai entusiasmata, lo aveva sempre trovato noioso dato che non ne trovava una vera utilità pratica –del resto i suoi abiti arrivavano sempre da qualche sartoria della capitale, dove suo padre spendeva un vero e proprio patrimonio per farle avere sempre i modelli più in voga alla corte francese.
Si concentrò sul ricamo, tentando di ricordare cosa fosse di preciso… forse un usignolo? si chiese, lanciando un’occhiata perplessa ai fili azzurri.
Non le sovvenne nulla ed alzò lo sguardo, sperando di poter sbirciare il lavoro della signorina Bernstein che invece pareva tutta presa dalla sua opera e la teneva in modo tale che la fanciulla non potesse vedere cosa stesse ricamando." [dal primo capitolo]
La storia è ambientata prima degli eventi di The Lost Canvas, ed è collegato ad uno dei gaiden.
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo Personaggio, Pisces Albafica
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Capitolo III

Albafica? si chiese Iedike. Un nome insolito di certo, anzi, mai udito prima di allora; eppure suonava bene.

-Se mi è premesso, monsieur Van Dijk, cosa vi ha portato a Frydenjord?- chiese la fanciulla, lanciando un’occhiata sconsolata alla seggiola.

L’anziano Jens prese un’altra tazza, sbeccata come quelle che erano già sul tavolo, e versò alla giovane dell’acquavite. –Ché altrimenti vi ammalate.- disse, mentre la contessina accettava la chicchera con un sorriso.

Albafica osservò l’insolita scena e quando la giovane iniziò a sorseggiare il liquore, rispose. –Affari, si potrebbe dire, che mi hanno portato in zona e una visita a questo vecchio amico di mio padre.- disse, sperando che tale risposta bastasse alla giovane nobildonna, che invece alzò un sopracciglio.

-Dunque vostro padre è amico di Jens?- domandò Friederieke. Che strano, Jens non aveva mai accennato ad un amico olandese, anche se, ascoltando i pettegolezzi nelle cucine, aveva scoperto che per anni l’uomo aveva vissuto all’estero; eppure mai qualche “amico” s’era recato a far visita all’uomo, che escludendo la moglie Maria, la nutrice di Iedike, che s’era riunita al Signore quattro anni prima, e il vecchio padre Peder, aveva vissuto in solitudine per anni.

-Sì, vecchi amici, signorina Iedike.- intervenne l’anziano stalliere, correndo in aiuto di Albafica, che lo ringraziò con un impercettibile movimento degl’occhi. –Dovreste essere più discreta, sapete?- la riprese, bonario.

La ragazza, sorprendendo il cavaliere d’oro, fece la linguaccia all’anziano. –Io sono discreta, Jens, dovreste saperlo. La discrezione fatta a persona. Oh, signor Van Dijk non fate caso a noi due, siamo vecchi amici.- disse Iedike, regalando una carezza al muso di Cane, che scodinzolava continuando a fissarlo negl’occhi.

Il giovane guerriero si sentì a disagio davanti a quegl’occhi azzurri, che lo stavano evidentemente studiando e non solo per la sua effimera bellezza. Poteva quella fanciulla aver compreso qualcosa? No, si disse, dandosi dello sciocco, semplicemente

-Capisco.- si limitò a commentare, preferendo vedere dove la contessa volesse andare a parare, ma quella tacque e guardò fuori dalla finestra, dando loro le spalle.

-Se continua così, non so quando potrò tornare a casa…- sussurrò la ragazza.

Jens si alzò e ravvivò il fuoco nel camino. –Non sareste dovuta venire con questo tempaccio.- disse, prendendo una pentola di coccio e ponendola sul gancio, prima di versarci dentro la zuppa di verdure e cotiche mandatagli dalla sorella.

-C’è sempre un tempaccio qua.-  Iedike parve adombrarsi –Sempre.

Albafica si fece subito attento, appoggiando le mani sul tavolo ed incrociando le caviglie. Dunque non erano solo impressioni del vecchio Jens…

-Già… un tempaccio noioso, come le prediche del nostro caro pastore.- ridacchiò l’anziano –Sarà lui che fa piovere? Sono ormai dieci mesi, da quando è arrivato il nuovo predicatore…- e lanciò un’occhiata carica di significato al cavaliere d’oro.

-Forse il povero pastore attira la pioggia.- disse la nobildonna, voltandosi e sorridendo, un’ombra scura negl’occhi chiari che invece esprimeva appieno la sua inquietudine.

-Un uomo di Dio che attira la pioggia… magari è un dono del Signore.- suggerì il ragazzo, con un sorriso divertito.

Iedike abbassò lo sguardo sulle mani, prima di rispondere. –Non saprei, potrebbe essere.

Lasciarono cadere la conversazione, ognuno pensieroso per i fatti propri, finché Jens non offrì loro un secondo giro di grappa, per stemperare la tensione.

Cane si accucciò davanti alla porta e iniziò a sonnecchiare.

 

Tornare nel salottino e non trovarci la contessina Friederieke non era una cosa così insolita: la signorina Bernstein era ormai abituata alle fughe della ragazza, che fin da bambina era stata solita scappare dalla sua sorveglianza nei modi più strani, una volta, addirittura, si era calata da una finestra e aveva usato una vecchia quercia come scala.

Con un gemito stizzito, alla vista della pioggia che aveva iniziato a scrosciare, era corsa –anzi, si era elegantemente affrettata- verso la biblioteca, quando aveva incrociato il conte Ludvig.

Il giovane uomo era fradicio e camminava a grandi passi verso le sue stanze, i capelli castani che aderivano al volto per la pioggia, così come i calzoni da cavallerizzo.

-Oh, conte Frydendahl!- esclamò la donna, cercando di non arrossire, fermandolo. Il giovane uomo le riservò uno sguardo benevolo, intuendo, dalla fretta e l’agitazione della severa istitutrice, che di certo sua sorella minore aveva combinato una delle sue marachelle.

-Signorina Bernstein, quanta agitazione! Calmatevi e respirate…- le suggerì garbatamente.

-Conte, come posso calmarmi? Vostra sorella…- pigolò la donna, affannata. Ogni fuga della sua allieva era una sconfitta inaccettabile, una vittoria dell’inciviltà e della rozzezza sulla civiltà e la raffinata cultura di cui si sentiva paladina in quella terra di sempliciotti.

-Mia sorella ha pensato bene di scappare. Lo immaginavo. State tranquilla, non può essere andata lontano con questo tempo tanto brutto. Di certo è al villaggio o dal vecchio Jens. Vi faccio preparare una carrozza, se volete, così potrete andarla a prendere.- disse il giovane conte.

La signorina Bernstein annuì, di fronte a cotanta bellezza e leggiadria, le labbra dischiuse e lo sguardo completamente catturato dall’uomo che, senza smettere di sorridere, si chinò verso di lei, sussurrandole qualcosa all’orecchio.

Ludvig Frydendahl tornò sui suoi passi dirigendosi verso le stalle, mentre la precettrice rimaneva ferma nel mezzo del corridoio, come incantata.

 

La carrozza percorse le strade fangose velocemente, la signorina Bernstein guardava fuori dal finestrino, immobile, lo sguardo vacuo. Si sentiva sempre strana uscendo dal castello, come se uno strano torpore le fosse penetrato nelle ossa.

Quando infine la carrozza si fermò, dovette impiegare qualche secondo per riprendersi e ricordarsi il perché di quel viaggio.

 

Il rumore inconfondibile delle ruote di un landò distrasse gli ospiti di Jens Andersen, che conversavano amabilmente –cercando di scrutare l’una nell’animo dell’altro e viceversa- sul viaggio di Albafica.

Friederieke si augurava che non fosse stato troppo spossante né troppo noioso, “la Danimarca è un paese molto bello, io non mi annoierei mai di viaggiarvi in lungo ed in largo” e, con fare disinvolto, gli chiese dove alloggiasse.

Albafica proferì il nome della locanda e Iedike annuì semplicemente e fu proprio allora che la carrozza e il nitrire dei cavalli li interruppero.

-Chissà chi è…- disse Jens, alzandosi per andare a vedere, ma la mano piccola e curata della sua giovane ospite lo bloccò, posandosi su quella grande e callosa del vecchio.

-Lo so io chi é. Non vi disturbate Jens, la mia carceriera può tranquillamente prendersi un po’ d’acqua.- disse la contessina, storcendo la bocca –Albafica non poté non stupirsi nuovamente per come quella giovane se ne infischiasse dell’etichetta.

Subito dopo qualcuno bussò alla porta e Iedike aprì.

Un uomo magro e alto, con grandi baffi biondi, si levò il tricorno in segno di saluto e disse qualcosa alla giovane donna, che annuì e rispose, prima di voltarsi. Il padrone di casa le porse il mantello di lana scura e ruvida, che Iedike si drappeggiò addosso prima di fare una riverenza in beneficio del cavaliere.

-Arrivederci contessa Frydendahl.- la salutò Albafica

-Spero di rivedervi presto, monsieur Van Dijk.- e così dicendo si congedò.

 

Corse fino alla carrozza e s’infilò dentro, cercando di bagnarsi il meno possibile e preparandosi alla sgridata che certamente la signorina Bernstein le avrebbe dato per le condizioni degli abiti.

Ed infatti, appena si accomodò e lo sportello venne chiuso, la rigida donna tedesca la guardò come se fosse stata il peggiore dei birboni.

-Ma… signorina Friederieke! Come vi siete conciata! Guardate i vostri abiti! Oh, quante volte vi ho detto che non è un comportamento da signora il vostro? Volete rimanere nubile per sempre? Volete davvero che nessun uomo vi trovi attraente o adatta al matrimonio? Volete dare un tale cruccio al vostro povero padre!- esclamò la donna, concitatamente.

Iedike assunse l’aria più contrita che le riuscì e quasi fu capace di farsi sfuggire una lacrimuccia e la signorina Bernstein subito si calmò. –Oh no, contessa, non dovete piangere!

-Mi sento così male, signorina Bernstein… non vorrei mai deludere il mio caro padre! Come potrei farlo? È sempre tanto buon con me…- singhiozzò –Ma il povero Jens, che mi è così caro… dovete capire, è anziano e solo e la cara, cara Maria è venuta a mancare… non può provvedere a sé stesso e sua sorella mi aveva chiesto di portargli la cena, ma è venuto a piovere…

-Avete un cuore d’oro, ma dovete ricordare l’etichetta.- le suggerì l’istitutrice, addolcendosi davanti alla sua perfetta interpretazione  e alla carità che la sua protetta aveva elargito, degna di certo della miglior nobildonna, proveniente di sicuro dalla profonda sensibilità della contessina nei confronti del marito della donna che le aveva dato il seno.

-Lo so, lo so, ho sbagliato e me ne dolgo ma…- e ad Iedike venne un’illuminazione che forse le sarebbe costata qualche smanceria, ma che avrebbe di sicuro calmato la donna e portato un piacevole diversivo nella sua monotona vita –Be’, dovete sapere che un altro motivo mi ha trattenuta: il caro Jens aveva un ospite.

-Un ospite?- chiese curiosamente la donna. Mai nessuno, ad esclusione del povero padre Peder, ormai deceduto e della signorina Friederieke, visitava il vecchio Andersen.

-Sì, un ospite. Un magnifico giovane straniero… un signore davvero distinto, sapete? Si tratterrà qualche giorno…- Iedike gettò l’esca e attese che la signorina Bernstein abboccasse.

 

-Povera ragazza.- disse Jens, chiudendo la porta dietro alla contessina, che era uscita correndo nonostante lo scomodo panier –La signorina Bernstein è l’ottusità fatta a persona, ha la testa troppo piena di smancerie da donna… ah, mai vista una vera Frydendahl che passasse il tempo a ricamare o suonare.- sospirò l’uomo, tornando a sedersi.

-Non lo metto in dubbio… quella fanciulla quindi viene spesso a farvi visita?- chiese Albafica. Poteva  quella nobile così particolare rivelarsi un intralcio?

Jens fece una carezza a Cane, che aveva alzato il muso sfregandolo contro la sua gamba storpia.

-Mia moglie Maria, diciassette anni fa, rimase incinta. Eravamo entrambe molto anziani e non pensavamo di poter avere figli, ma Dio voleva farci questo dono, diceva sempre. Sapete, lei era molto credente… nello stesso periodo la contessa Amalie, la madre di Iedike, rimase incinta del secondogenito del conte... Mia moglie perse il bambino nel parto ma aveva il latte e le venne chiesto di allattare la piccola contessina. La madre della signorina era, pace all’anima sua, un po’ scioccarella, non si è mai presa molta cura dei figli, quindi ci pensavano mia moglie e mia sorella. E la contessa Maria, la zia della signorina Iedike, un'altra bella testolina. Comunque, quella ragazzina l’abbiamo praticamente cresciuta noi, quindi la vedo più spesso di quanto non faccia sua padre; il povero conte non prese bene la morte della moglie e non è stato più né meno presente come padre di altri aristocratici.- raccontò Jens, allungando la mano alla bottiglia, il viso incartapecorito segnato da un’ombra di sofferenza. –Per tornare alla vostra domanda –scusate questo vecchio sentimentale- è qua un giorno sì e l’altro pure… una volta si calò da una finestra del primo piano con una corda trovata chissà dove per venire a trovare Maria, durante la sua malattia.

Albafica sorrise conciliante. –I sentimenti non sono mai negativi… e mi è parso che la contessa la sapesse lunga su ciò che accade qua a Frydenjord.

-Oh, se la sa lunga. È una sveglia, la signorina Iedike… e, se proprio posso dirvi tutto, è stata lei a spingermi a scrivere quella lettera al Patriarca.- ammise l’anziano, guardandolo dritto negli occhi.

Piscis poteva leggervi un gran affetto, in quello sguardo grigio e mutevole come il mare in tempesta. -In che senso?

-Nel senso che la signorina mi riferisce sempre di strani presentimenti… da quando è arrivato padre Hans. E ogni tanto mi pare stanca, svuotata. Qualunque cosa succeda a questa gente non m’importa, nessuno a parte padre Peder ha alzato un dito per mia moglie, ma per lei quella bambina era il figlio che Dio le ha strappato dalle braccia appena nato… e non posso permettere che Hades se la porti via.- affermò l’anziano, negli occhi una determinazione disarmante.

 

 

 

 

 

Ciao! Eccomi col terzo capitolo!
Bene, come abbiamo letto: Alba è figo, Jens è teneroso e Iedike trama qualcosa... e la signorina Rotten-ops, Bernstein si rimbecillisce quando vede Ludvig Frydendahl... bella situazione, vero? Ora cosa succederà?
Non ve lo dico, tié u.u
Al prossimo capitolo.
   
 
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